Il contratto sociale/Libro secondo/III

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Libro secondo - Cap. III

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Cap. III

Se la volontà generale possa errare.

Dal fin qui detto ne conseguita, che la volontà generale è sempregiusta e tende ognora alla pubblica utilità, ma non ne conseguita, che le deliberazioni del popolo portino sempre seco la stessa rettitudine. Si vuole sempre il proprio bene, ma non lo si vede sempre: il popolo non mai sì corrompe, ma viene bene spesso ingannato, ed allora solamente sembra che egli voglia il male.

Sovente passa una grande differenza tra la volontà di tutti e la volontà generale; questa non bada ad altro fuorchè all’interesse comune; e l’altra intende all’interesse privato, e non è se mon una somma di volontà particolari: ma togliete da queste volontà stesse il maggiore ed il minor numero, che si distruggono a vicenda1, e rimane per somma delle differenze la volontà generale. [p. 46 modifica]

Quando il popolo sufficientemente informato delibera, se i cittadini non comunicassero punto tra sè, dal gran numero di piccole differenze risulterebbe sempre la volontà generale, e sempre sarebbe buona la deliberazione. Ma quando si fanno dei brogli, o delle associazioni parziali a scapito della grande, la volontà di ciascuna di queste associazioni diventa generale per ciò che riguarda a’ suoi membri, e particolare rispetto allo stato: allora si può dire che non sono più tanti votanti quanti gli uomini, ma bensì quante le associazioni. Le differenze si fanno men numerose, e danno un risultato men generale. Finalmente quando una di queste associazioni è così grande che la vinca su tutte le altre, non si ha più per risultato una somma di piccole differenze, ma una differenza [p. 47 modifica] unica; allora non vi è più volontà generale, e il parere che vince è un parere particolare. Per ottenere adunque la vera espressione della volontà generale, importa che non vi sia nello stato società parziale e che ciascun cittadino opini a sua posta2: tale fu l’unica e sublime istituzione del grande Licurgo. Perchè se vi fossero società parziali, bisognerebbe moltiplicarne il numero e prevenirne la disuguaglianza come fecero Solone, Numa, Servio. Queste precauzioni soltanto faranno sì che la volontà generale sia sempre chiaramente espressa, e che non si inganni il popolo.

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  1. «Ciascuno interesse, dice il marchese d’Argenson, ha principii diversi. L’accordo di due interessi particolari formasi per opposizione a quello di un terzo.» Vedi le considerazioni sul governo di Francia, cap. 2.
     Avrebbe potuto aggiugnere che l’accordo di tutti gli interessi formasi per opposizione di quello di ognuno. Se non vi fossero interessi diversi, appena appena sentirebbesi l’interesse comune che non troverebbe mai nessuno ostacolo; tutto andrebbe da sè, e la politica cessercbbe di essere un’arte.
  2. Vera cosa è, dice Machiavelli, che alcune divisioni nuocono alle repubbliche, e alcune giovano: quelle nuocono che sono dalle sette e da partigiani accompagnate: quelle giovano che senza solto, senza partigiani si mantengono. Non potendo dunque provedere un fondatore d’una repubblica che non siano nimicizie in quella, ha da pr vedere almeno che non vi siano sette.» Storie Fiorent., lib. 7.