La bbriscola
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LA BBRISCOLA.[1]
Sette de coppe? Ammazza,[2] Margherita. —
Nun posso. — Passa un carico.[3] — D’uetta.[4] —
Ma ddunque in mano cosa ciai? puzzetta? —
Cosa ciò! cciò una briscola vistita.[5] —
E nemmanco pòi mette una miggnétta?[6] —
Ôh, inzomma io vado lisscio,[7] ecco finita. —
E accusì avemo perzo la partita. —
Cosa te sciò da fà co’ sta disdetta? —
Sù, mmostràmo le carte.[8] Eh, un bèr tesoro!
Un fante! Ebbè? che tté ne fai, sorella?[9]
Ciànno asso, tre e rre:[10] sso’ ttutte lòro.
E sséguita a ddurà la svenarella![11]
A bbaiocc’a bbaiocco, pe’ ddio d’oro,
Ggià sso’ ar papetto.[12] È una gran porca jjella![13]
27 febbraio 1847.
Note
- ↑ [In quattro e, come la chiamano i Toscani, chiacchierina.]
- ↑ [Superalo. E, s’intende, che cosi questo ammazzare (il quale s’usa in tal senso anche in Toscana), come ogn’altro vocabolo e modo adoperati nel presente sonetto, appartengono tutti al linguaggio tecnico della briscola. Sonetto maraviglioso, vorrei aggiungere, se non fossi sicuro di far torto a troppi altri.]
- ↑ [Un pezzo grosso, cioè un asso o un tre.]
- ↑ [D’uvetta. E vuol dire, con dispetto, che non ce l’ha.]
- ↑ [Cioè: “figurata.„]
- ↑ [Una briscolina.]
- ↑ [Gioco una carta che non vale nulla, e non fa nè caldo nè freddo.]
- ↑ [Perchè all’ultima mano i due compagni si mostrano vicendevolmente le carte.]
- ↑ [Qui vale: “cara mia, amica mia, ecc.„]
- ↑ [Cioè, le briscole più grosse, sicchè il fante resta ammazzato.]
- ↑ [Il dover pagare poco per volta, ma continuamente.]
- ↑ [Il papetto, poco più della lira nostra, si divideva in venti baiocchi.]
- ↑ [Disgrazia ostinata.]