Idilli (Leopardi)/Il sogno

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Il sogno

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La sera del giorno festivo La vita solitaria
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Idillio

Il Sogno


          Era il mattino, e tra le chiuse imposte
Per lo balcone insinuava il sole
Ne la mia cieca stanza i primi raggi,
               in
Quando[,] su[l] l'ora che più leve il sonno
                                        (adombra)1
E più soave le pupille annebbia,
   Stettemi
[Vennemi] allato e riguardommi in viso
Il simulacro di colei che amore
Prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto.
Morta non mi parea, ma trista, e quale
De gl’infelici è la sembianza. Al capo
    ppresso
A[ccosto]mmi la destra, e sospirando,
Vivi pur, disse, e ricordanza alcuna

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Serbi di noi? Donde, risposi, e come
Vieni o cara beltà? Quanto, deh quanto
Di te mi dolse e duol: nè che tu fossi
Mai per saperlo io mi credeva; e questa
M’era cagion di più crudele affanno.
Ma sei[’] tu per lasciarmi un’altra volta?
Certo ch’io ’l temo. Or dimmi, e che t’avvenne?
         tu
Se’ [pur] quella di prima? E che ti strugge
Internamente? Obblivion ricopre
I tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno,
Disse colei. Son morta, e mi vedesti
L’ultima volta, è già gran tempo. Immensa
Doglia m’oppresse a queste voci il petto.
Ella seguì: nel fior degli anni estinta,
Quando è ’l viver più dolce, e pria che ’l core
Certo si renda com’è tutta indarno
L’umana speme. A desiar colei
            ’ogni               o
Che d[e gli] affann[i] il tragge ha poco andare
L’egro mortal; ma sconsolata arriva
                    ai
La morte[, a] giovanetti, e duro è ’l fato
                                   cui la tomba
Di quella speme [che ’l sepolcro] estingue.

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Vano è ’l saper quel che natura asconde
A gl’inesperti de la vita, e molto
                                                cieco
A l’immatura sapienza il [folle]
Dolor prevale. Oh sfortunata, oh cara,
Taci taci, diss’io, ché tu mi schianti
Con questi detti il cor. Dunque se’ morta,
                           ,                           ,
O mia diletta[?] ed io son vivo[?] ed era
Pur fisso2 in ciel che quei sudori estremi3
Cotesta cara e tenerella salma4
Provar dovesse, a me restasse intera
Questa misera spoglia? Oh quante volte
In ripensar che più non vivi, e mai
Non avverrà ch’io ti ritrovi al mondo,
Creder nol posso. Ahi ahi, che cosa è questa
Che morte s’addimanda? Oggi per prova
Intenderlo potessi, e ’l capo inerme
A gli atroci del fato odii sottrarre.
Giovane son, ma si consuma e perde
La giovanezza mia come vecchiezza;
La qual pavento, e pur m’è lunge assai.
Ma poco da vecchiezza si discorda

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Il fior dell’età mia. Nascemmo al pianto,
Disse, ambedue. Felicità non rise
Al viver nostro, e dilettossi il cielo
De’ nostri affanni. Or se di pianto il ciglio,
Soggiunsi, e di pallor velato il viso
                                              ambascia5
Per la tua dipartita, e se d’angoscia
Porto gravido il cor; dimmi: d’amore
                                              de alcuna
Già non favello; ma piet[à nessuna]
                                                  sen
Del tuo misero amante in [cor] ti nacque
Mentre vivesti? Io disperando allora
E sperando traea le noti e i giorni;
Oggi nel vano dubitar si stanca
La mente mia. Che se una volta pure
Mercè ti strinse di mia negra vita,
Consentimi ch’io ’l sappia[,] e mi soccorra
La rimembranza[,] or che il futuro è tolto
                                   quella
Ai nostri giorni. E[d ella] : ti conforta,
     sventurato
O [poverello]. Io di pietade avara
Non ti fui mentre vissi[,] ed or non sono;
Chè fui misera anch'io. Non far querela
Di questa infelicissima fanciulla.

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Per le miserie nostre[,] e per l’amore
Che mi strugge, esclamai; per lo diletto
Nome di giovanezza, e la perduta
Speme de[’]i nostri dì, concedi o cara,
Che la tua destra io tocchi. Ed ella in atto
Soave e tristo la porgeva. Or mentre
Di baci la ricopro, e d’affannosa
Dolcezza palpitando a l’anelante
                                                  la guancia6
Seno la stringo, di sudore [la fronte] il volto
Ferveva e ’l petto, ne le fauci stava
La voce, al guardo traballava il giorno.
Quando colei teneramente affissi
Gli occhi negli occhi miei, già scordi[,] o caro,
Disse, che di beltà son fatta ignuda?
                                sfortunato
E tu d’amore, o [sventurato], indarno
Ti scaldi e fremi. Or finalmente addio.
Nostre misere menti e nostre salme
Son disgiunte in eterno. A me non vivi
E mai più non vivrai: già ruppe il fato
L’amor che mi giurasti. Allor d’angoscia
Gridar volendo, e spasimando, e pregne

Note

  1. Scritto di traverso sul margine destro
  2. fisso. past. fido At. 1. Coro stanza 4.
  3. (angosce estreme), di traverso sul margine destro.
  4. (vaga, delicata), di traverso sul margine destro.
  5. Tra parentesi di traverso sul margine destro.
  6. Tra parentesi di traverso sul margine destro.