Vai al contenuto

L'avvenire!?/Capitolo diciottesimo

Da Wikisource.
Capitolo diciottesimo

../Capitolo diciassettesimo ../Capitolo diciannovesimo IncludiIntestazione 28 settembre 2016 100% Da definire

Edward Bellamy - L'avvenire!? (1888)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1891)
Capitolo diciottesimo
Capitolo diciassettesimo Capitolo diciannovesimo

[p. 105 modifica]

CAPITOLO DICIOTTESIMO




Dopo che le signore si furono ritirate nella loro camera, rimasi alzato ancora un poco, e m’intrattenni col dottor Leete sulla disposizione della libertà dal servizio, dopo i 45 anni. M’interessava di sapere quale potesse essere l’occupazione dei cittadini, non avendo più obblighi con la nazione. «A quarantacinque anni,» dissi, «un uomo ha la forza per dieci anni ancora di lavoro materiale, e per dieci altri anni di lavoro intellettuale. Per gli uomini energici, mi pare che l’essere collocati a riposo, dovrebbe sembrare loro più che altro uno sfavore».

«Mio caro signor West,» disse raggiante il dottor Leete, «non vi potete immaginare quante attrattive abbiano per noi le vostre idee del secolo decimonono, e come siano strane le vostre impressioni. Sappiate che il lavoro che dobbiamo fare per assicurare alla nazione i mezzi d’una comoda esistenza fisica, non è considerato come l’uso più importante, più interessante e più dignitoso delle nostre forze; noi riguardiamo il lavoro come un dovere necessario, che adempiamo prima di dedicare e rivolgere completamente le nostre capacità all’occupazione sana e ragionata, che costituisce veramente la vita.

Mediante una giusta divisione delle fatiche e i diversi incitamenti, s’è fatto il possibile per render piacevole il lavoro, e, relativamente parlando, esso non è faticoso, anzi è soventi attraente; ma lo scopo principale del nostro essere, non è nel nostro lavoro, sibbene nella maggiore attività che mettiamo in opera a compito finito.

Naturalmente non hanno tutti, neppure la maggioranza, queste inclinazioni scientifiche, artistiche e letterarie che rendono l’ozio pregevole. Molti vedono, nella seconda metà della loro vita, un’epoca di piaceri d’altro genere, come viaggi, allegre riunioni d’amici; un’epoca di cure d’ogni sorta, di particolarità personali e di gusti speciali; vedono il proseguimento del piacere in tutte [p. 106 modifica]le forme immaginabili; in una parola, vedono in essa un’epoca di godimento tranquillo e pacifico di tutte le migliori cose che riuscirono a procurarsi.

Per quanto diverso sia l’uso che facciamo del nostro tempo d’ozio, tutti attendiamo il nostro congedo, come l’epoca in cui avremo il completo godimento della vita; e, raggiunta la maggiorità, non più sottomessi a disciplina e controllo, la nostra vita ci apparterrà interamente. Come ai vostri tempi i giovani gagliardi si rallegravano del 21° anno, così i nostri uomini aspettano con gioia il 45°. Noi diventiamo uomini a 21 anni; ma la nostra gioventù rivive ai 45. L’età matura e quella che chiamavate vecchiaia, valgono, per noi, più della gioventù. Grazie alle migliori condizioni della vita, e, prima di tutto, grazie alla completa assenza di fastidi, la vecchiaia per noi vien più tardi ed è assai calma.

Gli uomini di costituzione media giungono per solito sino agli 85 o 90 anni, e noi, a 45 anni, credo che siamo più forti e moralmente più giovani di quello ch’eravate voi a 35.

È strano il pensare che voi a 45 anni, mentre noi entriamo nel periodo di vita migliore, pensavate già di essere per invecchiare, e cominciavate a guardare all’indietro. La più bella parte della vita era per voi prima del mezzogiorno, per noi invece è il pomeriggio».

A questo punto parlammo dei divertimenti preferiti, paragonando anche in ciò il tempo presente col secolo XIX.

«Sotto questo rapporto,» disse il dottor Leete, «esiste una differenza grandissima. Non abbiamo nulla che corrisponda ai vostri sportsman di professione che erano un tratto speciale dei vostri tempi; anche i nostri atleti non combattono per premi in denaro come facevano i vostri. I nostri combattimenti hanno per movente la gloria; la magnanima gara fra le diverse corporazioni e l’affetto degli operai fra loro, offrono un incitamento costante ad ogni genere di giuochi, di corse e di regate a cui prendono gran parte i giovani e con non minore entusiasmo anche i membri delle corporazioni.

Le regate in yacht, a Marblehead, avranno luogo la prossima [p. 107 modifica]settimana, e constaterete voi stesso, paragonandolo ai vostri tempi, l’entusiasmo generale provocato oggi, da un tale avvenimento. Il grido, panem et circenses, che mandò il popolo romano, è tenuto oggi in gran senso. Se il pane è l’alimento principale per la vita, la ricreazione è necessaria, e la nazione pensa per tutti e due. Gli americani del secolo decimonono avevano la disgrazia di non prendersi pensiero nè dell’uno, nè dell’altro; anche se allora gli uomini avessero avuto maggior agio, credo che sarebbero stati impacciati sul modo d’impiegare il tempo piacevolmente; e noi invece non ci troviamo mai in simile caso».