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Istoria delle guerre persiane/Libro primo/Capo XV

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CAPO XV.

Esercito di Cavado nell’Armenia. — I Persiani due volte sconfitti. — Paese e costumi de’ Zani. — Bolon e Farangion, castella, cadono in poter dei Romani. — Narsete ed Arazio favoreggiatori delle costoro parti.

I. Cavado inviò nella regione armena soggetta all’imperio nuovo esercito di Persarmeni, e di Suniti prossimani agli Alani1, cui unironsi tre mila Unni chiamati Sabiri2, bellicosissimo popolo. Mermeroe3, [p. 73 modifica]di schiatta persiana e lor duce, pervenuto su quel dei Persarmeni, e tre giornate di cammino lunge da Teodosiopoli, disponeva l’attacco.

II. Doroteo, uom prudentissimo ed assai versato nell’arte guerresca governava a que’ dì l’Armenia, e Sitta4, duce altre volte delle truppe bizantine, presedeva all’esercito. Or questi, udito l’arrivo de’ nemici nella Persarmenia, spedirono due cavalieri astati a indagarne il numero e gli apparecchi, i quali introdottisi di soppiatto nel campo de’ barbari, ed il tutto con molta diligenza esplorato, eran già per tornarne, quando scoperti dagli Unni, tale di essi per nome Dagaris fu preso e messo ne’ ferri; l’altro però, avuto mezzo alla fuga, venne indietro, e fedelmente riferì ogni cosa per lui spiata.

III. I condottieri allora commisero alle truppe di armarsi e di marciare alla volta del nemico, il quale sorpreso del repentino assalto abbandonò ogni pensiero di resistenza, e non attese che a sottrarsi dal pericolo: i Romani pertanto fattone massacro e dato il sacco alle tende raggiunsero nuovamente i loro quartieri.

IV. Lo stesso Mermeroe di poi riunite tutte le sue forze entrò nel suolo de’ Romani accampati presso del lago Ottoben, lunge stadii cinquanta da Satala, [p. 74 modifica]cittadetta posta in una vallea attorniata da colline5. Al che Sitta con mille uomini si pose in agguato dietro una di esse, e lasciò Doroteo a guardar la città, paventando uscire in campo con soli quindici mila combattenti per guerreggiare l’esercito persiano forte di trenta mila. Giunto la dimane il nemico a quelle mura, cominciavano l’assalto, quando vide i Romani discendere il colle, e ritti venire ad incontrarlo: e siccome la polvere che ingombrava l’orizzonte rendevano il numero maggiore di quello in realtà fosse, egli pensò abbandonare l’assedio, e ricogliere la sua ordinanza. Ma in questa sorvenuti i Romani, e separatisi in due corpi lo attaccano vigorosamente; esce in pari tempo a soccorrerli Doroteo, e tutti con grand’animo tenzonando mettonlo in fuga. Non è però da passare in silenzio che i Persiani superiori di numero opponevano mai sempre qualche difesa nella rotta loro, e disputavano l’altrui vittoria con ostinazione, il perchè or questi ora quelli, essendo tutti cavalieri, prendevan le fogge di vincitori o di vinti. Un trace di nome Fiorenzo, duce della cavalleria, fe mirabil cosa nella mischia, imperciocchè gittatosi nelle file nemiche ne rovesciò il banderese, ma retrocedendo fu egli stesso tagliato a pezzi sul campo; [p. 75 modifica]a lui nondimanco è d’uopo ascrivere il merito di aver procacciato con sì ardita azione il trionfo ai Romani. I barbari in effetto presi da grandissimo spavento al non veder più il vessillo ritiraronsi col massimo disordine e con grave perdita; e nel dì vegnente riparavan tutti alle case loro. I Romani lasciarono d’inseguire i fuggenti, tenendosi abbastanza gloriosi per averli sulle proprie terre ricolmi di tanti mali quanti furono quelli da me ricordati, e ridotti a deporre ogni pensiero sul meditato assedio.

V. Gl’imperiali a que’ dì occuparono eziandio nella Persarmenia due castella, Bolon e Farangion, da cui i Persiani scavavano l’oro tributato al re, ed i Zani, antichi abitatori di piccola regione compresa ne’ limiti del romano imperio, perdettero la libertà loro, delle quali vicende passo ora a contare la istoria.

VI. Al valicare dall’Armenia nella Persarmenia sorge a diritta il monte Tauro dilungantesi nella Iberia e nelle altre vicine contrade6. Havvi a sinistra non breve sentiero con agevol pendio, cui sovrastano poggi altissimi e scoscesi, di nuvoli e di nevi perpetuamente ingombri; da quivi scaturisce il Fasi e corre a bagnare la Colchide. Tale regione fu di continuo abitata dai Zani7, popolo barbaro e indipendente, il quale [p. 76 modifica]possedendo sterili terre e selvaggi costumi provvedeva alla sua vita col furare su quel de’ Romani, avvegnachè l’imperatore dessegli annualmente qualche danaro per istoglierlo dalle rapine; ma curantesi ben poco de’ suoi giuramenti egli discendeva sino al mare a far preda sull’altrui, pronto ed improviso scorrazzandone il paese, e riparandosi quindi immediatamente ne’ luoghi suoi: di leggieri in vero e’ toccava delle sconfitte venendo sorpreso nella campagna, ma non arrendevasi mai prigioniero, favorito dalla malagevolezza de’ luoghi. Riuscì non pertanto a Sitta8 di romperlo dapprima in battaglia, e poscia conquistarlo co’ buoni trattamenti; dopo il qual tempo e’ ridusse a miglior forma il duro e strano modo di vivere, abbracciò i dommi evangelici, ed arrolatosi tra’ Romani divideva seco loro i disagi della guerra. Tanto proponevami riferire de’ Zani.

VII. Oltrepassate le costoro frontiere trovi altra vallea quanto profonda e piena di scoscii, altrettanto abbondante di popolazione, di uve, e di ogni maniera di frutta; ella è pressochè tutta ligia all’imperio, ed il resto giace entro i confini della Persarmenia. Quivi erano miniere d’oro, ed il re avevane dato il governo ad un nazionale detto Simeone.

VIII. Questi all’accendersi di giorno in giorno vie più la guerra tra gl’imperiali ed i Persiani s’avvisò frodare il monarca del tributo dovutogli per le miniere. Al che meglio fare propose ai Romani di seguire le [p. 77 modifica]parti loro mettendoli in possesso del castello Farangion, e ritenendosi, per condizione, tutto il metallo derivante da quelle terre; di buon grado e’ v’acconsentirono, contentissimi di togliere al re tanta dovizia; nè aveavi mezzo di ridurre gli abitatori sotto l’antico giogo, insuperabili essendo gli ostacoli nella costoro situazione.

IX. I fratelli Narsete ed Arazio, dei quali narrava la battaglia data a Belisario ed a Sitta nell’Armenia9, unironsi parimente di lor volere colla propria madre ai Romani, e il duce imperiale, Narsete anch’egli, persarmeno e questore, accolseli della miglior guisa, ed offrì loro magnificentissimi doni. Non guari dopo il minor fratello Isacco, uditi i vantaggi riportati dai suoi ribellando, tenne segrete pratiche co’ Romani, e fattone ascendere qualche numero in luogo opportuno, ricevetteli, aprendo una porticciuola tra le tenebre, nel castello Bolon fondato sul territorio di Teodosiopoli10; ed egli andossene a dimorare in Bizanzio.

Note

  1. Popoli dimoranti nella regione posta tra il monte Caucaso e le Porte Caspie. Essi erano liberi e soliti a confederarsi col persiano monarca per guerreggiare gl’imperiali.
  2. In alcuni testi si legge Isadeni. Questi componevano una delle principali unniche o sarmatiche tribù sparte lungo le pianure in vicinanza delle Porte Caspie.
  3. Uno degli uomini più illustri, vuoi per consigli, vuoi per valore, vuoi per capitanare gli eserciti, che abbia avuto la Persia. Giunto ad avanzatissima età ed infermato ne’ piedi, era tuttavia il suo animo nello accignersi ad ogni fatica sì pronto che tenuto lo avresti di ottima salute e nel fiore degli anni. Veniva allora trasportato in lettiga nel mezzo dell’esercito, non potendosi reggere più in arcione, e la sua presenza empiva di coraggio le truppe e di terrore il nemico. Ben molte delle sue battaglie terminarono con splendidissima vittoria, pruova incontrastabile di quanto e’ valesse in campo (V. Agazia, lib. ii).
  4. V. cap. 12, § 4.
  5. Questa città dell’Armenia minore fu visitata da Traiano allorchè mosse guerra agli Armeni ed ai Parti, avendo il re dei primi ricevuto il diadema dal Parto anzi che da lui. Se pure ad un tale pretesto non vogliamo con Dione Cassio o col suo epitomatore Sifilino sostituire la molta cupidigia di gloria del romano imperatore. Essa è collocata da Tolomeo a gradi quarantadue e un sesto di latitudine.
  6. V. cap. 10, § 1, ed Arriano, lib. v.
  7. Così di costoro parlò il Nostro nella Istoria miscell.: «I Zani sono vicini agli Armeni, ed alte montagne, profonde valli, vasti deserti, torrenti, selve e precipizj dividonli dal mare». Vedi parimente sul conto loro il lib. iii degli Edifizj.
  8. Negli Edifizj costui vien chiamato Tzita, e detto maestro della milizia.
  9. V. cap. 12, § 6.
  10. «Quando Teodosio augusto acquistò il regno di Arsace (nell’Armenia maggiore) egli piantò un castello sopra un certo colle, chiamato Teodosiopoli... Non molto dopo l’imperatore Anastasio ivi fondò una città comprendendo entro le mura quel colle, su cui Teodosio avea eretto l’anzidetto castello; e quantunque alla città Anastasio avesse dato il suo nome, non gli riuscì di fare abolire quello di Teodosio primo fondatore: giacchè è tra gli uomini cosa comune che quanto appartiene all’uso riceva bensì novità, ma non così facilmente perda la prima denominazione» (Edif., lib. iii).