L'ippocondriaco/Parte II

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Parte II

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Parte I Nota storica
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PARTE SECONDA

SCENA PRIMA.

Melinda sola, da Sensale da matrimoni.

Eccomi alfin ridotta,

Infelice Melinda, a mal partito.
Or sì che tornerei,
Benchè pien di difetti1, a mio marito.
Non avea finalmente
Il vitto a mendicar. Casa civile,
Abiti da par mio non mi mancavano,
La mia fatica alfin non era molta.
Infelice Melinda! Oh fui pur stolta!
Sotto mentite spoglie
Forzata sono a guadagnarmi il pane
Con il mestier 2 scabroso
D’onorato sensal da matrimoni.
Il frutto ch’io ne cavo
Son le maledizion de’ maritati.
Quando incontrano male,
Tutte le imprecazion vanno al sensale.
Ma veggo, s’io non fallo,
Il mio pover Ranocchio. Oh se potessi
Con lui pacificarmi!
Se non sapessi amarlo,
Vorrei fingerlo almen. Non è difficile
Il finger a noi donne. Eccolo; intanto
Mi ritiro: chi sa! Due lacrimette
Formano al cuor dell’uomo un grand’incanto.

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SCENA II.

Ranocchio e delta.

Ranocchio. Qui giace il prestantissimo

Ranocchio infelicissimo
Che ucciso fu per suo destin maledico,
Non so ben se dal male, ovver dal medico.

Ecco il bell’epitafio
Che imprimer destinai sul mio sepolcro;
Serva ad altri d’esempio il caso mio:
Intendami chi può, che m’intend’io3.
Oh destino fatale!
Dovrò morir senza consorte a lato!
Se l’ingrata Melinda
Non m’avesse tradito, avrei con essa
Finiti i giorni miei. Ma la crudele
Che morto mi volea, no, più non voglio;
Fatt’è il divorzio, e d’ogn’amor mi spoglio.
Melinda.   V’è nessun che abbia desio
  (Di provar tormenti e doglie)?
  V’è nessun che brami moglie?
  (Che mestier meschino è il mio!)
Ranocchio. Amico, in fede mia
Voi spacciate una buona mercanzia!
Melinda. Vi piacela, 4 signor?
Ranocchio.   Non so che dirvi!
Mi piace, e non mi piace.
Vorrei, e non vorrei,
Ma temo di far male i fatti miei.
Melinda. (Vuò scoprir la sua mente). Io per le mani
Ho partiti eccellenti
Di donne ricche e belle,

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Dì giovani, di saggie e di prudenti.

Ranocchio. Piano, piano, di grazia.
Di prudenti? ah ah, siete pur tondo!
Melinda. Perchè, perchè?
Ranocchio.   Ve ne son poche al mondo.
Melinda. E pur ne’ dì passati
Una ne maritai così prudente,
Che per non dar incomodo al marito,
Si fa servir da un cavalier compito.
Ranocchio. Che prudenza gentil! Ma voi al certo
Farete gran denari.
Melinda.   Oh v’ingannate;
Appena, appena vivo.
Ranocchio.   E pur si fanno
Cotanti matrimoni!
Melinda.   È vero, è vero,
Ma non sono i sensali oggi in concetto.
Da certe donnicciuole
S’usurpa il nostro lucro, il modo facile
Delle conversazion, dei balli e giuochi,
Oggi con pulizia
Fa i matrimoni senza sensaria.
Ranocchio. Oh cosa mi narrate! Io che non pratico,
A una tal novità rimango estatico.
Melinda. Siete voi ammogliato?
Ranocchio.   Il fui pur troppo.
Melinda. Ed or?
Ranocchio.   Fatt’ho divorzio.
Melinda. Perchè?
Ranocchio.   Perchè la mia cara consorte
Volea per carità darmi la morte.
Melinda. Dunque libero siete?
Ranocchio.   Signor sì,
Ma sono stanco ormai di star così.
Melinda. Volete maritarvi?

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Ranocchio.   Oh se trovassi

Qualche buona occasion!
Melinda.   (Fortuna, aiuto!)
La volete voi bella?
Ranocchio.   Oibò, pensate!
Avrei poco giudizio
A ricever in casa un precipizio.
Melinda. Dunque brutta?
Ranocchio.   Nemmeno.
Saria troppo schifosa.
Melinda. Giovine?
Ranocchio.   Saria vana.
Melinda. Ricca?
Ranocchio.   No, che saria troppo orgogliosa.

          La voglio di volto
               Nè brutto, nè bello,
               Ma che abbia cervello.
               Nè troppo vecchia,
               Nè troppo giovine,
               Nè troppo ricca,
               Nè troppo povera.
               Già m'intendete,
               Così e così.

Melinda. Ditemi in cortesia,

Vostra moglie chi fu?
Ranocchio.   Certa Melinda...
Melinda. Melinda?
Ranocchio.   Sì signor.
Melinda.   Io la conosco.
Ranocchio. Per verità l’amai quanto me stesso.
Mi chiamavo felice
Nella sua compagnia; già destinava
Lasciarla erede universal del mio.
Melinda. (Erede universale? ahi, che ho fatt’io?)
Ranocchio. Mi piaceva il suo volto,

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Le sue maniere, il suo parlare...

Melinda.   E poi
Così l’abbandonaste?
Ranocchio. Mi volea avvelenar.
Melinda.   Forte ragione
Violentata l’avrà.
Ranocchio.   No, v’ingannate.
Melinda. Vostro è l’inganno.
Ranocchio.   Oibò.
Melinda.   Dunque ascoltate:
Alla riva del fiume, ove più schiette 5
Corron l’acque tranquille,
Vezzeggiando coi luzzi e con l’anguille,
Oggi appunto s’udì
L’infelice Melinda a dir così:
Dolce Ranocchio mio, qual pan di zucchero,
Cor mio, fegato mio, mie care viscere,
Morirò senza te! Già il cor mi palpita,
Sento che dal dolor mi viene il vomito,
Almen queste mie lagrime
La colpa scancellassero,
Che ti rese ver me qual can tricerbero.
Ranocchio. Ahi mi viene il mio mal! non più, tacete.
Che sudor! che tremor!
Melinda.   (Vien nella rete).
Indi così dicea: Se Giove, o Venere,
Mi facesse rimettere
Nella grazia del mio Ranocchio amabile,
Sarei obbedientissima,
E fedel gli sarei più di Proserpina.
Ranocchio. Morirò, creperò, se seguitate.
Melinda. Or quest’ultime sue voci ascoltate.
  Ranocchio mio bellissimo,

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     Io non ti vedrò più.
     Uh uh uh uh uh uh! (mostra di piangere
     Consorte mio carissimo,
     L’idolo mio sei tu.
Se ti vedessi
     Meco placato,
     Idolo amato,
     Giubilerei,
     E non vorrei
     Pianger mai più.

Ranocchio. Dove si può trovar quest’infelice?

Amico, per pietà, se lo sapete,
Additatela a me.
Melinda.   Poscia trovata,
Che farete di lei?
Ranocchio.   Vuò ripigliarla.
Melinda. Non vi credo.
Ranocchio.   Lo giuro.
Melinda. Qual giuramento?
Ranocchio.   Udite che scongiuro!
Se non sono a Melinda un buon marito,
Prego il Cielo di perder l’appetito.
Melinda. La volete veder?
Ranocchio.   Sarò contento
Se il Ciel me la concede.
Melinda. Ecco dunque Melinda al vostro piede.
Ranocchio.   Come?...
Melinda. Di già pentita
Del mio commesso error, vi chieggo in dono
Dalla vostra pietà grato perdono.
Ranocchio. Voi dunque in riva al fiume...
Melinda.   Io piansi tanto
Che la luce perdei quasi degli occhi.
Mi volevo annegar; poscia pensai,
Ch’era brutta la morte e tralasciai.

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Ranocchio.   Che pensate di far?

Melinda.   Sarò obbediente.
Ranocchio.   Qualche trama novella io già prevedo.
Melinda.   Vi giuro fedeltà.
Ranocchio.   No, non ti credo.
Melinda.   Non mi credi! oh Dio perchè?
  Volta, o caro, gli occhi a me
  Son quell’io che tanto amasti:
Ranocchio.   No; sei donna, e tanto basti.
Melinda.   Dunque, crudele,
  Vuoi la mia morte?
Ranocchio.   Fosti infedele
  Col tuo consorte.
Melinda.   Per quei soavi amplessi
  Per quel sì dolce amore...
Ranocchio.   (Oimè, oimè il mio core!)
Melinda.   Che nostra gioia fu...
Ranocchio.   (Oimè non posso più!)
Melinda.   Mio bel sol, non dir di no.
Ranocchio.   (Più non resisto, no).
Melinda.   Guardami almeno.
Ranocchio.   Ti stringo al seno.
Melinda.   È fatta la pace?
Ranocchio.   È fatta, sì sì6.

Melinda. a due Risplenda la face
Ranocchio Più lieta così.


Fine dell’Intermezzo.


Note

  1. Nelle Stampe del Settecento: difetti.
  2. Nella prima stampa e nell’ed. Tevernin: mistier.
  3. Petrarca: canz. Mal non vo’ più cantar com’io soleva, str. II, v. 2.
  4. Così in tutte le edizioni.
  5. Così Zatta. Nella prima stampa: chette.
  6. Nella prima stampa e nell’ed. Tevernin si legge soltanto: Sì sì.