I Nibelunghi (1889)/Avventura Dodicesima

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Dodicesima
Avventura Undecima Avventura Tredicesima

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Avventura dodicesima

In che modo Gunthero invitò Sifrido alla festa


     Di Gunthero la donna in ogni tempo
Così pensava: E perchè mai sì altera
Porta Kriemhilde la persona? Eppure
Sifrido, l’uom di lei, uno è de’ nostri
5Servi addetti, e ci fe’ per lungo tempo
Servigi scarsi! — E quella si recava
Cotesto in core e si tacea pur anco;
Grave rancura a lei che i suoi congiunti
Sì le fossero estrani e che sì raro
10Altri servisse a lei da quella terra
Di eroe Sifrido. Volentieri assai
Conosciuto ell’avria donde cotesto.
     Al re ne fe’ ricerca onde potesse

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Questo avvenir ch’ella dovesse ancora
15Veder Kriemhilde. E favellò in secreto
Di ciò ch’ella volea. Ma i detti suoi
Poco d’assai parvero grati al sire.
     Il re possente così disse: Oh! come,
Come potremmo a questa nostra terra
20Traggerli noi? Non possiam noi cotesto!
Troppo lungi hanno stanza, ed io non oso
Invitarli pur qui. — Gli rispondea
Brünhilde allor con mente accorta assai:
     Per quanto d’alcun re gli uomini addetti
25Sian forti e ricchi, tralasciar non dènno
Ciò che il lor prence comandar si piace.
     E re Gunthero sorridea, cotesto
Mentr’ella disse, ch’ei non volle mai,
Quantunque volte egli vedea Sifrido,
30Chieder servigi a lui. Dolce mio prence,
Ella intanto dicea, deh! tu m’aita
Nel piacer mio perchè alla nostra terra
Vengan Sifrido e la sirocchia tua,
Sì che qui noi possiam vederli. E nulla
35Avvenir mi potrìa veracemente

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Di più caro e gradito. Allor ch’io penso
Di tua sirocchia il far cortese e gli alti
E generosi spirti, oh! quanto dolce
A me ritorna il ricordar quel tempo
40In che insieme assidemmo, al dì che in pria
Tua donna diventai! Con molto onore
Amare ella ben può Sifrido il forte!
     Ella sì a lungo supplicò, risposta
Fin che le diede il re: Ben voi sapete
45Che ospiti non vid’io sì volentieri
Come cotesti. E pregarmi v’è d’uopo
Più dolcemente, ch’io già vo’ i miei messi
Appo quelli invïar, sì ch’elli a noi
Vengan sul Reno. — Anche dovete voi,
50La regina dicea, dirmi chi mai
Mandar vorrete, e in quali giorni ancora
A questa terra i dolci nostri amici
Venir potranno. Or, chi mandar volete,
Fate che noto anche mi sia. — Cotesto,
55Rispose il prence, ben farò. De’ miei
Trenta vogl’io che cavalcando partano. —
E questi innanzi a sè chiamò, per essi

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Di Sifrido alla terra egli invïava
Le sue novelle, e volentier Brünhilde
60Lor diè vesti d’assai belle e pompose.
     Voi, valorosi, disse allora il prence,
Come s’io stesso favellassi (questo
Non si taccia da voi), per me direte
A Sifrido gagliardo e a quella mia
65Sorella ancora che nessuno in terra
D’elli più caro esser mi può. Ancora
Sì gli pregate ch’ambo a noi sul Reno
Vengano, chè vogl’io con la mia donna
Esser per sempre a’ lor servigi. Innanzi
70Al vicino solstizio egli, Sifrido,
E gli armigeri suoi molti gagliardi
Qui potranno veder che a lui con grande
Onor dènno venir. Li miei servigi
Anche offerite a re Sigmundo, e ch’io
75Sempre a lui, con cotesti amici miei,
Son devoto e fedel. Dite pur anco
Alla sirocchia mia ch’ella non lasci
Di venir cavalcando appo gli amici,
Che altra festa non fia di lei più degna.

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     80Ute e Brünhilde e quante donne ancora
Altri là rinvenìa, tutte proffersero
Lor servigi a le donne d’amor degne
E ai valorosi, ch’eran molti, in quella
Di Sifrido contrada. Ecco, levârsi,
85Degli amici del re dopo il consiglio,
I messaggieri. Elli n’andâr, costume
Qual è di vïandanti, e vestimenta
Furon fornite e palafreni. Usciro
Dalla terra così; bene avanzava
90Il lor viaggio al loco ov’ei d’andarne
Avean disegno, e i messaggieri suoi
Di difendere ingiunse il nobil prence
Con una scorta. Cavalcando vennero
Là nella terra (e fûr tre settimane),
95E nel castel di Nibelungo, in quella
Di Norvegia frontiera, ove mandati
Eran elli, ei trovâr Sifrido eroe.
Per il lungo vïaggio erano stanchi
De’ messaggieri i corridori. Intanto
100A Sifrido, a Kriemhilde, altri dicea
Ch’eran venuti cavalieri, quali

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Recavano le vesti in quel costume
Che in Borgogna si adopra. Oh! da un suo letto
Ove giaceasi a riposar, Kriemhilde
105Scese balzando, e che n’andasse, volle,
Una fantesca a le finestre; e quella
Vide arrestarsi nella corte il prode
Gère e i compagni suoi, quali invïava
Prence Gunthero. Contro al suo dolore
110Deh! qual gradito annunzio ella apprendea!1
     Al re così parlò: Deh! voi notate
Là ’ve si stanno quei che a questa corte
Venìan con Gère il forte; a noi mandolli
Giù per il Reno il fratel mio Gunthero.
     115Esserci dènno i benvenuti, ratto
Sifrido il forte così disse. — E tutti
I famigli correan là ’ve fûr visti
I messaggieri, e ciascun d’essi a parte
Il miglior detto che ciascun potea,

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120A’ messaggieri con atto cortese
Rivolse allora. Principe Sigmundo
Fu lieto assai di lor venuta. Intanto
Ebbesi alloggi coi compagni suoi
Gère, e s’indisse di prestar le cure
125Ai palafreni. Ed ecco che venièno
Là ’ve presso a Kriemhilde si assidea
Prence Sifrido, i messi. E fu cotesto
Concesso a lor d’andarne in corte; appunto
Fean questo i prenci. L’ospite regale
130Ratto levossi in piè con la sua donna,
E degnamente fu per loro accolto
Gère dal suol ch’è di Borgogna, insieme
A’ suoi compagni, gli uomini fidati
Di re Gunthero. Indetto fu che andasse
135Gère possente e ricco ad una sedia.
     Nostro messaggio concedete voi
Pria che a sederci andiam, disse quel saggio.
Concedete che in piè restiamo noi,
Ospiti stanchi, per il tempo, in cui
140Dirvi dobbiam quali v’invian novelle
E Gunthero e Brünhilde. E loro stato

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Buono ed alto è davver. Diremo ancora
Ciò che la madre vostra impose a noi,
Ute regina; e Giselhèr garzone
145E principe Gernòt ed i congiunti
Vostri migliori c’invïâr. Da quella
Burgundia terra ei v’offrono servigi.
     Gli ricompensi Iddio, dicea Sifrido,
Ch’io credo in lor bontà veracemente
150Ed in lor fede, qual pur verso amici
L’uom deve, e questo fa di simil guisa
La lor sirocchia. Ora dovete a noi
Novelle riferir se animo franco
Ed alto in loro ostelli hanno que’ nostri
155Diletti amici. Da che noi partimmo,
Nessuna offesa fece mai qualcuno
A’ miei congiunti? Concedete voi
Ch’io mi sappia cotesto! Io vo’ pur sempre
Loro aita recar con molta fede,
160Finché, per miei servigi, alti lamenti
Lor nemici faran. — Gère margravio,
Valoroso guerrier, così rispose:
     Per tutte lor virtù, d’anima franca

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Ed alta ei son davver. Fannovi intanto
165Un invito, sul Reno ad una festa.
Chè volentieri assai, siate di tanto
Voi senza dubbio, ei vi vedranno. E pregano
Questa signora mia che venga vosco
Ratto che tocchi l’invernal stagione
170Il termin suo. Vedervi ei dènno prima
Del vicino solstizio. — E rispondea
Sifrido il forte: Ciò potrìa davvero
A gran stento accader! — Ma Gère disse,
Ei, del suol di Borgogna: Anche vi pregano
175Ute, la madre vostra, e Giselhero
E Gernòt, nè potete in niuna guisa
Cotesto ricusar. Perchè voi sète
Lungi cotanto, ad ogni dì li sento
Io muover lagni. Ma Brünhilde, mia
180Inclita donna, ed ogni ancella sua
Gioia si avran di tal novella, quando
Possa avvenir che vi riveggan anche,
Ciò che lor donerà forza a lo spirto.
     A Kriemhilde leggiadra esta novella
185Buona e lieta sembrò. Congiunto a lei

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Era Gère, e d’assidersi gl’ingiunse
L’ospite suo regal. Volle che fosse
Vino mesciuto agli ospiti raccolti,
Nè ciò fu a lungo tralasciato. Intanto,
190Ratto che vide i messi, era venuto
Anche prence Sigmundo. Amicamente
A’ Burgundi parlò l’antico sire:
     Voi benvenuti, o valorosi, voi
Uomini di Gunthero. Oh! da quel tempo
195Che il figlio mio Sifrido ebbesi in donna
Kriemhilde, si dovea ben più sovente
In questa terra voi veder, se pure
Amicamente a noi parlar volete!
     Dissero ch’ei verrian, quand’ei bramasse,
200Ben volentieri, e intanto, in quella gioia,
La grave lor stanchezza si scemava.
     Ai messaggieri di recar fu ingiunto
Il cibo, e cibo fu recato, e volle
Sifrido sì che a quegli ospiti suoi
205Si desse in copia. Nove giorni ancora
Là fu d’uopo restarsi, e veramente
I cavalieri valorosi n’ebbero

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Lamenti poi, ch’ei non poteano ancora
Alla lor terra far ritorno. Intanto
210Appo gli amici suoi mandava un cenno
Prence Sifrido. Ei richiedea che mai
Consigliassero a lui, s’elli con seco
Laggiù al Reno verrian: Per una festa
Gunthèr, l’amico mio, co’ suoi congiunti
215Appo me qui mandò. Se la sua terra
Lungi tanto non fosse, io sì v’andrei
Volentieri d’assai. Pregano ancora
Kriemhilde mia perch’io con me l’adduca.
Or consigliate voi, diletti amici,
220Com’ella andarne là potrebbe. Ancora
Se a trenta regïoni andar dovessi
Per li cognati miei, ben volentieri
Di Sifrido la man li servirebbe.
     Dissero allora i suoi guerrieri: Quando
225Voglia per tal vïaggio abbiate voi
A quella festa, ciò che far v’è d’uopo,
Vi consigliamo. Cavalcar con mille
Vostri gagliardi fino al Ren dovete,
E dato allor vi fia con molto onore

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230Andarne fra i Burgundi. — Allora disse
Di Niderlànd il re, Sigmundo antico:
     Se alla festa n’andate, oh! perchè mai
Ciò non mi fate aperto? E se cotesto
Non disdegnate, cavalcando anch’io
235Fin là verronne. Cento valorosi,
Ond’io voglio aumentar le vostre schiere,
Io menerò. — Se cavalcar con nosco
Volete voi, diletto padre mio,
Disse Sifrido valoroso, lieto
240Son io di tanto assai. La terra mia
Dopo dodici giorni avrò lasciata.
     A tutti quelli che bramâr cotesto,
Furon dati cavalli e vestimenta.
     Ratto che il nobil sire ebbe desìo
245Di quel vïaggio, a’ buoni e valorosi
Messaggieri fu indetto, cavalcando,
Di ritornar. Ma principe Sifrido
Ingiunse loro in pria che a’ suoi cognati,
Là sul Reno, ei dicessero che assai
250Volentieri alla festa egli verrìa.
     E Sifrido e Kriemhilde in quella guisa

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Che udimmo raccontar, tanti fêr doni
A’ messaggeri, che recar que’ doni
Già non potean lor palafreni a casa
255Nella lor terra. Principe Sifrido
Era ricco d’assai. Così que’ messi
Spingean gioiosi innanzi a sè pel calle
Lor robusti somieri. E la lor gente
Vestìano intanto e Sigmundo e Sifrido;
260Conte Eckewarto indisse ancor per donne
Vesti cercar quali più belle alcuno
Trovar potè, quali acquistar per tutta
La terra si potean di re Sifrido.
Selle e pavesi ad apprestar frattanto
265S’incominciò. Quanto più alcun bramava,
Perchè nulla mancasse, a cavalieri,
A donne anche si diè, quali col sire
Dovean partirsi. Ei volle incliti gli ospiti
Così menarsi appo gli amici suoi.
     270Affrettavansi intanto i messaggieri
D’assai per la lor via. Come ne venne
Là fra i Burgundi Gère valoroso,
Bene fu accolto assai. Scesero tutti

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Da’ lor cavalli e palafreni al suolo,
275Di re Gunthero per entrar nell’aula,
     Così come fa l’uom, vennero allora
Garzoni e vecchi a dimandar novelle,
E il nobil cavalier così dicea:
     Ratto udirete ciò che al mio signore
280Dirò. — Così n’andò co’ suoi consorti
Là ’ve Gunthero ei rinvenia. Balzava
Per molta gioia dal suo seggio il prence,
E perchè così tosto erano i messi
Di là tornati, Brünhilde leggiadra
285Grazie a tutti rendea. Lor disse intanto
Prence Gunthero: Oh! come sta Sifrido,
Da cui tanta d’amor vennemi prova?
     Rosso per gioia egli si fe’, rispose
Gère avveduto, e si fe’ rossa pure
290Vostra sirocchia. Nessun uom giammai
Cose sì belle ed amorose indisse
Ai dolci amici, come a voi le indisse
Prence Sifrido e il padre suo pur anco.
     La sposa allor del nobile signore
300Così disse al Margravio: Ora mi dite

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Se a noi viene Kriemhilde. E serba ancora
La persona sua bella alcun dei tratti
Ch’ella spiegar potea? — Veracemente,
Disse Gère gagliardo, ella sen viene!
     305Ute pregò che innanzi a lei venissero
Subitamente i messaggieri. Questo
Da sue domande agevolmente assai
Intender si potea che volentieri
Udito avrìa se Kriemhilde leggiadra
310Era ancor sana di persona; e Gère
Le disse allor come trovolla e come
Fra breve tempo ella verrìa pur anco.
Nè da lui per la corte si celaro
Doni che diègli principe Sifrido,
315E fûr recate vestimenta ed oro
De’ tre regi dinanzi ai valorosi
A contemplar. Per la munificenza
Grande assai di Sifrido, a lui si resero
Inclite grazie. Ed Hàgen disse: Tanto
320Donar del suo agevolmente ei puote;
Nulla mancar gli può, s’anche in eterno
Egli vivesse. La sua mano ha chiuse

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De’ Nibelunghi le ricchezze. Oh! un giorno
De’ Burgundi alla terra elle venissero!
     325Dopo cotesto, s’allegraron tutti,
Perchè i prenci venissero, i famigli,
E da mane e da sera infaticati
Fûro i consorti dei tre re. Principio
Fecesi a collocar diversi e molti
330Seggi regali. Hunoldo ardimentoso
E Sindolto guerrier non ebber quiete
Veracemente. Elli doveano intanto
Questo curar che palchi si levassero,
Elli, scalchi e coppieri. E porse aita
335Ortwin pur anco, e di ciò rese grazie
Prence Gunthero. Oh! quanti fe’ comandi
Rumoldo, capo alla regal cucina,
A’ suoi soggetti! E quanti là rinvennersi
E laveggi e caldai, quante e diverse
340Pentole vaste! Cibi s’apprestavano
Per quelli sì che vennero alla terra.


Note

  1. Per il dolore di star lontano da casa.