Il Viale de' colli/Capitolo II

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Capitolo II

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Capitolo I Capitolo III

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II.

Sulla cima pianeggiante d’uno dei colli d’Arcetri sta il piazzale Galileo, uno de’ più bei punti della magnifica passeggiata che noi percorriamo.

Di lassù tu vedi spiegarsi sotto i tuoi occhi, prima i serpeggiamenti del viale, poi la città, le colline di Bellosguardo e di monte Oliveto sparse di villaggi, di palazzi e di case1, che la circondano dal lato di mezzogiorno, poi le fertili pianure solcate dall’Arno. Dietro poi son tutte le belle colline d’Arcetri che da Firenze vanno a morire in una vallicella dietro il Poggio Imperiale ed a ricongiungersi poi coi colli di Montici. E tutti questi poggetti dalle delicate pendenze, dalle viottole ripide sì, ma non affannose, dai fianchi eternamente coperti di verzura, son seminati di case e di ville che più o meno hanno tutte qualche memoria, qualche ricordo dei loro antichi proprietari o dell’assedio di Firenze.

L’assedio più che ogni altro fatto lasciò quivi le sue tracce, i suoi ricordi, perchè allora queste vaghe [p. 12 modifica]colline, queste ville incantevoli eran profanate, infestate dalle accozzaglie di armati di tutte le nazioni che stipendiate da Papa Clemente VII e comandate da Filiberto di Châlons, principe d’Oranges, guerreggiavano contro la repubblica fiorentina che si dibatteva negli ultimi palpiti dell’agonia2....

In una piccola spianata al di sotto del piazzale, e contornata da un boschetto di cipressi annosi e di querci, sorge la magnifica villa del Poggio Imperiale, alla quale sì può recarsi in un momento per mezzo d’un viale che dal piazzale Galileo sbocca nello stradone del Poggio.

In illo tempore, quando attorno a Firenze sorgevano i feudali resedii di tante nobili famiglie, quando su tutte le colline apparivano le merlate torri, i forti bastioni de’ castelli signorili, nel luogo oggi occupato da questa villa era un possesso della famiglia Baroncelli che a quella collinetta dette il nome di poggio Baroncelli. Da’ Baroncelli cotesto luogo passò, al principio del xvi secolo, nei Salviati, poi dopo l’assedio, per diritto di confisca divenne proprietà di casa Medici.

Cosimo I nel 1565 regalò questa villa a Isabella ed a Paolo Giordano Orsini coll’obbligo che, dopo la morte de’ loro figli, ritornasse nuovamente proprietà de’ Medici. Però qualche anno dopo egli confermò questo possesso non solo a Virginio figlio di Paolo, ma anche ai di lui figli. Dagli Orsini passò per eredità negli Odescalchi duchi di Bracciano, da’ quali lo comprò poi Maddalena d’Austria sorella dell’imperatore Ferdinando II e moglie di Cosimo II.

Fu lei che invaghitasi di questo magnifico soggiorno, lo fece ampliare, abbellire e adornare splendidamente. [p. 13 modifica]

Nel 1662 dietro un concorso, al quale presero parte Gherardo Silvani, Matteo Nigetti, Cosimo Lotti, Francesco Guadagni, Giovanni Coccapani, Gabbriello Ughi e Giulio Parigi, fu dato l’incarico di ridurre la villa a quest’ultimo, ch’era un de’ migliori architetti del tempo.

Cotesto soggiorno prediletto dei Granduchi di Toscana fu in seguito abbellito da Vittoria Della Rovere e dal granduca Leopoldo I che lo fece decorare di affreschi di Matteo Rosselli, del Volterrano, del Gricci, del Traballesi, del Terreni, del Gherardini, del Fabbrini e del Del Moro, non che di pregevolissimi stucchi di Grato Albertoli milanese.

Attualmente nella magnifica villa del Poggio Imperiale è l’Istituto della SS. Annunziata che vi fu portato all’epoca del trasferimento della capitato da Torino a Firenze, quando il locale di quell’istituto, posto in via della Scala, fu ridotto a palazzo per il Ministero dei lavori pubblici.

A metà del magnifico stradone sorge un’altra bella villa torrita. È l’Imperialino, esso pure possesso di casa Medici ed ora dei marchesi Baldinotti. Passato di poco il piazzale Galileo, s’incontra la via detta di S. Leonardo.

Lì sul crocicchio c’è la trattoria Bonciani già casa campestre che appartenne all’antica e storica famiglia de’ Barbadori. Nello stesso luogo son pure la villa Piatti e la grandiosa villa Capacci che pare sia appartenuta alla famiglia Galilei. Dalla parte sinistra la via percorrendo la cima pianeggiante di uno dei colli d’Arcetri conduce a Porta San Giorgio dopo esser passata dinanzi a parecchie ville antichissime. La prima di queste che s’incontra [p. 14 modifica]a man dritta è l’antica villa di casa Barducci-Chierichini detta il Palagio del Barduccio, che a dispetto dei tempi e dei restauri conserva ancora parecchie traccie della sua antica costruzione. In faccia il Barduccio è la grandiosa villa Morelli detta La Luna, dalla famiglia antica e potente dei Della Luna che la edificò e la possedè per lungo tempo. Cotesta villa, posta in uno dei più graziosi punti del viale ed in una delle più belle posizioni de’ contorni, conserva tuttora alcune tracce della sua maestosa costruzione e fra le altre un bellissimo e spazioso portico sostenuto da colonne d’ordine composito dal lato di levante.

Nel tempo dell’assedio questo luogo fu occupato e fortificato dagl’Imperiali che vi eressero perfino un bastione per battere Belvedere, la torre del Mascherino e tutte le altre opere di fortificazione lungo le mura della città fra Porta Romana (Firenze)|porta Romana e porta S. Giorgio.

Proseguendo per la stessa via s’incontrano altre ville. In una di queste, che è prossima alla villa della Luna, abitò il celebre Pietro Tacca, che vi condusse a termine alcune delle sue opere sublimi e, secondo dice il Manni, vi morì nel 1640. Cotesta villa divenne poi proprietà dei Serrati, avendo la figlia del Tacca sposato uno di quella famiglia. Sulla strada si trovano ancora le antiche ville Vecchietti, Guidetti, Spinelli, e poi la parrocchia di San Leonardo in Arcetri.

Incerta è l’epoca della fondazione di cotesta chiesa, com’è incerta l’etimologia del nome di Arcetri dato ai colli sui quali è costruita. Anticamente il colle S. Leonardo si diceva di Lepore, o d’Ilepri, nome che il Moreni ed altri eruditi credono possa essergli stato dato dalla famiglia Alepri consorte dei Galigai, che pare avesse qui dei possessi. [p. 15 modifica]Per tornare alla chiesa di S. Leonardo dirò come la sia una delle più antiche parrocchie de’ suburbii. Attualmente dell’antica costruzione non si conosce più nulla, perchè i restauri, più o meno barbari, hanno dato a quella chiesa un aspetto meschino e affatto moderno. Due cose vanno notate però in S. Leonardo; le pitture della tribuna che sono di Cosimo Ulivelli ed un magnifico ambone. Difficile è il dire l’antichità di questo ambone che all’epoca della distruzione di Fiesole fu da cotesta città trasportato in San Piero Scheraggio3.

Quando si costruì la fabbrica degli Ufizii cotesta chiesa che occupava una parte di cotesto spazio fu soppressa ed il celebre ambone fu regalato alla parrocchia di S. Leonardo. Esso è di pietra formato di sei quadrati con bassirilievi rozzamente scolpiti, ed è un prezioso ricordo artistico dell’architettura etrusco-romana.

Terminata questa piccola digressione torniamo fino all’incontro del viale, traversiamolo e andiamo su per la strada piuttosto ripida che conduce al Pian di Giullari.

Passata la villa Capacci si trova sulla destra una casa campestre detta Le Quattro Capanne che appartenne essa pure a’ Barbadori. In vetta alla salita, proprio all’incontro della strada del Poggio, sono le due grandiose ville Bartolommei e Capponi. La piazzetta sopra a coteste ville che è il luogo di ritrovo dei villeggianti si disse fino da antico Volsamminiato. L’attual villa Barbensi fu uno dei possessi che la famiglia Lanfredini ebbe su quei colli, e tuttora sulla facciata se ne vede lo stemma. L’altra villa che ha tutte le tracce d’antichità appartenne a’ Rinuccini. [p. 16 modifica]

Una stradella piuttosto ripida che sbocca accanto alla villa Barbensi conduce alla celebre torre del Gallo, immortalata dal soggiorno che si dice vi abbia fatto il divin Galileo.

Per quanto si può rilevare dalle cronache dell’epoca e dalle incomplete notizie che tuttora ci rimangono, pare che l’antica ed estinta famiglia de’ Galli avesse qui un castello fortissimo al quale la repubblica fiorentina fece subir la stessa sorte degli altri, abbattendolo quasi affatto. Cotesto luogo fu comprato, in seguito da’ Lanfredini, che vi costruirono una grandiosa villa difesa da una torre merlata. Fu cotesta torre che a Galileo servì d’osservatorio, quando, relegato a Firenze, abitava la villa del Gioiello nel sottoposto borghetto del Pian di Giullari. Ora cotesto luogo è irriconoscibile: la torre è intonacata, la gran terrazza della villa ridotta a quartiere, i merli riuniti, insomma tutto è stato barbaramente deturpato dai restauri moderni. Quel che poi fa maggiormente dolore è il non vedervi nessuna memoria che vi ricordi Galileo Galilei4.

Sotto la torre del Gallo dal lato di mezzogiorno è il borgo del Pian di Giullari, composto d’una trentina di case fra le quali appariscono la villa del Gioiello che una lapide marmorea ricorda essere stata abitata da Galileo, e l’antica villa Guicciardini dove abitò il principe d’Oranges nel tempo dell’assedio.

Presso il Pian di Giullari, sopra una collinetta, sorge il monastero di San Matteo in Arcetri, detto già San Matteo a Lepore. Esso fu fondato nel 1269 sopra un terreno de’ monaci remitani di S. Agostino, quand’era vescovo di Firenze monsignor Giovanni Mangiadori, e [p. 17 modifica]dato a certe monache dell’ordine di Santa Chiara. In cotesto monastero pare che col trascorrer del tempo le religiose non tenessero condotta molto buona ed esemplare, perchè verso il 1400 la corte di Roma dovette inviarvi frate Marcovaldo ministro dell’ordine per provvedere a certi scandali che s’erano verificati..... Ma dopo tutto, veggo che mi sono anche troppo dilungato e che sarà bene tornare sul viale. Dall’incontro di via S. Leonardo fino al piazzale Michelangelo il viale passa sui fianchi de’ colli di Volsanminiato, Giramonte, Giramontino e S. Miniato. Da sinistra c’è giù in basso la vallecola di Carraia nella quale è una sorgente d’acqua, detta la fonte della Ginevra, che alimenta diverse fontane di Firenze, come quelle di S. Niccolò, di piazza de’ Mozzi e di piazza S. Croce5. Sui colli appariscono le ville Capponi, Nencini, Ramponi, e più alta di tutte quella Puliti detta Giramonte. Cotesta villa antichissima, ma deturpata con restauri, fu già castello, che pare sia appartenuto ai Da Verrazzano e fu poi dei Giramonti-Gini, i quali avevan pure altri possessi in que’ colli e nella valle di Carraia.

Voltato il colle di Giramonte sulla destra sono alcune ville. Quella sormontata da una torre fu della famiglia Unganelli, e quella merlata, oggi di proprietà Traversi, appartenne ai Guardi. Sulla sinistra c’è un borghettolo, detto Castello d’Arcetri, composto di cinque o sei ville e di altre casette. Fra le ville la principale è quella Ciantelli che fu un de’ possessi di casa Girolami. Più verso Firenze, in vetta ad una ripida stradella detta l’Erta Canina, è un monastero di Benedettine che esiste fino dal 1343. Poco più innanzi [p. 18 modifica] sulla destra sorgono i rovinosi bastioni di S. Miniato, la chiesa, la torre ed il cimitero.

Di S. Miniato è stato detto tanto che credo inutile trattenermici a lungo. Le prime memorie di questa chiesa datano dal iv secolo, ed allora era semplicemente un piccolo oratorio, ingrandito poi un secolo dopo e riedificato di sana pianta nel xi secolo. Il palazzo merlato che le sta accanto fu costruito nel 1295 ed il campanile nel 1529 col disegno di Baccio d’Agnolo. Tutti conoscono la parte interessantissima sostenuta da questo luogo durante l’assedio di Firenze, allorchè Michelangiolo ne fece il centro di difesa della città. Lo dimostra chiaramente tuttora il campanile tutto guasto e smantellato dalle palle nemiche. Esso può considerarsi come uno degli edifizi più belli e più puri che ci restino di quell’epoca. Vi sono moltissime pitture dello Spinello, della scuola grottesca, del Pollaiolo, dell’Orgagna, di Buffalmacco e di altri. L’altarino in marmo che è nella navata centrale è opera del Michelozzi e la cappella a sinistra fatta fabbricare dal cardinale Portogallo è opera di Antonio Rossellini e fu adornata con lavori di Luca Della Robbia.

Sopra un rialzo al disotto di S. Miniato è la chiesa di S. Salvadore al Monte fabbricata nel xv secolo dal Cronaca a spese di Castello Quaratesi, cittadino tanto ricco che voleva costruire a sue spese perfino la facciata di S. Croce.



Note

  1. [p. 40 modifica]I colli di Bellosguardo, che son fra’ più graziosi che circondano Firenze, cominciano subito fuori delle porte Romana e San Frediano, e dopo aver descritto quasi un semicerchio vanno a ricongiungersi colle colline di Marignolle. I colli di Bellosguardo, per la loro felicissima situazione, per i bei punti di vista che hanno sulla città e sui contorni, son molto frequentati dai forestieri che vanno ad abitare anche nelle superbe ville che li adornano. Fra le ville più antiche e più grandi son da notarsi quelle Albizi, Michelozzi, Barbolani da Montauto, Borgherini e Nuti.
    Sopra una collina, che staccandosi dalla piccola catena dei colli di Bellosguardo, sta a cavaliere della via provinciale che va da Firenze a Livorno, sorge l’antico monastero di Monte Oliveto che sul finire del secolo xiii era un piccolo eremitaggio che gli Olivetani ridussero poi allo stato attuale nel xvi secolo. Ora è ridotto ad ospedale militare; ma nella chiesa si ammirano tuttora sculture del Caccini e del Bostrini, dei pregevolissimi affreschi del Poccetti e molte tavole di autori insigni.
  2. [p. 41 modifica]I colli, oggi traversati dal superbo viale, per la loro posizione che domina la città, erano stati occupati fino dall’ottobre del 1529 dalle milizie imperiali, che venivano ad assediar Firenze, e nelle antiche e comode ville che la rendevan bella, stabilirono il loro quartiere i comandanti di quell’accozzaglia di gente di tutte le nazioni, che alloggiava o nelle case dei contadini o sotto le tende.
    Alla villa Baroncelli, oggi del Poggio Imperiale, stava un capitano spagnuolo; alla Luna, oggi villa Morelli, stava il capitano Valerio Orsini; al Barduccio, ch’era in faccia, Pirro Colonna; verso S. Leonardo in una villa vicino alla chiesa aveva stanza il marchese Del Guasto, in memoria del quale la villa si chiama tuttora Il Guasto; all’antica villa Taddei era il duca di Melfi; a Volsanminiato stavano Baccio Valori ed il Berlinghieri; alla Torre del Gallo il conte di San Secondo; al Pian di Giullari, e precisamente nella villa Guicciardini, il duca di Oranges che vi teneva il quartier generate; alla Piazzola degli Unganelli il Vitelli; alla villa Guicciardini, sul colle di Montici, Sciarra Colonna, il Cagnaccio, il Castaldo e monsignor d’Ascalino; a Rusciano il Savello; a S. Matteo i capitani de’ lanzi o tedeschi.
    Di questi accampamenti parla del resto con sufficiente chiarezza e latitudine il nostro Varchi nelle sue Storie fiorentine.
    I bastioni più forti dei nemici erano postati alla Luna ed a Volsanminiato per batter Belvedere, a Giramonte per batter la città e S. Miniato, al Pian di Giullari accanto al quartier generale ed alla chiesa di S. Margherita a Montici per batter S. Miniato, a Rusciano per batter Porta a S. Niccolò.
    Ecco quali fra i luoghi accennati nella presente descrizione ricordano le fasi di quel terribile assedio che fu causa della caduta della repubblica fiorentina.
  3. [p. 41 modifica]La chiesa di San Piero Scheraggio fu delle più antiche di Firenze ed ebbe quel nome, secondo l’opinione della [p. 42 modifica]maggior parte degli eruditi, dallo Scheraggio, fosso che scorrendo attorno al primo cerchio delle mura andava a sboccare in Arno accanto al castello d’Altafronte, poi palagio dei Castellani, poi residenza dei giudici di ruota, ed ora di proprietà demaniale.
    La chiesa di S. Piero Scheraggio, che dava nome ad uno dei sestieri della città, era posta fra via Baldracca e la zecca, oggi incorporata nel fabbricato degli Ufizi. Dopo S. Maria del Fiore era la più grande fra le primitive chiese di Firenze, aveva tre navate, e per la sua architettura era tenuta in un certo pregio. Delle tre navate una le fu tolta nel 1410 per allargar via della Ninna e rimase così di forma bruttissima. Cosimo I, nel 1561, per costruire la loggia degli Ufizi, atterrò la facciata, la canonica ed il campanile che guardavano la loggia dell’Orgagna.
    La seconda porta degli Ufizi, cominciando da via della Ninna, servì d’ingresso a questa chiesa fino a che la non fu soppressa nel 1743 e ridotta ad archivio.
    Col titolo di S. Piero erano in Firenze diverse altre chiese e per distinguerle bisognò aggiunger loro un altro nome. Così vi furono S. Pier Maggiore, ora distrutta, della quale resta tuttora il portico sulla piazza del Mercatino di S. Piero; S. Pier Cælorum, soppressa nel 1448, serve oggi d’archivio al capitolo del Duomo; S. Pier Buonconsiglio, oggi S. Pierino in via degli Strozzi, fu delle primitive 36 parrocchie fiorentine e continuò ad esser tale fino al 1785, epoca nella quale fu ridotta a semplice chiesa senza cura d’anime; in ultimo oltre diversi oratorii c’era la chiesa di S. Pier Gattolini, fondata nel x secolo, e che era una delle 36 parrocchie. Distrutta da Cosimo I per fare alcune fortificazioni alla città, fu riedificata poco dopo da Ser Umido, ferravecchio, dal nome del quale si chiama tutt’ora S. Piero di Ser Umido.
  4. [p. 42 modifica]In questi giorni un comitato composto di egregi cittadini so che sta lavorando per veder di apporre dalle [p. 43 modifica]lapidi alle case degli uomini illustri, e spero che non dimenticherà questo luogo apponendovi possibilmente la bellissima iscrizione dettata dal Contrucci che si legge nella collezione di epigrafi degl’illustri toscani.
  5. [p. 43 modifica]Come si rileva da un documento esistente nel nostro Archivio storico, il comune di Firenze comprò da Alfonso di Zanobi della Casa, che aveva colà dei possessi, la sorgente detta della Ginevera nel 1552.