Il Novellino/Parte quarta/Novella XXXI

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Novella XXXI - Una coppia di liggiadri amanti se
fuggono, e in uno Spitale de lazari se abbatteno, l'uno con violenta e l'altra con voluntaria morte son de vita privati

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Novella XXXI - Una coppia di liggiadri amanti se
fuggono, e in uno Spitale de lazari se abbatteno, l'uno con violenta e l'altra con voluntaria morte son de vita privati
Parte quarta - Prologo Parte quarta - Novella XXXII
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NOVELLA XXXI.




ARGOMENTO.


Una coppia di leggiadri amanti si fuggono per loro amore in matrimonio convertire: da subita tempesta smarriti si abbattono tra uno spedale di lazarini, ed ivi da lazarini ucciso l'amante, la giovane sopra il corpo di quello volontaria si uccide.


ALLA ILLUSTRISSIMA INFANTA DONNA ELEONORA D’ARAGONA.1


ESORDIO.


Se delle cose prospere e gioconde ornate di facetie giocose e di piacevolezze la natura se ne rallegra, e nell’ascoltare ne rende graziosi e benigni, non altrimenti mi pare, Illustrissima Madonna, che leggendo o ascoltando de li altrui infelici avversi e orribili casi da umanità siamo costretti a dovergli con le nostre più amare lacrime nelle loro miserie piangendo accompagnare. El che essendomi venuto a notizia un fiero disavventurato e lacrimevole accidente di due infelicissimi amanti, da loro prava [p. 336 modifica]fortuna menati e condotti a supplicio di crudelissima morte, ho deliberato a Te più che altra madonna di umanità e compassionevole carità vestita, di tale orrendo e mestuoso avvenimento dare particolare avviso, a ciò che tu leggendo, o altre ascoltando, da compassione vinta alcuna pietosa lacrimetta spargendo, me persuado che non piccolo refrigerio ne sentiranno de’ due giovinetti amanti le misere anime le quali penso che nelle eterne fiamme sieno cruciate. Vale.


NARRAZIONE.


Avendomi2 la fama, verissima reportatrice di vetusti fatti, manifestatato come al tempo che nel reame di Francia suscitò la Polzella, nella città di Nassì3 prima e nobilissima tra le altre del ducato di Lorena, furono due molto generosi e strenui cavalieri, ognuno de ipsi antiquissimo barone di certe castella e ville poste de torno de detta cita, dei quali l'uno era chiamato il signore de Condì, e l’altro Misser Jannes de Bruscie. E come la fortuna avea concesso al Signore de Condì una sola figliuola nominata Martina, secondo la sua tenera età di virtù singolare e di laudevoli costumi ripiena, formosa di corpo e di viso oltre a tutto il resto del suo paese, così anche a Misser Jannes dopo molti avuti figliuoli un solo li n’era rimasto, per nome ditto Loisi, quasi di una medesima età con la Martina, assai bello, de gran cuore, e d’ogni virtù copioso. E quantunque tra dicti baroni fosse certa larga [p. 337 modifica]parentela, nondimeno era tra loro antiqui avoli di mano in mano augmentando contratta una amistà e domestichezza sì grande che oltre il continuo visitarse che l’uno in casa de l’altro faceva, parea che i vassalli e l’altri beni avessero in manera comunicati che appena divisione alcuna tra loro se cognosceva. Ed essendo ornai Loisi nella età virile, avvenne che per lo continuo vederse con la Martina, e per la molta pratica che insieme aveano, trovaronsi senza sospetto o guardia d’alcuno innamorati, fora e dentro da le fiamme d’amore accesi che niuno possea o sapea riposo alcuno pigliare se non quanto erano insieme ragionando e solazzando, secondo da amore e da loro fiorita età erano tirati. E in tale amoroso gioco più anni con felicità menaro loro gioventù, senza pure esserne ad alcuno atto illecito processi; e come che da ciascuna de le parti summamente fosse desiderato gustare d’amore gli ultimi e più desiderati frutti, nondimeno Loisi che alquanto più temperatamente era preso, schifando il biasmo de la giovene e del suo parentato, con seco medesimo proposto avea de mai con lei avere carnale congiuntione se per matrimoniale legge non gli fosse stato concesso: e tale virtuosa e incommutabile intentione più volte a la sua Martina fe' palese, la quale, molto piacendole, de continuo il confortava che per alcuno fido messo a li lor patri tale parentela fosse posta avanti. El clie Loisi che ciò unicamente desiderava dal suo patre medesimo con assai acconcia maniera al Signore de Condì fe' fare tale richiesta; il quale dopo che con molte vere ragioni ebbe tal parentela del tutto denegata, con onesto e temperato modo a Misser Jannes ordinò che per [p. 338 modifica]conservatione del comune onore da qui avanti la pratica de' loro figliuoli fosse in maniera moderata che non per altro che per urgentissimo bisogno nella sua casa Loisi andato fosse. Del che da tutti per diverse vie fu non solo negata la parentela, ma interdetta la pratica. Sentito questo, quanti e quali fossero de’ due amanti gli amorosi pianti, gli amari rammarichi, e interni e focosi sospiri, lungo e soperchio saria il recontare: e la pena che maggiormente il povero Loisi affligeva si era lo pensare che per usare summa virtù li n’era sì male avvenuto, che lui medesimo non sapeva da quale catene gli fosse l’anima nel misero corpo ritenuta; pure propose per uno loro fido messaggiere per lettera la sua Martina visitare, e caramente la pregare se alcuno modo a la loro salute cognosciuto avesse gliene donasse avviso; e scritta la lettera con assai discreta maniera a lei la mandò. La giovene dapoi che con tanto intollerabile dolore con seco medesima deliberato avesse dimostrare la grandezza dell’animo suo, come il messo vide con lacrimevole viso la lettera prese, e quella letta, e impedita dal dolore e da incomodità di non possere per lettera rispondere, al privato latore disse: O solo consapevole de la nostra occulta e fiera passione, recomandatemi a colui che a me te manda, e digli che o lui sarà mio marito e unico signore de la vita mia, o vero con ferro o con veneno io medesima verrò volunterosa a discacciarmi l’anima da l’afflitto corpo: e quantunque lui con la superchia virtù, e con lo cercare più l’onore de mio patre che amore e la nostra gioventù ci spronava, ha convertiti i nostri maggiori diletti in non posserne nè parlare nè vedere, [p. 339 modifica]nondimeno se a lui dà il cuore venire da alcuno de’ suoi accompagnato di sotto di questo nostro castello a pie' della finestra della camera mia con scala di corda e ogni altra cosa opportuna da posserme a lui calare, io subito me ne verrò, e anderemo a qualche castello d’alcuno comune parente, e ivi contraeremo il nostro matrimonio: e saputo il fatto, se a mio padre piacerà, starà bene; e quando no, la cosa sarà pur fatta, e gli converrà usare del savio, convertendo il non potere più in virtuosa liberalità: e se pure in ciò si dispone, questa vegnente notte nella ragionata maniera senza più indugiare a me se ne venga. El fido famiglio con la bene ascoltata imbasciata, e con un certo preso segno che per scambio non ricevessero inganno, da lei si partì e gionto al suo signore pontualmente il fatto gli recontò. Al quale non molti conforti a ciò seguire bisognarno, ma spacciatamente richiesti circa XX gagliardi e animosi giovini suoi domestici e fidali vassalli, e ogni cosa che in ciò si richiedeva posta in ordine, come notte fu, per lo cammino che non era molto di lungi, cheti e senza strepito, in poche ore si ritrovò co' suoi compagni di sotto la signata finestra de la sua donna; e dato il preso segno, e da lei che con sollecitudine aspettava inteso e cognosciuto, subito buttò un forte filo giù con lo quale esso la scala legata, e lei a sé tiratala, e appiccati molto bene i rampiglioni del ferro all'orlo de la finestra, senza niuna dottanza, come se quell'arte più volte avesse usata, per quella se ne venne giù, e dal suo Loisi in braccia raccolta dopo gl'infiniti baci si condussero a la strata, e in un portante ronzino per [p. 340 modifica]ciò menato cavalcorono....4 ad una loro guida in quale parte condurre gli dovea; e i fanti quali avanti e quali drieto con gran piacere sequeano il preso cammino. Ma i loro contrarii fati avendone forse altramente deliberato, a uno acerbo e credo mai udito sì orribile fine li condusse; però che non avendo appena un miglio camminato che loro discaregò una pioggia addosso sì grande e continua con tanta contrarietà di venti e folta grandine e spaventevoli truoni e folgori, che parea che la machina mondiale tutta insieme ne volesse venire giù. La oscurità era sì grande, e la tempesta sì noiosa che non solo coloro che erano a piedi la maggior parte in giuppone con la guida insieme se ismarrerono chi qua chi in là fuggendo, ove meglio scampare credeano, ma con difflcultà i due amanti presi e legati per mano l’uno l’altro vedere se posseano, e tutti territi e impauriti che una tale subita demostratione fosse flagello di Dio per loro rapina mandato, non sapendo ove si fossero, né quale cammino togliere, non sentendo niuno de' loro compagni, né per molto e con alte voci chiamarli rispondendo, recomandandosi a Dio, data la briglia ai cavalli, commisero il cammino con la loro vita insieme ad arbitrio di quelli e della fortuna. E avendo più miglia or qua or là, come nave senza nocchiero, camminati de la cruda morte all’ultimo supplicio, videro di lungi un piccolo lume, e da quello alcuna speranza presa, verso detto lume i cavalli dirizzorono, senza però la malignità del tempo mancargli. E dopo di loro molto camminare al loco del visto lume gionti, picchiato a [p. 341 modifica]l'uscio, ed essendo loro e risposto ed aperto, trovare quello essere uno ospitale di lazarini, ove certi di dette guaste brigate loro fattisi incontro con poca carità li domandorono chi li aveva in tal ora quivi condotti. Li due giovanetti che erano sì assiderati e indeboliti che con difficoltà posseano parlare, per quello più breve modo che possette Loisi rispose, che la perversità del tempo e loro crocciosa fortuna ne era stata cagione, appresso li pregò che per amore di Dio d’alquanto fuoco e d’alcun ricetto per loro faticati cavalli li fossero liberali. Coloro ancora che in specie di dannati, come a destituti di speranza di salute, assimigliare si possono, che in essi non regna umanità o carità alcuna, pur mossi da debile compassione li aiutorono a dismontare, e collocati i cavalli con li asini loro, li condussero a la loro cucina dintorno ad un gran foco, e con essi loro si posero a sedere; e come che la natura dei due giovinetti alquanto aborresse la pratica di tali contaminate e guaste genti, pure non essendo più oltre, s’ingegnavano darsene pace. Erano a Loisi e a Martina per la virtù del fuoco sì le fuggite bellezze ritornate che parea che a Diana e a Narciso avessero ]a forma rapita: questo dunque fu cagione ad un empio ribaldo de' detti guasti, che la passata guerra era stato al soldo, e più degli altri deturpato e marcio, di fargli nello sfrenato desiderio venire di volere la bella giovenetta carnalmente cognoscere; e de fiera libidine assalito si dispose del tutto con la morte del giovene amante volersi di tanta degna preda godere. E senza mutare altramente consiglio, fidatosi d'un suo compagno non meno ribaldo e inumano di lui, se ne andarono a la stalla, e l’uno scapolati i [p. 342 modifica]cavalli e facendo gran rumore, e chiamando: O gentiluomo, vieni ed acconcia li tuoi cavalli che non impacciano gli asini nostri; e l’altro posto dietro la porta con una gran scure in mano aspettava di fare l’orribile omicidio. Deh ribalda fortuna, volubile e non contenta di niuna lunga felicità di alcuno tuo subietto, e con che lusinghevole speranza hai condotte le due innocenti colombe a l’ultima rete di loro più cruda morte! E se a grado non ti era che li miseri amanti avessero per tuoi tranquilli e abonacciati mari con prosperità navigato, non avevi tu infiniti altri modi e in vita e in morte di separargli? Dunque questa via come a più crudele te reservasti? Certo io non so altro che d’intorno a tue detestande opere dire mi sappia se non, misero colui che in te pone sua fede e speranza. Loisi sentendosi chiamare, ancora che duro gli fosse l’andare e il partirsi dal fuoco, pure per adagiare i suoi cavalli con debile passo verso la stalla se avviò, lassando la donna con altri assai e maschi e femmine de detti lazarini in compagnia; e né prima fu gionto che il fiero ribaldo gli diede una percossa tale con la detta scure in testa, che senza posser dire oimè, il buttò morto in terra; e ancora che cognoscesse lui veramente essere morto con più altri dispiatati colpi gli andò la testa percotendo: e quivi lasciatolo, ove era la infelice giovene se ne vennero, ed essendo costoro fra gli altri come maggiori, al resto de le brigate imposero che ciascuno al suo loco s’andasse a posare: e subito così fu fatto. La misera Martina rimasta sola, e pur del suo Loisi domandando, e non gli essendo risposto; a la fine l’omicida fattosi avanti con la sua guasta e rauca voce li disse: Figliuola [p. 343 modifica]mia, a te conviene avere pacienzia, però che in questo ponto abbiamo ucciso il tuo omo, e imperò in lui non più sperare, che io intendo di tua gentile persona finche io sarò vivo godermi. O pietose e lacrimevoli donne che nella mia dinigrata novella il crudelissimo e mai non udito caso vi siete degnate di leggere e ascoltare, se niuna de voi mai unicamente amò suo marito o d’altro amante fosse fieramente presa, e Voi giovini innamorati che nel colmo di vostra fiorita età già sete, se amore per alcun tempo i vostri petti di pari fiamme riscaldò, deh, io vi prego, se umanità alcuna in voi regna, con le vostre più mestose lacrime accompagnate a piangere la mia penna che scrivere non sa nè vale l’acerbo e intollerabile dolore che la giovene disavventurata più che altra femmina in quel punto sentì. Però ch’io volendone alcuna cosa narrare mi si representano le spaventevoli immagini di quei lazarini che intorno a la miserrima giovene stavano, con gli occhi arrobinati, e pelate ciglia, li nasi rosi, le guance tumide e dì più varii colori depente, i labbri rivolti e marci, le mani fedate paralitiche e attratte, che come noi veggiamo più a diabolica che ad umana forma sono assomigliate, li quali sono di tanta forza che impediscono la mia tremante mano che scrivere più oltre non le è concesso. Voi dunque che con pietà ascoltate, considerate quali pensieri furono i suoi, e di quanto spavento, oltre il cordoglio, le era cagione il vedersi tra due ferocissimi cani che erano sì infiammati che parea che ognuno de essi volesse essere il primo corretore.5 Lei oltre li [p. 344 modifica]immensi gridi, e il percuotersi de continuo la testa al muro, più volte tramortita e in sé retornata, con lo suo delicato volto tutto graffiato e sanguinoso, cognoscendo che niuno riparo o soccorso a la sua salute non v’era, deliberò senza alcuna paura come a la vita avea el suo Loisi accompagnato, cosi a la morte el volere sequire e accompagnare; e rivolta a quelle rapaci fiere disse: O dispietati e inumani spiriti, per lo solo Dio vi prego che dopo che dell’unico tesoro de la vita mia privata mi avete, prima che ad altro atto de mia persona procediate, di singolar grazia mi sia concesso che il corpo morto del mio misero signore possa un poco vedere, e satisfare alquanto, e con le mie amare lacrime il sanguinoso volto li lavare. Essi che in loro pensieri da quello che la donna operar volea erano molto lontani, e anche per compiacerle, le volsero de tale dimanda essere cortesi, e la condussero al loco ove il disavventurato Loisi morto giacea: il quale da lei visto, fatta furiosa a guisa di matta, con un grido che toccò il cielo, senza alcun ritegno gli si buttò addosso; e dopo che quanto le parve e di lacrimare e di baciarlo si ebbe saziata, ancora che un cortellino ammanito se avesse per fornire il suo fiero proponimento, nondimeno guardando di lato al suo amante e videgli la daga da coloro anco lasciatagli, pensò quella essere più corta e spedita via a reuscirle il suo designo; e nascosamente toltala, e fra sé e il corpo morto occultatala, disse: Anzi che il preparato ferro il cuore trafigga, chiamo te grazioso spirito del mio signore, il quale poco avante violente sei uscito da questo afflitto corpo; pregote che non ti sia noioso aspettare il mio, il quale [p. 345 modifica]voluntario con teco se congiungerà: tengavi congiunti e stretti lo eterno amore acceso da pari fiamme; e se a li nostri corruttibili corpi nel loro costituito termine non fu concesso vivendo insieme godere in questo secolo, e lo unico amore demostrarci, voglio che perpetui siate solo d’essere insieme annodati, e vi godete, e quale se vuole luogo che a voi sarà sortito quello eternalmente possediate. E tu o nobile e molto amato corpo, prenderai per sacrificio e parentela el mio che con tanta liberalità s’affretta sequirti ove anderai: non in piacere ma per vittima te era reservato: e i funebri incensi i quali a compite esequie donare si sogliono sieno i nostri sangui insieme commisti e ammarciti in questo vile loco insieme con le lacrime de' nostri crudi patri. E ciò detto benchè de più lungo piangere e rammaricarsi avesse nel desio, e altre piatose parole a dire le restassero, pure pensando al fornire del suo ultimo e prepostato corso, destramente acconciato il pomo de detta daga al petto del morto corpo, e l’acutissima punta al dritto del suo core senza alcuno resparagno o timore sopra di quella premendosi, si lassò dal freddo ferro passare, dicendo: Ah, dispietati cani, togliete la preda da voi cotanto desiata; e strettamente col morto amante abbracciatasi da questa dolente vita si dipartì. Coloro ebbeno appena le ultime parole sentite che vedero più d’un palmo de ferro esserle fore le spalle avanzato. Foro di ciò presso che morti di dolore; e timendo di loro vita, subito fatta una gran fossa nella stalla senza movergli come giaceano li sotterrarono. Tale adunque doloroso e crudelissimo fine ebbe la innamorata coppia, quale con la mia lacrimevole penna ho già [p. 346 modifica]raccontato. El che dopo le molte avute fiere e mortali guerre tra loro padri, e le grandissime uccisioni tra loro genti successe, dove la giustizia di Dio nolente tanto enormissimo delitto fare andare senza vendetta, ma farne sequire punitione agli omicidi, per inimicizia che tra lazarini in processo de tempo seguìo che per uno lazarino di detto ospitale fu come era stato il fatto de dovero manifestato: il quale da detti baroni sentito, di pari consentimento al signato loco di quello ospitale fu mandato, e discavata la fossa trovorono i corpi de li nobili e male avventurati amanti, i quali ancora che fossero tutti guasti e corrutti, la daga rendea testimonio di loro cruda e despiatata morte, e dal vile loco raccolti, e ad un’arca de legno posti, e cavati fora; serrate le porte, e postovi foco dentro e d’intorno, quanti ve n’erano, con le robe, le case, con la chiesa insieme in poche ore ogni cosa fu in cenere convertito. E portati i corpi morti nella città de Nassì con generale dolore, pianto, e lugubre veste non solo de' parenti amici e cittadini ma de ogni forestiero, furono in un medesimo sepolcro con pio e solenne officio sepolti, e in quello le seguenti parole furono scritte in memoria dei due miseri amanti: Invida sorte e iniquo fato a cruda morte condusse i due qui sepolti amanti Loisi e Martina in acerbo disio finiti: porgi lacrime, porgi pianti tu che leggi.


MASUCCIO.


Non meno orrendo e fiero che lacrimevole e piatoso se può il raccontato caso considerare, la qualità del quale non so se ad altri donarà quello che [p. 347 modifica]a me ha donato; e ciò si è che quante volte alcuno lazaro6 vedo, o che de tale fatto me rammento, tante volte me se representano dinanzi agli occhi li due miseri giovinetti in quella stalla insieme abbracciati stretti, e morti, tra luto avvolti, e de loro sangue medesimo ammacchiati7; de che non solo da me si è fuggita ogni compassionevole carità che di tale guasta gente avere solea, ma me ne è già remasta una odiosità sì grande che pare che da la natura mi sia concesso a procedere contra ciascuno di loro a la vendetta dei due infelici amanti. E perchè me recordo de sopra avere promesso con nuova piacevolezza l'avuto dolore occultare, da le dette miserie per adesso la penna ritraendo, e lassando li poveri amanti in pace, sequerò appresso con un altro caso tanto difforme dal raccontato, quanto l’uno sempre lacrimando se deve leggere, e l’altro con continue risa sarà insino a la fine da trapassare.

  1. Eleonora d'Aragona andò moglie al Duca Ercole d’Este di Ferrara nel 1473 — «Nel seguente anno il re conchiuse il nuovo parentado con casa da Este, dando per moglie ad Ercole Duca di Ferrara Leonora sua figliuola, per il che quel Duca mandò Sigismondo suo fratello con buona compagnia in Napoli a condurre la sposa, il quale fu ricevuto dal Re ai 16 di Maggio 1473 alle 13 ore. Poi ai 24 dello stesso ne menò la sposa accompagnata dal Duca d'Amalfi e moglie, Conte di Altavilla Francesco di Capua e moglie, Conte di Bucchianico e moglie ec.» Summonte lib. V.
  2. Masuccio usa del gerundio in un modo strano, e te lo lascia appeso. In vece di avendomi poteva dire: Mi ha.
  3. Nancy.
  4. Qui credo che manchino queste o simili parole: la donna, e s'avviarono dietro.
  5. Corretore, corridore; il primo a correrle sopra, a farle oltraggio.
  6. Ecco lazaro, non nel senso moderno, ed è lo stesso che lazarino.
  7. Ammacchiati, macchiati, lordi.