Il bacio di Lesbia/Presentazione

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Presentazione di questo libro per le persone ignoranti

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Presentazione di questo libro per le persone ignoranti
Il bacio di Lesbia I
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PRESENTAZIONE DI QUESTO LIBRO

PER LE PERSONE IGNORANTI


Questo libro è la vera storia di un bacio che un poeta giovane domandò a una donna veramente eccezionale, e quello che ne seguì. È una danza d’amore eseguita da due ballerini di alto rango. Appartengono a duemila anni fa: ma sono interessanti piú di tanti ballerini moderni.

Inoltre non c’è quello spargimento di sangue per cui la storia vera può assomigliare a un lugubre romanzo: e per quanto poi abituati a questa storia vera, c’è sempre gente che desidera riposare ogni tanto in oasi senza sangue. Il fatto che i due protagonisti appartengono alla latinità potrebbe richiamare spiacevoli reminiscenze scolastiche. Ci teniamo a assicurare che di latino c’è appena l’indispensabile. Il poeta giovane di cui si tratta entrava già nelle scuole con estrema limitazione.

Anzi mi assicurano che nelle scuole del defunto impero d’Austria non entrava affatto. Già anche da noi i maestri facevano capire che questo poeta non era per ragazzi. Con i programmi poi dell’anno 1936-37 troviamo che anche da noi questo poeta è stato radiato dalle scuole.

Si tratta di un poeta di merito, e, se si vuole, [p. 8 modifica]anche di genio: ma irregolare. L’Accademia di Francia lo avrebbe escluso dal suo grembo giacché quel celebre istituto non accoglie se non i genii composti. Dante che mette poeti e sapienti a sedere gravi sul verde prato del suo castello dell’Intelligenza, non lo nomina nemmeno.

E allora? È stato questo aprile, quando i merli cominciano all’alba i loro versi, e i passeri fanno cip cip, e i rosignoli gorgheggiano alla luna: allora, non so come, mi scintillò un verso che dice in breve ciò che press’a poco sarebbe cosí: «L’anima impaziente sino allo spasmo, freme con la primavera dal desiderio di andar via, andare via, anche se non sa dove andare».

Era Catullo.

Volli prendere le parole di questo poeta: esse di balzo volarono via, si perdettero ridendo nel sole nascente, scoppiarono in perle e rubini. Passerotti e rosignoli gli volarono dietro.

Cercai le traduzioni di questo poeta, ma era proprio intraducibile!

Dissi tra me: fra queste anticaglie di casa ci deve pur essere un dizionario! Lo trovai infatti: quattro chili e settecento grammi! Lo sbattei dalla polvere, sollevai la custodia della pergamena, e apparve la grande rubrica: Calepino in sette lingue, ossia Lexicon latinum, in uso del Seminario patavino, Padova 1736.

Cercai di Catullo e trovai cosí: «Catullo, poeta [p. 9 modifica]veronese, nato ai tempi di Silla e di Mario, fu nelle sue poesie or lascivo or mordace come colui che non risparmiò neppure il divo Giulio Cesare nei suoi versetti. Ma Cesare fece pace e lo invitò a pranzo. Amò Clodia che lui chiama Lesbia. Poetò intorno al passero di Lesbia e a molte altre cose».

Cercai anche libri moderni, e nella Enciclopedia Britannica trovai che le «oscenità» di Catullo erano chiamate «graziose oscenità». Forse che proprio non fossero oscenità?

Quanto poi a quell’amore per Clodia, o per Lesbia che fosse, trovai detto cosí: «che quest’amore non ha confronti nell’antica letteratura, e per sincerità e per passione».

Non fu verosimilmente questa Clodia o Lesbia una signora da proporre a modello, ma eccezionale dovette essere.

Oltre a questa considerazione, devo dire che quella faccenda del bacio, dei baci, del passerotto di Lesbia mi si trasformò poi stranamente nella imaginativa, altrimenti non avrei mai scritto questo romanzo, il quale, per il solo titolo, rischiava di compromettere la mia buona reputazione.

A. P.

Bellaria, 5 ottobre 1936.