Gli sposi promessi/Tomo IV/Capitolo IX

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Tomo IV - Cap. IX

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Tomo IV - Capitolo VIII Appendici

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Cap. IX.


1 Ritto sul mezzo dell’uscio, stava un uomo,2 smorto, rabbuffato i capegli e la barba, scalzo, nudo le gambe, le braccia il petto, e nel resto mal coperto di avanzi di biancheria pendenti qua e là a brani e a3 filaccica; stava con4 la bocca semi-aperta,5 guatando le persone6 raccolte nella capanna, con certi occhi, nei quali si dipingeva ad un punto l’attenzione e la disensatezza:7 dal vólto8 traspariva un misto di furore e di paura, e in tutta la persona una attitudine di9 curiosità e di sospetto, uno stare inquieto, una disposizione a levarsi, non si sarebbe saputo se per fuggire, o per inseguire. Ma in quello sfiguramento Lucia aveva tosto riconosciuto Don Rodrigo, e tosto lo riconobbero gli altri due.10 Quell’infelice da una11 capanna, posta lungo il viale, nella quale era stato gittato, e dove12 era13 rimasto tutti quei giorni languente e fuor di sé, aveva veduto passarsi davanti Fermo, e poi il Padre Cristoforo;14 senza esser veduto da loro.15 Quella comparsa aveva suscitato nella sua mente sconvolta l’antico furore, e il desiderio della vendetta covato per tanto tempo, e insieme un [p. 772 modifica]16 certo spavento,17 e con questo ancora una smania di accertarsi, di18 afferrare distintamente con la vista quelle immagini odiose, che le erano come sfumate dinanzi. In una tal confusione di passioni, o piuttosto in un tale19 delirio, s’era egli alzato dal suo miserabile strame, e aveva tenuto dietro da lontano a quei due. Ma quando essi,20 uscendo dalla via, s’internarono nelle capanne,21 il frenetico non aveva ben saputa ritenere la traccia loro,22 né discernere il punto preciso,23 per cui essi erano entrati in quel labirinto. Entratovi anch’egli24 da un altro punto poco distante, non vedendo più25 quegli che cercava, ma dominato tuttavia dalla stessa26 fantasia, era andato a guardare di capanna in capanna, tanto che s’era tro¬vato a quella, in cui, mettendo il capo su la porta, aveva rivedute27 in iscorcio quelle figure.28 Quivi, ristando stupidamente intento,29 udì quella voce30 ben conosciuta, che nel suo castello aveva intuonata al suo orecchio una predica,31 troncata allora da lui con rabbia e con disprezzo, ma che aveva però lasciata nel suo animo una impressione, che s’era risvegliata nel tristo sogno precursore della malattia.32 Quella voce lo teneva33 immobile a quel modo, che altre volte si credeva che le biscie stessero all’incanto; quando Lucia s’accorse di lui. Dopo la sorpresa, il primo sentimento di quella poveretta fu una grande paura: il primo sentimento del Padre Cristoforo e di Fermo (bisogna dirlo a loro onore) fu una grande compassione. Entrambi si mossero verso quell'infermo stravolto, per soccorrerlo, e per vedere di tranquillarlo; ma egli a quelle mosse,34 preso da un inesprimibile sgomento, si mise in volta, a gambe verso la strada di mezzo; e su per quella verso la chiesa. Il frate e il giovane lo seguirono fin sul viale, e di quivi lo seguivano pure col guardo: dopo una breve corsa, egli s’abbatté presso ad un cavallo dei monatti, che, sciolto, con la cavezza pendente, e col capo a terra, rodeva la sua profenda: il furibondo afferrò la cavezza, balzò su la schiena del cavallo, [p. 773 modifica]e percotendogli il collo, la testa, le orecchie coi pugni,35 la pancia con le calcagna, e36 spaventandolo con gli urli, lo fece muovere, e poi andare di tutta carriera. Un romore si levò all’intorno, un grido di «piglia, piglia;» altri fuggiva, altri accorreva per arrestare il cavallo; ma questo, spinto dal demente, e spaventato da quei che tentavano di avvicinarglisi, s’inalberava, e37 scappava vie più verso il tempio.38

I due, dei quali era stato altre volte nemico, tornarono tutti compresi alla capanna, dove Lucia stava ancora tutta tremante.

«Giudizii di Dio!» disse il padre Cristoforo: «preghiamo per quell’infelice». Dopo un momento di silenzio,39 il pensiero, che venne a tutti, fu di40 concertare insieme quello che era da farsi; e i concerti furon questi: che Fermo41 partirebbe tosto, giacché ivi non v’era ospitalità da offerirgli,42 cercherebbe un ricovero per la notte in qualche albergo, e all’indomani si43 rimetterebbe in via pel suo paese, porterebbe ad Agnese le nuove della sua Lucia;44 andrebbe poi a Bergamo a disporre la casa, dove intendeva di45 stabilirsi con la moglie e con la suocera; e tornerebbe poi ad aspettare Lucia nel suo paese, dove dovevano46 celebrarsi le nozze:47 ne avvertirebbe intanto Don Abbondio, il quale era da sperarsi che, invece di frapporre nuove difficoltà, sarebbe48 vergognoso di quelle, che aveva frapposte altra volta.49 Quanto a Lucia, ella protestò prima d’ogni cosa che non50 si staccherebbe dalla sua buona compagna, finché questa non fosse affatto guarita, e ristabilita nella sua casa. Il Padre la lodò, Fermo non v’ebbe nulla a ridire, e la vedova tutta commossa, promise che accompagnerebbe essa Lucia a casa, e la consegnerebbe a sua madre. [p. 774 modifica]«E voglio farle il corredo»51 aggiunse52 all’orecchio del Padre53 a cui aveva fatto cenno di avvicinarsi.

«Dio vi benedica,»54 le rispose il buon vecchio.

«E tu,» disse poi a Fermo, «che stai55 qui tardando? il tempo, come vedi, si fa più nero, e la notte si avvicina: affrettati di cercare un ricovero.»

Convien dire ancora, ad onore di Fermo, che in quel momento non gli56 doleva tanto lo staccarsi da Lucia, appena trovata,57 è vero, ma ch’egli contava di riveder presto, quanto dal Padre Cristoforo, che restava lì a morire.

«Ci rivedremo, padre?» disse il buon giovane.

Se Dio vorrà, e quando Egli vorrà:» rispose il frate, vincendo una commozione che andava crescendo. «Va, va ché non c’è tempo da perdere.»

Fermo disse58 con voce accorata «riverisco» al Padre, che lo benedisse, e gli strinse la mano:59 disse «addio» a Lucia e alla vedova, sopprimendo un: — arrivederci presto, — che gli veniva su le labbra; poi, spiccatosi in fretta, partì.

«Vi raccomando l’una all’altra, buone creature,» disse il frate; e fece atto pure di andarsene; ma nel dare a Lucia uno sguardo di commiato,60 vide nell’aspetto di lei, mista alla commozione, una grande inquetudine; s’avvisò tosto di ciò che poteva esserne le cagione, e disse: «Di che61 state inquieta?»

«Quell’uomo...!» disse Lucia.

«Poveretto!» rispose il frate, «non è più in caso di far paura a nessuno: non lo vedrete più, siatene certa.62 «Pure,» soggiunse, dopo d’aver pensato un momento «per ogni altro evento sarà meglio ch’io vi raccomandi a qualcheduno dei nostri.» Così detto, uscì, girò un poco in ronda, finché trovò un capuccino; e, condottolo alla capanna, gli mostrò le due donne, e gli disse: «sono due63 derelitte: vi prego di averne una cura particolare.64 Vi lascio con Dio,» disse poi alle donne; e uscì dalla capanna. Lucia lagrimando lo seguiva, ed egli le imponeva che tornasse, e così65 si [p. 775 modifica]trovarono entrambi sulla grande strada, dove videro una folla di monatti, che accorreva in tumulto, gridando:66 «aspetta, aspetta,» ad altri monatti, che guidavano un carro verso la porta. Il carro si fermò quasi davanti ai nostri due amici: quei monatti sopraggiunsero tosto ansanti; e due, che portavano un morto, lo gittarono sul carro, dicendo un d’essi: «mettetelo bene in fondo costui, ché non torni a cavallo, a farci tribolare.»67

«Che diavolo è stato?» disse68 più d’uno di quei carrettieri.

«Il diavolo,» rispose il monatto, «l’aveva in corpo costui: è andato su e giù finch’ebbe fiato:69 se durava ancora, faceva crepare il cavallo: ma è crepato egli,70 e allora per amore o per forza ha dovuto71 scendere.»

Il Padre Cristoforo, rivolto allora a Lucia, le disse: «ricordatevi di pregare72 per questa73 povera anima voi e vostro marito, per tutta la vita, e di far pregare i vostri figliuoli, se Dio ve ne concede. Tornate alla vostra compagna. Iddio sia sempre con voi.» Dette queste parole, prese in fretta il viale, per andarsene alla sua stazione; Lucia,74 compunta75 di quella separazione, e atterrita dallo spettacolo, tornò a capo basso e col petto ansante alla sua capanna; e Don Rodrigo su la cima d’un76 tristo mucchio, fra strepito e le bestemmie, usciva dal lazzeretto, per andarsene alla fossa.

Usciamone una volta anche noi, e teniam dietro a Fermo, il quale alloggiò la notte come potè; il giorno seguente,77 benché la pioggia venisse a secchie, si rimise in cammino, e78 si condusse fin presso al suo paese; dove giunse il terzo dì,79 molle, affaticato,80 sciupato, ma pure più lieto che . non fosse stato81 da un gran pezzo. Il82 rivedersi di lui e d’Agnese, la gioja di questa alle novelle che gli eran date, sono83 di quelle cose che i narratori84 passano in silenzio,85 nel supposto ragionevole, che il lettore se le può immaginare. Con Don Abbondio le cose non furono così chiare. [p. 776 modifica]Prima di tutto egli si fece pregare alquanto prima di aprire la porta a Fermo; anzi non86 vi si ridusse87 che allorquando la voce di questo gli parve un po’ alterata, e le parole tinte un po’ di minaccia. Apertogli, lo accolse con88 quella cera che un uomo imbrattato di debiti mostra ad un creditore che vorrebbe sapere mille miglia lontano, ma che pure non vorrebbe irritare al segno che quegli gli desse un libello.

«Siete qui voi!» disse Don Abbondio.

«Son qui,» rispose Fermo, «grazie a Dio, e sono ad avvertirla che presto sarà qui anche89 Lucia Mondella, con la quale ella avrebbe dovuto sposarmi, è un anno e dieci mesi,90 e con la quale ora ella mi sposerà. Meglio tardi che mai.»

«Oh santo Dio benedetto!» sclamò Don Abbondio.

«Signor curato,» ripigliò Fermo:91 «quel signore che diede tanto fastidio a noi poveretti ed anche a lei, non ne darà più a nessuno.»

«Che vuol dire?» chiese Don Abbondio.

«Vuol dire,» rispose Fermo, «che Don Rodrigo a quest’ora debb’esser all’altro mondo.»

«Chi lo dice? chi lo dice?»

«Lo dico io,» rispose Fermo, «che l’ho veduto al Lazzeretto,92 col male addosso, acconciato pel dì delle feste, che faceva pietà.»

«Eh figliuolo! si guarisce, si guarisce dalla peste. Siam guariti anche noi.»

«Le dico, che a quest’ora sarà morto sicuro.»

— Se fosse la vacca d’un poveruomo, — disse Don Abbondio fra sé e sé.

«Basta,» soggiunse Fermo con93 quel tuono risoluto, che spiaceva tanto al suo ascoltatore: «basta, quel che è stato, è stato; ma finalmente quel che si doveva fare prima l’ha a fare ora, e si farà.»

«Ma un parere,94 un parere d’amico,» disse con una amabile modestia Don Abbondio, «non ha da potervelo dare un vecchio, che vi vuol bene?»

«Che parere?» [p. 777 modifica]
«Con quella cattura, che avete su le spalle, compatitemi, non vi conviene star qui: maritatevi altrove;95 e Dio vi benedica.»

96 «Le torno a dire che nessuno pensa né alla cattura, né a me: ho girato il mondo, e so anch’io che impicci97 porta, e che tempo domanda il maritarsi98 lontano da casa sua: qui abbiamo le nostre case,99 qui si può100 concludere tutto in un momento, senza impicci: basta che ella voglia, le dico io ch’ella vorrà.»

«Ma figliuolo, ma figliuolo...»

«La riverisco,»101 rispose il figliolo, e102 lasciando Don Abbondio,103 in quei pensieri, che il lettore conosce, gli volse le spalle; e104 se ne andò a Bergamo a disporre105 le sue faccende, e la casa per la sposa.

Questa, frattanto,106 guarita la vedova, era uscita con essa dal lazzeretto, il quale di giorno in giorno si andava spopolando. Perché, come abbiamo accennato, dopo quella dirotta,107 il contagio mollò, come suol dirsi,108 repentinamente; e così venne109 a cessare la trista trasmigrazione110 della cittadinanza al lazzeretto;111 quei che v’erano, in poco tempo morirono, o risanarono. La vedova trovò la sua casa intatta, v’entrò con Lucia;112 ivi stettero,113 insieme a fare un po’ di quarantena; deposero ed arsero i panni della malattia;114 il fondaco somministrò la materia dei nuovi vestimenti; e la vedova, attenendo quello che aveva promesso al padre Cristoforo, volle ad ogni costo provvedere Lucia d’un bel fornimento d’abiti,115 con tutto il lusso contadinesco; e116 vi lavorarono insieme117 per tutto quel tempo che stettero rinchiuse. Il giorno stesso dell’arrivo in casa, la vedova, per [p. 778 modifica]servire alle giuste premure della sua ospite, mandò ai capuccini118 a chieder conto del Padre Cristoforo. Come il lettore l’avrà indovinato, il nostro buono e caro amico, era morto al lazzeretto.119 Lasceremo pure che il lettore s’immagini il dolore di Lucia; e senza più perderci in lungaggini, diremo che un bel giorno ella giunse alla sua casetta, in compagnia della vedova, in una delle più belle carrozze, che usassero i mercanti d’allora.120 In quel frattempo, il contagio era cessato quasi da pertutto, e tutte le precauzioni erano dismesse. Agnese non istette dunque alla lontana dalla figlia, come aveva fatto con Fermo, ma le gettò le braccia al collo, e fece tosto una grande amicizia con la vedova.121 Fermo,122 che era tornato e che stava quivi aspettando l’arrivo desiderato, si trovava in casa d’Agnese in quel momento. Le accoglienze, il tripudio di tutti non è da dirsi, e i discorsi, i racconti non sono da ripetersi: son cose, che il lettore in parte sa, in parte può immaginarsi. Il giorno seguente, andarono tutti e quattro da Don Abbondio, il quale,123 al tócco della porta, accorse alla finestra; e, veduta quella brigata, scese124 gemendo, e grattandosi in capo, ad aprire.

Le accoglienze furon fredde, e imbarazzate; e a dir vero faceva proprio rabbia125 a vedere126 quella faccia svogliata e suffusa per dir così d’un mal umore e d’una stizza repressa,127 in mezzo a tanti aspetti allegri. Ma Fermo, che conosceva il male128 del pover uomo,129 gli amministrò tosto la medicina con queste parole: «Quel signore è poi morto davvero.» Don Abbondio non si abbandonò alla gioja da spensierato, ma volle sapere con che fondamento si130 affermasse una tale ... notizia.
131 «L’ho veduto io pur troppo,» disse Lucia, raccapricciando ancora al ricordarsene.132 Don Abbondio volle sentire133 il racconto,134 si fece ripetere molte circostanze, e quando [p. 779 modifica]fu ben certo135 che Don Rodrigo era veramente136 passato all’altra vita, mise un gran respiro, i suoi occhi s’animarono,137 tutti i lineamenti del suo vólto si spiegarono come138 un fiore che sboccia139 al raggio di primavera.

«É morto!»140 sclamò egli:141 «Oh provvidenza! provvidenza! Ecco se Domeneddio arriva certa gente. È morto senza successione, per un giusto giudizio, e anche per un gran benefizio della provvidenza; perché, se colui avesse lasciato gente della sua razza, bisognerebbe dire: è morto un buon cavaliere: peccato! un degno gentiluomo. Cosi, si può finalmente dire il suo cuore. Ah! Non ce più quel burbero, quel soperchiatore, quello spaventacchio. Questa pestilenza è stata un flagello, figliuoli, un142 flagello, ma è stata anche una scopa: ha spazzato via certa gente, che, figliuoli miei, non ce ne liberavamo più: birboni, freschi,143 verdi, vigorosi, che144 sperare di far loro le esequie, sarebbe stata una prosunzione peccaminosa;145 si sarebbe detto che il prete destinato ad asperger loro la cassa stava ancora facendo i latinucci; e in un batter d’occhio sono iti: requiescant. Ah!... Ma, che facciamo noi qui!» soggiunse poi, come ravvedendosi: «qui in piedi, in questo146 andito? venite figliuoli, venite nella mia saletta; venga signora mia, ben venuta in queste parti; andiamo a sedere, e discorrere tranquillamente dei fatti nostri. Perché,» continuò egli camminando, «quello che s’ha da fare voglio che lo facciamo presto; ché è troppo giusto. Non mi piace, vedete, far penare la gente. E principalmente voi, figlioli cari; e qui147 eran giunti nella sala, e fatti sedere da Don Abbondio, che proseguì: «principalmente voi, ai quali ho sempre voluto bene. Ma che volete? Alle volte bisogna far bella cera a quegli148 che si vorrebbero veder lontani le mille149 miglia, e cera brusca a quelli che si amano: si pare amici dei birboni, e nemici dei galantuomini; ma, santo cielo, bisogna vestirsi dei panni d’un povero galantuomo. Basta; è finita; veniamo a noi. Figliuoli, non bisogna perder tempo; oggi che giorno è?... venerdì: posdomani150 [p. 780 modifica]rinnoveremo le pubblicazioni; perché quelle altre già fatte, dopo tanto tempo, non valgono più nulla; e poi voglio avere io la consolazione di maritarvi; e subito subito, voglio darne parte a Sua Eminenza.»

«Chi è Sua Eminenza?» domandò Agnese.

«Il nostro151 arcivescovo,» rispose Don Abbondio, «quel degno prelato: non sapete che il nostro santo padre Urbano ottavo, che Dio conservi,152 fino153 dal mese di Giugno ha ordinato che ai cardinali si dia il titolo di Eminenza?»

«Ed io,» replicò Agnese, «che gli ho parlato, come parlo a Vossignoria, ho inteso che tutti gli dicevano: Monsignore illustrissimo.»

«E, se154 gli aveste a parlare ora,» replicò Don Abbondio, «dovreste dirgli: Eminenza,155 sotto pena di passare per malcreata,156 o per ignorante. Cosi ha voluto il papa: è ben vero che alcuni principi sono in collera, e non vorrebbero questa novità; ma, fra loro magnati se la strighino: io povero pretazzuolo non ho di questi affanni. Torniamo al fatto nostro.157 Voglio che stiamo allegri: abbiamo avuto tanto tempo di malinconia. Farete un po’ di banchetto: eh?» «Da povero figliuolo,» rispose Fermo.

«Ed io verrò a stare allegro con voi; verrò, vedete» disse Don Abbondio.

«Oh signor curato,» rispose Fermo, «intendevamo bene di pregarla...»

«Ed io vi ho prevenuti,» riprese Don Abbondio, «per farvi vedere che vi sono amico: che vi voglio bene, quantunque m’abbiate dato anche voi qualche travaglio:158 non parlo di te, che sei un malandrinaccio,» disse rivolto a Fermo sorridendo, «ma anche voi159 con quell’aria di quietina:» e qui rivolto a Lucia, e alzata la mano160 con l’indice teso,161 e stretto il rimanente del pugno, la moveva verso di essa in atto di amichevole rimbrotto; e continuò: «bricconcella, anche voi mi avete voluto fare un tiro: quella sera; quella sorpresa; quel clandestino:162 basta non ne parliamo più; quel ch’è stato è stato: non è colpa vostra; è un mio [p. 781 modifica]destino, che tutti163 più o meno debbano darmi qualche fastidio: tutto è finito: pensiamo a stare allegri.»

Lucia sorrise; Agnese stava per aprir la bocca164 ad argomentare contra Don Abbondio, e provargli che il torto era suo; ma Fermo le fece cenno di tacere; e rispose egli in vece con un complimento al curato; e165 con qualche altro complimento, il congresso fini con universale soddisfazione.

Il tempo, che scorse tra le pubblicazioni e le nozze, fu impiegato dagli sposi ai preparativi pel traslocamento a Bergamo, e pel trasporto colà del loro modico avere; e Agnese, la quale, come il lettore se166 n’è avveduto, pareva sempre voler dominare nei discorsi, ma in fatto, povera donna, viveva per gli altri, e faceva a modo dei suoi figlj,167 anche in questo caso168 si arrabattò per la causa comune: la vedova anch’essa non lasciava di dare una mano.

Forse taluno di quegli che credono di veder meglio169 negli affari altrui, a prima giunta, che non vegga colui di cui sono gli affari, dopo avervi molto pensato, domanderà per qual motivo170 quella famiglia volesse abbandonare il luogo natale, la sua casuccia, il suo picciol fondo, ora che era tolto di mezzo colui che gl’impediva di posarvisi tranquillamente.171 Per tre ragioni principalmente. La prima: quantunque Fermo allora non ricevesse alcuna inquietudine per172 quella sua impresa di Milano, e la cattura fosse un titolo inoperoso, pure un sospetto,173 una reminiscenza, un mal uficio, poteva far risorgere l’antica querela, e rimetterlo in Dio sa quale impiccio.

La seconda174 è una di quelle ragioni, che nel parlare astratto non si contano quasi per nulla, ma che nel caso175 concreto176 sono più potenti a determinare che molte altre. Ciò che Fermo aveva sofferto, e temuto nel suo paese, gliel’aveva reso spiacevole:177 il suo paese gli ricordava le angherie d’un soverchiatore,178 i pericoli della prigione, e di peggio, poi il furore del popolo,179 che lo cercava a morte.180 Memorie di questo genere disgustano l181 uomo dai luoghi che [p. 782 modifica]le richiamino, e se quei luoghi sono la patria, ne lo disgustano tanto più,182 appunto perché gli guardava prima con fiducia, e con affezione. Anche il183 bambolo riposa volentieri sul seno della nutrice, rifugge a quello da tutti i terrori, cerca con avidità la poppa, che lo ha nutricato fin allora, e s'accheta quando l’ha presa; ma se la nutrice per divezzarlo, intinge184 la poppa d’assenzio, il bambino torce con dolore e con pianto185 il labbro da quello nuova amaritudine,186 e desidera un cibo diverso.

Finalmente, i nostri sposi erano entrambi lavoratori di seta: triste circostanze gli avevano costretti a dismettere per molto tempo la loro professione; ma né l’uno né l’altro aveva amore all’ozio; e il loro disegno era di ripigliare tosto il lavoro, per vivere tranquillamente e onestamente, e per nutrire ed allevare i figliuoli che speravano, come tutti gli sposi fanno. Ora187 l’industria della seta, come188 tutte le altre era già189 decaduta spaventosamente nel milanese, prima di quelle recenti sciagure; e queste le avevan poi dato I ultimo crollo. Non è questo il luogo di descrivere quello stato di cose, e di toccarne le cagioni. 190 Già molte nemiche d’ogni industria e d’ogni prosperità appajono anche troppo in questa lunga storia; chi volesse conoscere le più immediate191 legga, se non le ha lette, le belle memorie storiche del conte P.192 Verri sulla economia pubblica dello Stato di Milano; e se vuol conoscere più a fondo, frughi nei documenti193 originali, da cui quel valentuomo ha cavate le sue memorie. Basti a noi il dire che l’uomo, il quale194 aveva abilità e voglia di lavorare, stentava nel Milanese, e che195 nel Bergamasco, come in altri stati vicini, si offerivano196 esenzioni, privilegii, ed altri incoraggiamenti ai lavoratori, che volessero trasportarvisi. Questa differenza fece uscire una folla di operaj,197 e rivivere in quegli stati molte manifatture che perirono nel milanese, dove avevano fiorito. Differente per conseguenza, era anche l’aspetto dei due paesi. In Bergamo (non vogliam dire che fosse il paradiso terrestre) dopo [p. 783 modifica]la pestilenza, si vedevano tuttavia i tristi segni, e i tristi effetti di quella: la spopolazione, le terre incolte, l’ardire cresciuto nei ribaldi, le abitudini dell’ozio, e del vagabondare;198 ma199 in quella petulanza stessa v’era una certa aria di allegria,200 nata se non dalla abbondanza, almeno dalla sufficienza dei mezzi e dei capitali;201 quegli poi, che avevano voglia di far bene, trovavano in quei capitali una facilità grande e pronta. Ma nel Milanese una cagione viva e incessante di miseria202 sopravviveva alle miserie della peste:203 un sistema,204 che onorava l’orgoglio205 ozioso,206 che favoriva la soverchieria207 perturbatrice, che alimentava tutti gli studj del raggiro, e delle ciarle,208 un sistema oppressivo e impotente, insensato e immutabile, un sistema di rapine e di ostacoli,209 impediva l’industria, la pace, e l’allegria.

210 Scelta dunque un’altra patria, i nostri eroi, erano però impacciati del come convertire in danaro i pochi beni che211 dovevano lasciare212 nel paese dove erano nati: ma la fortuna, (non osiamo dire la provvidenza,)213 la fortuna, che voleva favorirli in tutto,214 come uno scrittore che voglia terminar lietamente una storia inventata per ozio, trovò un ripiego anche a questo. I beni di Don Rodrigo erano passati per fedecommesso ad un parente lontano; il quale era un uomo di ben diverso conio: un galantuomo, un amico del Cardinal Federigo. Prima di andare a prender possesso di quella eredità,215 trovandosi egli col cardinale, gliene parlò! 216 «Avrete forse una occasione di far del bene e di riparare il male che ha fatto Don Rodrigo,» gli disse il cardinale, e gli raccontò in succinto la persecuzione fatta da quello sgraziato ai nostri sposi,217 e il danno di ogni genere che ne avevan patito. «Se son vivi tuttora,» soggiunse, «non vi prego di far loro del bene, ché con voi non fa bisogno; ma di darmi notizia di loro, e di dire a quella buona giovane ch’io mi ricordo sempre di lei, e mi raccomando alle sue orazioni.» Il galantuomo, appena giunto al castellotto, [p. 784 modifica]si fece indicare il villaggio degli sposi, e218 si presentò al curato. Don Abbondio, al vedere219 il nuovo padrone di quella altre volte caverna di ladroni, umano, cortese, affabile, rispettoso verso i preti, voglioso di far del bene, non si può dire quanto ne fosse edificato. E quando quel signore lo richiese di Fermo e di Lucia, e gli manifestò le sue intenzioni benevole, Don Abbondio,220 non solo si prestò volentieri, a secondarle, ma lo fece con una ispirazione molto felice.221

«Signor mio,» diss’egli, «questa buona gente è risoluta di lasciar questo paese; e il miglior servizio, ch’ella possa render loro, è di comperare quei pochi fondi, che tengono qui.222 A lei potrà convenire di223 aggiungerli ai suoi possessi, e quella gente si troverà fuori d’un grande impiccio.

Il signore gradi la proposta, anzi con molto garbo richiese Don Abbondio se non [gli] sarebbe224 dispiaciuto di condurlo a vedere quei fondi, e insieme a conoscere quella brava gente.

«È un onore immortale,» disse Don Abbondio, facendo una gran riverenza; e andò in trionfo alla casa di Lucia con quel signore, il quale fece la proposta, che fu225 molto gradita. Il prezzo fu rimesso a Don Abbondio,226 a cui il signore disse all’orecchio,227 che lo stabilisse molto alto. Don Abbondio così fece; ma il signore volle aggiungere qualche cosa: e, per interrompere i ringraziamenti dei venditori, gli invitò a pranzo nel suo castello pel giorno dopo quello delle nozze.

Quel giorno benedetto venne finalmente: gli sposi promessi, furono marito e moglie; il banchetto fu molto lieto228 Il giorno seguente ognuno può immaginarsi quali fossero i sentimenti degli sposi e quelli di Don Abbondio, entrando non solo con sicurezza, ma con accoglimento ospitale ed onorevole nel castello, che era stato di Don Rodrigo:229 a render compiuta la festa, mancava il Padre Cristoforo; ma [p. 785 modifica]egli era andato a star meglio. Non possiamo però ommettere una circostanza singolare di quel convito: il padrone non vi sedè;230 allegando che il pranzare a quell’ora non si confaceva al suo stomaco. Ma la vera cagione231 fu’(oh miseria umana!) che quel232 brav’uomo non aveva saputo risolversi a sedere a mensa con due artigiani: egli, si sarebbe233 recato ad onore di prestar loro i più bassj servigj,234 in una malattia. Tanto anche235 a chi è esercitato a vincere le più forti passioni è difficile il vincere una piccola abitudine di pregiudizio, quando un dovere inflessibile236 e chiaro non comandi la vittoria.

Il237 terzo giorno, la buona vedova con molte lagrime, e con quelle promesse di rivedersi, che si fanno anche quando238 s’ignora se e quando si potranno adempire, si staccò dalla sua Lucia, e tornò a Milano; e gli sposi con239 la buona Agnese, che tutti e due ora chiamavano mamma,240 preso commiato da Don Abbondio,241 diedero un addio, che non fu senza un po’ di crepacuore ai loro monti, e s’avviarono a Bergamo. Avrebbero certamente divertito dalla loro strada, per fare una visita al Conte del Sagrato, ma il242 terribile uomo era morto di peste, contratta nell’assistere ai primi appestati.

243 La picciola colonia244 prosperò nel suo nuovo stabilimento,245 col lavoro e con la buona condotta.246 Dopo nove mesi Agnese ebbe un bamboccio da portare attorno,247 e a cui dare dei baci, chiamandolo «cattivaccio.» Ella visse abbastanza, per poter dire che la sua Lucia era stata una bella248 giovane e per sentir chiamar bella giovane una249 Agnese, che Lucia le diede qualche anno dopo il primo figliuolo. Fermo250 pigliava sovente piacere a contare le sue avventure, e aggiungeva sempre: «d’allora in poi ho imparato a non mischiarmi a quei che gridano in piazza, a non251 [p. 786 modifica]fare la tal cosa, a guardarmi dalla tal altra.» Lucia però non252 si trovava appagata di questa morale:253 le pareva confusamente254 che qualche cosa le mancasse. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarvi ad ogni volta, ella disse un giorno a Fermo: «Ed io, che debbo io avere imparato?255 io non sono andata a cercare i guaj, e i guai sono venuti a cercarmi. Quando tu volessi dire,» aggiunse ella soavemente sorridendo, «che il mio sproposito sia stato quello di volerti bene, e di promettermi a te.» Fermo quella volta rimase impacciato, e Lucia, pensandovi ancor meglio conchiuse: che le scappate attirano bensì ordinariamente de’ guaj; ma che la condotta la più256 cauta, la più innocente non257 assicura da quelli; e che quando essi vengono, o per colpa, o senza colpa, la fiducia in Dio gli raddolcisce e gli rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da una donnicciuola, ci è sembrata cosi258 opportuna che abbiamo pensato di proporla, come259 il costrutto morale di tutti gli avvenimenti che abbiamo narrati, e di terminare con essa la nostra storia.

17 7bre 1823.260

Note

  1. Il (lacuna) Ritto su la porta (lacuna)
  2. squallido e rabbuffato,
  3. filamenta
  4. gli occhi
  5. con gli occhi fissi su le persone che erano raccolte nella ca
  6. che
  7. e nel
  8. negli atti [mostrava] mostrava esperienza
  9. sospetto
  10. che s’erano rivolti al grido
  11. capanna dov’era
  12. era stato poi sempre languente, e fuor di sé
  13. st
  14. né era stato
  15. [Al ravvisare più distintamente quelle due figure che nei suoi delirii gli erano tante volte apparse | Al] Quella comparsa
  16. grande
  17. con questo ancora una [smania di accertarsi | smania di] smania
  18. vedere distintamente
  19. delinq
  20. entrarono nelle f
  21. il tre
  22. ed era entrato in una | da un punto diverso
  23. dove essi erano
  24. per
  25. quegli che
  26. smania
  27. que
  28. aveva
  29. per accertarsi
  30. d ❘ ben
  31. che noi abbiamo riferita, quella [spezzata] interrot
  32. Tanto più egli stava intent (lacuna)
  33. fermo, come
  34. invaso
  35. il
  36. gridando
  37. correva
  38. e di là verso la porta meridionale, per la quale (lacuna) Il Padre
  39. : or via diss’egli [pensiamo ora a quello che | bisogna ora pensare a prendere] v’è pure dei concerti da prendere: tu o Fermo che intendi ora di fare? Fermo tutto assorto nella | (lacuna) io debbo tornare [dov’è il mio] dove mi chiama il mio primo dovere... [ma non voglio ❘ ma prima di partire vorrei lasciarvi] ma non vorrei lasciarvi senza prima (lacuna)
  40. prendere
  41. [uscirebb | partirebbe] si porrebbe tosto in via [per Lecco] pel suo paese,
  42. si porrebbe in via pel suo paese,
  43. riporrebbe
  44. e la farebbe disporre intimerebbe al curato,
  45. cond
  46. farsi
  47. [dal] da Don Abbondio, come era troppo
  48. impacciato
  49. E che Lucia
  50. abbandonerebbe
  51. disse
  52. sotto voce
  53. che
  54. disse
  55. più
  56. pesava meno
  57. ma
  58. addio a Lucia e alla vedova e soppresse un: a rivederci presto, che gli veniva su le labbra, disse
  59. poi spiccatosi in fretta partì senza aggiunger
  60. s’accorse
  61. avete
  62. a quest’ora forse
  63. derel
  64. Addio
  65. giunse
  66. e portando un morto
  67. : era Don Rodrigo
  68. uno dei
  69. [fi-nalmente | e se durava ancora | senza] e nessuno
  70. è caduto
  71. Variante venir giù
  72. per l’an
  73. anima
  74. tornò
  75. e att
  76. orribile
  77. si mosse
  78. si condusse [poco] parte affrontando 11 tempo, parte
  79. moll
  80. acconciato pel dì della festa
  81. pel
  82. suo
  83. cose di
  84. lasciano
  85. per la buon
  86. vi
  87. a questo
  88. quell’animo che un
  89. la mia pro
  90. sono
  91. il quale vedeva
  92. con la peste indosso
  93. tuono
  94. un parere per vostro bene
  95. mancano
  96. Qui (lacuna)
  97. e che tempo
  98. fuori della
  99. qui
  100. fa
  101. disse
  102. se ne andò
  103. come il lettore si può [immaginare] immaginare (lacuna)
  104. partì per Ber
  105. la casa per
  106. dopo alcuni giorni era uscita dal lazzeretto
  107. cessato quasi repentinamente il contagio nella città [cessò pure l | cessò quasi] cessò quasi repentinamente
  108. repentinamente, e cessò
  109. a cessare l’affluenza della popolazione
  110. della gente
  111. e
  112. ivi deposero entrambi i panni della malattia, e tutto fu arso: il fondaco della vedova somministrò il (lacuna)
  113. entrambe a fa
  114. e
  115. secondo ❘ del più gran
  116. [Lucia] Lucia
  117. [Il primo pensiero di Lucia era ] La prima cura di Lucia era stata di chieder | chieder conto del ❘.La prima cura d] (lacuna) La prima cura di Lucia era stata di | Il giorno stesso (lacuna)
  118. [per] a chiedere
  119. Alla immaginazione del lettore lasciamo pure il dolore di Lucia
  120. Le accoglienze e il tripudio d’Agnese
  121. [Le accoglien] Il tripudio
  122. avvertito dell
  123. veggend | ac corso al
  124. sospirando,
  125. il
  126. quel vólto
  127. da
  128. e la mira
  129. e che aveva
  130. accertasse questa...
  131. Lucia allora [raccontò quello | tutta] raccontò con raccapriccio ciò ch’ella aveva veduto
  132. Come avete (lacuna)
  133. la
  134. e quando fu ben cer¬to, chiese più volte se | a Lucia, e a Fermo
  135. che quell’uomo era Don Rodrigo
  136. morto, diede
  137. tutto i su
  138. le fo
  139. a primavera
  140. diss’egli
  141. è morto!
  142. gran
  143. vigorosi
  144. pensare
  145. [E sono iti e] E in un
  146. portichetto;
  147. giunto
  148. che non si possono soffrire
  149. miglia
  150. faremo le prime
  151. [cardinale] cardi
  152. ha
  153. da qu
  154. doveste parlargli ora
  155. a rischio
  156. o per
  157. Posdomani, come ho detto, le prime pubblicazioni, e
  158. basta
  159. bricconcella, continuò rivolgendosi
  160. col pugno stretto
  161. e, col resto del pugno stretto
  162. Sottolineato in lapis clandestino
  163. poco o
  164. e pr
  165. dopo
  166. ne e
  167. dava loro ogni ajuto: la vedova
  168. non perso
  169. negli affar
  170. Fermo
  171. con la sua compagna. I motivi e
  172. la sua scappata di Milano
  173. un malu
  174. ; il suo paese gli
  175. determinano
  176. servo
  177. qui le angherie d’un soverchiatore, là
  178. erano memorie
  179. [l'abbandono di tali, da]] l'abbandono (lacuna)
  180. I patim
  181. animo dal luogo
  182. quanto più egli gli
  183. bambolo
  184. il ca
  185. la bocca
  186. e (parola illeggibile) e s’avvezza ad un altro nutrimento e gli par buono un altro cibo
  187. i lavori
  188. tutti gli altri erano
  189. decaduti nel m
  190. già
  191. legga
  192. Verri
  193. del tempo
  194. era
  195. [negli | alcuni Stati vicini] i lavoratori trovavano [negli stati vici] dagli stati vicini e dal
  196. ai lavoratori
  197. tra i quali si tro
  198. ma come [v’erano] v’erano capitali
  199. nella sfrenatezza
  200. [nata d’| nata dall
  201. per e
  202. sussisteva dopo
  203. una amministrazione ingorda, rapace, insensata,
  204. di orgoglio che favoriva
  205. in
  206. inutile
  207. che alimentava le
  208. e che
  209. inaridiva le fonti deU'industria, de
  210. [Risoluti dunque di cercarsi un’altra patria i nostri] (lacuna) Risolu (lacuna)
  211. ave
  212. in quella
  213. che
  214. che pareva
  215. andò
  216. e Federigo
  217. E voi, soggiunse, potete
  218. andò dal curato
  219. un
  220. [con una buona] in una ispirazione (lacuna)
  221. Signor
  222. A lei potranno [servire] convenire
  223. aggiungere quelle
  224. [stata temerità pei] stat
  225. come s
  226. il quale
  227. [che lo | che desiderava] che egli desiderava [di pagarli] di pagar la cosa più che
  228. e lieto fu pure quello [del] nel giorno seguente; e benché in luogo di (lacuna)
  229. a render compiuta la festa, vi mancava il Padre Cristoforo
  230. pretestando alle | che quell’ora era | non il
  231. si [era] fu
  232. [brav’uomo] brav’uomo, cosi umile e cosi umano nel resto
  233. tenuto onorato del
  234. se fo
  235. a quegli che sono esercitati a (lacuna)
  236. non
  237. giorno
  238. non si sa
  239. la
  240. accomiata
  241. s’avviarono a
  242. bravo e mirabile
  243. I disegni della [famigliola] nostra picciola colonia erano cosi moderati, e cosi ragionevoli
  244. stabil
  245. i suoi
  246. Agnese
  247. e da presentare al seno [di L] di Lucia
  248. donna, e che era
  249. figlia
  250. si divertiva spesso
  251. far questo, a non far quell’altro guardarmi da
  252. era
  253. che non le pareva
  254. le m
  255. perché
  256. pur
  257. ne
  258. [ragionevole] bella
  259. la morale
  260. In mezzo alla colonna.