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Il filosofo/Parte II

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Parte II

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Parte I Nota storica
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PARTE SECONDA.

SCENA PRIMA.

Lesbina sola.

Chi ben comincia è alla metà dell’opra;

Onde ho sicura spene
Di finir ben, se cominciai sì bene.
Il filosofo alfine io persuasi
Ad esser meno austero,
E in breve non dispero
Renderlo ancora amante
Con la virtù d’un femminil sembiante.
Per far che maggiormente
Egli di me s’accenda.
Farò che il mio saper siami di scorta:
Già imparai quanto basta
Per comparire in tal materia accorta1.
Fin ch’ei sia preso al laccio
Sarò modesta e umile,
Ma quando sarò moglie,
Col filosofo mio cangerò stile.
Eccolo: a te, Lesbina:
Vincendo un uomo dotto,
Farai vedere al mondo,
Che le donne non van sempre al di sotto.

SCENA II.

Anselmo e detta.

Anselmo. Siete voi la signora... (oh m’è scappata)

Perdonatemi in grazia2 è lei la dama
Padrona della casa?

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Lesbina.   Al suo comando.

Anselmo. (Già mi vado imbrogliando).
Lesbina. (Questo è un uomo davver fatto all’antica).
Anselmo. Ditemi... no: mi dica...
Orsù, signora, datemi licenza,
Se volete ch’io parli,
Di poter favellar in confidenza.
Lesbina. Vusignoria si serva come vuole.
Anselmo. Questo vusignoria lasciar si puole;
Se parliamo tra noi,
Basta il titolo voi.
Lesbina. Dunque, signor, se voi...
Anselmo.   Zitto in malora,
Il termine signor lasciate ancora.
Lesbina. Sapete pur che adesso
Tutti i titoli son superlativi.
Anselmo. Pur troppo il so benissimo,
Che chi ha lustro il vestito, è un illustrissimo.
Ma ditemi di grazia:
Siete voi letterata?
Lesbina.   Quanto basta
A un femminil talento.
Anselmo. (Se è dotta quanto è vaga, ella è un portento).
Studiaste la 'Grammatica?
Lesbina.   Sicuro,
Onde per saper dir la mia ragione,
Non la cedo in astuzia a un Cicerone.
Anselmo. Ancor l’Umanità?
Lesbina.   Per dirla schietta,
In ciò son già perfetta.
Anselmo. Rettorica?
Lesbina.   Pensate!
Ho un’arte sì eccellente,
Che ognuno persuader può facilmente.
Anselmo. (Quest’arte traditora

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Il cor d’Anselmo ha persuaso ancora).

E la filosofìa come v’aggrada?
Lesbina. Mi piace la Morale,
Perchè co’ suoi precetti
Par che meglio s’accosti al naturale.
Anselmo. (11 cor mi sento ucciso
Dalla moralità del suo bel viso).
Lesbina. Appresi dunque, che talvolta un core
Per simpatia può delirar d’amore.
  Tutti voglion che si dia
  Certo amor di simpatia,
  Cui non possa senza sforzo
  L’uom talvolta dir di no.
Anselmo. (Aimè, pur troppo è vero un tal precetto,
Se mirando quel volto,
Introdurmi nel cor sento l’affetto).
Lesbina. (Il dotto va cadendo).
Anselmo. Avete messa in pratica
Ancor codesta massima?
Lesbina. Signor no, perchè dubito
Di far qualche sproposito.
Che se non trovo un uomo letterato,
Farei all’esser mio non lieve scorno.
Anselmo. (Questa è per me: filosofia, buon giorno).
Lesbina. Comodatevi, in grazia.
Anselmo.   Eh, non son stanco.
Lesbina. Almen per compagnia.
Anselmo. Oibò, pensate! il mio temperamento
Niuna cosa sa far per complimento.
  Io non sono uno di quelli
  Ganimedi pazzarelli,
  Che fortuna solo chiama
  Il patir per la sua dama,
  E che brama
  Solo ad essa soddisfar.

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Lesbina. Ma se foste invaghito

Di qualche bel sembiante,
Qual segno gli dareste
D’esser un vero amante?
Anselmo.   Io gli direi:
Madonna, mi piacete,
Son vostro; se volete,
Senz’altri complimenti
Io per moglie v’accetto, ecco la mano.
Lesbina. Piano, signore, piano,
Lo dite in forma tale,
Che sembra a me diretto
Questo cerimoniale.
Anselmo. È vero, io sol per voi ardo d’affetto,
Onde potiam, senz’altro testimonio,
Fra di noi stabilire il matrimonio.
Lesbina. Signor, voi mi burlate.
Anselmo. Giuro per Aristotile...
Lesbina. Oh per amor del Ciel, non bestemmiate!
Ma come così presto
V’invaghiste di me?
Anselmo.   Credo che sia,
Questo che a voi mi lega,
Effetto natural di simpatia.
Lesbina. Ma se l’arbitrio mio
Contro la simpatia fosse uno scoglio,
E amar non vi volessi?
Anselmo. (Questo saria un imbroglio).
Cotanta crudeltade
Io non posso temer nel vostro core;
Diceste che l’amore
È passion natural de’ nostri petti.
Lesbina. Non per tutti gli oggetti.
Anselmo. È forse il mio del vostro amore indegno?
Lesbina. (Or mi convien usar l’arte e l’ingegno).

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Anselmo. Eccovi a’ vostri piedi

Un che amar non sapea, già reso amante.
Lesbina. (A onor del nostro sesso,
Un sapiente al mio piede è genuflesso).
Levatevi; non posso
Più vedervi languire;
Vostra moglie sarò, ma con un patto,
Che voi non m’impediate
Seguir il mio costume.
Anselmo. Anzi prometto
Di sempre secondarlo.
(So che sol nelle scienze ha il suo diletto).
Lesbina. Dunque la vostra mano
Unite con la mia.
Anselmo. Mi confondo, nè so dov’io mi sia.
Lesbina. Via, fatevi coraggio.
Anselmo. Oimè, son tutto foco.
Lesbina. Ecco la man.
Anselmo.   La mano...
Lesbina. Su, stringetela.
Anselmo.   Piano!...
Lesbina. Nella scuola d’amor non siete instrutto.
Datemi questa mano.
Anselmo.   Io sudo tutto.
Lesbina. Voi siete mio marito.
Anselmo. Voi... la... mia... mo... glie siete.
Lesbina. Siete contento?
Anselmo.   Sì.
Lesbina.   Quest’è il contratto.
Anselmo. Adunque, o cara...
Lesbina.   Il matrimonio è fatto.
Anselmo. Felicissimo Anseimo,
Prodigioso scolaro! 11 vostro nome?
Lesbina. Lesbina è il nome mio.
Anselmo.   Come! Lesbina?

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Lesbina. Sì.

Anselmo.   Siete forse quella...
Lesbina. Appunto quella sono,
Che con superba ingiuria
Voi chiamaste una furia.
Anselmo. Oh cosa sento!
Ma dell’inganno mio già non mi pento.
Che siate questa, o quella,
A me già poco importa:
Basta che agli occhi miei voi siate bella.
Lesbina. Lo scolaro io fui,
Da cui rimasto siete persuaso.
Anselmo. Oh che bella invenzione, oh che bel caso!
Alfin siete mia moglie.
Lesbina. Che vale a dir vostra fedel compagna,
Ma non già serva o schiava.
Anselmo. Con quella dipendenza,
Che la femmina deve al suo marito.
Lesbina. Vusignoria mi scusa,
Cotanta dipendenza oggi non s’usa.
Anselmo. Che vorreste voi dir?
Lesbina.   Che i nostri patti
Ahbiam da mantener.
Anselmo.   E quali sono?
Lesbina. Non ve li ricordate?
Anselmo. Spiegatevi, di grazia.
Lesbina. Che voi non v’opponiate al mio costume.
Anselmo. Ben, bene, già s’intende
Di lasciarvi studiar.
Lesbina. Eh, v’ingannate.
Qual è il costume mio dunque ascoltate:
  Alle feste ed ai ridotti
  Voglio andar quando mi par,
  Consumar voglio le notti
  Nel ballar e nel cantar.

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  M’intendete?

  Nè l’avete da vietar.
Anselmo. Signora moglie mia, non son sì matto:
Intendo in questo punto,
Che il matrimonio sia latto e disfatto.
Lesbina. Come! sì facilmente
Mancate di parola?
Anselmo. Non vuò che mi pigliate per la gola.
Lesbina. Quest’è dunque l’amore,
Che diceste per me sentir nel petto?
Anselmo. Per voi sentivo affetto,
Fino che vi credea saggia zitella;
Ma poichè vanarella
Vi scorgo come l’altre, io già mi pento
D’esservi stato amante un sol momento.
Lesbina. (Ho fatta la castagna).
Anselmo. Mi pareva impossibile
Una donna trovar di tal bontà,
Che non avesse in sen la vanità.
Lesbina. Dunque, signor Anselmo...
Anselmo. Badate a’ fatti vostri.
Lesbina. Non mi volete più?
Anselmo.   No certamente!
Lesbina. Perchè così crudel?
Anselmo.   Donna imprudente!
Lesbina.   Pentita son del fallo.
Anselmo.   Andate, andate al ballo.
Lesbina.   Per voi son tutta foco.
Anselmo.   Andate, andate al gioco.
Lesbina.   Se voi non vi placate,
  Il duol m’ucciderà.
Anselmo.   Al gioco, al ballo andate,
  Che tutto passerà.
Lesbina.   Sì ostinato?
Anselmo.   Ostinatissimo.

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Lesbina.   Sì crudele?

Anselmo.   Crudelissimo.
Lesbina.   Ite dunque alla malora.
Anselmo.   All’inferno va tu ancora.
Lesbina.   Ti conosco, tu sei pazzo.
Anselmo.   Men strapazzo, più rispetto.
Lesbina.   Oh guardate il bel soggetto!
Anselmo.   Oh di grazia, che signora!
Lesbina.   Oh che vezzo che innamora!
Anselmo.   Mai più donne.
Lesbina.   Mai più matti.
Anselmo.   Va all’abisso.
Lesbina.   Alla malora.

a due Vanne, fuggi via di qua.


Fine dell’Intermezzo.


Note

  1. Gli otto versi che seguono, non si trovano stampati nella prima edizione veneziana (1735), ma vi sono dei puntini.
  2. Zatta: Mi perdoni di grazia ecc.