Il fiore di maggio/Ognuno in casa sua, ognuno pe' fatti suoi

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Ognuno in casa sua, ognuno pe' fatti suoi

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Harriet Beecher Stowe - Il fiore di maggio (1843)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1853)
Ognuno in casa sua, ognuno pe' fatti suoi
Il pacificatore Il piccolo Edoardo

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OGNUNO IN CASA SUA


OGNUNO PE’ FATTI SUOI.




“E siete adunque ben risoluto a non firmare questo piccolo impegno?„ diceva un giorno Alfredo Melton a suo cugino Eduardo Howard, avvenente giovinotto, che stava sbadatamente assiso vicino ad una tavola sparsa di molti fogli di carta scritta.

“Che ho io a che fare con tutti questi scartabelli di temperanza? rispose Eduardo con una leggiera espressione di disdegno. Puh! tutta quest’istoria di temperanza sente, le mille miglia lontano, il tresette ed il whiskey.

— Via, via, cugino Melton, disse una giovane e brillante dama dagli occhi neri, assisa su un divano, e che aveva prestata un’assidua attenzione al discorso dei due amici; ardisco pregarvi di cessare dal catechizzare Eduardo, poichè, come dice Falstaff, “non è più onesto d’un perverso„. È tempo gittato il sciorinargli innanzi tutti i preziosi documenti sulle società di temperanza. [p. 106 modifica]

— Sul serio, mio caro, voi ben capirete, riprese Eduardo, che firmare, obbligarsi e suggellare, sono tre operazioni che mi dovrebbero essere proibite per un affare, a cui naturalmente io devo rimanermene estraneo. Le mie abitudini passate e presenti, il posto che io occupo nel mondo: tutte le circostanze che hanno rapporto davvicino o da lontano col mio individuo, si innalzano contro la supposizione ch’io giammai possa diventar lo schiavo d’un vizio così degradante. Ora adunque quest’impegno che mi proponete, non è desso qualche cosa che avvilisce? Riguardo all’influenza, che voi mi attribuite, io sono di quelli che pensano, che se ciascuno s’occupasse soltanto di sè, la società sarebbe meglio tutelata. No, io non adotto questa moderna opinione che vuol porre a carico della società le individualità qualunque esse siano; e dapprima perchè è una dottrina che pesa, ed in secondo luogo perchè io dubito forte sulla sua equità. Per queste due ragioni io rifiuto di prestare il mio patronato ad una istituzione di tal natura.

— È innegabile o signori, disse la dama, che voi spingete la costanza fino al grado estremo; e per non discorrere che delle società di temperanza, voi avete rimestata la questione, fino ad annojarmi a morte. Non voglio che tal questione abbia a durare eterna, e, per conchiudere, io sottoscrivo un’impegno per Eduardo, e con esso io lo garantisco dalle cattive abitudini di cui ci avete fatto una sì orribile pittura.

— La vostra presenza, o signora, disse Meldon gittando uno sguardo d’ammirazione sulla sua bella interlocutrice, avrà sempre un’influenza più salutare che [p. 107 modifica]tutti gli impegni di temperanza, immaginabili. Ma non a tutti, cugina, è impartito un tanto favore.

— Come testè vi ho asserito, Melton, le mie abitudini d’ordine e di regolarità essendo notoriamente pubblici, vi rimane ancora, la soddisfazione di far gustare la vostra eloquenza, e la vostra logica a qualche povero diavolo, meno di me favorito, da natura. Così ebbe fine il colloquio.

— Che giovane pieno di cuore e di disinteresse è Melton! disse Edoardo quando lo vide partire.

— Sì, tanto buono, come è lunga la giornata, disse Augusta, con un fondo molto prosaico. Questa nojosa faccenda della temperanza! Non si discorre d’altro al di d’oggi: Giornali di temperanza; — trattati sulla temperanza; alberghi di temperanza; — temperanza di qua; — temperanza di là; e, cosa meravigliosa, perfino fazzoletti di temperanza pei bimbi. In vero il mondo diviene viziosamente intemperate, nella sua temperanza.

— Ebbene, colla cauzione che voi avete fatta di me, Augusta, io sono al sicuro da ogni tentazione„.

Sebbene queste parole non avessero in sè nulla degno di rimarchio, pure furono dette con un tuono di tanto calore, che coprirono Augusta di rossore, e l’obbligarono ad attendere lavoro con più costanza. A proposito di quel tema, Edoardo aggiunse, a molte osservazioni di simil natura, qualche sua idea sugli angeli custodi, che per novità, non eran più vaghe di un discorso sulla temperanza; ma molte cose vecchie, sembran giovani affatto rammentate a proposito. Così, prima che fosse trascorsa un’ora Edoardo ed Augusta [p. 108 modifica]da quel punto di partenza, avevan lasciato vagare il loro colloquio molto addentro nella regione dell’avvenire e de’ brillanti sogni, che circondano gioventù ed amore, pria che abbiam gustato il frutto dell’esperienza, ed acquistata la fatal cognizione del bene e del male.

Ma, prima di procedere più innanzi nel nostro racconto, riprendiamo alquanto il nostro fondo e la prospettiva per metter in grado i lettori nostri di meglio comprendere tutto il quadro.

Edoardo Howard era un giovane, che per la superiorità de’ suoi talenti e la seduzione delle sue maniere, erasi spinto al posto il più elevato nel circolo del gran mondo; e, comechè non possedesse alcun bene, potesse farsi un meritoto dell’importanza, o delle glorie dei membri della sua famiglia, nullameno esercitava personalmente grande influenza sui ricchi e potenti, e com’essi godeva del favore di immunità e privilegi.

La giovinetta che dovevagli essergli consorte, Augusta Elmore, che noi abbiamo testè rimarcata, era non meno distinta per bellezza, spirito e qualità solide. Orfanella, era stato per tempo abituata a fruire liberamerte e senza controlleria d’una fortuna indipendente. Questa circostanza senza dubbio dava peso alla magia delle sue grazie personali, conciliandole quella lusinghiera deferenza, che è sempre l’appannaggio della possente alleanza della ricchezza colla beltà.

Se le sue intellettuali facoltà, per natura elevate, non avevano ricevuto un grande sviluppo, era colpa delle circostanze locali, che nel loro cerchio stretto misurato non poteva offerirle occasioni per esercitare. Ella del resto attraeva, come mille altre, pe’ suoi [p. 109 modifica]talenti sociali. Molto buon senso naturale, unito ad una grande sensibilità, e ad un umore indipendente, l’avevano preservata dalla sventura d’esser dura e frivola. Sembrava tutta adoperarsi ad esercitar dell’influenza anzichè a subirla; ed in tale situazione, sebbene non dominata da verun sentimento abituale di morale responsabilità, il suo carattere, preso nel suo tutto, pareva elevarsi al di sopra deʼmodi comuni alla più a società.

Il mondo aveva predestinato già da gran tempo l’unione di questi due esseri, che parevan nati l’un per l’altro, e, questa volta almeno, il suo vaticinio fu compiuto. Qualche mese dopo il colloquio, che abbiamo narrato, feste brillanti, ed affettuose congratulazioni salutarono un’unione che era stata approvata, segnata e proclamata da gran tempo da le persone, in seno alle quali la giovane coppia gran parte ddi loro vita.

Non furono visti mai due giovani sposi incominciare la loro novella esistenza sotto più lieti auspici “Che bella coppia! Come sono meravigliosamente accompagnati!„ gridavano le comari. Parevano nati l’uno per l’altro, mormoravasi attorno a loro nella splendida società ed udivano sì spesso quel concerto di lodi, che finirono per credersi una personificazione dell’umana felicità.

L’amore che presso le persone di un carattere costante, basa sempre su di un principio serio e grave, li aveva fatti pensosi e riservati; e quando, contenti del presente, si libravano nelle regioni dell’avvenire formavano piani, esprimevano idee, che nel loro tutto, [p. 110 modifica]esaminati dal punto di vista dell’umana saggezza, potevano essere ragionevolissime, ma che raffrontate alla presente vita, senza prender pensiero di ciò che possa accadere, non potevan sembrare agli occhi di uomini religiosi, che fantastiche, effimere creazioni, palazzi di carta, castelli in aria.

Pure, per un lasso di tempo, il violento amore che s’avevan fra loro, doveva indurli a serbarsi immuni dalle seduzioni e tentazioni del mondo. In tal modo scorsero molte serate d’inverno in compagnia un dell’altro, leggendo, dilettandosi di musica, rammemorando il passato, e sognando gli anni venturi. Ma, in opposizione alla teoria sentimentalista1, è un fatto constatato, che due persone sole non saprebbero trovare il modo di soddisfare alle capricciose esigenze dallo spirito, che rifugge sopra ogni cosa dalla monotonia; e ciò s’avvera molto più in coloro, che sono stati assuefatti ad una continua lucubrazione intellettuale che non può alimentarsi che colla varietà.

In capo a qualche mese, sebbene i loro reciproci sentimenti non fossero alterati, cominciarono ad arrendersi alle numerose inviti che da ogni parte gli si indirizzavano.

Ogni fiata che la splendida compagna di Edoardo entrava in una sala, un mormorio adulatore circolava [p. 111 modifica]nell’assemblea e veniva ad adescare deliziosamente l’orecchio dell’amante marito. Dal canto suo egli raccoglieva personalmente il suo tributo d’elogi variati; era profondo politico; novelliero pieno di brio e vaghezza; volta a volta convitato, pieno di frizzi e d’aneddoti, bel giocatore, indefesso ballerino, compiuto galante; insomma il favorito di tutti. Così testimone de’ suoi trionfi, Augusta non poteva resistere di spingerlo nel bel mondo, anche più sovente ch’ei nol desiderasse!

Ahimè! ignoravano amendue a quanti pericoli si va incontro abbandonando il domestico lare, per correr dietro alle vanità, alle distrazioni ed alle seduzioni di ogni genere!

Pure, pieno di fiducia nella bontà di suo marito, Augusta non scorgeva come tali inviti, che si succedevano senza interruzione, sviavano poco a poco il marito dagli affari, lo impedivano d’attendere alla coltura dello spirito, dal tenerle quella compagnia che fin’allora era uso di farle. Già compariva all’orizzonte la nube, larga non più del palmo della mano, nunzia di tempeste e di tenebria per l’avvenire; — troppo fiduciosa e leggera, ella non la scorse.

Ma quando dalle cure e dagli obblighi della maternità dovette restarsene in casa, una crudele apprensione sorse ad un tratto ad amareggiarle l’animo — parevale scorgere una mutazione in suo marito; mulazione impercettibile, indefinita, che sfugge alle più minute ricerche, ma che da sè stessa si appalesa nel cuore d’una donna.

E nullameno Edoardo continuava a mostrarle la [p. 112 modifica]stessa affezione, la stessa tenerezza; era al suo fianco premuroso, attento, previdente; molto accarezzava ed amava di tenero affetto un vezzoso bambino, ch’ella le aveva dato, e che s’appalesava tanto intelligente, quanto era vago. Quando il padre festoso l’innalzava da terra per contemplarlo, e lo copriva in seguito di baci, la madre commossa sentivasi avventurata, come ai primi giorni della loro unione; ma al tempo stesso all’ora delle riunioni gastronomiche, di cui suo marito era uno de’ membri i più zelanti, ella scorgeva, con ansia inesprimibile, quello sposo affettuoso, quel tenero padre, abbandonare ad un tratto sposa e figlio, per correre là dove il diletto lo chiamava.

“Al certo, diss’ella, non voglio esser tanto egoista per privarlo d’una ricreazione, d’un divertimento, che a me non è dato di dividere con lui. Ma pure ei mi diceva di non provar diletto, che là dov’io mi trovassi. Ahimè! è egli dunque veritiero quel desolante assioma: L’amore non dura a lungo.„

Povera Augusta! ignorava quante ragioni avesse di temere. Ignorava da quante seduzioni fosse stretto il marito suo in quelle società, in cui agli stimoli ardenti dello spirito e dell’intelligenza, accoppiavasi come zavorra; in proporzione troppo liberale, una perfida in fusione di vino assai generoso.

Già Edoardo erasi accostumato ad un grado di eccitazione fisica, che rasenta i confini dell’ebbrezza pieno di fidanza in sè medesimo, e sedotto dalle perigliose abitudini d’una società corrotta, non scorgeva il pericolo. Così, il viaggiatore che ha passato sulle catarrate del Niagara, può segnare il punto ove il [p. 113 modifica]primo gorgoglio dell’acqua spumeggiante segna il principio, del pendio. Là tutto è bellezza, e mentre le acque scherzan danzando colorate dai magici prismi dell’arcobaleno, sembrano piuttosto ispirati dallo spirito d’una vita nuova, anzichè avanzarsi verso un golfo spaventoso. Così, al primo passo verso l’intemperanza, che rovina ad un tempo l’anima ed il corpo, si dà retta all’ispirazione ed alla vaghezza di una vita nuova, il viaggiatore, preso da ansia gradita, come disse il poeta, ride all’ondeggiar della barca, senza sapere che quell’inesorabile velocità con cui la furia dell’acque lo spinge, è il cammino verso un’abisso senza alcuna speranza è inghiottito.

Era a tal critica epoca della vita di Edoardo, che un amico saggio ed affezionato, che avesse avuto coraggio di additargli il pericolo, da tutti per altro rimarcato, avrebbe potuto salvarlo: ma nel novero de’ suoi amici Edoardo non aveva un uomo di tal natura. “Ognuno in casa sua ognuno pe’ fatti suoi„ era la massima favorita che regolava uniformemente la condotta di ciascuno di essi. Teste più o meno incanutite, più o meno forti, ebbero l’insigne fatuità di crollarsi, per dire miserabilmente che era triste in aria saputa, per dire a pensarsi che un giovane di sì belle speranze corresse ciecamente a perdersi; ma l’uno non era stretto in parentela con Edoardo, l’altro rifuggiva a trattare così lugubre soggetto; e come sempre, ponevasi il tutto in non cale.

Era pure alla tavola, doviziosamente fornito di vini generosi, dell’uomo, che non era con lui stretto in vincoli di parentela che Edoardo, aveva sentiti i primi [p. 114 modifica]stimoli nervosi prodotti del vino; era pure in casa dell’uomo delicato che rifuggiva dai mesti soggetti che Edoardo era stato accolto membro del club gastronomico; club che poco stante, erasi innocentemente tramutati in bettola. Onta a voi dunque, uomini sobri, regolati e discreti, il cui temperamento, libero di sè, non usciva mai dai limiti dell’onesto, onta a voi se prestando facile orecchio a criminose suggestioni, vi lasciate strascinare verso l’abisso dell’avvilimento morale. Nel dì della caduta, il sollazzevole compagno non vi sarà presto a prevenirvi sporgendovi la mano: il sollazzevole compagno si sarà dileguato come fantasima.

Era una fredda sera d’inverno; stormiva il vento in mesto suono traverso la chiusa impennata della sala, ove Augusta se ne stava seduta. A lei d’intorno ogni cosa annunziava il lusso e l’eleganza; splendidi libri, magnifiche incisioni eran sparsi în ogni lato della sala; vasi traboccanti di fiori peregrini mandavano graditi olezzi, e specchi giganteschi raddoppiavano tutti gli oggetti. Là tutto spirava opulenza e quiete; si sarebbe un’istante pensato, che tutta la felicità della terra potesse essere accolta colà. Ma in luogo della felicità, non scorgevasi che una donna inquieta, agitata e mesta.

Scoccò mezzanotte alla pendola. Più inquieta, più agitata, più trista ancora all’udire quell’ora lugubre cavò di seno il suo orologio a ripetizione adorno di diamanti, e lo contemplò in atto di mestizia. Sospirava pensando alle sere deliziose passate con Edoardo. Mentre che quello sguardo iva errando sui libri, insieme meditati, sul piano, sull’arpa allora mesti e [p. 115 modifica]silenziosi, rammentava, con ansia inesprimibile, tutte le parole che dette egli aveva, tutte le dolci melodie ch’ei sapeva destare dei musicali strumenti, tutte le romanze ch’egli avevale cantate. Ad un tratto fu desta da quel soave delirio da un colpo violento percosso alla porta verso strada. I domestici erano già iti al riposo; ella s’affrettò di scendere ad aprire. Rivide allora il marito suo, ma gran Dio! in quale stato. Era pure suo marito; ma fuor di sensi, e portato da quattro uomini.

“Oh egli è morto! morto! gridò con voce agonizzante.

— No, signora, ma è in uno stato non miglior della morte.„

Apparve allora alla sventurata Augusta la verità in tutto il suo avvilimento. Senza muover querela, e senza levar grida di dolore lo fece deporre su di un sofà della sala.

Stette alquanto ritta, immobile e silenziosa, contemplando con febbrile anzietà l’aspetto di Edoardo, quasi totalmente privo di sensi. Pareale scorgere in lui un giudice crudele che le vietava d’amarlo; un giudice senza viscere di compassione che dispogliava i suoi figliuoli, e li condannava alla miseria; e, per una bizzarra fatalità della sua missione condannava sè stesso a quella miseria e al disonore. E in atto di cupa di sperazione volgevasi attorno lo sguardo; poichè ben gli era nota tutta la tristizia di quel vizio, che stampava in fronte a suo marito il suggello di sua ignominia. Come naufrago che lotta colle onde di un torrente che minacciano d’ingojarlo, così la sconsolata [p. 116 modifica]ripinge alla sua memoria tutte le passate scene de’ giorni felici, è nell’amarezza del suo cuore, sclama singhiozzando! “Gran Dio! sovvienmi d’ajuto!„ Poi d’una voce supplicante aggiunge “Salva! Oh salva mio marito.„

Augusta era donna di sublime energia.

Scorso il primo istante del corruccio, prende la risoluzione di non venir meno in tanto frangente nè a suo marito, nè a’ suoi figli.

“Quando sarà desto, disse in cuor suo, io lo pregherò, io lo supplicherò di cambiare: io lo terrò avvertito. Povero marito mio! ti hanno sedotto, ingannato, tradito; ma tu sei buono di troppo, e troppo generoso perchè non s’abbia a pugnare per te.„

Sul far del mattino, Eduardo parve uscir dal letargo. Riaperse lentamente gli occhi, e in atto pronto e selvaggio stette ad un tratto ritto sui piedi. Girò gli occhi attoniti attorno alla sala; ma nello scorgere gli occhi di sua moglie mestamente fisi in lui, il fantasma del passato si levò ad un tratto innanzi agli occhi suoi, e la vergogna coprì la sua fronte di vivo rossore.

Fuvvi un istante di cupo silenzio, ma tosto dando sfogo ad un acuto dolore, ella gittossi nelle sue braccia, e pianse.

“Adunque, non mi odii, Augusta! grido con voce tremante.

— Odiarti, oh! giammai! Ma, Edoardo, chi ha potuto sedurti così?

— Oh dolce amica mia, mi risparmia il racconto di sì tristi particolari, tu hai promesso d’essermi angelo custode; sialo oggi, sialo sempre. Augusta! tuo [p. 117 modifica]marito colpevole ti porse ben tristo spettacolo, che mai più non si offrirà agli occhi tuoi. Oh no, no, mai più — coll’ajuto di Dio: sclamò con solenne energia.

L’ardente e sincera espressione che accompagnava queste parole, la confusione e l’onta, che dipinte in viso, rivelavano i suoi segreti rimorsi, la spontanea invocazione del benefico intervento di Dio, tutte queste circostanze, come balsamo salutare, raddolcivano le sanguinose piaghe del cuore dilaniato d’Augusta; ed ardì lusingarsi che da quel giorno suo marito era salvo. Il pentimento d’Edoardo era sincero aveva in sè la ferma intenzione di ravvedersi, ma il piano adottato era difettoso nella sua base. Invano ricorreva a modificazioni di condotta, a riguardi: il male aveva gittato radici, e deboli erano i rimedii a torto di mezzo. Edoardo si limitava ad una cura palliativa, senza por mente che solo un rimedio eroico poteva guarirlo. Quando la circolazione del sangue sovrabbonda di attività ed è distrutto l’equilibro del sistema nervoso la miglior volontà è ad ogni tratto minacciata di sconfitta in una sola cattiva occasione basta a distruggerla. Nella sua particolare posizione voleva, da un lato, mantenersi in uno stato di salute fisica o mentale, calmo ma freddo, e da un altro con una severa controlleria su di sè stesso non voleva sorpassare i limiti del ben essere sociale e dell’umana dignità. In una parola al par d’ogni carattere fiacco ed irresoluto ma ad un tempo dolce ed appassionato, voleva la mane, ciò che la sera diniegava: incoerente, debole, inconseguente, non poteva avanzarsi che alla cieca, correndo difilato, in quello stato prediletto dagli uomini [p. 118 modifica]inconseguenti, e tristamente conosciuto sotto il nome di giusto mezzo.

È un grave errore quello d’applicare esclusivamente il nome di intemperanza a quel grado di fisica sregolatezza che ci priva per intiero dell’uso della ragione. L’intemperanza è costituita dapprima da quello stato di nervoso eccitamento, che nasce da ciò che frequenti volte è dello stimolante moderato, e che ne è precursore. Quello stato di transazione è nunzio fedele, sintomo infallibile della caduta, per legge fatale e necessaria. Ogni flagello ha il suo nunzio. È di tal maniera che destasi sovente la passione del giuoco e della sfrenata speculazione, dagli stimoli contagiosi di un sistema di soverchio eccitato. È di tal maniera, che per giungere più presto alla fortuna, troppo impazienti di seguitare le vie oneste e regolari degli affari, e di limitarci alle leggi di una solida prosperità, conquistata col lento correre degli anni, gli uomini, la cui immaginazione viva e vagabonda cedette a tale eccitamento preparatorio, non tardano a provare tutti i pericoli correndo l’alternativa o di grandi risorse, da una parte, o d’una completa rovina dall’altra. E quando, ciò che spesso interviene, questa rovina piomba addosso senza risorse, senza speranze, è ancora all’intemperanza che fanno capo per sottrarsi alle funeste ispirazioni del disinganno e della disperazione.

Così Edoardo impaziente di giungere ad un tratto a grandi fortune, aveva sottratti i suoi fondi dagli affari regolari dell’industria e del commercio, per perigliarli in una speculazione, brillante in apparenza, e che aveva fatte girare teste molto più solide della sua. Veggendo [p. 119 modifica]adunque già avvanzarsi l’ora della catastrofe e non sentendo abbastanza forza per mirar di fronte la rovina e la miseria, fu al vino, di cui non seppe mai intieramente vietarsi l’uso, che domandò un tristo ed effimero conforto a’ casi suoi. In quell’epoca andò a passar qualche mese in una città lontana separandosi di sua volontà dalla moglie e dai figli; poichè più si avvicinava la sua rovina, più sentiva bisogno di ravvivare artificialmente il vigore vacillante del suo spirito e de suoi nervi affievoliti. Alla fine il colpo terribile che da qualche tempo paventava, lo colpì. L’ingente fortuna che sua moglie gli aveva recata in dote non esisteva più che in memoria.

Dopo tanta sventura, dalla lontana città, ove erasi rifuggito, indirizzò alla moglie, troppo fidente, la seguente lettera:

“Augusta, tutto è finito fra noi. Non aspettatevi più nulla dal marito vostro. Non prestate più fede alle mie promesse, poichè è per sempre perduto per voi e per sè stesso. Augusta, la nostra fortuna, od a meglio dire la vostra è al tutto scomparsa. Io la gittai da cieco nel golfo della speculazione. Ma sta qui tutta la sventura? No, no Augusta, avvi ancora qualche cosa di peggio: io mi sono perduto! perduto di corpo e di anima, e tanto irrevocabilmente come lo è la nostra fortuna. Altra fiata eravi in me dell’energia, della salute, della fermezza, della risoluzione; oggi tutto è scomparso. Sì, sì ho ceduto, e cedo ogni giorno a ciò che è ad un tempo mio carnefice e mio temporario rifugio contro lo schifoso spettro della miseria. Vi rammentate voi l’ora orribile, in cui foste fatta [p. 120 modifica]poscia che vostro marito era un ubbriacone. È il vocabolo. Io non saprò mai scordare d’aria vostra rassegnata, triste e sommessa, di quella terribile mattina. Eppure cieca e generosa, con che slancio non vi tornò la fiducia di me! sublime fiducia! ma allora già la mia guarigione era disperata; già fin d’allora io era segnato in fronte dal marchio indelebile dei reprobi.

“Ahimè moglie mia, incomparabile donna, perchè son io vostro marito? Perchè sono il padre di quegli amabili ragazzi, che dati m’avete? Non eravi forse nella vostra patetica dolcezza, nell’innocenza di que’ cari figliuoletti, or quasi orfani, una possente attrattiva per spingermi sulla strada del ravvedimento? No; non vi fu nulla, assolutamente nulla.

“Augusta voi non sapreste farvi un’idea dell’orribile corrosione, dell’intollerabile agonia di questa fatal passione. Io passeggio la mia stanza, penso a’ miei dolci lari, a’ miei figliuoli, all’amata mia donna, all’anima mia, a me stesso, — e scorgo che fo sagrificio di tutto — lo sento finchè sarò sazio di duolo: — ma giunge l’ora, — l’ora della passione, e tutto si scorda.... Augusta, voi più non mi rivedrete. Tutto ciò che mi fu dato salvare del naufragio, io velo mando avete amici e parenti; avete innanzi tutto, un’energia, una capacità, una risoluzione che non sono il retaggio che di poco numero di donne e voi non avrete più vincoli... I morti non vivono coi viventi. Oh il vostro cuor generoso soffrirà nello spezzare i nodi che ci uniscono; ma, fatevi coraggio, poichè soffrireste molto più nel vedere la morte, a lenti colpi, abbattere vostro marito, fino alla sua completa distruzione. [p. 121 modifica]Vorreste voi restarmi d’accanto per vedere tutto ciò che avete potuto amare in me, svanire lentamente? Vorreste voi sopportare i capricci e la collera delirante d’un uomo che cessò d’esser padrone di sè stesso? Vorreste, che vittima voi di vostro marito, i figli vostri diventassero vittima del padre loro? No, tenebroso e terribile è il sentiero ch’io percorro! Io do compirà da me solo; nessuno m’accompagnerà.

“Ritirata in qualche luogo pacifico, potrete concentrare tutta la vostra tenerezza sui figli, ed allevarli in modo ch’abbiano un giorno a rimpiazzare in cuor vostro il luogo che vostro marito ha indegnamente abbandonato. — S’io mi divido da voi in questo istante, voi vi ricorderete di me, quale io sono stato; — mi amerete e mi compiangerete estinto; ma ahitando con me l’amor vostro sarà ben presto affievolito, ed io non tarderei di esservi oggetto di disgusto e d’orrore. Così dunque, addio, moglie mia — mio primo e sincero amore addio nel rinunziare a voi, rinuncio alla speranza: ed allora addio dubbi e rimorsi, ogni bene va perduto per me: male tu sarai il mio retaggio.

“Ecco terribile parole, ma adatte al mio destino. Deh non chieder più di me, non scrivermi: nulla al mondo può ora salvarmi.„

Così chiudevasi quella lettera destinata a portare un colpo mortale alle speranze d’Augusta. Avvi momenti di cordoglio in cui il cuore il più mondano s’eleva a Dio, come l’acqua la più ribelle, deve cedere ad una forza motrice. Generosa, affabile, piena di sublimi sensi Augusta avea fin’allora vissuto pel mondo: aveva posto tutta la felicità in suo maritoe ne’ suoi figli. Essi [p. 122 modifica]erano tutto il suo orgoglio; su di essi si appoggiavano tutti i sogni del suo avvenire. Forte in queste risorse, non aveva d’uopo di cercare distrazioni fuori de’ suoi domestici lari ma quando pose fine alla lettura di quella lettera che spirava un’aria selvaggia, parvegli che nel suo interno, il cuore le cessasse di battere. Nella sua disperazione ella innalzò la mente a Dio. “Il mondo non esiste più per me„ disse nel segreto dell’animo suo. Ma quasi subito chiese a Dio perdono di quel corruccio, e lo supplicò di rafforzare la sua debolezza. Da quell’istante cominciò ad esser penetrata dalle verità e dalle speranze della religione che dovevan per intero cambiare il suo carattere.

Augusta non istette dubbiosa: seguì il marito nella città, in cui s’era ritirato, ma gli sforzi che tentò per salvarlo riuscirono a vuoto. Nacque in seguito un lento deperimento di corpo ed un’affievolimento del sentimento e del principio morale; infallibile pronostico di un ributtante animalismo, ultimo termine dell’umana degradazione.

Qualche anno dopo tali avvenimenti, una dimora diroccata in un sobborgo nella città di C.... accoglieva una nuova famiglia. Era composta di quattro ragazzi, che all’aspetto pallido e languente, all’aria grave e pensosa rivelavano una iniziativa prematura alla mi seria ed al bisogno. Poi scorgevasi la madre pallida in volto ed avvizzita dagli affanni, cogli occhi cupi e melanconici, colle labbra strette l’uno all’altro. Ecco la vivente istoria di lunghi e crudi anni di ansia e dolori.

Là, s’avanza il padre di famiglia con aria sdegnosa, [p. 123 modifica]con passo vacillante, con aspetto selvaggio e stupidito, che rivelava abitudini invecchiate di degradazione e di vizio. Chi avrebbe potuto in quell’uomo, doppiamente sventurato e come sposo, e come padre, riconoscere Edoardo Howard di que’ tempi in cui rifulgeva, in tutto la pompa della sua gioventù? Chi in quella donna curva ed invecchiata sotto il peso del dolore, avrebbe ravvisata la bella e brillante Augusta? Simili cambiamenti sono lungi dall’essere immaginarii. Chiedetene conto a tante anime afflitte, a tanti cuori dilaniati!

Augusta non aveva esitato a dividere col suo colpevole sposo tutte le vicissitudini del destino, ed a seguitarlo nelle terribili fasi della sua esistenza girovaga. Ogni speranza di pentimento erasi poco a poco svanita. Spettatrice di mille scene, testimone di mille diverbi, ne aveva sempre l’immagine innanzi gli occhi. Giacchè nella regione dell’ebrezza, non v’era via sicura; in essa van perduti l’elevazione dello spirito, la delicatezza, il gusto, la purità de’ sentimenti. È un suicidio morale, in cui resta sommerso tutto ad un tempo.

Chiunque si fosse abbattuto in Edoardo vacillante sulla via l’avrebbe con stupore udito gittare al vento qualche frase di classico autore, qualche squarcio di poesia, perduto nella sua mente, accompagnati da qualche incoerente proposizione della stupida gajezza dell’ebbro. Ma soffermandosi a contemplarlo allora nessun atto, nessuno sguardo poteva offerirti segni particolari che lo potesse far distinguere dall’ubbriaco il più abbietto ed il più degradato. [p. 124 modifica]

Augusta e suo marito eransi appartati in una città ove nessuno poteva sospettarne l’esistenza. Là, per lo meno, ella poteva sfuggire all’onta di far testimoni della loro caduta e della loro miseria, quelli che conosciuti li avevano in un tempo migliore.

La lotta lunga e terribile che aveva distrutte le speranze di sua vita, avea del pari innalzati i suoi sensi fino all’amore del prossimo: e le sue pene, senza una consolazione al mondo, ponendole, per così dire, in costante rapporto con Dio, avevan dato al suo carattere una dignità, che non avrebber potuto ricevere da nessuno avvenimento, o da causa veruna.

Egli è certo, ch’ella aveva pe’ suoi figli un’amore fuori dell’ordine comune, ma era quest’amor santo e puro quale ci può esser messo in cuore da Colui “che fe’ mostra d’ogni perfezione, in mezzo alle sue doglianze„ da Colui che disse: “Io mi santifico per loro, affinchè essi apprendano egualmente a santificare sè medesimi.„

La miseria, la più profonda miseria, aveva seguiti i loro passi, senza che fosse venuto meno il coraggio di Augusta. I talenti del lusso, che gli eran stati dati in epoca più fortunata, eranle allora la più utile risorsa per sovvenire ai bisogni della famiglia, mentre che, grazie alle letture, che aveva fatto, poteva gittare nello spirito de’ suoi figli le basi d’un’istruzione elementare.

Erano già scorse alcune settimane pria che l’unico fratello d’Augusta ne avesse scoperte le tracce. Non ebbe contezza della sua miseria che da poco tempo, e l’aveva sollecitata ad abbandonare il suo indegno sposo ed accettare un’asilo accanto a lui: [p. 125 modifica]

“Augusta cara sorella, posso dunque rivedervi: sclamò egli entrando di botto in casa sua un giorno, e trovandola în atto d’accudire alle cure domestiche:

— Enrico, mio buon fratello!„

Un lampo di subita gioja brillò sul viso della povera donna ed accompagnò quelle parole, l’ultima delle quali spirò tristamente sulle sue labbra giacchè ella aveva volto uno sguardo sull’angusta stanza, e le mobiglie meschine.

“Veggo a quale punto siam ridotti, Augusta. Di passo in passo voi cadete nell’abisso, ove vi trascina un falso sentimento di dovere verso unn uomo, che si è fatto indegno dell’affetto vostro e della vostra pietà. Ma non soffrirò più a lungo: io son qui venuto colla ferma risoluzione di condurvi meco.„

Augusta, volgendosi, diresse volontariamente lo sguardo verso la finestra. Leggevasi a chiare note il suo pensiero sul suo volto. Alla espressione abituale di una dolce armonia successe quella dell’angoscia.

Enrico, diss’ella, volgendosi verso suo fratello, non vi fu donna più felice quant’io lo fui altre volte con lui. Potrò io dimenticarlo? Di tanti che allora lo conobbero chi non l’ammirò e l’amò? tutti l’adulavano e l’inebbriavano: io stessa, ho contribuito a spingerlo su quel sentiero periglioso. Vi cade; nessuno gli fu presto d’aiuto. Io consigliai una riforma; molte fiate promise, risolvette, e si pose in istato di porre ad effetto la sua parola. Ma sopraggiunsero nuove insidie, dalle fila de’ suoi stessi migliori amici, che pur non ignoravano i pericoli della sua posizione. Essi lo spinsero in tal modo fino al punto, in cui abbisognava [p. 126 modifica]che andasse, poi, quando l’ardenza del suo carattere gli aveva fatto sorpassare tutti i limiti del pudore e delle convenienze, gli attestarono freddamente la loro sorpresa, fingendo di compiangerlo, o lo rialzavano dalle sue colpe, beffeggiandolo. S’io allora l’avessi abbandonato, che debito severo avrei da renderne a Dio! Scacciato dal seno de’ suoi amici.... parvemi che la sua sventura stringesse vieppiù i nostri nodi, lo gli son moglie — e sarò sua fino all’estremo. Enrico, se dovessi abbandonarlo, la sua rovina sarebbe completa e deplorabile. Ora dunque non mi vi so risolvere.... Più tardi.... chi sa?.... più tardi. Sento che sta per giungere l’ora. Quanto a’ miei figli, il mio dovere verso di loro mi vieta di tenermeli dappresso più lungo... Eccoveli; conduceteli con voi. Erano la mia ultima gioia al mondo; ma, è necessario... prendeteveli, Enrico. Possa, o mio Dio, non tardarmi l’ora di seguirli... Ma prima conviene tentare nuovi sforzi. Che è mai la vita per chi ha sofferto com’io? Nulla. Ma l’eternità! oh Enrico, l’eternità!... Pensateci adunque! potrò io abbandonarlo ad una disperazione senza fine! Il cuore rotto, io ho sopportato tutte le prove che ponno colpire una donna.... ma questo pensiero, questo pensiero...„ Ella si fermò, e sembrò combattere fra sè stessa; ma, alla fine, in preda ad una sorte di spasimo mortale, coprissi il volto colle mani. Lagrime abbondanti scorrevano traverso le sue dita, e tutto il suo corpo anelava sotto convulsivi singhiozzi. Enrico frammischiò il suo pianto a quello di Augusta, ma non osò più ritornare sulla questione tanto formalmente risolta. [p. 127 modifica]

All’indomani, la povera donna si divideva da’ suoi figli, sperando, da ciò che ella stessa provava, che la loro lontananza avrebbe potuto commuovere il cuore del loro padre.

Una settimana era appena trascorsa da quel doloroso avvenimento, quando madama Howard si presentò presso M. L.... la cui dimora principesca, era uno degli ornamenti della città di A..... Appena pose il piede sulla soglia della sontuosa anticamera, ch’ella riconobbe in M. L.... uno di quelli che altre volte, nell’epoca splendida di loro vita, ella e suo marito avevan di frequente incontrati nel mondo. Il suo volto era troppo sfigurato dal dolore perchè M. L.... potesse allora rammentarselo. Ma, tocco da compassione, gli offrì da sedere, e la pregò d’attendere il ritorno di sua moglie, che era assente: poi, volgendosi dall’altro lato, riprese la conversazione con un gentiluomo in questi termini:

“In vero, mio caro Dallas, voi siete esagerato su tal proposito. Non sono gli sforzi d’un uomo isolato, che cerca a correggere il suo simile, che ponno riformare la società: ma tanta opera non potrebbe compiersi che cogli sforzi che fa ciascuno di noi per migliorare sè stesso. Voi ed io, amico mio, dobbiam cominciare coll’esame della nostra coscienza: diventiamo migliori, ed allora la società sarà realmente migliorata. Questo sistema a’ giorni nostri, per cui si considera come debito d’occuparsi degli interessi morali del suo vicino, sembrami tendere ad uno scopo diametralmente opposto a quello che si propone. Sono pene e cure fruttuose in apparenza, ma che riescono a mediocre risultato. [p. 128 modifica]

“Ma, rispose il gentiluomo se mai il vicino fosse fuor del caso di vegliar da sè stesso alla sua condotta, che farete voi allora?

— A lui tocca, e non a me. Tutto ciò che Dio mi comanda si è di compiere i miei doveri; ma non esige che io mi tormenti a vantaggio del mio prossimo.

— Precisamente, mio caro, ecco la questione. Qual è il debito che Dio ci ha messo? Non comprende esso un po’ di zelo e di cure pe’ vostri simili, e qualche pensiero generoso per loro interesse, ed il loro miglioramento?

― Benissimo. Io voglio all’appoggio della mia tesi, citarvi un buon esempio. Colla parola esempio, io non pretendo allogarvi ciò che voi fate. Io suppongo d’impedire che un uomo beva del vino, dal timore che in seguito non abbia a bere dell’acquavite: inoltre, gli vieto di mangiare a norma del suo appetito a timore che non lo colga indigestione... A mio credere v’è altro di meglio a fare: s’io pratico da me stesso la sobrietà, se le mie abitudini di vita sono moderate e decenti, credo predicar coll’esempio, ed essere vera mente utile.„

Il ritorno di madama L.... venne ad interrompere quella grave questione che nello spirito dell’afflitta Augusta aveva richiamate le rimembranze del tempo in cui con suo marito discuteva sovente quell’argomento.

Ahi! quanta crudele eloquenza avevano per lei questi argomenti; per lei senza un amico, senza un soccorso; per quella creatura disperata, moglie ad un uomo avvilito, madre di fanciulli che non eran più che [p. 129 modifica]orfanelli! Quanto gli sembravano differenti di quelli che altre fiate erano per lei, quando circondata dalla felicità, colma di brillante salute, godendo della generale affezione, facevasi, senza penose preoccupazioni, l’eco di simili frasi? Quanti non si immischiano negli affari de’ loro vicini! Ciascuno in casa sua; ciascuno pe’ fatti suoi.

Augusta ricevette taciturna dalle mani della signora L... il lavoro ch’era venuto a chiedere, e se ne uscì di stanza.

“Elena, disse il signor L.. a sua moglie, questa povera creatura deve ben essere in tante strettezze. Andate qualche giorno a visitarla, per vedere se mai vi fosse qualche cosa a far per lei.

— È singolare! rispose la signora L..... ella mi richiama alla mente Augusta Howard; Augusta Howard, sapete, amico mio?

— Sì... la povera Augusta ed anche il marito suo. Che strana condotta quella d’Edoardo!... Ho saputo che erasi dato all’intemperanza ed all’abiezione. Chi avrebbe potuto immaginarselo?

— Voi dovreste ricordarvene, amico mio; io aveva predetto quell’avvenimento sei mesi prima che se ne parlasse. Al gran pranzo che voi deste pel matrimonio di Maria, il signor Howard erasi a tanto riscaldato da oltrepassar le convenienze. Io vi feci allora rimarco ch’ei spingevasi per un calle pericoloso. È vero, che aveva il capo così debole, che due o tre bicchieri bastavano a farlo uscire di senno: mentre Giorgio Eldon può bene ingojarsene dieci o dodici, senza che anima al mondo, sappia accorgersene. [p. 130 modifica]

― È doloroso, sclamò L....; Howard valeva ben dodici volte Giorgio Eldon.„

Dallas, che aveva dato ascolto a tutto quel colloquio, afferrò l’occasione per ritornare sul suo tema favorito.

“Siete voi di opinione, diss’egli, che se Edoardo Howard fosse stato in relazione con una società che combatte l’uso de’ forti liquori, sarebbe caduto in quello stato di degradazione?

— L’ignoro, rispose L.. forse no.„

Abbiamo udito parlare il signor Dallas; qualche parola servirà a farlo meglio conoscere. Era un uomo dotato d’uno spirito ardente ed entusiasto. Tutte le questioni in cui si frammetteva, attraevano completamente la sua attenzione. Da qualche anno erasi gittato nelle vie filantropiche. Le sue gite di beneficienza l’avevano condotto più d’una volta alla dimora di Edoardo, ed era stato colpito da grande interesse alla vista della paziente sposa, e della madre sofferente. Fu col mezzo de’ figli d’Augusta che gli fu dato conoscerla: seppe su quella famiglia avere delle informazioni che avevan desta in lui profonda compassione. Nessun altro che un uomo di così ardente natura, avrebbe potuto nudrir lusinga di porre un rimedio a quella miseria in apparenza incurabile, precisamente colla riforma de’ costumi di chi ne era causa. Quell’idea si rinvigórì dalle osservazioni de’ conjugi L.... Poichè Dallas non aveva esitato a comprendere che lo sventurato ch’ei voleva pigliar sotto la sua protezione, era quel medesimo Edoardo Howard, il cui passato eragli conto.

L’importante consisteva nel saper bene sciegliere il [p. 131 modifica]momento. Parve al signor Dallas che fosse propizia la circostanza d’allora in cui Edoardo, privo da qualche giorno de’ suoi figli, aveva potuto rientrare in sè medesimo.

Profiltò d’un istante in cui Howard era libero da un giogo vergognoso, che sì di frequente subiva. Con parole abilmente accentate e che erano indizio d’un sincero interesse ei si studiò, di far vibrare le rilasciate corde del suo cuore, e destarne l’assopita sensibilità.

“È inutile, signor Dallas, disse Edoardo in risposta al discorso dei nobili motivi, che dovevano indurlo ad un tentativo di riforma; è inutile che la vostra eloquenza si studi di farmi risorgere; sarebbe lo stesso che trarre i reprobi dalle bolge d’inferno. Credete voi, soggiunge con voce risoluta e selvaggia, ch’io già non mi sappia tutto quanto avete a dirmi? Nessuno ne sa meglio di me su questo proposito; tutto io so, come i demoni che credono e tremono.

— Ma, disse Dallas, ogni lusinga non è tolta per voi. Voi non dovele considerarvi come uomo perduto inesorabilmente!

— E chi siete voi dunque per tenermi somigliante linguaggio, disse Edoardo mostrando in viso, ordinariamente cupo, un raggio di curiosità, se non di speranza.

— Io sono per voi, Edoardo Howard, il messaggero della buona novella, disse Dallas, fissandogli in volto solennemente il suo sguardo risplendente di generoso fuoco di carità: per voi, sciagurato, che avete sprecato felicità, speranza e salute: che avete piagato il cuore di vostra moglie e ridotti alla mendicità i [p. 132 modifica]vostri figli affamati. Io sono per voi il messaggero del vostro Dio è lui che vi offre, col mezzo mio, salute, speranze, stima e rispetto. Voi potete sanare il cuore affranto di vostra moglie, e ritornare un padre a’ figli derelitti. Ponete mente a tutto questo, Edoardo. Tutto è possibile. Pensatevi. E chè non volete più l’amore ed il rispetto, che i vostri concittadini altre volte vi avevano? Non volete più assidervi al focolare domestico, colla moglie da un lato raggiante di gioja coi figli che vi prodighino carezze, ed innocenti sorrisi? Pensate anco una volta alla sagra riparazione che dovete alla moglie, per tante lagrime versate a cagion vostra... Che si oppone ad ottenere sì lodevole scopo?

— Ciò appunto che impedisce al ricco d’entrare nel paradiso; fra il bene ed il male scorre un abisso. Mia moglie, i miei figli, il cielo saranno da un lato, ed io dall’altro.

— Questo abisso voi potete colmarlo. Howard quanto paghereste a ricuperare la temperanza?

— Quanto pagherei? disse Howard. Stette alquanto sopra pensiero; poi diede in dirotto pianto.

— Ah! io so quanto vi occorre, disse Dallas, voi avete d’uopo d’un amico: e Dio ve lo ha mandato.

— Che potete voi fare per me, signor Dallas? disse Edoardo colpito dalla fidanza che traspariva nelle parole del suo interlocutore.

Ecco ciò che posso far io io posso raccogliervi presso di me, darvi alloggio, e vegliare su di voi finchè le insidie le più forti sieno passate. Io darvi un’occupazione; io posso in fine fare per voi [p. 133 modifica]tutto ciò che le vostre circostanze esigono, affidarmi alle mie cure.

— Oh Dio di misericordia, sclamò lo sventurato, m’è dato ancor dunque di sperare. Conducetemi ove vi aggrada; io vi seguirò, io vi obbedirò.„

Non vi furon d’uopo che poche ore per mettere il pover uomo in istato di entrare nella ritirata dimora che Dallas gli aveva disposta nel suo palazzo. La rinvenne la moglie premurosa, riconoscente, disposta a farsegli angelo e guida. Cura igienica, salutare esercizio, utile lavoro, cibo semplice, acqua pura, ecco il regime a cui Dallas volle sommettere l’ospite suo. Era una specie di prigionia alleviata da forme dolci e cortesi. Durante i primi giorni, la cessazione dell’ordinario stimolante, che reagiva potentemente su di lui faceva orribilmente soffrire il povero prigioniero e a tal punto, che vi fu un’istante che supplicava si rinunciasse all’impresa. Ma a tali suppliche insensate Dallas oppose sempre una fermezza invincibile, ed Augusta le più tenere inchieste.

S’ei fu salvo alla fine, ben si può asserire che lo fu per la prova del fuoco, poichè una febbre ardente, un lungo e terribile delirio lo trassero all’orlo della tomba.

Ma la lotta fra la vita e la morte fu di breve durata; e sebbene lo lasciasse steso sul suo letto di dolori, debole, dimagrito, pure rientrò nella pienezza de’ suoi sensi, e in stato di guarigione. Colui che ha composto l’amico suo nella pace del sepolcro, o che ha provato l’acuto dolore, che si sente nel prodigargli giorni e notte delle cure salutari ma impotenti, può solo [p. 134 modifica]farsi un’idea della gioja d’Augusta, quando cominciò a rivedere in Edoardo il marito già da gran tempo pianto in cuor suo. Quante volte non chiese se non fosse quello un sogno od una gioja ingannatrice; tanto parevagli che una tomba, non ch’altro, avesse restituita la sua preda.

Un giorno, un bel giorno “Augusta! disse alla fine Edoardo con voce fioca, dopo un lungo e pacifico riposo, destandosi senza delirio. Ella si inchinò su di lui, Augusta, io sono riscattato, sento ritornarmi al felice stato di mia giovinezza.„

Il cuor generoso di Augusta divenne ebbro di gioja a tali parole: tremò e pianse. Anche il marito pianse, e dopo una pausa riprese.

“Non è tanto un ritorno alla vita, sento omai il principio della vita eterna. È il Salvator che, ito in traccia della pecora smarrita, la riconduce all’ovile; e son certo che ora egli non permetterà più che ne esca.„

Ma gittiamo un velo su questa scena commovente che male potrebbe descriversi a parole, e, seguiamo i passi dell’uomo caritatevole, dello zelante cristiano, che nulla potè rimuovere, dal condurla ad effetto.

“Orbè, Dallas, diceva un giorno il signor L.... chi è quel bel giovinotto che scontrai questa mane, nel vostro studio? parvemi che il suo aspetto mi fosse famigliare.

— È il signor Howard, un giovane giureconsulto, cui affidai molti lavori importanti.

— È strano! impossibile! disse il signor L.... al certo non è lo stesso Howard ch’io conobbi altre volte.

— Credo che sia il medesimo, disse il signor Dallas. [p. 135 modifica]

— Ma io credeva che fosse già morto e sepolto a cagione delle sue sregolatezze.

— È lo stesso: pochi sono caduti così al basso come Howard, ma ora promette di prendere uno slancio più elevato di quello che altre fiate si aspettava da luizago

— È strano! Ma in qual modo, Dallas, si è operato tanto cangiamento?

— Io non entrerò, per scrupoli, in dettagli su questo affare, per la parte che hanno preso gran numero di persone. Ma per tutto restringere in una parola, il giovane s’abbatte in uno di quegli intriganti, dediti a formar società di temperanza a distribuire a tal effetto de’ prospetti, ecc., ecc.

— Via, via, Dallas, disse L.... sorridendo, io persisto sempreppiù nel desiderio di voler conoscere questa storia.

Dapprima, entrate qui con me, disse Dallas soffermandosi innanzi la porta d’un piccolo padiglione.„ La prima persona che riconobbero entrando fu Edoardo Howard, che, animato in volto dai più brillanti colori, faceva saltellare un bel ragazzo, mentre Augusta vegliava a tutti i suoi movimenti, il sorriso alle labbra, e la gioja dipinta in ogni suo atto.

“Signore e signora Howard, disse il signor Dallas, non appena fu in presenza de’ conjugi, vi presento il signor L... credo, una delle vostre conoscenze.„ Fuvvi un’istante di imbarazzo e di reciproca sorpresa, a cui la franca cordialità di Edoardo pose tosto un termine. Il signor L...., che erasi assiso, si studiò di prender parte alla conversazione; ma evidente era la sua preoccupazione: non poteva staccare gli occhi dalla signora [p. 136 modifica]Howard: aveva ravvisato in lui un’antica conoscenza; ma su quell’aspetto su cui il dolore e le sofferenze morali avevan lasciató profondi solchi, trovava una sublime espressione che non aveva, quando brillava in tutta la pompa di sua bellezza e gioventù.

Dopo tal contemplazione ammirativa il signor L.... volse uno sguardo attorno per la casa. Era ammobigliata semplicemente, ma con gusto, e presentava l’aspetto del ritiro e del conforto domestico. Vi si scorgevano libri, incisioni, istrumenti di musica, e quattro bei bimbi, la cui figura respirava salute e felicità, quali attenti a studiare la loro lezione, quali occupati de’ loro infantili trastulli.

Dopo un breve colloquio il signor Dallas si ritiro col suo amico:

“Dallas, voi siete un’essere avventurato, disse il signor L.... quando uscirono. Questa famiglia sarà per voi un’inestinguibile sorgente di felicità.„

Egli aveva ben ragione. Poichè ogni anima salvata dalla corruzione e dalla rovina, è una gioja, per chi la riscatta, e di cui solo l’eternità può metterne in evidenza il pregio; poichè sta scritto:

“I buoni brillano come la fuce del firmamento, e coloro che convertiranno un gran numero de’ loro fratelli, brilleranno come stelle in tutti i secoli de’ secoli.„

Note

  1. Ne la teoria sentimentalista, e nemmeno il fatto constatato di madama Beecher Stowe ponno in nulla modificare l’essenza dell’umana natura. L’uomo che tende all’infinito, prova sempre maggior o minor noja tanto in poca compagnia, come in grandi riunioni.

    Nota del Traduttore.