Guida al Lago d'Iseo ed alle Valli Camonica e di Scalve/Da Sarnico a Lovere

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Da Palazzolo a Sarnico Da Iseo a Pisogne lungo la Riviera
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Da Sarnico a Lovere.


La riviera bergamasca od occidentale cala precipite nel lago ovunque, tranne ne’ brevi spazi da Sarnico a Predore, e nelle lingue di terra depositate dagli sbocchi delle vallicelle a Tavernola, a Riva di Solto, a Castro. Queste oasi di buon terreno alluvionale, coltivate accuratamente ad ulivi, gelsi e viti, sono ridenti. La pendice lenta tra Sarnico e Predore, sparsa da marna ed esposta al levante ed al mezzodì, è lieta di frutte precoci e saporite, e del vino migliore della provincia di Bergamo. I gruppi di ulivi (borai) che oltre Predore s’appiattano sotto le rupi inaccessibili riverberanti, ed annidanti nibbii, falchi e passeri solitarii, sono i più pittoreschi del lago.

Vasta selva stendevasi anticamente dai monti di Predore sino a Trescore, e lasciò i nomi al Foresto, alla Selva di Zandobbio. In quella cacciavansi cignali, caprioli e fagiani sino al 1600. Per tali caccie la piû illustre famiglia romana di Brescia, quella de’ Nonii Arii, avea villeggiatura a Predore, dove eresse simulacro a Diana, con iscrizione ora serbata nel museo di Bergamo. Quelle selve vennero consunte specialmente pel forno di ferro ad Adrara, e per le fucine che furono a Predore ed a Sarnico. Così il forno e [p. 36 modifica]le fucine di Marone divorarono le selve di Zone al monte Gölem.


Predore deve aver tratto il nome dalla villeggiatura romana, che chiamossi anche Praetorium. La di lui coltura romana si dimostra dalle molte reliquie di costruzioni, di sepolcri, di pavimenti a mosaico, dalle monete romane che vi si rinvengono presso la parrocchia, e su per le pendici. Predore dovea anche essere capo pago, se ivi nei primi tempi del cristianesimo sul lago si stabili una chiesa battesimale o plebana, dalla quale dipendevano anche le popolazioni di Vigolo, Parzanica, Tavernola. Vi prevalse la famiglia de’ conti Foresti, guelfi, che nel 1393 ferirono ghibellini di Lovere e di Sarnico depredanti le ulive loro, e che assediati in agosto del 1404 nel castello con 540 persone dai ghibellini di Lovere e della Val Camonica, s’arresero e ne venne diroccato l’asilo. Del quale rimane a monumento la grande torre dimezzata dall’alto al basso. Il popolo poetico convertì i partiti in fratelli, e racconta come quella torre venne così sventrata per la divisione di due fratelli nemici. — Abitanti 1002.

A breve tratto da Predore verso Tavernola è la valletta detta del Frer e rammenta la fucina d’acciaio che v’era sino dal 1294. Fra Predore e Sarnico, nei secoli passati cavavansi un marmo bianco simile a quello di Zandobbio, e tufi, e gesso. [p. 37 modifica]

Gli ulivi sulle pendici verso il lago erano più estesi ed elevati. Sino ad Adrara sopra Sarnico, un colle chiamavasi Oliveto, ma vi perirono specialmente pei freddi del 1709 e del 1784. Ed è notevole che la pendice da Predore verso Tavernola dà ottimo olio e mediocre vino, mentre quella da Predore verso Sarnico produce ottimo vino e olio mediocre. Villeggiano a Predore Noli ed Hamilton. Nel 1885 vi si piantò vivaio di frutti e fiori.


Tavernola. - Fino al 1848 da Predore non potevasi andare a Tavernola che pel lago, ed in quell’anno s’aprì la via che ora vi mena a traverso le roccie, via cominciata nel 1832, e condotta quasi esclusivamente con sforzi di Tavernola. Il cui nome ne dinota l’origine; stazione o porto al lago di Vigolo, antico paese pastorale sul monte, donde la ricca e numerosa famiglia Fenaroli, denominata dal fieno somministrato alle repubbliche di Brescia e di Bergamo. Le notizie di quella famiglia rimontano sino al 1047, e nel 1340 sono nominati i Fenaroli da Tabernula, de’ quali un Galasio fece restaurare il chiostro di S. Paolo nell’isoletta che sta rimpetto a Tavernola, e vi fu sepolto nel 1525. Il Doge Foscari nel 1428 chiama i Fenaroli de Comunitate Tabernulae, Camianica et Vigolo devotissimi. Nei secoli passati v’erano parecchie fabbriche di panno, e tuttavia un [p. 38 modifica]sito pittoresco assai con vago bacino d’acqua nativa, vi si chiama il Follo. Le torri di Tavernola erano de’ Fenaroli, ai quali si deve l’incremento della terra, che prima del 1400 era sparta nei gruppi più aiti di Cavianega e di Vianega di S. Pietro, antica parrocchiale, della quale sino al 1578 dipendevano anche Vigolo e Parzanica. In essa si veggono dipinti a fresco del 1495 e del 1505, e reliquie di dipinti della scuola di Romanino. A Cabianega è chiesetta abbandonata d’architettura lombarda del secolo XIII. Bergamo nel 1331 unì in Comune solo Tavernola, Blenica, Cabianega. A Tavernola sul porto s’ammirano giganteschi pergolati di malvasìe, delle quali nel 1860 vi peri un ceppo, che da solo dava più di due ettolitri di vino. Tavernola ha le due filande a vapore, Sina e Capuani. — Abitanti 778.


Vigolo e Parzanica campano più di pastorizia e di boschi che d’agricoltura. Parzanica più elevato del monte Isola, per la buona esposizione al mezzodì coltiva anche la vite. Ha rovine di muri antichi all’alta chiesetta della Trinità, detti i pagà e ricordanti riti gentili. Vigolo ha inscrizione in caratteri tra il 1200 ed il 1300 sulla chiesetta di S. Michele, ed ambi i paesi serbano qualche reliquie di rocchetto del medio evo. Vigolo è notevole per alcuni alberi colossali da frutto. Nel 1867 sotto Vigolo s’abbattè un noce [p. 39 modifica]che diede sino 28 ettolitri di frutti, e sopra sono meli capaci ognuno di portarne sino a quindici quintali. A Vigolo si sale da Tavernola, a Parzanica da Portirone accessibile solo dal lago. Un sentiero comodo congiunge Vigolo a Parzanica, e da quello godonsi magnifiche viste del lago. — Abitanti: Vigolo 750, Parzanica 558.


Riva. — Uno dei porti antichi del lago fu Riva, che ebbe nome dall’approdo, come la Riva del Garda e quella di Chiavenna. La Riva del Sebino era il porto di Solto, antica pieve che sta ad un’ora di cammino sul vertice del colle dividente il lago d’Iseo da quelli di Gaiano e d’Endine. Solto era centro romano, indi ecclesiastico di Esmate, Zorzino, Riva, Fonteno, Rova, Pienico, Castro, Sellere. Ebbe tre castelli e potenti feudatari. Vi prevalevano i Foresti, i Panigoni, li Oldrati, i Codoferri, dei quali uno da Esmate nel 1300 aprì forno fusorio di ferro ad Adrara.

La pendice di Riva sino ad Esmate è la più ricca e florida d’ulivi di tutta la riviera del lago d’Iseo. Riva piglia a comparire comune da sè solo negli Statuti di Bergamo del 1301. Nel secolo XV avea cinque torri salde sulle spiaggie, delle quali una sola rimase quasi intera. Gli stemmi rimastivi del panico rammentano la potenza della famiglia Panigoni. Ora vi sono principali possidenti i Martinoni, che dal 1869 [p. 40 modifica]vi costruirono filanda a vapore di 100 bacinelle. Vi è pure a vapore un pressoio d’olio d’uliva, e nel 1877 vi si prese a cavare un calcare che nelle fornaci di Palazzolo si converte in cemento idraulico ed in Portland. Nel 1440 Venezia concesse a Riva libertà di navigazione. Via carrozzabile mena da Riva a Solto ed in Val Cavallina. — Abitanti di Riva 595.


Castro. — Fra Riva e Castro svolgesi un seno mirabile detto il bogn (bugnas in sanscritto vale curva), dove le stratificazioni da inclinate si raddrizzano perpendicolari. Castro al nome antico latino vuol dire luogo forte, ed era allo sbocco della Val Camonica e Seriana nel lago. Castro fu prima di Lovere, e la parrocchia di Lovere era dipendente da quella di Castro rimontante fino al secolo ottavo. Negli Statuti di Bergamo del 1331 si nomina il mercato di Castro e non quello di Lovere. Il Castro antico era alto, nel sito ove veggonsi le vestigia di castello; l’attuale era il porto, il mercato. Il piano su cui siede il Castro moderno venne preparato dai depositi del fiume Tinasso, già detto Inzine, scendente col nome di Borleza dal piede orientale di Clusone, per gettarsi sotto Sovere in voragine profonda 70 metri, che arditamente si coperse colla via nazionale nel 1835. La Borlezza anticamente si gettava nei laghi di Gaiano e d’Endine, poscia a Sovere si aperse varco nel Tinasso [p. 41 modifica]con immensa rovina, ricordata nel secolo XVI da Achille Muzio

Vicus oliviferi Castri, memorahilis olim
Corruit immensae turbine raptus aquae.

Venezia nel 1440 fece alzare grande torre a Castro, e nel 1766 vi favorì la fonderia dei cannoni, che fece decadere quella aperta a Clenesso da Carlo Camozzi nel 1712. Nel principio di questo secolo ebbe fabbrica di falci. La potenza idraulica del Tinasso e l’oppurtunità del porto, chiamarono a Castro Andrea Gregorini da Vezza, che dal 1870 al 1873 posevi il primo stabilimento siderurgico dell’Alta Italia. Con altro forno riscaldato il 27 marzo 1872, producente sino ad 80 quintali di ghisa giornalmente, con ventilatore meccanico, con forno Siemens generatore di gas, con pudler per ferri ed acciai, con laminatori e con magli, usanti complessivamente la forza idraulica di circa trecento cavalli. Il Gregorini dall’ottobre 1876 vi applicò anche il forno oscillante Pernot producente sino a 200 quintali al giorno di ottimo acciaio. La ghisa grigia di Castro vince l’acciaio Krupp ed il bronzo Ukatius nella resistenza, e con essa si fusero i cannoni del Duillio. Nel luglio 1885 vi si fuse l’incudine del maglio d’un pezzo solo di 107 tonellate. Castro ha anche per Rossetti dal 1870 forno a fuoco continuo, macine e ventilatore [p. 42 modifica]pel gesso. Dalla vecchia parrocchia di Castro godesi amplissima vista del lago. — Abitanti 461.


Sovere — Ad un’ora di cammino da Castro, rimontando il fiume, trovasi Sovere (Soer) notevole per l’industria del ferro, della seta, delle stoviglie. Fu vico romano, nel 906 dicevasi Villa, e vi si nomina un forno fusorio nel 1291. Ebbe torre antica, e sino dal 959 la chiesa di S. Martino. Nel 1860 i Silvestri vi presero a costruire grande filanda a vapore di cento bacinelle, vi ha un buon filatoio Martinoni per tremila chilogrammi annui d’organzino, e vi rimangono parecchie fucine. Il quarzo ed il caolino de’ luoghi vicini, vi mantennero da tempi antichi fabbrica di stoviglie che da alcuni anni è condotta con intelligente amore da Picozzi milanese insieme a quella di Palosco, e che ora con essa sarà appendice della grande Società Richard e C., diretta dallo stesso Picozzi in Milano. — Abitanti 2091.

Note