Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro III/IV

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Libro III - Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Brieve notizia dello scoprimento, ed acquisto

della Nuova Spagna.


C
Ome che nel mentovato fiume della vecchia Vera Crux, diedero fondo le navi del Cortes, non sarà qui fuor di proposito, dire alcuna cosa dello scoprimento, ed acquino della Nuova Spagna; aggiungendo a quel che altri Autori han lasciato in iscrittura, diverse notizie, rimase da padre in figlio in quel medesimo paese, e cavate da quattro lettere del Cortes a Carlo V. di cui si conservan le copie impresse da D. Cario Siguenza.

Vogliono comunemente gli Scrittori, che più tosto a caso, che ad arte venisse scoverta l’America, da un vascello, che lungo spazio di tempo, per quel vasto pelago corse fortuna: e che il Piloto tornasse in Lisboa, co’ pochi marinaj rimasi, e dopo aver dato contezza a Cristoforo Colombo (nativo di Nervi della Riviera di Genova) della strada tenuta, e dell’altezze di Polo, per le quali era passato, se ne morisse. Stimano alcuni, che questo Piloto fusse nativo d’Andaluzia; e [p. 242 modifica]che il suo intendimento era stato, di andare nell’Isole Canarie: altri lo fanno Biscaino, che andava spesso in Inghilterra, e Francia: altri Portughese; e che in prima la sua nave fusse approdata all’Isola della Madera, o de los Azores: la maggior parte però attribuisce tale scoprimento ad Amerigo Vespucci Fiorentino; Historia general de las Indias pag. 13.che navigando per la Costa, e per lo Capo di. Sant’Agostino, mandato dal Rè D. Manuele di Portogallo, per trovare alcuna via di passare alle Molucche; Gomora histor. general de las Indias pag. 112s’abbattè in questa nuova terra, che poi dal suo nome America venne appellata.

Non avendo danajo il Colombo, per comprar vascelli, e far questa navigazione (perocchè si era un povero marinajo) ricorse prima al Re d’Inghilterra; e poi a quello di Portogallo, per impetrarne: ma costoro, o perche fossero occupati in guerra, o non predandogli credenza, non vollero dargli ajuto. Nel 1486. adunque si presentò egli a D. Ferdinando il Cattolico, e D. Isabella Regnanti di Castiglia (che similmente erano occupati allora in discacciare i Mori da Granata) e tanto seppe pregargli, interponendovi l’autorità del Cardinal Mendozza, Arcivescovo di Toledo; che finita la guerra, gli fur [p. 243 modifica]dati sedici mila scudi, co’ quali tolse tre vascelli, e gli fornì di 120. persone, fra marinaj, e soldati. Partissi adunque col fratello, chiamato Bartolomeo, a’ 5. di Agosto 1492. e dopo essersi riposato, e provveduto di molte cose nell’Isole Canarie, proseguì il suo viaggio. A dì 11. di Ottobre scoverte terra, e fu una dell’Isole de los Lucayos, detta Guanahani, fra la Florida, e Cuba; dove andò per prender porto, e’l possesso dell’Indie. Da Guanahani passò a Barucoa, porto dell’Isola di Cuba; dove presi alcuni Indiani, tornò indietro, a dar fondo nel porto, che chiamò Real. Gli abitanti del luogo, in vedendo gli Spagnuoli, cominciarono, per temenza, a fuggire: una loro donna però, presa nuda, e poi rimandata vestita, e ben trattata, seppe tanto magnificar con parole le carezze ricevute, che gl’indusse a venire alla marina, a parlar per segni con quella nuova gente, e portarle uccelli, pane, frutte, ed oro, per cambiarlo con lavori di vetro, aguglie, ed altre bagattelle. Il Colombo, dall’altro canto, cominciò a far presenti al Caziche, o Principale di quella Isola; e questi in ricompensa, gli diede barche, per toglier la roba da un vascello rotto, e gli [p. 244 modifica]permise di fare un Forte di terra, e legna sul lido. Lasciati quivi di presidio 38. Spagnuoli, sotto il comando del Capitan Rodrigo d’Arana, nativo di Cordova; e presi dieci Indiani, 40. pappagalli, molti galli, conigli, grano d’India, ed altre cose, per testimonianza del vero; se ne parti con due vascelli verso le Spagne; e con prospero viaggio giunse in Palos, tra 50. dì. Trovandoli la Corte in Barzelona, vi andò egli, ed entrò in quel porto a’ 3. di Aprile, un’anno dopo la partenza. Fur molto gradite dal Rè le cose da lui portate, spezialmente gli uccelli; ed attentamente udita la relazione, che fece a voce, di quei paesi. Sei degl’Indiani si battezzarono, e ne fur compadri il Rè, la Regina, e’l Principe. In ricompensa, diedero a Cristoforo l’onore d’Almirante dell’Indie, e al suo fratello Bartolomeo d’Adelantado; e di porre nello scudo delle loro armi questi versi:

Por Castilla, y por Leon
Nuebo Mundo allò Colon.

E poscia lo fecero sedere in lor presenza. Datosi di ciò contezza ad Alessandro VI. allora Pontefice, questi concedette a Ferdinando tutte l’Isole, e la terra ferma, che si sarebbe scoverta ad Occidente; con

[p. 245 modifica]condizione però, che mandasse quivi Missionarj, per convertire gl’Idolatri. Segnò il Pontefice sul globo una linea, da Settentrione a Mezzo dì, distante cento leghe dall’Isole de los Azores, e Capo verde, per dividere la conquista de’ Castigliani da quella de’ Portughesi; a’ quali rimase tutto lo spazio dalla detta linea, ed Isola verso Oriente.

Ottenuta tal concezione, volle il Rè, che il Colombo quivi tornasse, con poderosa Armata; di cui essendo data la cura a Giovanni Rodrigo, Decano di Siviglia, questi in brieve spazio unì 18. vascelli, su i quali s’imbarcarono da 1500. persone; e fra gli altri, dodici Sacerdoti, e un Religioso di S. Benedetto, per Vicario del Papa. Vi posero anche molti cavalli, vacche, pecore, capre, porci, ed asini, acciò si moltiplicassero nell’Indie, dove non ve n’erano; oltre il fermento, orzo, e legumi, per seminare, e molte piante d’Europa.

Partì quest’Armata da Cadiz a’ 25. Settembre 1493. e tenendosi sempre vicino all’Equinoziale, la prima Terra, che riconobbe, fu l’Isola, chiamata poscia la Deseada. Quindi trovarono il porto di Plata dell’Isola Spagnuola; e in fine approdarono in Porto Real, dove trovarono uccisi i 38. [p. 246 modifica]Spagnuoli dagl’Indiani, perche avevano voluto sforzare le loro mogli. Fondò Colombo, in questo luogo, una Città col nome d’Isabella, in memoria della Regina: spedì poi Antonio de Torres con 12. vascelli in Ispagna, con presenti d’oro, pappagalli, ed Indiani; ed egli se n’andò con tre vascelli, a scoprir terra, giusta gli ordini avuti. Trovò in prima l’Isola di Cuba, verso Mezzo dì, Xamaicca, ed altro più picciole. Ebbe quivi molte differenze col Vicario del Papa, per lo rigore da lui usato co’ Sacerdoti, e Spagnuoli; di che fatto consapevole Ferdinando, fece venirgli amendue alla Corte, ch’era allora a Medina del Campo. Portò Colombo molti presenti, e fece relazione del nuovo scoprimento; però non potè sfuggire d’esser ripreso del rigore verso gli Spagnuoli.

Avuti altri otto vascelli, ne spedì due sotto il comando di suo fratello, carichi di munizioni da bocca, e da guerra: ed egli, con gli altri sei, si partì da S. Lucar di Barrameda, sulla fine di Maggio 1497. Giunto alla Madera, fece passare tre navi all’Isola Spagnuola, con 100. uomini confinati; e con gli altri tre andò di persona verso l’Isola del Capo verde, mantenendosi sempre vicino l’Equinoziale. [p. 247 modifica]trovata ch’ebbe terra ferma, nel luogo detto Paria, costeggiò per 330. leghe sino al Capo della Vela; donde traversato un buon tratto di Mare, venne in S. Domingo, (Città fondata da suo fratello, sulla riva del fiume Ozama) dove fu ricevuto per Governadore.

Quivi ebbero gli Spagnuoli la prima volta i buboni, e l’itterizia, o morbo regio, che gli rendea gialli; perocchè gl’Indiani, per discacciargli colla fame, non seminavano maiz, ed essi eran costretti a mangiar serpi, lucertole, e cose simili. Uscendo dalla Fortezza, usavano anche violenza alle donne Indiane, e le appestavano co’ buboni, e itterizia; Gomora loco cit. pag. 36 onde sdegnati gl’Indiani, posero assedio alla Fortezza; e non l’avrebbon tolto così di facile, se non fusse venuto il Colombo in soccorso. Passati alcuni di quei soldati in Ispagna, infetti di tal morbo, e di là in Napoli, al servigio del Rè Ferdinando II. contro i Francesi; Gomora hist. gen. de las Indias pag. 43. lo attaccarono, per mezzo delle donne, a’ Napoletani, e Francesi; onde questi poi lo dissero mal Napoletano, e quelli Francese; ignorando, ch’era regalo degli Spagnuoli portato d’India.

Insuperbito Bartolomeo Colon dall’aver fatto prigione Guanonex, con 14. [p. 248 modifica]Cazicchi, che si eran fortificati con 15. mila Indiani; prese a comandare gli Spagnuoli, con più orgoglio, che non si convenia; onde 70. di costoro si ritirarono in Xaragua, e mandarono loro doglianze al Rè. Inviò adunque questi per Governadore Francesco di Bobadilla, con ordine, che carcerasse Cristoforo, e’ suoi fratelli Diego, e Bartolomeo; e gli mandasse co’ ferri a Cadiz. Quivi venuti i Colombi, furono riposti in libertà, acciò si presentassero alla Corte; dove fu dato di nuovo il Governo a Cristoforo, acciò conoscesse, che la sua grandezza dipendea dalla volontà del Rè.

Adunque, dopo tre anni, ritornò egli la quarta volta, con tre navi, nell’Isola Spagnuola; nel cui porto non volle il Governadore, ch’entrasse: onde se n’andò verso Ponente, a scoprir nuovo paese, e giunse sino al Capo d’Higueras; e poi sulla costa Meridionale, sino al Nombre de Dios. Quindi ritornò a Cuba, e Xamaicca, donde non potè passare in S. Domingo, per difetto di navi. Per le gravi infermità, che quivi si soffrivano, s’ammutinarono i soldati; e non solo ebbero parole, ma vennero all’armi con Bartolomeo Colombo, per non lasciarsi torre un [p. 249 modifica]vascello, nuovamente da essi rifatto: nella mischia però alcuni morirono, ed altri rimasero prigionieri del Colon.

Dopo questo accidente ritornò Cristoforo in Ispagna; e quando si credea d’avere ad andar di nuovo in America, lo sopragglunse la morte in Valladolid a Maggio 1506. Fu però posto in deposito il suo corpo a las Cuebas de Sivilla, monistero di Certosini. Era uomo di buona statura, membruto, di faccia lunga, e rubiconda, impaziente, e duro dall’altro canto in soffrire molti travagli. Lasciò due figli, cioè D. Diego Colon, che prese in moglie D. Maria de Toledo, figlia di D. Ferdinando di Toledo, Commendator maggiore di Leon; e D. Fernando Colona, che visse celibe. Morendo lasciò una famosa libraria, del valore di tredici mila pezze d’otto alla Cattedrale di Siviglia; e nella medesima Chiesa si vede presentemente la sua sepoltura.

Intrapresero alcuni, ne’ tempi appresso, l’acquisto della Terra ferma scoverta; ma senza effetto. Francesco Ernandez de Cordua andovvi nel mese di Febbrajo 1517. con tre Petacchi, e scoperse da Campece sino a S. Juan de Lua; come anche Giovanni di Grialva nel 1518. con quattro [p. 250 modifica]vascellotti, fatti per ordine di Diego Velazquez, Governadore di Cuba; però amendue ebbero fatti d’arme con gl’Indiani, senza potersi impadronire d’alcun luogo.

Riserbata adunque dal Cielo tal gloriosa conquista al solo valore d’Hernando Cortes (nativo di Medellin in Estremadura) vi fu questi mandato dal Governadore di Cuba a’ 15. di Novembre 1518. col comando d’un Armata di 10. vascelli; che poi gli volse togliere, dando ordine all’Alcalde della Villa della Trinità, che lo ritenesse. Ma non potè venire a capo del suo desiderio, perche il Cortes era molto amato da 508. soldati, e 109. marinaj, che seco portava.

La prima conquista fu del Casale di Tabasco; non senza resistenza degli abitanti. Costoro non avendo veduto ancora cavalli, stimarono il cavallo, e’l cavaliere tutt’uno. Il Giovedì Santo del 1519. approdò Cortes nel porto di S. Juan di Lua; dove scese tutta la gente il Venerdì Santo della Croce, e per tal cagione ebbe poi nome di Vera Crux. Stettero quivi alcuni mesi a bada, per l’opposizione degli Indiani; ma in fine determinato avendo di vincere, o morire, fece il Cortes rompere nell’arena i vascelli, per [p. 251 modifica]togliere a tutti la speranza di ritirarti dall’impresa; e far loro conoscere, che nella sola spada era riposta la via dello scampo. Adunque a’ 15. Agosto 1519. con 400. soldati, prese il cammino della Provincia di Tlascala, lasciando alla Vera Crux gente bastevole a difenderla. Venne molte volte alle mani co’ Tlascaltechi, che credeano, quella gente esser mandata da’ Mexicani loro nemici. Curavano le ferite i soldati Spagnuoli, e quelle de’ cavalli, col grasso, tratto dalle viscere d’Indiani uccisi. Castiilo nella hist. de las Indias cap. 62. Sbigottiti infine i Tlascaltechi dimandarono la pace. Mentre si trattava, vennero quattro Inviati dell’Imperador Montesuma, a dare il ben venuto a Cortes, ed a promettergli tributo, purche non passasse a Mexico. Entrò Cortes in Tlascala a’ 23. di Settembre 1519. accompagnato da’ Cazicchi, e Signori del luogo; i quali dopo avergli dato il migliore alloggio, che seppero, gli offersero le loro figlie per mogli; e dettero libertà a molti meschini, che tenevano ad ingrassar nelle carceri, per sacrificargli a’ loro Idoli. Mandò Montesuma altri Ambasciadori, con oro, e gioje; dubbitando di qualche male, dopo la pace conchiusa co’ Tlascaltechi. Fu poi [p. 252 modifica]ricevuto Cortes da’ Cazicchi di Ciolula; ma fatto consapevole, che essi, per ordine di Montesuma, gli aveano macchinato tradimenti, ne fece moltissimi recare a morte, e liberare i prigionieri del Sacrificio: onde Montesuma sopraffatto da maggior timore, mandò nuova Ambasceria, con presenti di oro, e ricche coltri, iscusandosi del fatto di Ciolula; ed offerendo gran doni al Cortes, e tributo all’Imperador Carlo V.; acciò non entrasse nella Città, che per sua sciagura si trovava sossopra, per la mancanza delle vettovaglie. Persistendo Cortes nel suo proposto di andare, riprese acerbamente gli Ambasciadori: onde vedendo Montesuma, il male non aver rimedio, fatta della necessità virtù, mandogli incontro un suo nipote, detto Camatzin, Signor di Tescuco, ed altri Nobili, con gran pompa, una giornata lontano. In compagnia di essi venne Cortes, per Iztapalapa, alla Calsada larga di Mexico; dove furono ad iscontrarlo Coadlavacca, e Cuyoacan stretti parenti dell’Imperadore. Vennero poi altri Signori; e l’istesso Montesuma, pose piede a terra, in vedendo Cortes; il quale fece lo stesso dal suo canto, e di più gli fece presente d’una collana di pietre [p. 253 modifica]false. Si partì Montesuma dopo il complimento, imponendo a’ Signori di Cuyoacan, e Tescusco, suoi nipoti, che lo conducessero all’abitazione, ch’era stata di Axayaca suo Padre, di cui ancora v’erano gl’Idoli, e’l tesoro; e di più che si preparasse il Quartiere per gli soldati. Si fece trovar Montesuma nel cortile di questa casa, per ricevere Cortes, e lo regalò di una collana d’oro; facendo poi dare a tutti una buona cena. Ciò dicono che accadere agli 8. di Novembre 1519.

Era allora l’Imperadore in età di 40. anni, di buona statura, di color fosco, allegro di sembiante, e portava capelli corti, con poco di barba nera. Si manteneva con magnificenza, così nel numero de’ cortigiani, come de’ soldati. Quando andava al Cu, o Tempio, portava una bacchetta, mezza di oro, e mezza di legno, preceduto da più Signori; due de’ quali portavano due mazze, per simbolo della Giustizia. Avendo voluto Cortes, con alcuni Capitani, vedere questo gran Tempio, al quale si montava per 114. scaglioni; Montesuma lo ricevette con sommo amore, e mostrogli dalla cima del medesimo tutta la Città, che stava la [p. 254 modifica]maggior parte nell’acqua; onde vi si entrava per tre strade terrapienate, una detta Iztapalapa, un’altra di Tacuba, e la terza di Tepeachiglia, con ponti levatoi di spazio in spazio. Fece anche vedergli il Tempio, dove era Huycilobos, Dio della guerra, e Tezcatcpuca dell’Inferno fratelli; puzzolenti per la carnicina di tanti uomini sacrificati.

Andando in traccia un giorno i soldati di qualche luogo, per fare una Chiesa, s’abbatterono in una stanza, la di cui porta era fabbricata di fresco; ed apertala trovarono gran quantità d’oro, e di gioje, (cioè il tesoro di Montesuma) che poi stimarono bene serrar di nuovo, senza prender cosa alcuna. Avea risoluto il Cortes, di carcerar Montesuma; ma dubbitava di mandar ciò ad effetto, per lo picciol novero de’ suoi. Pensò adunque d’ingannarlo, e di farlo venir colle buone nel suo quartiere; e quivi dirgli, che o si contentasse di rimaner prigione, o morto. Saputo poi, che gl’Indiani aveano ucciso, nella Vera Crux, Giovanni Scalante con sei compagni (ciò che fece prender coraggio a’ Barbari, vedendo che i Teuli, o Dei, venuti da Oriente, anche morivano) s’avvalse di questa occasione, per [p. 255 modifica]venire a rottura con Montesuma. Andò adunque (preceduta ambasciata) con cinque suoi valorosi Capitani al palagio dell’Imperadore; e quivi altieramente rimproveratolo della poca fede usata, gli disse: che per tutti i versi lo volea prigioniere fra’ suoi, per assicurarsi della sua fedeltà, altrimente si disponesse a morire. Iscusossi quegli, promettendo la soddisfazione; e quanto alla sua priggionia, rispose, che ciò non conveniva; però sbigottito dalle spade de’ Capitanj, e dalle parole di D. Marina l’interprete, che gli diede ad intendere il pericolo, in cui si trovava; offerse per ostaggio due sue figlie, e un figlio: e replicando Cortes, ch’era necessaria la sua persona; si risolse alla fine di porsi in palanchino, e venire al quartiere, dove fu posto (con guardie) in un’appartamento. Venivano Signori, ed altri vassalli, da lontanissime parti, per loro affari, a trovarlo, ed entravano nella sua camera co’ piedi nudi; e non per dritto, ma per lato, con gli occhi bassi, e mantelli ordinarii, deposti i preziosi. Giunti in sua presenza, faceano tre inchini; e quando si partivano non aveano da voltar lo spalle. Vennero carcerati i quattro Capitani, ch’aveano ucciso Scalante; e Cortes [p. 256 modifica]gli condannò ad esser bruciati; e mentre ciò si eseguiva pose i ferri a’ piedi di Montesuma. Dimandò egli una volta licenza di andare a caccia, e un’altra di andare al Tempio; acciò intendessero i suoi, che non stava carcerato; e gli fu conceduto, colla guardia di 150. Soldati, e con minaccia, che ad ogni minimo tumulto popolare l’avrebbono ucciso.

Cacamatzia Rè di Tescuco, vedendo carcerato Montesuma, suo zio, pensò di liberarlo, e coronarsi Imperadore; e questo suo pensiero partecipò a’ Signori d’Iztapalapa, Tacuba, e Cuyoacan, anche nipoti di Montesuma. Avendone costui avuta notizia, volle, che Cortes gli facesse tutti e quattro prigionieri, come seguì; essendo, per suo comandamento, posti in catena; perche, quantunque carcerato, era obbedito.

Colla prigionia di questi Regoli, prese ardimento Cortes, di sollecitar Montesuma, a giurar omaggio a’ Re di Castiglia: ond’egli tenuto consiglio co’ principali Cazicchi, si risolvette di farlo: come seguì in valida forma, promettendo tributo, colle lagrime su gli occhi; e’l medesimo fecero i Regoli, a lui soggetti. Vedendo Cortes tanto oro, volle sapere, donde si [p. 257 modifica]scavava: onde Montesuma mandò in tre diverse parti alcuni Indiani, insieme co’ Capitani Spagnuoli; i quali tornarono con 1500. pezze d’oro in polvere, che gl’Indiani aveano raccolto dall’arene di certi fiumi. Diede poi l’Imperadore al Rè di Spagna, in tributo, tutto il tesoro di suo padre, che stava serrato nella suddetta danza, e molte altre gioje, portategli de’ Cazicchi. Ridotto in lastre tutto l’oro, e suggellato dagli Officiali Reali, si trovò di seicento mila pezze d’otto di valore; donde tolta una quinta parte per lo Rè, e un’altra per Cortes, si divise il resto fra’ soldati.

Avendo offerto Montesuma una sua figlia per moglie a Cortes; questi l’accettò, con condizione, che si ponesse l’immagine di Nostra Signora, e la Croce nel loro gran Tempio; ciò che si ottenne con gran difficultà, in luogo separato da quello degl’Idoli, e vi si celebrò la prima Messa pubblicamente. Ma non potendo resistere alla presenza del vero Dio gli abbominevoli Idoli Huycilobos, e Tezcatepuca; si dice, che parlassero a’ loro Sacerdoti, e gli confortassero, a far prender l’armi, ed uccidere gli Spagnuoli; altamente essi si sarebbon partiti. Saputo [p. 258 modifica]ciò da Montesuma, consigliò Cortes a uscir della Città, prima che fusse discacciato dal popolo tumultuante: e rispostogli, che ciò non potea fare, senza aver fabbricati prima tre vascelli (poichè quei, co’ quali prima era venuto, gli avea fatti rompere) gli diede la dilazion, che desiderava, ed artefici per tal mestiere: promettendo, di trattenere intanto i Sacerdoti con buone parole.

Stando la conquista di Mexico in questo stato; ed avendo saputo Diego Velazquez, che il Cortes avea mandati all’Imperadore proccuratori, con ricchissimi presenti, senza far caso di lui; pose in Mare un’Armata di 19. vascelii, con 1400. soldati, e 20. cannoni, e mandolla sotto la condotta di Pamphilo de Nervaez: col quale s’accompagnò un’Auditore dell’Audienza di S. Domingo, per interporsi fra lui, e’l Cortes, giacchè non avea potuto impedire tal’espedizione. Approdata l’Armata nel porto di S. Juan de Lua, lo seppe subito Montesuma; perocchè gl’Indiani, che stavano in custodia del porto, glie la portaron dipinta in un panno di Nequen, o Maghey. Mandò adunque al Nervaez un buon presente d’oro, coltri, e vettovaglie; e n’ebbe in risposta, [p. 259 modifica]che Cortes, co’ compagni, era un fuggitivo; e ribelle del suo Rè; e che egli era venuto a carcerarlo, e liberar lui dalla prigionia, in cui si trovava. Cortes saputo ciò da Montesuma (il quale credea, che gli fusse ben noto) e consultatosi co’ suoi Capitani; scrisse al Nervaez, che per onor della Nazione, e servigio del Rè, non volesse far sì che la Città si rivoltasse, e si ponesse in libertà Montesuma: offerendogli in fine tutto il conquistato, con promessa di ritirarsi in un’altra Provincia. In vece di ascoltar quegli di buon’animo sì giuda proposizione, pose in ferri l’Auditore, che parlava a favor del vero; e quindi si avviò, col campo, in verso Mexico. A questa novella il Cortes, lasciato Pietro del Varado alla custodia di Montesuma, e del Forte, con alcuni soldati; si partì col resto delle sue genti ad iscontrarlo; cercando intanto ajuto a gli amici di Tlascala. Si disposero adunque alla difesa i soldati Spanguoli, che teneva, e 6000. e più Indiani, armati alcuni di lancia, per resistere meglio all’impeto della cavalleria nemica. Giunto Cortes a una lega da Sempal, col suo picciolo esercito; dato coraggio a’ suoi, passò, nel bujo della notte, un ruscello, che teneva [p. 260 modifica]d’avanti; e sorprendendo Nervaez, e’l suo esercito trascurato, lo ruppe, e fece prigioniero, con altri Capitani, e si prese l’artiglieria: ottenendo segnalata vittoria d’un’esercito, sei volte maggiore del suo. Concedette poi al nemico di curarsi la ferita, ch’avea in un’occhio; però senza fargli tor due paja di ferri da’ piedi. Il dì seguente tutti i soldati del partito contrario gli prestarono ubbidienza: ond’egli, assicuratosi anche de’ 19. vascelli, gli mandò in varj luoghi a far conquiste. Giunse intanto avviso da Pietro d’Alvarado, che Mexico era rivoltato, ed egli assediato nel Forte, e bisognevole di pronto soccorso. Lasciato custodito Nervaez nella Vera Crux, partì a gran giornate Cortes, con 1300. fanti, e 96. cavalli; aggiuntivi due mila Indiani di Tlascala. Entrò in Mexico il dì 24. di Giugno 1520. e venutogli incontro Montesuma nel cortile, non volle riceverlo; sdegnato, che avesse avuto corrispondenza col Nervaez. Corrucciossi tanto l’Imperadore, per questo affronto, che nulla più ricordevole dell’omaggio giurato, quando volle uscir dal quartiere Diego d’Ordes, con 400. soldati; lo fece investire da una infinità d’Indiani, con freccie, frombole, pietre, e legna; [p. 261 modifica]sicchè lo scrivono, ed uccisero molti suoi soldati; e poi andarono a porre il fuoco al quartiere, che fu estinto la notte. Venuto il dì, combatterono gli Spagnuoli; ma sopraffatti dalla moltitudine de’ nemici, ne rimasero molti uccisi, (benche non morissero invendicati); e’l rimanente si ritirò negli alloggiamenti, a fortificarsi. Quivi furono la notte così vigorosamente assaltati, che vi morirono molti dell’una, e l’altra parte.

Continuandosi la guerra, fecero gli Spagnuoli alcune Torri di legno portatili, ed andarono a bruciare parte del Tempio; però furono ributtati sino al Quartiere, con perdita di 46. Soldati. Risolvettero adunque di chieder pace il dì seguente, per uscir da Mexico; ma appena fu sorta la luce, che furono con grande impeto assaltati da gl’Indiani, per ogni parte; di maniera tale, che Cortes mandò un Religioso della Mercede da Montesuma, acciò si compiacesse, in memoria dell’antica amicizia, far cessare le armi de’ suoi vassalli; perche incontanente si sarebbe partito. Essendo ancora sdegnato Montesuma, ricusò sul principio; ma poi si piegò, e da sopra una loggia fece comandamento a’ Mexicani, che riponessero le [p. 262 modifica]armi. Fu ciò eseguito; però immantinente s’accostarono all’Imperadore quattro Cazicchi, e gli dissero, che il popolo era stremamente sdegnato; e che volendo in ogni modo, che perissero gli Spagnuoli, aveano eletto un’altro Imperadore, di che nondimeno gli cercavan perdono. Appena compiute queste parole, tirano gl’Indiani molte pietre, e freccie verso Montesuma, sicchè rimase ferito nel capo, braccia, e gambe; e indi a non molto spazio se ne morì, dopo aver regnato 17. anni.

Fece Cortes sapere al Re la morte di Montesuma, e mandogli il cadavere, acciò fusse sepellito onorevolmente: e quindi dimandò a’ Mexicani, che dassero il possesso del Regno ad alcun figlio dell’Imperador Montesuma, perche l’eletto non era legittimo: aggiungendo nuova dimanda di pace, per potere uscir da Mexico. In vece di pace, dettero coloro, con tanta furia sopra il Quartiere, che uccisero molti soldati; onde il dì seguente venne fuori Cortes, con tutte le forze, per vendicarsi; e bruciò più case, e uccise molti Indiani, benche con grave perdita de’ suoi. Vedendo poi di non poter resistere al numero de’ nemici, mancandogli [p. 263 modifica]anche la polvere, e le vettovaglie; determinò partirsi da Mexico. Uccisi prima i parenti di Montesuma, e’ Regoli prigionieri, la notte del Giovedì 10. di luglio 1520. mentre gl’Indiani a tutt’altro pensavano, tolto quell’oro, che si potè del soprammentovato, e divisolo a’ soldati; chetamente prese a uscir dalla Città, portando seco un ponte di legno, per passare i canali, dove eran rotti gli argini. Mentre a mezza notte stavasi per passare gli argini, benche fusse l’aria molto oscura, se ne avvidero i nemici; ed assaltatigli così da terra, come da’ canali, con gran copia di barche, fecero morire ben 200. Spagnuoli, parte uccisi dal ferro, e parte dall’acque (oltre molti prigionieri) empiendosi il canale di corpi, e di cavalli morti. Quivi saltando un soldato ferito, cognominato il Varado; viene, anche oggidì, appellato quel luogo il Salto del Varado. Passato il ponte, a gran passi giunse Cortes in Tacuba, sempre con Indiani alle spalle; ma vergognandosi di aver rimasi molti feriti, esposti alla crudeltà de’ Barbari; tornò indietro a soccorrergli. Vedendo poi in arme contro di lui anche quei di Tacuba, e di Escapuzalco; fu costretto, colla guida de’ [p. 264 modifica]Tlascaltechi, a tenere strade inusitate, anche perseguitato da gl’Indiani, nel bujo della notte. Quando fu a un Tempio, vi si fermò fortificandosi, per avere agio di far curare i feriti; onde poi vi si fabbricò la Chiesa di Nostra Signora de los Remedios. Fu chiamata questa notte, la Noche triste, per la tanta uccisione accaduta; spezialmente di coloro, che, per non abbandonar l’oro, incontrarono la morte. Si continuò poscia la fuga, sempre tenzonando co’ Mexicani; ma ricordevole assai fu la battaglia de’ 14. di Luglio, presso Otumba, con molta uccisione d’ambe le parti; dopo di che fatta la rassegna, non si trovarono più che 440. Spagnuoli. Giunto questo abbattuto esercito in Tlascala, vi fu ben ricevuto, quantunque vi andasse con 1200. Tlascaltechi meno. Morì intanto il Re, e lo di già eletto Quauhtimoc, stretto parente di Montesuma, cominciò a regnare: e nello stesso tempo, per una casualità, si aggiunsero al Campo di Cortes 120. Soldati, e 17. Cavalli: perche avendo mandati Franceseo de Garay tre vascelletti da Xamaiva, per impadronirsi del fiume di Panuco; i soldati, che vi erano, trovando più resistenza, che non credeano; passarono tutti al suddetto Campo. [p. 265 modifica]

Parve quindi bene a Cortes, di mandare alcuni Capitani, e Soldati, parte in Ispagna; parte a Cuba, e all’Isola di San Domingo, per far sapere le cose da lui sino a quel tempo operate; e parte in Xamaicca, a comperar cavalli. S’aggiunsero al suo campo altri soldati, venuti da Spagna sopra un vascello, approdato alla Vera Crux; onde a’ 26. di Decembre si motte verso Tescuco, co’ suoi Spagnuoli, e con dieci mila Tlascaltechi. Giunto quivi, fu onorevolmente ricevuto da sette principali Signori del paese, e dal Regolo; il quale donogli una bandiera d’oro. Indi ad alquanti giorni, vedendosi forte di soldatesca (per altri Spagnuoli, venuti col Tesorier Reale, sopra un vascello) ed essendo già pronti 13. bergantini, da lui fatti fabbricare; soggiogò prima il paese all’intorno, che s’era rivoltato; e poi per la via de’ canali (a tal cagione fatti maggiormente profondi) propose d’andar co’ bergantini intorno la lacuna, per trovar la strada d’assediar Mexico.

Adunque a’ 5. di Aprile 1521. si pose in cammino, con 365. Spagnuoli, e più di 20. mila Indiani d’arme; oltre quei, che per saziarsi di carne umana, come corbi, seguivano l’esercito. Dopo l’acquisto di [p. 266 modifica]Tezputlan, passato avanti per Cornavacca; vinse in una sanguinosa zuffa, i Mexicani; i quali però presa gente fresca, diedero agli Spagnuoli diversi assalti in Sucimilco. Ritornò poscia Cortes in Tescuco; e saputo, che un confidente di Nervaez, ed altri macchinavano d’ucciderlo, gli fece impiccare.

A Pentecoste del 1521. fatta la rassegna del campo, si trovarono 84. cavalli; 650. fanti, armati di spada, e lancia; e 194. di archibuso. Di questi tolse 150. e gli distribuì sopra i bergantini (da dodici remi l’uno) e’l rimanente divise in nove compagnie; tre delle quali pose sotto il comando d’un Capo Superiore. Ad otto mila Tlascalteschi ordinò, che gissero ad attediar Iztapalapa, Cuojoacan, e Tacuba, e a romper gli aquidotti di Ciapultepec, che portavano l’acqua a Mexico: ed egli se ne andò, co’ suoi bergantini, per la lacuna, e sommergendo più canoe d’Indiani, passò in Iztapalapa, a soccorrer Consalvo de Sandoval, che stava assediato da più squadroni di Mexicani. Liberatolo, lo mandò ad investire il terrapieno di Tepeachiglia (che oggidì si chiama la Calsada di Nostra Signora di Guadalupe) mentre egli, divise le sue genti in tre parti, e [p. 267 modifica]spalleggiato da’ bergantini, se n’andava a combattere co’ Mexicani. Poco profitto poteano fare gli Spagnuoli, perdendo di notte tutto il terreno, che acquistavano di giorno sulle strade terrapienate; poiche essendo tutte le case circondate d’acqua, e tagliate di fossi; l’aprivano gl’Indiani di notte, per farvi cader dentro soldati, e cavalli.

A’ 24. di Giugno furono gli Spagnuoli assaltati da tutte le parti; e sebbene valorosamente mantenendosi sul terreno acquistato, non vi perissero che pochi soldati; nulladimanco vedendo Cortes, che la dimora non potea esser giovevole, ogni dì divenendo minore ii suo campo; determinò in fine d’entrare all’improvviso in Tetelulco (che allora era la maggior piazza di Mexico, ed oggidì Convento di S. Iago de’ PP. Francescani) e quindi passare a combattere le strade di Mexico. Si spinsero adunque i tre piccioli squadroni per tre parti, ma senz’alcun profitto; perocchè Cortes innoltratosi troppo in una Calsada, dove a bello studio lo avean tratto gl’Indiani fuggendo; sopraffatto dall’acqua, e dal fango, su ferito nella gamba; e sessanta soldati fatti prigionieri: nè minor danno ricevettero gl’altri due squadroni, combattuti per [p. 268 modifica]acqua dalle Cannoe; e per terra dalle legna, e pietre, che pioveano da’ tetti: nè i bergantini potean soccorrergli, impediti dalle travi, attraversate nel canale. Sacrificarono poi gl’Indiani tutti gli Spagnuoli prigionieri all’Idolo Huycilobos; il corpo gittando alle fiere; e riservando solamente le gambe, e braccia, per mangiarle col cilmole condimento piccante. Scorticavano la faccia, e la barba, per porsi quella pelle per maschera nelle festività.

Dopo tante notabili perdite, i soldati di Tlascala, Tescuco, ed altri luoghi si ritirarono timorosi alle loro case; onde i pochi Spagnuoli, rimasi soli, attesero a guardare i posti occupati, empiendosi da una compagnia i fossi di terra, e legna, e dall’altre standosi in arme, per difesa: mentre i bergantini a forza di remi, e di vele rompevano gl’impedimenti de’ canali. In questa maniera s’avanzarono tanto, a piede asciutto, malgrado de’ Mexicani, che tornarono i soldati di Tlascala, e Tescuco in ajuto dagli Spagnuoli.

Chiedea intanto Cortes sempre pace al Re; ma questi più feroce diveniva nella cominciata guerra: onde quegli dimandò nuovi soccorsi alle Provincie amiche. Venuto il soccorso, e vedendo, che [p. 269 modifica]il Rè non volea udir neanche alcuna proposizione di pace; fece invertir la Città per tutti tre gli attacchi; e giunse a guadagnar terreno sino al gran Cù, o Tempio di Tatelulco, piantando sopra di esso bandiere. Indi a tre dì s’innoltrarono tanto tutti i tre squadroni (per canali ripieni) che giunsero a darsi la mano ed unirsi. Allora il Rè, co’ suoi, ritirossi in quella parte della Città, dove le case eran circondate d’acqua: ma pure quivi molti ne perivano, per gli aguati degli Spagnuoli; i quali avean situato tutto l’esercito nella gran piazza di Tatelulco.

Si mandò la terza volta a chieder pace; ma gl’Indiani, dopo aver goduto per tre dì della sospension d’armi, di nuovo uscirono contro gli Spagnuoli; i quali già erano stati provveduti di polvere, ed altre monizioni da un vascello venuto da Spagna. Vedendo Cortes, ch’il Re non volea sentir proposta di pace, confidato nell’acque, che lo circondavano; comandò a Cristoforo Sandoval, che fusse ad assediarlo con tutti i bergantini. Ciò fatto, temendo il Rè non l’uccidessero, postosi in una barca colle sue donne, e gli arredi più preziosi, se ne fuggì per la lacuna: di che avvedutosi Sandoval, mandò Garcia [p. 270 modifica]Holguin a seguitarlo; il quale lo preso con tutti i suoi, e lo condusse a Cortes, senza por mano a nulla, e spezialmente alle donne, di cui temeva il Rè. Era stato Cortes sulla cima d’un Tempio ad osservar la tenzone; ma subito avuto l’avviso della prigionia del Rè, scese a preparare un convenevole strato, dove lo ricevette amorevolmente. Non senza lagrima gli disse il misero Principe: Signor Melince, io ho fatto il mio dovere, in difendendo la mia Città, e’ vassalli: or che la fortuna m’ha posto nelle tue mani, ti priego ad uccidermi, con quella spada, che tieni al fianco; acciò a maggiore miseria non mi vegga condotto. E perche hai difesa la tua Città valorosamente, (rispose Cortes) meriti d’esser maggiormente stimato, ed onorato. Lo mandò poi l’istesso giorno in Cuyoacan, accompagnato dal Sandoval. Essendo tutto ciò accaduto ad ora di Vespro, a’ 13. di Agosto 1521. giorno della sollennità di Santo Ippolito, dopo 93. dì d’attedio; si fa il medesimo giorno la festa della conquista, come altrove è detto. Era Quauhtimoc in età di 24. anni, ben disposto di corpo, di color fosco, e di faccia lunga. Per tal’acquisto, fu conceduto al Cortes, di porre nelle sue armi sette [p. 271 modifica]teste di Re all’intorno, e tre corone nello scudo. Licenziò egli con buone parole, e carichi delle spoglie de’ vinti, tutti gl’Indiani, che lo aveano ajutato: e i Tlascaltechi più d’ogni altro si stimarono ricchi, portandosi molti carri di Tassajo, o carne secca de’ Mexicani uccisi.

Nettate le strade da’ corpi morti, la prima cosa, che si facesse, fu di tormentare il Signor di Tescuco, acciò rivelasse l’oro nascosto; poiche non se n’era trovato, che per lo valore di 386. mila pezze. Quindi fu rifatta la Città, acciò si tornasse ad abitare; e poi fur mandati molti capitani alla conquida d’altri paesi; e Cortes in persona se n’andò nella Provincia di Panuco, che ridusse all’ubbidienza. Tornato in Mexico, mandò, con due vascelli, in Ispagna Alonzo d’Avila, ed Antonio de Quiñones, con un presente di 220. mila pezze, in lastre d’oro, e tutta l’anticamera del tesoro di Montesuma; acciò chiedessero, in suo nome, al Re il governo della Nuova Spagna; e lo supplicassero a non mandar nell’Indie Dottori, che co’loro libri ponessero in litigi tutto il paese, e inquietassero gli animi degli abitanti.

Si partirono costoro a’ 20. di Decembre 1522.; ma quando furono all’Isole [p. 272 modifica]Terzere, il Florin corsale Francese, prese i vascelli, coll’oro, e gioje; e condusse preso in Francia l’Avila, essendo morto il Quiñones. Il Re di Francia, quando gli fu presentato sì ricco tesoro, disse: l’Imperador Carlo V. e’l Re di Portogallo s’han diviso il nuovo mondo, senza darne parte a me: di grazia, che inoltrino il testamento d’Adamo, per lo quale hanno avuto tal dritto.

Andato l’Avila in Ispagna, ottenne dall’Imperadore, non solo il governo della Nuova Spagna per Cortes, ma la confermazione della division de’ paesi, fatta dallo stesso a’ conquistatori; e facoltà altresì di fare il simile per l’avvenire. Mandò, indi a qualche tempo, Cortes 80. m. pezze all’Imperadore; e una colubrina d’oro, ed argento, ben lavorata, detta la Fenice, coll’iscrizion seguente:

Ave naçio sin par,
Yo en serviros sin segundo,
Y vos sin ygual en el Mundo.

Essendo andato poi a gastigar la rivoluzione di Cristoforo d’Olì, sulle Provincie d’Higueras, e Onduras; condusse seco Quauhtimoc, e’l Signor di Tacuba, e fecegli impiccare nel Casale di Gheyacala; morte, che parve a’ medesimi suoi [p. 273 modifica]ingiusta. Disse il Rè morendo: o Capitan Melince, egli è molti giorni, che ho conosciuto le tue false parole, e che mi avevi a dare tal morte: mal per me, quando nel dì della tua vittoria, non me la diedi io stesso. Polche così ingiustamente mi uccidi, spero, che Dio ti gastigherà. Il Signor di Tacuba soggiunse, che moriva contento col Rè suo zio. Trovato Cristoforo già ucciso da’ prigionieri, soggiogò, in un batter di ciglio, quelle, ed altre Provincie; e ritornò Cortes in Mexico, nel mese di Giugno 1525.

Nel Sindicato poi, che diede per ordine dell’Imperadore, fu privato del Governo della Nuova Spagna; onde egli s’avviò alla Corte. Quivi a Decembre 1527. fu ricevuto onorevolmente, ed ebbe il Marchesato del Valle (che frutta oggidì 60. mila pezze), e’l titolo di Capitan Generale della Nuova Spagna, e del Mar del Sur; anzi per compimento d’onore, essendo caduto infermo, fu l’Imperadore a visitarlo. Ritornò quindi nell’Indie; ritiratosi nel suo stato, attese a far fabbricare vascelli, come avea promesso, per iscoprir nuove terre, ed Isole dalla parte Meridionale. Dapoi scoperte las Californias, con mille disavventure, e speso 300.