Il Novellino/Parte quarta/Novella XXXIV

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Novella XXXIV - Tobia ragoseo gode con la moglie de uno oste, e dal marito medesimo con grande
arte se la fa condurre in nave

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Novella XXXIV - Tobia ragoseo gode con la moglie de uno oste, e dal marito medesimo con grande
arte se la fa condurre in nave
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NOVELLA XXXIV.




ARGOMENTO.


Tobia Ragoseo gode con la moglie dell’oste in Giovenazzo, e con sottile inganno induce el marito con la soa cavalla gli la mena in nave: torna a casa e non trova la moglie, dopo lungamente dolutose de la corta fede de’ Ragosei, retorna a remaritarse, e senza ricordarse de la prima perduta, gode con la seconda acquistata.


AL MAGNIFICO BARONE DI PRIGNIANO1.


ESORDIO.


Essendomi da più e diversi incomodi vietato, e a niuno ocio o piacere concesso, cordialissimo mio barone, di la interessata penna repigliare, sono insino a qui tardato al non scriverti la novella de la [p. 370 modifica]quale e a te e a me parimente ne fu dato particulare avviso: nondimeno li dolci e soavi frutti per me colti di tua giocondissima amicizia hanno in me trovato sì fatto loco che, il travagliato intelletto quietato, a scriverte la presente pur con piacevolezza non piccola vengo; a tale che del mio amore, e del rescrivermi a volte ricordandoti, sarà cagione di farci con gli occhi de la mente de continuo vedere, però che come già sai la qualità de lo scrivere ha in se tanta autorità che li amici absenti fa presenti parere e reputare.


NARRAZIONE.


L’altr’anno fu a Giovenazzo un bon omo chiamato Tonto de Leo, il quale forse per volere con non molto corporale affanno e sè e sue brigate sostentare, si erti posto a fare albergo in su la piazza de la città; e avendo una bella e liggiadretta giovine per moglie chiamata Lella, de continuo parea che dinanzi al suo albergo vi fosse franca la fiera per le molte e infestanti brigate di giovini che la vagheggiavano: de che l'oste, ancora che gelosissimo fosse, per dimostrare come a tavernaro novello che gran concorso avea, quando con piacere e talvolta con rincrescimento, come è già de' gelosi costume, lo tollerava. Avvenne che un gentil giovane mercante Ragoseo, nominato Tobia, praticando per quelli lochi maritimi di Puglia comprando grani per una nave che a Monopoli avea lassato, recapitò a Giovenazzo, ove non molto dimorando, gli fu da alcuni suoi amici detto de la bellezza e piacevolezza de la nominata osta, e che se lei avesse tempo e attitudine, [p. 371 modifica]averia chi avesse pigliata tale impresa interamente satisfatto. Tobia ciò udendo, più vago di vederla che di bene albergare, andò alloggiare col nostro Tonto; de la venuta del quale credendo lui traere non piccolo guadagno, non solo esso lietamente il ricevette, ma da la moglie gli fè fare grandissime accoglienze; e con loro tutto dimesticatosi fra brevissimi dì del piacere di colei interamente adempì el suo desiderio. Ed essendo non meno ella dell’amore del Ragoseo impazzata, che lui del suo preso si fosse, cognoscendo che la soperchia cautela del marito non gli concedea come desideravano lo insieme godere, nè Tobia molto tempo possere qui dimorare; e oltre ciò gli parea un mancamento de natura che tanto peregrina giovene fosse per moglie a un poltron concessa e ivi dimorare come segno al bersaglio, deliberò ponere tutti soi ingegni di menarnela seco, e ad un’ora satisfare a sè medesimo, e a Lella unicamente piacere, e Tonto togliere d’affanno e gelosia. E con la giovene cominciorono a trattare del modo; e più e diverse vie cercate, ancora che alcune caute gli paressero, pure estimando che qualora l’oste non avesse la moglie trovata si avar a andato tanto travagliando e gridando, e con l’aiuto d’amici, e col favore de molti innamorati de la moglie tanto adoperato che per ogni modo la foria reavuta;2 pensò con una maniera non meno piacevole e bella che strana e pericolosa menarnela, e a tanti possibili inconvenienti reparare. E dell’ordine la giovene pienamente informatane, avendo sentito che la nave altro che lui non aspettava per levarse, chiamò l’oste, e gli disse: Tonto mio, avendome tu in [p. 372 modifica]casa tua onorato e accarizzato, me pare e meritamente de te posserme fidare, e con alcuna tua comodità te adoperare in quello che tu udirai in servizio de un mio amico, il quale in vero un altro io estimo che sia: il modo è che io col nome di Dio intendo domani partirmi, per la mia nave essere del tutto dispacciata; e avendo qui in casa d’un cittadino occultato un giovinetto, veneziano, il quale per non avendo in terra niente a soi maestri,3 per non farlo nelle loro mane travenire ho deliberato menarlo meco in levante; e perchè lui è stato più dì da continua febre molestato e in manera debelito che con bestia da sella non se potria senza suo detrimento condurre, ho pensato, con farte da lui più che el dovere pagare, che tu con la toa cavalla da soma questa notte travestito in femmina e con lo volto occultato in maniera che passando per Bari, ove lui è molto cognosciuto, niuno il raffigurasse, di compagnia nel menassimo insino a Monopoli: il seguente dì te ne potrai ritornare, e averai ben guadagnato, e a me singolarmente piaciuto. Tuttavia non lasso de recordarte che con persona che viva, neanco con la tua moglie ne facci parola, che ancora che lei come a giovene sia pur discreta, nondimeno le femmine sono de natura poco continente, e per loro non mancare mai che dire dicono d’altrui più che quello che sanno; e se avviene che loro sia detta alcuna cosa secreta e impostoli che nol redicano, pare che loro si abbatta la rabbia addosso fincnè non l’aveno palesato, in tanto grandissimo scandalo ne seguisse: però sei prudente, e del servizio tuo lassa il pensiero a me. Tonto udendo questa sì bene composta [p. 373 modifica]favola, e cognoscendo col servire dell'amico l'affanno essere poco, e la utilità essere molta, alla grossa gli rispose, lui essere a tutta soa richiesta apparecchiato, e che de dirlo alla moglie non dubitasse, che con lei non ragiona mai se non de cose che a la cucina appartengono. E con più altre piacevolezze fatta usanza, e ben pagatolo, e fatti certi piccoli beveraggi a la moglie, e al fante, come de’ mercanti all’ultimo partire è di costume, Tonto impose a la moglie che in sul far del dì in casa de la matre se n’andasse, e ivi insino al suo ritorno l’attendesse; e al fante dato l’ordine del governo di casa, se andarono a posare. Tobia che poco o niente voglia de dormire avea, tra la mezza notte chiamò Tonto che la cavalla ponesse in ordine che già volea partire; il quale rattissimo levato, e acconciata la bestia, ritornò a serrare l’uscio con la chiave a la moglie, e al fante data la chiave, disse che se facesse quanto avea ordinato, e detto addio, andò ov’era Tobia, e gli disse: che abbiamo da fare? Il quale fra quel mezzo era già montato a cavallo, rispose: Tu te ne uscirai fori la porta de la città con la cavalla, e io anderò e ponerommi lo giovine in groppa, e qui il cavalcheremo. Disse Tonto: Sia col nome di Dio, e avviosse verso la porta. Tobia data una volta per la terra retornò all’albergo, e retrovato il fante dell’oste tutto infreddato e sonnacchioso dintorno a un povero foco, gli disse avere scordata la bolgetta a capo al letto: il quale con difficoltà e sonnecchioso gli respose che andasse per essa. Di che lui salito su, e con un certo ferretto per ciò acconciato tacitamente aperta la camera, e con certi altri panni però portati spacciatamente rivestitala, e postole un [p. 374 modifica]pappafico col cappello, e acconciatala in maniera che omo al mondo non l'arebbe cognosciuta, se la fè in groppa montare, e andò dove da Tonto era con disio aspettato: e tutti due cavalcatala su la cavalla e puntellatala bene, e lei facendo del tristo in maniera che da dovero non se potesse su l'imbasto retenere, e con tale artato inganno introrono in cammino. E passando per Bari fu da alcuni che poche faccende avevano dimandato, chi fosse e dove la femmina menava; lui che alquanto faceto era e pur per servire con lealtà l'amico respose: Egli è mia moglie che la porto a guadagnare a lo panaile4 de Taranto. E con simili ed altre assai facete resposte andò per tutto il cammino motteggiando quanti di ciò il dimandavano. E gionti a Monopoli, e trovata la nave con lo ferro appeso per levarse, nè altro che il Ragoseo aspettavano, satisfatto Tonto e de la sua liberalità e cortesia infinite grazie renduteli, lui come insino a lo lito del mare li aveva la moglie condotta, così anche li volse con amore e carità imbarcarla, e prestare aiuto e compagnia; e con festa tolto l’uno dall’altro 1'ultimo commiato, la nave fatta vela, e Tonto per avere bene guadagnato lietissimo montò a cavallo, che a piede era venuto, verso casa se ne ritornò. Dove trovato la moglie avere cambiato padrone e regione, tardi alquanto malizioso devenuto, istimò come il fatto de certo era andato, e non possendovi fare alcun riparo più e più dì amaramente la pianse; dipoi pur rimaritatosi fece un voto solenne di mai più al suo vivente veruno raguseo albergare: e così guardandosi de la seconda ruina Tobia e Lella godettero de la loro rapina. [p. 375 modifica]


MASUCCIO.


Per lo ricevuto inganno de l'oste, che in vero fu netto singulare e mirabile, potimo l'ingegno del ragoseo estimare; però essendo sì fieramente innamorato gran parte all’amore se ne possono lode attribuire, il quale per quello che li soi effetti ogni dì ne mostrano, vedremo che non che sopra gli umani sentimenti ha vigore, ma sopra le indomite e silvane fiere le soe forze si estendono: le operationi del quale sariano suavissime a comportare, se con la soa dolcezza non avvolgesse a la improvista l'amarissimo assenzio, in maniera tale che a le volte con doppia e cruda morte sono li avuti piaceri dei poveretti amanti terminati, sì come appresso se ne rende aperto testimonio.

  1. Alla fine dell’Istoria del Summonte è una Notizia delle Città, terre, famiglie nobili ec. del Regno. Ed ivi tra le famiglie baronali del Cilento è annoverata quella de’ Cardoni, Baroni di Prignano, Lustra, Fenocchito ed altre terre. — Ad uno di questa famiglia dunque pare che scriva Masuccio, in modo che dimostra avere con lui molta dimestichezza. — E credo sia colui del quale trovo scritta questa memoria:
    «Magnificus miles Dominus Antonellus de Prignano de Baroronia Clienti procurator et negociorum gestor serenissimi Principis et domini Roberti de Sancto Severino principis Salernitani ec.». — V. Memorie per servire alla storia della Chiesa di Salerno per il Can. Giuseppe Paesano, Salerno 1857, Parte 4, pag. 55.
    Neil’ed. della gatta questa novella è intitolata «Al magnifico messere Fabiano Rosello regio Secretario» che sarebbe lo stesso a cui fu dedicata la quarta novella, prima intilolata al Petrucci.
  2. La foria, l’avria.
  3. Che voglia dire non so.
  4. L'edizione della gatta dice paniale: ma che vuol dire?