Il mio diario di guerra/I/Le nostre truppe avanzano su Riva e oltre Monfalcone

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Le nostre truppe avanzano su Riva e oltre Monfalcone

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Le nostre truppe avanzano su Riva e oltre Monfalcone
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Le nostre truppe avanzano su Riva e oltre Monfalcone



21 Ottobre.


Ieri gli austriaci hanno sparato sui portaferiti che passavano per la mulattiera in fondo alla valle. Un portaferiti è stato mortalmente colpito. E’ nella zona di Tolmino-Monte Nero che romba — da stamani — più profondamente il cannone. Fra un’ora dovrebbe iniziarsi l’azione del nostro reggimento. Il mio battaglione è di «rincalzo» fra il 27° e il 39°. Il capitano mi ha proposto — con motivazioni assai lusinghiere — per la promozione a caporale. Mezzogiorno. Una voce ci grida, dall’alto:

— Tutti nei ripari! —

Io tardo un poco, ma due granate che sfiorano il nostro riparo mi spingono nella tana. S’inizia il concerto delle artiglierie. Ore lunghe di attesa e di immobilità. I nostri cannoni tuonano sempre per proteggere l’avanzata di alcune squadre del 27° battaglione. Ore cinque. Usciamo dalla buca, a dispetto del solito cannoncino austriaco che ci batte a shrapnels. Passano, nel crepuscolo, i feriti [p. 70 modifica] dell’«azione». Un sergente è il primo. Vengono due capitani: il Morozzo e il Mirto. Quest’ultimo ha la testa bendata. Passa fumando, tranquillamente, una sigaretta. Il 39° battaglione ha avuto 54 feriti e nemmeno un morto. Intanto gli austriaci hanno incendiato il «boschetto» per impedire la nostra avanzata. Le fiamme altissime arrossano l’orizzonte.


22 Ottobre.


Tre mine di proporzioni colossali sono state fatte scoppiare dagli austriaci sulla cima dell’Jaworcek, sollevando un turbine di macigni e di sassi. Nessuna vittima.

Oggi, secondo giorno dell’azione. Tuonano sempre i cannoni. Alla nostra sinistra, sul Piccolo Jaworcek, fuoco vivissimo di fucileria.


23 Ottobre.


Ieri sera — a notte fatta — quattro colpi da 280. Poi, a due riprese, fuoco intenso di fucileria austriaca e di cannoni di piccolo calibro. Dopo, durante la notte, calma. La Divisione ha mandato un fonogramma d’augurio all’11° bersaglieri, nella ricorrenza, tragica e gloriosa ad un tempo, di Sciara-Sciat. Il mio vice-squadra Mario Simoni, di Camerino, che si trovava in Libia ed era attendente del colonnello Fara, mi racconta spesso come si svolse l’episodio di Spiapa-Sciat [p. 71 modifica]Circa i risultati della nostra «azione» non sappiamo nulla di preciso. E’ rimasto ferito il tenente colonnello Albarelli. Passa — fasciato al capo — il caporal maggiore Corradini. Non è grave. Ecco due morti, vittime del 280. Uno di essi è ridotto un informe ammasso, avvolto in un telo di tenda. Comincia in questo momento, ore dieci, la quotidiana sinfonia dei nostri cannoni. Volo basso di corvi. Nel pomeriggio gli austriaci hanno bombardato, per tre ore, la posizione occupata della mia compagnia. Sono gli incerti dei «rincalzi». Ci siamo «ingrottali» in tempo. Alcuni feriti.

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Non comprendo perchè si faccia una distribuzione quotidiana di grappa ai soldati. In quantità minima, è vero, ma si dà ai soldati una pessima abitudine. Il «sorso» d’oggi predispone al bicchierino di domani. Inoltre, c’è chi riesce qualche volta a berne troppa e offre una spettacolo poco edificante. L’unica punizione che sia a mia conoscenza è stata inflitta appunto a un caporale che, avendo abusato di grappa, è stato retrocesso.

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La nostra guerra, come tutte le altre, è una guerra di posizioni, di logoramento. Guerra grigia. Guerra di rassegnazione, di pazienza, di tenacia. Di giorno si sta sotto terra: è di notte che si può vivere un po’ più liberi e tranquilli. Tutta la decorazione della vecchia guerra è scomparsa. Lo stesso fucile sta per diventare inutile. Si va all’assalto di una trincea colle bombe, colle micidialissime granate a mano. Questa guerra è la più [p. 72 modifica] antitetica al «temperamento» degli italiani. Eppure con le nostre meravigliose facoltà di adattamento ci siamo abituati alla guerra delle trincee, alla guerra del fango, dell’insidia continua, che pone il sistema nervoso a una prova durissima. E’ straordinaria la resistenza ai disagi e al freddo dell’alta montagna, in uomini che vengono da paesi dove non nevica mai! Molte volte ho sorpreso nei discorsi dei miei commilitoni questa affermazione:

— Se fossimo in pianura e in campo aperto, gli austriaci sarebbero presto spacciati! —


24 Ottobre.


Notte di calma assoluta. Mattinata deliziosa dì sole. Il primo colpo di cannone è italiano. E’ finita l’azione? Non ne so nulla. Il Rampoldi, passando dalla mia trincea, mi dice che alcuni dei nostri reparti sono giunti sino al cimitero degli ufficiali austriaci, ma non mi sa dire se ci siano restati. Non tarderò a saperlo, perchè il nostro battaglione darà fra poco il cambio al 39°. Anche il pomeriggio è calmo. Sono chiamato alla tenda del tenente Giuseppe Pianu, comandante interinale della 82ª compagnia alpini che sta per ritirarsi a quota 1270.

Il Pianu è un sardo e non gli mancano le qualità fisiche e morali dei sardi. Nella tenda ci sono altri ufficiali. Fra gli altri il sottotenente medico Scalpelli. Chiacchiere. Posiamo tutti insieme per un gruppo fotografico. Io tengo, nella destra, una [p. 73 modifica] bomba. Il Pianu — ufficiale valorosissimo — mi narra episodi ignoti o poco noti delle prime avanzate italiane nella zona del Monte Nero. Accetto il suo invito e resto a cena con lui e cogli altri. Menu da grande ristorante: risotto, carne arrosto, frittata, fruita, dolce. Vini: Chianti da pasto e Grignolino in bottiglie. E’ la cena di commiato. Gli alpini, che si sono preparati — silenziosamente — alla partenza, sfilano già per la mulattiera. Pianu fa levare la sua tenda. Ci salutiamo, con fraterna cordialità.


25 Ottobre.


Cielo di tempesta. Il sole non riesce a rompere la cortina di nuvole che nasconde il Monte Nero. Ecco: gli austriaci ricominciano a bombardarci.

Sono in funzione cannoni di molti calibri: 65, 75, 155, 280. Nel pomeriggio un colpo solo di cannone ha ucciso quattro dei nostri. Ordine di levare le tende e di occupare la posizione tenuta dalla 9ª compagnia che va agli avamposti.


26 Ottobre.


Ci siamo spostati di alcune decine di metri, a destra, in alto. Siamo ora a quota 1300 circa. Il mio riparo è molto meno solido di quello che ho abbandonato. Inutile fortificarlo: non resteremo qui che due o tre giorni, [p. 74 modifica]

27 Ottobre.


Nevica. La neve filtra dal nostro riparo, dove siamo in cinque. Accendiamo il fuoco. Ora è permesso. Ma il fumo ci acceca. Il cannoncino inizia la sua solita quotidiana sfottitura. Totale: colpi 50 a shrapnel. Tiro stracco ed inefficace. Alcuni feriti. Il 4° plotone della nostra compagnia si è recato di guardia agli avamposti.


28 Ottobre.


La nostra artiglieria bombarda le posizioni degli austriaci. Giunge una triste notizia. Il nostro plotone di guardia è stato «provato» duramente dall’artiglieria austriaca.


29 Ottobre.


Neve in quantità. L’aspirante ufficiale Raggi è venuto nel mio ricovero e mi ha parlato dell’episodio di ieri. Egli è rimasto miracolosamente incolume. Gli austriaci prodigano le cannonate, anche quando il bersaglio è costituito da un soldato solo e non meriterebbe uno spreco di munizioni. Fatto si è che gli austriaci hanno sparato 47 colpi da 75 contro un riparo dove stavano rannicchiali cinque bersaglieri e l’aspirante Raggi. La penultima cannonata è stata micidiale. Uno dei bersaglieri ha avuto braccia e gambe spezzate. Un altro è stato ferito meno gravemente. Infine, il caporal maggiore Camellini, della classe dell’84, ha avuto [p. 75 modifica] un braccio nettamente asportato da una scheggia. Solo ieri sera, dopo una iniezione di caffeina, praticatagli al posto di medicazione, riprese i sensi. Volle abbracciare e baciare il capitano. Gli austriaci sparavano a granata. Alzo zero. Distanza 300 metri.

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I miei commilitoni ignorano completamente le vicende e i successi dell’offensiva italiana sugli altri punti del fronte. Siamo in due a leggere i giornali. Io e il caporale Vismara, che riceve l’Italia. Mi domando: «Perchè non si pubblica e non viene diffuso fra le truppe combattenti — composte oggi di soldati in grandissima maggioranza alfabeti — un Bollettino degli Eserciti d’Italia? Bisettimanale o trisettimanale, il Bollettino dovrebbe contenere i Comunicati del nostro Esercito e quelli delle Nazioni Alleate, unitamente a qualche articolo e racconto di episodi di valore, atti a tenere elevato il morale delle truppe».


30 Ottobre.


Notte agitata. Ieri sera gli austriaci hanno fatto esplodere una mina di proporzioni enormi. Pareva che tutta la montagna dovesse «saltare». Le signorine impiegate del Credito Italiano — Sezione di Milano — mi hanno mandato due grossi pacchi di indumenti di lana. Prima novità gentile di questa mattinata grigia di pioggia a raffiche.