I solitari dell'Oceano/20. La caverna dei pesci-cani

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20. La caverna dei pesci-cani

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CAPITOLO XX.

La caverna dei pesci-cani.


Il chinese, dopo d’aver provato, invano, di smuovere qualcuna di quelle enormi pietre accumulate dai selvaggi, accostò il viso ad una delle fessure, cercando di spingere gli sguardi verso il mare.

Sul cornicione, e nemmeno nella spaccatura, vi era alcuno, però non poteva vedere fino alla base del cono in causa di alcune rocce che limitavano lo spazio.

Sul mare invece non si scorgeva alcuna piroga e nemmeno lungo le spiagge dell’isola, molto visibili non essendo lontane più di tre chilometri.

— È impossibile sapere se il bandito ha lasciato qui qualche sentinella, — disse. — Il mio sguardo non può giungere fino alla cala riparata dalle scogliere.

— Non occupiamoci di costoro, — rispose Ioao. — Per ora non ci daranno fastidio. Esploriamo invece la galleria.

— Seguitemi, signor Ioao. —

Attraversarono la caverna e gettatisi a terra, si misero a strisciare entro quella specie di budello il quale era così stretto da permettere appena il passaggio e di forma molto irregolare.

Probabilmente si trattava di un canale tracciato dalle lave, perchè la materia vulcanica lo avvolgeva interamente formando anche in certi luoghi delle grosse bolle che si frangevano al solo contatto della mano.

Dall’estremità di quel tubo, venivano fragori assordanti. Pareva che delle onde si rompessero impetuosamente entro qualche profonda cavità forse contro le pareti di qualche caverna sottomarina.

Sao-King faceva sforzi prodigiosi per avanzare, essendo molto più corpulento di Ioao.

S’aggrappava alle fessure, alle pareti, ai crepacci, per far passare [p. 142 modifica]il corpo, lacerandosi non solo le vesti, bensì anche la pelle dei fianchi.

Il corridoio invece di salire, scendeva dolcemente e non già verso l’interno del cono. Pareva che si dirigesse parallelamente alla spiaggia.

L’oscurità era diventata fitta, non potendo la scarsa luce della caverna giungere fino a quel punto, pure Sao-King non si arrestava.

Prima però di avanzare allungava le mani, temendo di cadere da un momento all’altro in qualche abisso.

Aveva già percorsi circa cento metri, quando s’accorse che il tubo s’allargava.

Il fracasso era diventato assordante. Un rombo incessante saliva dal fondo.

Il chinese tastò le pareti, poi si alzò facendo qualche passo innanzi.

Ioao, uscito pure dal tubo, lo aveva raggiunto, tenendosi stretto alle vesti del compagno.

— Dove siamo? — gli chiese, accostandogli le labbra ad un orecchio.

— Odo il mare a frangersi sotto di noi, — rispose Sao-King.

— Non osi andare innanzi?

— Vi è un abisso dinanzi a noi.

— Ho la pietra focaia e l’acciarino con un pezzo d’esca.

Il chinese stava per rispondere, quando, essendosi curvato innanzi, vide improvvisamente una luce verdastra che si diffondeva alcuni metri più sotto.

Fece un passo, poi un altro e s’accorse che vi era un vuoto.

— So dove ci troviamo, — disse.

— Spiegati meglio, — disse Ioao.

— Questo passaggio, come già aveva previsto, termina sopra una caverna sottomarina.

Avvicinatevi e guardate: la luce si rinfrange sull’acqua. —

Ioao s’avanzò di qualche passo e vide sotto di sè aprirsi uno spazio di alcuni metri, rischiarato dalla luce verdastra che ora impallidiva ed ora diventava più intensa.

— L’acqua! — esclamò.

— Sì, signor Ioao.

— Allora siamo salvi!

— Lo spero.

— Che sia molto vasta la caverna?

— Se non lo fosse molto, la luce non potrebbe rinfrangersi fino qui.

— Possiamo quindi attraversarla e uscire in mare. Io so resistere qualche minuto sott’acqua.

— Ed io ancor di più, signor Ioao.

Nella mia gioventù sono stato palombaro nelle peschiere di perle di Ceylan. [p. 143 modifica]

— Gettiamoci in acqua, Sao-King e fuggiamo. —

Il coraggioso giovane stava per levarsi le scarpe e la giacca onde essere più libero nei movimenti, quando Sao-King lo arrestò, dicendogli con voce alterata:

— Guardate! Lo sospettavo! —

Una massa enorme, che aveva la forma d’un pesce, era improvvisamente comparsa in prossimità dell’apertura e si era fermata, agitando dolcemente la larga coda e le lunghe pinne dorsali.

Nel vederla, Ioao aveva provato un brivido e si era sentito bagnare la fronte da un freddo sudore.

— Uno squalo! — disse.

— Sì, un pesce-cane, — rispose Sao-King, coi denti stretti. — Il bandito doveva sapere che questa caverna sottomarina aveva dei guardiani ben più pericolosi dei selvaggi.

— Siamo perduti, — disse Ioao.

Il chinese era rimasto silenzioso, guardando l’ombra gigantesca che rimaneva immobile quasi a fior d’acqua, non ostante che le onde s’infrangessero, con un fragor di tuono, in fondo a quella specie di pozzo.

— A che cosa pensi, Sao-King? — chiese Ioao, dopo qualche istante.

— A fuggire, — rispose il chinese.

— E non vedi che quello squalo pare che ci aspetti?

— Quando ero palombaro, ne ho uccisi non pochi sui banchi di Manaar.

— E tu oseresti?

— Assalirlo, se fossi certo che è solo.

— Che ve ne siano altri?

— È ciò che temo; queste caverne sono ordinariamente abitate da intere famiglie di pesci-cani.

Eppure gl’isolani non hanno paura a entrare in questa cavità sottomarine per sorprenderli.

— È impossibile, Sao-King.

— Li ho veduti io, signor Ioao. Aspettano che gli squali dormano e vanno a legare le loro code con dei nodi scorsoi, issandoli poi a fior d’acqua.

— Tanta audacia! — esclamò il giovane, stupito. — E se si svegliano durante l’operazione.

— Ciò accade sovente.

— Quei pescatori non sfuggiranno di certo ai denti dei pesci-cani.

— Anzi riescono a scapparla sempre. Mi hanno raccontato che per tenere tranquilli gli squali li accarezzano dolcemente sotto il ventre, evitando però di far scorrere le mani a contro pelo.

— E tu vorresti tentare di scendere in questo pozzo?

— Ho la vostra navaja, signor Ioao, un’arma solida e acuta.

D’altronde non abbiamo da esitare: o finire nel ventre dei selvaggi od in quello dello squalo. [p. 144 modifica]

— L’impresa mi sembra troppo pericolosa, Sao-King.

— Un’idea! Unendo le corde che ci legavano si potrebbe formare un laccio.

— Lo spero.

— Lo squalo mi pare che si sia addormentato.

— E vuoi concludere?

— Che si potrebbe prenderlo.

— È troppo pesante per issarlo.

— Mi basterebbe imprigionargli la coda, signor Ioao. Il mio coltello farà il resto.

— Vado a raccogliere le corde, — disse il giovane peruviano. — Io passerò più facilmente di te attraverso il tubo.

— Andate mentre io sorveglio lo squalo, — rispose Sao-King.

L’assenza di Ioao non durò più di tre minuti. Aveva trovato le corde, le aveva unite e fatto anche il nodo.

— Basteranno? — chiese a Sao-King.

— Sì, — rispose questi. — Ora accendete un pezzo d’esca.

— Cosa vuoi fare?

— Cercare una qualche punta per legare l’estremità della corda. Se non prendessimo questa precauzione, lo squalo ci trascinerebbe nel pozzo.

Ioao obbedì.

Alla scarsa luce dell’esca, Sao-King scoprì parecchie punte rocciose che potevano servire al suo progetto.

Legò la fune attorno alla più solida, poi lasciò calare il laccio nel pozzo, immergendolo in direzione della coda.

Lo squalo pareva addormentato. Era salito quasi a fior d’acqua e non agitava più le pinne e nemmeno la sua formidabile coda.

— Quando lo avremo imprigionato, io salterò nel pozzo, — disse Sao-King — e con due o tre colpi di coltello lo sventrerò.

— E se nella caverna vi fossero altri pesci-cani? — chiese Ioao rabbrividendo.

— Risalirò servendomi della fune. Voi non scendete finchè non ve ne darò il segnale.

— Sao-King, — disse il giovane, con voce commossa. — Tu corri incontro a dei gravi pericoli.

— Preferisco tentare la sorte piuttosto di venire mangiato da quegli abbominevoli antropofagi.

Signor Ioao, non esitiamo più. —

Prese la corda la spinse innanzi, facendo passare il laccio intorno alla coda dello squalo, poi diede una violenta strappata, imprigionandola strettamente.

Il mostro, sentendosi stringere, aveva alzata la testa, mostrando la sua enorme bocca semicircolare armata di denti triangolari.

Rimase un momento immobile, come sorpreso, poi agitò le pinne tentando di fuggire verso l’uscita della caverna sottomarina, ma la corda tenne fermo, arrestandogli lo slancio. [p. 145 modifica] I due fratelli si slanciarono l’uno nelle braccia dell’altro.... (Cap. XXIII). [p. 147 modifica]

Accortosi d’essere prigioniero, si contorse mandando un rauco sospiro simile al tuono udito ad una gran distanza, poi cominciò a dibattersi con furore, facendo sforzi prodigiosi per liberare la coda che il laccio stringeva sempre più.

— Attenzione, signor Ioao! — gridò il chinese.

Si era levate le scarpe e la giacca ed aveva impugnata la navaja.

Strinse la mano al giovane, poi si precipitò nel pozzo sollevando uno sprazzo di spuma.

Affondò alcuni metri, poi tornò rapidamente a galla e aggrappandosi ad una pinna dorsale del mostro, si mise a tempestarlo di coltellate squarciandogli il fianco destro.

Ben presto un cerchio sanguigno avvolse uomo e squalo.

La corda, estremamente tesa, era diventata rigida, però non cedeva.

Ioao, curvo sul pozzo, colla fronte bagnata di sudore, i lineamenti alterati, cercava di scoprire, attraverso il sangue che si diffondeva per la caverna, il suo compagno.

A volte vedeva emergere il braccio armato, per poi abbassarsi con vigore.

L’acqua spumeggiava e rimbalzava, con dei muggiti che l’eco della caverna centuplicava.

La lotta durava da qualche minuto, quando Ioao udì la voce di Sao-King:

— Lo squalo è morto!

— Risali, Sao-King, — disse Ioao.

— No: nuoto diritto verso l’uscita.

— Devo seguirti?

— Aspettate! —

Il chinese si era rituffato tenendo il coltello fra i denti.

L’alta marea aveva coperta interamente la caverna, ma Sao-King aveva veduta l’uscita a quindici o venti passi di distanza e si dirigeva da quella parte nuotando sott’acqua.

Quel tragitto era un semplice giuoco per lui, palombaro e nuotatore abilissimo. In pochi secondi poteva compierlo e uscire all’aperto.

Già stava per raggiungere l’apertura, attraverso la quale la luce entrava a fiotti, quando vide un’ombra apparire bruscamente fra lo squarcio delle rupi.

Sao-King si era ripiegato su se stesso lasciandosi portare verso la vôlta della caverna.

Era un altro pesce-cane che stava per entrare od un altro nemico più pericoloso?

Avendo quel nuovo avversario occupato col suo corpaccio l’entrata, la caverna era diventata così oscura, da impedire a Sao-King di poter capire con quale abitante del mare aveva da misurarsi.

Mentre rimaneva perplesso, non sapendo se impegnare la lotta [p. 148 modifica]prima di esaurire completamente la sua provvista d’aria o di tornare verso il pozzo, udì confusamente dietro di sè un tonfo.

Voltatosi, nella penombra gli parve di vedere un corpo umano guizzare attraverso l’acqua della caverna.

— Ioao, — pensò. — Imprudente! —

Stava per lasciarsi calare a picco onde raggiungerlo, quando d’improvviso si sentì afferrare a mezzo corpo da una specie di braccio, grosso tre volte quello d’un uomo muscoloso e viscido.

Si volse bruscamente e vide a pochi passi un mostro orribile che lo fissava con due occhi larghi e rotondi, che avevano dei bagliori fosforescenti.

Il chinese, quantunque preparato a qualunque sorpresa, si sentì rizzare i capelli sulla nuca.

Cos’era quel mostro che stava per assalirlo e che gli rammentava vagamente i cefalopodi che si pescano sulle rive del mar Giallo?

Ricordandosi però in quel momento che Ioao, inerme, stava forse per cadere fra i tentacoli di quel polipo orribile, fece appello a tutto il suo coraggio.

Un momento di esitazione poteva essere la morte di entrambi e Sao-King non aveva l’abitudine di esitare.

Quel braccio lo aveva stretto attorno al dorso in modo da soffocarlo e provava sui fianchi un acuto dolore come gli si fosse applicato un ferro rovente.

Impugnare il coltello e gettarsi addosso al mostro, fu l’affare d’un momento.

Il chinese, pazzo di rabbia e di spavento, colpiva alla cieca, sprofondando il suo braccio in una massa molle, quasi gelatinosa che non opponeva alcuna resistenza.

Un altro tentacolo lo aveva stretto producendogli una sensazione più dolorosa della prima, ma Sao-King non cessava dal menare coltellate.

D’improvviso sentì quelle strette allentarsi, poi l’acqua divenne nera attorno a lui, come se il mostro gli avesse scaricato addosso un barile d’inchiostro.

Sentendosi libero, s’avanzò alla cieca, urtando il capo contro la vôlta della caverna e veduta un po’ di luce, guizzò rapidamente da quella parte.

Si sentiva soffocare. I polmoni non funzionavano più e agli orecchi provava un ronzìo acuto.

Con un’ultima bracciata attraversò la spaccatura della caverna e rimontò velocemente a galla, rivedendo finalmente il sole.

— Signor Ioao, — balbettò.

Una mano lo aveva afferrato per la coda, spingendolo contro uno scoglio che sorgeva a pochi passi, mentre una voce, diceva:

— Coraggio, Sao-King! Siamo liberi! —

Il chinese aveva appena avuto il tempo di salire la roccia che cadeva fra i fuchi semi-svenuto.