Il buon cuore - Anno XIII, n. 24 - 13 giugno 1914/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIII, n. 24 - 13 giugno 1914 Religione

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Nel cinquantenario dell’emancipazione

dei Negri agli Stati Uniti


E’ bene ricordare la ricorrenza cinquantenaria dell’emancipazione dei Negri degli Stati Uniti, affine di confermarci sempre più nel convincimento che la Chiesa Cattolica, checchè ne dicano i suoi nemici, è la grande Propugnatrice della libertà e la sua migliore tutrice e reColatrice. Per una facile comprensione del soggetto, bisogna risalire addietro e scorrere a larghi tratti un po’ dl storia. Tratta e Schiavitù prima della emancipazione Sul suolo d’America, dove l’intrepido Colombo ave v a piantata la Croce, simbolo di libertà, gli uomini, di mentichi del S. Vangelo, portarono ben presto la schiavitù. Durante tre secoli — scrive l’Allard cattolici di Spagna di Portogallo anche di Francia, protestanti d’In ghilterra e d’Olanda fecero lavorare sotto il bastone le Popolazioni indigene, o versarono a fiumane sul contin ente e le isole dell’America milioni di Neri africani. La schiavitù, scacciata dall’Europa per morto del CristianeSiMo si creava cdsì al di là dell’Oceano un nuovo MiPero» (P. Allard Esclaves, serfs et mains mortables, Pag. 399). Tre razze concorrono a formare la popolazione degli Stati Uniti: la razza bianca, composta degli antichi coInni e dei nuovi emigranti arrivati nel corso dei secoli,

la razza rossa, formata di tribù indiane, già un tempo padrone del paese, e la razza nera, importata in America per mezzo della tratta, dalla insaziabile cupidigia dei bianchi. Sino a mezzo secolo fa si calcolava a circa 150.000 il numero di questi infelici, che dalla costa dell’Africa ogni anno erano barbaramente trasportati nelle Americhe: così le nuove terre scoperte furono il teatro di conquiste, che costarono sangue agli indigeni, schiavitù ai poveri Negri, a tutto e solo vantaggio dei bianchi: cominciò allora l’onda di una emigrazione forzata, la emigrazione dello sfruttamento più odioso; la vista di quelle fertili e sterminate regioni sembrava avesse dato all’uomo come una sovraeccitazione di cupidigie terrene e avesse velato ai suoi occhi la visione delle cose soprasensibili, a tal segno, che, dopo quattordici secoli di Vangelo, ancora si tornava dai politici alle antiche teorie pagane per legittimare quella piaga dell’umanità, cui fino allora si erano onorati di aver fatto scomparire dalla nostra Europa. I Negri erano impiegati nella coltivazione del riso, dello zucchero e specialmente del cotone: era vietato l’emanciparli, l’istruirli, e persino era proibita con penalità qualunque pubblicazione contro la schiavitù.

Verso la emancipazione E la tratta si perpetuò nei secoli; non che non avvenissero mai delle emancipazioni parziali e graduali, come lo prova il fatto che nel 1816 si fondò sulle coste africane la colonia di Liberia, per stanziarvi gli affrancati degli Stati Uniti, ma «il commercio degli schiavi crebbe smisuratamente dopo proibito» (Cantù: Storia Universale, libro XVIII, c. 17), tanto che i Negri, che nel 1830 erano due milioni e novemila, nel 1850 sommavano a sei milioni, per la maggioranza ancora schiavi. Intanto però un primo passo era fatto: dopo quelle abolizioni locali e discontinuo della •tratta, la schiavitù tese sempre a diminuire per l’influsso di cause diverse, e si ebbero così due partiti: degli abolizionisti e degli anti-abolizionisti, come si ebbero pure due letterature; partiti e letterature che non rappresentavano solo due opposte teorie sociali, ma anche due opposte correnti d’interessi. Il problema della schiavitù si trovò legato alle que [p. 186 modifica]stioni economiche più vitali del paese: «Nelle regioni industriali nel Nord il lavoro dei Negri era meno produttivo, e gli schiavi furono gradatamente emancipati; nelle ’provincie del Sud, quasi esclusivamente agricole, non si poteva farne a meno, e la schiavitù sembrava una necessità». (A. André: Le catholicisme aux Etats-Unis, pag. 97). La lotta era dunque accesa, e la discussione, per parte dei fautori dell’emancipazione, era portata precisamente sui rimedi radicali da adoperarsi dopo abolita la tratta, affine di ottenere la completa estinzione della schiavitù, allorchè altri interessi ed antagonismi d’altro genere tra il Nord ed il Sud, principale il desiderio degli Stati locali (Nord) di sopprimere l’autonomia degli australi (Sud), diedero origine alla «guerra di secessione (1860-65), che finì con la prevalenza dei primi, coll’attuale assetto politico, e colla «improvvisa e totale emancipazione dei Negri». Corifeo degli abolizionisti fu Abramo incoln, il quale, eletto presidente degli Stati del Nord (Federali), ingaggiò la guerra, e presa Nuova Orleans, dubitando di poterlo condurre a termine con le sole armi proclamò l’assoluta libertà a tutti gli schiavi anche degli Stati del Sud (Confederati) i quali, a guerra terminata, dovettero accettare questa legge ch•e poneva termine alla schiavitù.

Effetti della emancipazione Quali furono gli effetti di questo grande avvenimento, che gli storici chiamavano la più bella conquista del secolo XIX, e il suo titolo d’onore dinanzi a Dio ed alla Storia? Anzitutto occorre osservare che il primo immediato effetto fu il «cessare completo della tratta» Poichè è vero che il congreso continentale di Filadelfia del 1774, e prima ancora la Virginia e il Congresso provinciale dell’America settentrionale, come pure il Congresso degli Stati Uniti del 1808, l’avevano rigorosamente vietata, ma questa abolizione parziale, sebbene operata sotto la influenza di idee antischiaviste, pure non era ancora per sè la condanna diretta della schiavitù; una volta però abolita questa, che- non era che una conseguenza sua, si sentì che l’epoca della tratta era tramontata per sempre: e questo fu certamente il migliore dei risultati. Ma non tutti gli altri effetti di quell’avvenimento furono alla stessa maniera coscienti. Quella emancipazione totale, con la concessione ai Negri di tutti i diritti politici e sociali, dichiarata in una maniera così subitanea, come quella che, altre essere la risultanza di idee umanitarie, fu anche un espediente di guerra, rivelò ben presto le deficienze di tutti i sistemi improvvisati, e al cui mutamento non sono preparati gli animi degli interessati E un primo male che ne conseguì fu che siffatta emancipazione «scompose la fortuna dei coltivatori, e portando agli affari e alle Camere persone affatto inesperte. come cresciute nella servitù e sitibonde di vendetta, produsse anarchia e tirannia». (Cantù Storia Universale, libro XIX, capo XXIV). Per quanto poi riguarda i Bianchi, questi non ostante tutte le teorie d’eguaglianza, non s’affrettarono troppo — praticamente — a tradurne in opera il contenuto, e se cessò la schiavitù, diciamo così, «materiale», cominciò l’ostracismo, quella specie di schiavia.4 •

tù «morale» per cui i nuovi emancipati «continuarono ad esere evitati dai loro liberatori protestanti, sicché neppure in chiesa questi volevano trovarsi insieme coi loro fratelli Negri». (Hergenrother. St. Un., volume CII). Così fra l•e due razze si perpetuava l’attrito, che esplodeva sovente in aperte e sanguinose ribellioni, incresciose senza dubbio, ma che avevano delle circostanze attenuanti nella precedente posizione sociale dei Negri. Non è difficile immaginare quanto questo complesso di fatti rendesse penosa assai l’evangelizzazione di quelle masse incomposte, e quanta poca efficacia dovessero avere i principi della nostra Fede sull’anima di chi, vissuto sino a ieri nell’abbrutti’mento etnella schiavitù, si vedeva d’un tratto sospinto alla partecipazione di diritti, di cui non poteva apprezzare le gravi responsabilità, e abbagliato dalle promesse più «democratiche» non poteva affissarsi che in un miraggio al tutto egoistico c terreno. Tale era il nuovo campo che si offriva alla

Attività della Chiesa Cause che la ritardarono Gesù Cristo inviò i suoi Apostoli in tutto il mondo, a tutta l’umana famiglia, senza distinzione di colore e di razza, e la storia è là ad attestare come la Chiesa cattolica ha combattuto le più belle battaglie per il diritto conculcato, per la debolezza oppressa: la •cura prudente, ma assidua, per l’abolizione della schiavitù, è una della più gloriose pagine dell’era nostra, ’e uno storico protestante, ma leale, ha potuto dire: «Non ci può essere dub bio che la Chiesa cattolica combattè risolutamente contro i grandi vizi dello stato sociale, per esempio contro la schiavitù. Questi fatti sono troppo noti, perchè sia necessario che io entri nei particolari» (P. G. Guizot: Storia della civiltà, Lez. VI). Quando la schiavitù scacciata dall’Europa, rinacque nelle Americhe, la Chiaiha ricominciò la lotta. Pio II, Paolo III, Urbano VIII, Benedetto XIV, e poi Gregorio XVI si alzarono vindici della digntià e della libertà umana, e i Missionari furono i suoi eroi, poichè là dove quel po’ di vernice religiosa dei Re " cristianissimi» aveva almeno il pudore di voler salve le apparenze, i poveri Negri ebbero la fortuna di sentire presso di sè la mano consolatrice del sacerdote missionario, e, se la cristianità disonorò sè stessa con la nuova barbarie, basterebbe un Las Casas, o un S. Pietro Claver per riabilitarne il nome. Il «protestantesimo», dominante generalmente negli Stati del Nord, fu dunque " la principale causa» ritardatrice della costituzione di missioni speciali pei Negri, tanto più se si pensa che appena nel 1789 si potè costituire la prima diocesi cattolica americana. Il periodo di storia che va dal 1829 al primo concilio generale di Baltimora (1852) fu un periodo nel quale la Chiesa sostenne la più accannita e spesso cruenta «persecuzione» da parte del protestantesimo, che, accusando di antipatriottismo i cattolici, tentava ogni mezzo per escluderli dal diritto comune; ciononostante la Chiesa riuscì a prendere piede stabile nello Stato: ma ognun vede come anche specialmente se si ponga mente che, proprio io ancor qui sarebbe vano rintracciar la fila d’una vera e propria organizzazione missionaria a favore dei Negri; [p. 187 modifica]quel giro di anni, avvennero «le annessioni di vastissime provincie» (Texas, Messico, California, Nuovo Messico, ecc.) che portarono i cattolici ad affrontare l’altro problema della espansione, il che condusse ad uno sviluppe grandioso della giurisdizione ecclesiastica, sviluppo che no npotè realizzarsi senza intense fatche Così è facile a comprendersi quali difficoltà dovevano affacciarsi nel successivo periodo (1852-1866) che va sino alla fine della «guerra di secessione». Con lo stabilirsi del regime attuale di governo e con la emancipazione degli schiavi comincia l’epoca nuova, quella della libertà, nella quale il cattolicismo, solidamente impiantatosi nel paese, potrà dedicare parte delle sue energie alla redenzione, alla emancipazione morali dei Negri.

Sviluppo dell’attività della Chiesa Dopo la lotta fratricida, anch la Chiesa -sentì urgente il bisogno di un secondo concilia nazionale, perchè la Saggezza collettiva dell’episcopato americano dei terminasse le misure da adottarsi di fronte ai bisogni dei tempi nuovi. Fu l’illustre mons. Spalding, •arcivescovo di Baltimora, che espose i motivi che reclamavano questa assemblea. e nella sua lettera indirizzata a tutti i escovi della Repubblica, fra l’altro dichiara es., •re questa l’ora di redenzione pei Negri: «D’altra parte è nostro dovere discutere insieme la situazione dei Negri. Quattro milioni di questi infelici sono gettati nelle braccia della nostra carità, e fanno appello, con una eloquenza per nulla affievolita dal loro silenzio, alla nostra intelligente operosità. Noi abbiamo qui una occasione splendida di raccogliere una ricca messe di anime, occasione che forse non tornerà mai più.» Nel 1884 si aprì il terzo concilio nazionale a Baltimora, sotto la presidenza di mons. Gibbons, ora cardinale; questo concilio che constatò l’immenso progresso della Chiesa dal 1996, e diede una compiuta legislazione ecclesiastica, non dimenticò il problema dei Negri ed i metodi Per la loro evangelizzazione; quistione che rimase sempre all’ordine del giorno in tutte le successive assemblee. Nel 1889 si tenne il I Congresso del laicato cattolico, sotto la direzione dell’autorità ecclesiastica; presiedette il signor Carrol, già governatore del Maryland, ed assisteva il ministro del Canadà; anche qui tra le quistiani studiate in comune, come la stampa e la scuola, trovò un posta a sè quella dell’educazione dei Negri. In ogni occasione si ordinarono la fondazione di chiese e di scuole particolari per essi, come pure la raccolta di denaro pei loro bisogni, e si diedero opportune norme, secondo le necessità locali, per eliminare ogni Possibilità di soprusi o di rappresaglie contro i poveri Negri, i quali, trovatisi liberi d’un tratto, mancavano ii aiuti. Chi provvede il personale? Il Card. Vaughan nel 1869 apriva a Mill-Hill, in Inghilterra, un seminario per le missioni estere, e più tardi si annetteva altri due stabilimenti destinati a preparare missionari per i Negri degli Stati Uniti: sono il seminario di S. Giuseppe, del S. Cuore ed il Collegio dell’Epifania. Questi Missionari, che vanno sotto il nome di Padri

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Giuseppini, cominciarono a lavorare in America nel 1871, desiderandolo lo stesso Card. Vaughan, e di pieno accordo col card. Gibbons, furono dichiarati indipendenti dalla casa di Mill-Hill, con residenza principale in Baltimora. Come risulta dalla sua rivista «Colored Harvest» alla fine del 1909 la Società aveva sul campo 49 preti, incaricati di 35 missioni in undici diocesi: dati più recenti li abbiamo dal giuseppino padre Butsch sul numero di marzo della rivista «America». Egli dà il numero di 54 sacerdoti che lavorano in dieci Stati, ed in dodici diocesi, da lui anche abbiamo che il seminario di S. Giuseppe ha abitualmente 25 giovani studenti di filosofia e teologia, ed il collegio dell’Epifania, che è la scuola preparatoria al seminario di San Giuseppe, mantiene 54 alunni. La Società conta tra i suoi membri anche due sacerdoti negri, uno dei quali, il rev. P. lohn H. Dorsey si segnala pel suo zelo. I Padri giuseppini non sono però i soli impegnati in questo lavoro: ci sono buon numero di sacerdoti e religiose di diversi ordini che spiegano tutta la loro attività a favore dei poveri Negri; cosi i Padri della Società del Divin Verbo, alcuni della Compagnia di Gesù, e qualcuno pure della Società dello Spirito Santo, come pure alcuni del clero diocesano. I Padri giuseppini hanno parrocchie, scuole, istituti educativi ed industriali, pubblicano anche diversi periodici. Anche i fratelli delle scuole cristiane si rendono assai benemeriti della educazione dei Negri. I risultati sono soddisfacenti, se si tien calcolo della umiltà dei mezzi di cui dispongono quelle missioni; notevole, tra l’altro, la esistenza di tre ordini di Suore afro americane, le Suo re di S. Francesco, quelle della S. Famiglia, e le Suore oblate della Provvidenza, le quali hanno conventi e scuole.

l protestanti? Occorre notare che i protestanti erano già padroni del campo, e che, nei primi anni della emancipazione, i Negri, ammaliati dalla libertà conquistata, furono più inaccessibili che mai alla predicazione del Vangelo. Queste cattive disposizioni non arrestarono lo zelo dei Battisti e dei Metodisti. Essi si impadronirono di queste moltitudini senza pastori, e senza neppur tentare di riformarne i costumi, senza imporre alcuna fede dottrinale, applicarono a sovraeccitarne la loro sensibilità con delle grossolane ciurmerie, invocazioni dello spirito, grida, canti, e contorsioni. Non è quindi a meravigliarsi se troviamo a conto dei protestanti delle statistiche che ci spaventano. I Negri negli Stati Uniti sono attualmente 11.000.000 circa; dei quali circa 4.000.000 sono protestanti e solo 200.000 cattolici. I primi contribuiscono ogni anno 50.000 dollari per le missioni protestanti all’estero. Ma dove il protestantesimo ha una supremazia incontrastata, grazie ai larghi sussidi di cui gode, è nelle scuole. In totale i protestanti hanno 19.128 stabilimenti di educazione, che danno l’insegnamento primario, secondario e superiore a 1.122.014 fanciulli neri. [p. 188 modifica]Quali sono invece le forze della Chiesa romana? Upa novantina di scuole parrocchiali, frequentate da 15.000 ragazzi. Quanto poco per sostenere la lotta sul terreno così disputato dell’insegnamento! Le «Catholic Missions» di New York del gennaio scorso notando queste sproporzioni non sanno in licare altra ragione che quella recata da Gesù Cristo: "La messe è molta ma gli operai sono pochi» e certo col regime attuale di libertà che vige negli Stati Uniti, non se ne può trovare altra davvero; ma in America sanno fare: la storia di quella Chiesa nel decorso dell’ultimo secolo ha del prodigioso, specialmente per ciò che riguarda la espansione; il.cattolicismo, che oggi va conquistando le simpatie e le adesioni anche nelle alte sfere della società, getterà, per riverbero, sprazzi di luce in tutti i canti reconditi degli adepti delle varie sette; l’America — tutto ce lo fa sperare — non permetterà che i Negri «gettati nelle braccia della carità cattolica,» secondo la bella frase di mons. Spalding, finiscano negli artigli dell’eresia. Cosi quelle terre, che furono spettacolo di rinnovata barbarie. cancelleranno l’onta dei secoli con un’opera riparatrice di redenzione. G. B. ’FRAGELLA delle Missioni Estere di Milauo.

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Il fuoco della terra Attualmente la scienza geografica ci fa conoscere più di mille vulcani seminati su la superficie del nostro globo, 323 dei quali attivi, e gli altri spenti, o, per meglio dire, in riposo, giacchè un vulcano mai si estingue; esempio il Vesuvio che gli antichi credevano un monte inoffensivo fino al 79 dell’Era Volgare, ed altri vulcani, negli ultimi tempi, che, ritenutisi per spenti, tornarono focolari ardenti di considerevole attività. Gli Ellenici non conoscevano che due vulcani solamente: lo Stromboli, il fanale dei navigatori che solcano le acque del Tirreno, e l’Etna, che Pindaro appellava una ’colonna in cielo. Fra tutti i vulcani attivi, il più conosciuto, e, diciamo il più popolare, è senza dubbio il Vesuvio: terribile quando si sveglia dai suoi lunghi riposi, simpatico quando si trova in calma. Esso si eleva, maestoso e superbo, ad est dell’incantevole golfo partenopeo, ed è il flagello ed il benefattore insieme delle popolazioni che vivono placidamente all’ombra della sua potenza: benefattore, dico, perchè le sue ceneri sono concimi ottimi per quelle ubertose campagne. La più antica e terribile delle sue eruzioni storiche è stata quella del 79 dopo Cristo, che distrusse Pompei ed Ercolano. Se ne contano in seguito una quantità, fino a quelle esplosive di maggio 1900 e di aprile 1906. Terribile fu anche l’eruzione del 1631, le cui colate di magma lavico arrivarono fino al mare, distruggendo la maggior parte della città di Torre del Greco, e diramandosi

poscia verso la graziosa Portici, ne devastarano la ridente contrada del Granatello. Anche l’Etna, un tempo fu teatro di forti eruzioni: Virgilio nell’Eneide ne fa menzione. La più antica fra le sue eruzioni è quella mentovata da Pindaro e da Eschilo come avvenuta nel regno di Gerone nel secondo anno della 75A Olimpiade. Da otto secoli però, e dopo un riposo di molti e molti secoli, che sotto Nerone faceva stimare il vulcano del tutto estinto, le sue eruzioni sono incominciate con frequenza: e la più celebre pare sia stata quella avvenuta nel 1666, che distrusse quattordici borgate ed altrettanti villaggi. Tanto le eruzioni del Vesuvio che quelle dell’Etna, generalmente, sono precedute da terremoti, i quali man mano vanno aumentando fino a quando l’attività vulcanica non ha prodotto quella tale esplosione, che porta le materie inftiocate liquide fino all’orlo del cratere. Qui cessano i movimenti del suolo: e questo fatto è prova evidente come ci sia una certa connessione tra i terremoti e le eruzioni vulcaniche. Ma i terremoti sogliono avvenire anche in luoghi lontani da qualsiasi vulcano? Verissimo questo: e perciò la scienza, per simil fatto, divide i terremoti in due categorie: terremoti vulcanici, cioè, e terremoti nan vulcanici. Ma la coincidenza, come dinanzi dicevo, può sempre provare come i terremoti siano, in tutti i casi, un effetto della medesima causa che produce le eruzioni. E difatti: ognuno sa che Lisbona fu interamente distrutta da un terremoto nel primo novembre del 1755. Ebbene, nel momento stesso in cui Lisbona rovinava, il Vesuvio cessò di fumare: proprie come se i suoi vapori, che da parecchi giorni si spandevano su Napoli,.si fossero portati subitamente in altra direzione. E quante commozioni grandi del suolo son finite con una eruzione vulcanica Quanti terrem6ti furono avvertiti nei campi Flegrei innanzi che il Monte Nuovo presso Pozzuoli si facesse vivo con la famosa eruzione del 1538! 11 terremoto delle Calabrie del 1783 finì con una grande eruzione dell’Ecla in Islanda, seguita poscia da lunghe eruzioni vesuviane. Il celebre terremoto di gilelfi in Basilicata dell’agosto 1851 fu seguito dall’eruzione deil’Etna del 1852. 11 terremoto di Basilicata del dicembre del 1857 finì con una lunga eruzione del Vesuvio del 1858. E che dire del terremoto di San Nicandro presso il Monte Gargano che cessato mentre sembrava diventare minaccioso viene l’eruzione dell’Etna del dicembre 1864? E non la finirei tra i fenomeni sismici e vulcanici, e fra questi e i sismici: nè con ciò io intendo menomamente intaccare le opinioni che oggi, coi progressi della geologia, si vanno formando intorno alle origini delle eruzioni e alle indagini de’ terremoti. Dico solo, per non dipartirmi dai giudizi di sommi dotti in materia, che la •sede delle forze endogene è situata ad una profondità immensa, e che tali forze agiscono attraverso fenditure che mettono in comunicazione punti del globo distantissimi fra loro. E che possiamo dire intorno alla causa prima delle eruzioni e de’ terremoti? Aggirandoci sempre nel camPo delle ipotesi, possiamo ritenere come le acque del mare, penetrate per cavità sotterranee o a traverso le rocce [p. 189 modifica]sottomarine, producono, a contatto con le materie in fusione sottostanti aí vulcani, una sovrabbondanza di vapore e proprio ciò che fa proiettare al di fuori dell’orifizio craterico, i magma lavici, mescolati a vapore acqueo ed a gass; si compie la scena con un rovescio di ceneri che talvolta, è la parte più. formidabile del fenomeno. come appunto avvenne nell’eruzione di Pompei dell’anno 79. Così; almeno possiamo credere, avvenga per i terremoti. La spiegazione sembra giusta, e fino ad un certo punto può andare; ma l’acqua può ’provenire anche dalla parte superiore di un vulcano. Nella voragine craterica del monte Pelèe, nell’isola della Martinica, in seguito a speciali condizioni, si era formato una specie di lago, che veniva chiamato lago delle Palmiste. La pressione del liquido sovrastante, a contatto delle materie incandescenti, contenute nel meato eruttivo, potè benissimo apportare una dislogazione sismica ed essere stata la causa del terribile disastro del maggio 1902, in cui, in men di pochi minuti, trovaron la morte ben trentamila persone. Che l’acqua sia la causa vera di un’eruzione e di un terremoto lo dimostrano i 323 vulcani attivi, i quali sono quasi tutti situati o nelle isole o nelle vicinanze del mare: e questa prossimità è dimostrata dall’abbondante vapore acqueo che si sprigiona dai meati eruttivi e dalla grande quantità di cloruro di sodio, di cui sono tappezzate ’le loro pareti. Ma intorno alla causa prima delle eruzioni, e, diciamo, anche intorno a quella che produce il terremoto, altre ipotesi possiamo citare: per esempio, la teorica di sprofondamenti sotterranei che dànno origine all’efflusso lavico contenuto nelle cavità endogene e che determinano i terremoti. Ma anche con queste ipotesi di sprofondamento, anche con accurati studi della tettonica, noi stiamo sempre lì: a non sapere cioè quale sia la causa efficiente che dà origine a questi potenti fenomeni della natura. Lo sprofondamento può essere causa di un terremoto: può essere causa di un’eruzione, ma non potrà.mai essere causa prima di fenomeni sismici e vulcanici; e, solamente, possiamo dire esser causa occasionale che dia origine ad un qualsiasi fenomeno tellurico. Lo studio de’ vulcani e de’ terremoti oggidì procede con investigazione davvero scientifiche: i mezzi, di cui dispongono la chimica, la fisica e la geologia, permettono allo studioso indagini profonde; tutto ciò è vero; ma è pur vera la grande ignoranza che, pur dobbiamo confessare, regni ancora fra noi, sulla causa prima de’ vulcani e de’ terremoti. GIACOMO TASCONE.