Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/CXXIII - Da que' begli occhi, da' begli occhi ond'io

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CXXIII - Da que' begli occhi, da' begli occhi ond'io

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CXXIII - Da que' begli occhi, da' begli occhi ond'io
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CXXIII.

È l’elogio del seno formoso della Mencia, e, per incidenza, degli occhi e di altre beltà di lei.
        Canzone.


Da que’ begli occhi, da’ begli occhi1, ond’io
     Involo l’esca2 alla mia vita frale,
     Un sì bel fuoco folgorando sale,
     Che ride l’alma, mentre s’arde il core.
     5Ed egli tutt’acceso divien tale,
     Che si trasforma in lor, e a me restìo
     Qualità cangia, e volge ogni desio,
     Come l’informa quel divin splendore.
     Manda poi spesso dal mio petto fore
     10D’alti sospiri una gran nebbia ardente,
     Con un pensier, che la mia Donna e ’l fuoco
     Si chiari mi dimostra in ogni loco,
     Che null’altro da me3 si vede o sente.
     I’ veggio allor presente
     15Quel dolce lume lampeggiar in modo,

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     Che senza fine i’ godo,
     E bramo eternamente mirar fiso
     Tant’altre meraviglie del bel viso.
Or ciò ch’io senta, s’ella poi ragiona4,
     20Come suol sempre, di cose alte e nuove,
     Ed oda quanta in quelle labbra piove
     Grazia il parlar umanamente grave,
     Dicalo Amor, che vuol, ch’allor si prove
     Una dolcezza tal che m’abbandona5
     25Subito l’alma, e vola dove suona
     Dei dolci accenti il ragionar soave.6
     Ben potrà dir ch’a par di lei non s’have
     Diletto, o gioia: oh, s’io il sapessi dire,
     Certo so ben che ’l mondo invidia avrebbe
     30Al viver mio felice, e ogni uom direbbe,
     Ch’avanza il mio piacer ogni gioire.
     Vedesi allor scoprire
     Il trionfo d’Amor fra bei rubini,
     Perle e coralli fini,
     35E s’io vi guardo intentamente allora
     Moro senza sentir come si mora.
Ma che dirà, se ’n parte si discopre
     Il casto petto7 albergo d’ogni grazia,
     Ov’ei trionfa, nè giammai si sazia
     40L’alte sue pompe farne manifeste?
     Ivi ridendo dolcemente spazia,
     Ed or l’un poggio8, ed ora l’altro copre
     Con tanta maestà, che di quell’opre,
     Ch’in terra senza par si fan, son queste.
     45Ma se per grazia la pomposa veste
     Talor dà luogo a tanta meraviglia,
     Come balena il ciel, vive faville
     Si veggion scintillar a mille a mille,

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     Onde fa strali Amor, e ’l fuoco piglia.
     50E s’egli mi consiglia
     Mirar intento quel candor sì vivo,
     Alla mia morte arrivo,
     Perchè m’abbaglia sì quel chiaro lampo.
     Che come solfo in mezzo ’l fuoco avvampo.
55Così dagli occhi, dal parlar, da quello,
     Da quel candido petto i’ veggio sempre
     Nuove dolcezze uscir, ch’ognor mi fanno
     Tremando e ardendo in dolce e lieto affanno
     Viver cangiando mille volte tempre:
     60Nè so come mi tempre
     Tra sì soave e dilettevol noia.
     Ma perchè tanta gioia
     Mal si può dir e avanza ogni diletto,
     Tu viverai, Canzon, sovra ’l bel petto.

Note

  1. V. 1. Mossa retorica, con ripetizione enfatica. Lo stesso ai vv. 55-56.
  2. V. 2. Involo l’esca, traggo l’incentivo a vivere la mia povera vita.
  3. V. 13. Da me, da parte mia. Concetti involuti, forma contorta.
  4. V. 19. Ella poi ragiona, di pensieri elevati e originali. Parrebbe qui la Mencia volta alle speculazioni filosofiche: parla con grazia, con umanità di sensi, con ponderata gravità di eloquio.
  5. V. 24. Emistichio dantesco: «Che come vedi ancor non m’abbandona», Inf., V, v. 105.
  6. V. 26. Verso delicato e gentile; conferma l’ipotesi accennata in nota al v. 19 e fornisce un indizio, ma troppo vago in difetto di altri elementi, per l’identificazione della Mencia, che certo è bella, dotta gentildonna di buon casato mantovano.
  7. V. 38. Il casto petto: è il vero argomento della Canzone, come nettamente dichiara nella chiusa. Con allusioni velate lo descrive nei versi successivi a parte a parte, con prolissità, senza però eccedere nei particolari veristi.
  8. V. 41. Poggio, altura, e cioè le due «mamme» come dice altrove: «La gola, il petto e la persona snella», sonetto VI, v, 8; «Le mamme, e ’l petto dove i’ fui nudrito.», sonetto X, v. 14; «... ’l bianco petto, ...le due mammelle | Che ponno un paradiso in terra fare», son. XII, vv. 5-6; «Col petto albergo d’onestatevede», son. LI, v. 10; «Dal petto, ch’alabastro vivo mostra | Con que’ duo pomi colti in paradiso | U’ vera castitate alberga ognora», son. LV, vv. 11-12; «Del casto petto di virtute albergo», son. CVI, v. 11, motivi tutti che qui riprende e svolge compiutamente.