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Guida del viaggiatore per la città e per li dintorni di Trento/C. Conclusione sull'esame dei dintorni

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C. Conclusione sull'esame dei dintorni

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C

Conclusione sull’esame dei dintorni.


Prescindendo dalla bellezza, prodotta dalla varietà della pianura, e dei colli, e delle viste, che ovunque si [p. 70 modifica] godono, si scorge un ben essere universale dei villici. Di questo due sono le cause, cioè il ritrovarsi fra villici agiati possidenti, che non si distinguono dagli altri nel vestito, e nella maniera di vivere, e l’essere il colono ben trattato dal possessore del fondo. Quivi rare sono le affittanze, ed invece si usa di contrarre col villico una società, pel quale uno dà a lavoro il campo, e l’altro impiega fatica, e sudori, e si dividono i frutti, ad eccezione della foglia de’ gelsi, che è assoluta proprietà del padrone del fondo, in relazione di due terzi al proprietario, e di un terzo al colono riguardo alle uve, e di metà per socio riguardo alle granaglie, ed agli altri frutti del suolo. I costumi de’ villici del Trentino, ed in generale del Tirolo italiano furono a meraviglia descritti da Monsignore Ticini, Canonico onorario della Cattedrale di Trento, Decano foraneo, e Parroco di Pergine nel suo — Uberto, o le serate d’Inverno dei buoni contadini.

Il saggio osservatore avrà esaminato il terreno composto di argilla, calce, e sabbia, il più proprio per l’agricoltura [p. 71 modifica] di qualunque altro. L’industria dell’agricoltore appare maggiore al colle, che al piano, ed alle volte al piano ritrovansi dei semincolti campi, mentre al colle in alcuni luoghi osservasi la terra trattenuta ovunque da muri a guisa di vasi da fiori, e coltivata con tutta l’arte.

La vite ed il gelso sì al piano, che al colle vi prospera assai bene. Si fa buon vino, e più del bisogno, il quale ha poco smercio, ed è per questo, che trasandata la eccessiva quantità del raccolto presentemente si impiega ogni cura per migliorarne la qualità, scegliendo a tal fine buone qualità di viti, come sarebbero la sì detta negrara, taroldega, e marzemina. Il vino nero ha più smercio, che il bianco, ed è per questo, che si estende più la cultura di quello, che di questo.

Gli impianti de’ gelsi vanno sempre più estendendosi per tutta la valle, e sufficientemente si conosce la cultura del gelso. Il prezzo alto della seta, ed il grosso capitale, che per questa circola nel Trentino interessa di troppo il possessore delle terre per non trascurare questo prodotto. Cogli impianti de’ gelsi si [p. 72 modifica] eccedette forse in alcuni luoghi i limiti richiesti, perchè non solo si ricavano dal terreno men granaglie, e men vino, ma ponendo i gelsi troppo vicini si procura agli stessi, e tardo sviluppo, e presta morte. I bachi da seta vengono coltivati esclusivamente da’ villici, ed in particolare dalle donne, fra le quali regna una specie di emulazione, mentre gli uomini si occupano nel levare la foglia dal gelso.

Le granaglie vengono coltivate negli stessi terreni, che sono di gelsi, e di viti piantati; fra esse però viene coltivato con maggior diligenza il grano turco, che il formento; tuttavia sì l’uno, che l’altro non bastano per lo consumo del paese. La coltura dei prati è piuttosto trasandata, ed in relazione de’ campi a grano, e viti coltivati pochi sono i prati.

La cultura de’ fruttici con l'introduzione di scelte qualità tolte dall’istituto agrario di Milano si migliorò solo da qualche tempo, e si vedono comparire a mensa belle, e saporite frutta. Si distingue poi il Trentino per le ciglieggie, per le pere, e per le castagne.

L’orticoltura pure non è trasandata. [p. 73 modifica] Si migliorarono le sementi, e si vede diminuita la quantità degli erbaggi, che dalla vicina Verona a Trento venivano sulla pubblica piazza altre volte condotti.

Il giardinaggio ha pure i suoi cultori, e sì nella città, che nelle ville de’ Trentini si vedono ben intesi giardini.

Quello, che manca, si è una società agronomica, che provegga dai luoghi, ove i varj prodotti riescono a perfezione le sementi, e le distribuisca, ed in uno proprio suolo istituisca quelle sperienze, che in seguito rese di pubblica ragione migliorino nel paese l’agricoltura, primo fonte di locale ricchezza.