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La capitana del Yucatan/29. L'ultima corsa

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29. L'ultima corsa

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28. L'inseguimento 30. Attraverso la flotta americana
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CAPITOLO XXIX.


L’ultima corsa.


Quella piccola baia perduta in mezzo all’inestricabile agglomeramento d'isolotti e di scogli, era assai pittoresca.

Quel bacino somigliava ad un laghetto di cinque o seicento metri di circonferenza o per lo meno ad un fiord, della Novergia. Le sue acque, trasparenti come il cristallo, che lasciavano vedere il fondo della baia, colle sue rocce subacquee, i suoi banchi, i suoi boschetti di alghe, erano perfettamente tranquille come se le maree non riuscissero a far sentire la loro influenza fra quei tortuosi canali che mettevano capo in quel luogo.

Al sud lo riparavano alte scogliere, tagliate quasi a picco e brulle; al nord invece un isolotto montagnoso, ma dalle spiagge dolci e coperte da splendidi palmizi, da cedri, da aranci selvatici, da acacie e da folti cespugli di superbe orchidee le quali specchiavano i loro bellissimi fiori nelle acque della baia.

Pareva che nessun essere umano si trovasse in quei paraggi, non vedendosi nè alcun canotto, nè alcuna capanna. Abbondavano invece gli uccelli marini, i fiammanti dalle ali orlate d’una striscia fiammeggiante che spiccava vivamente sulle bianche penne; i corvi di mare, le procellarie, i rondoni marini, le anitre, i tantali verdi e non poche ibis bianche le quali, allineate sulle rive, ritte sulle loro lunghe gambe, stavano immobili, guardando stupidamente la piccola nave.

Calato un’àncorotto anche a poppa, Cordoba e mastro Colon si erano affrettati a issarsi sulle crocette dell’albero maestro per farsi un concetto esatto del paese circostante e per vedere se di lassù potevano scoprire la torpediniera, la sola che potesse inoltrarsi nel pericoloso labirinto.

L’altezza delle rupi non permise loro di spingere gli sguardi molto lontani, però verso il sud scorsero nettamente una nuvola di fumo ondeggiare sul luminoso orizzonte.

— L’incrociatore è là, — disse Cordoba. — Si è arrestato presso l’imboccatura del canale.

— E la torpediniera ove sarà andata? — chiese il mastro, che [p. 253 modifica]era salito sopra la crocetta. — Non riesco a scorgerla in alcuna direzione.

— Forse sarà andata ad attenderci verso il nord, vecchio mio. Probabilmente credeva che noi fossimo così sciocchi da attraversare il labirinto per poi farci torpedinare alla nostra uscita da questo canale.

— Credete che tenterà d’avvicinarsi?...

— Lo sospetto, Colon.

— La cannoneggeremo se si mostrerà.

— E cercheremo di picchiar sodo, mio caro.

— Aspettiamo questa sera, poi faremo rotta per Santiago. —

Contrariamente ai timori di Cordoba, la giornata trascorse tranquilla. Nè l’incrociatore, nè la torpediniera osarono avventurarsi in quel labirinto d’isole, certi forse di aver bloccata la piccola nave e di essere in grado di respingerla se avesse tentato di uscire in mare.

Appena però calata la sera, Cordoba e la marchesa, che avevano fretta di giungere a Santiago, diedero il comando di attivare i fuochi, decisi a prendere il largo non ostante la presenza di quei due pericolosi avversari.

Il tempo, che fino allora si era mantenuto buono, minacciava di cambiarsi.

Già poco prima del tramonto un violento acquazzone era caduto ed al largo aveva cominciato a soffiare, con molta violenza, il vento del sud.

Cordoba e la marchesa, dopo essersi assicurati che il canale era sgombro, verso le dieci della sera davano il comando di abbandonare la piccola baia.

Il tentativo era ardito e pericolosissimo. Certamente nessun’altra nave avrebbe osato attraversare quel pericoloso labirinto, con quell’oscurità che non permetteva di distinguere le scogliere lontane quindici o venti passi. Un colpo di barra, uno scandaglio inesatto, un ritardo qualsiasi del timone od un colpo d’elica di più, sarebbero stati bastanti per arenare la nave o per sventrarle la carena sulle punte rocciose che sorgevano dovunque.

Cordoba non staccava gli occhi dalla bussola e dalla carta del canale da lui esattamente rilevata e guidava la nave con una calma ed una sicurezza straordinaria, nondimeno non sapeva nascondere le sue inquietudini e ripeteva sempre:

— Attento Colon!... Scandaglia!... Bada a babordo!... Deve esservi un banco a tribordo!... Attento!... —

Ad un tratto, malgrado tutte quelle attenzioni, a prora avvenne un urto che si ripercosse fino a poppa.

— Mille pesci-cani!... Stop!... — gridò Cordoba.

La marchesa era diventata pallida.

— Colon!... — gridò.

— Abbiamo investito su di un banco ma non sarà nulla — rispose il mastro. [p. 254 modifica]

— Indietro!... — comandò Cordoba.

Le due eliche turbinavano già in senso contrario. L’Yucatan rimase per alcuni minuti immobile, poi sotto la ruota di prora si udirono degli scricchiolii di buon augurio, poi si staccò bruscamente dal banco, indietreggiando rapidamente.

— Avanti!... — gridò la marchesa. — Macchinista, rallenta presto!... Abbiamo una scogliera a poppa! —

L’Yucatan arrestò la sua marcia indietro e s’inoltrò nel canale, procedendo sempre più cautamente, crescendo gli ostacoli.

Erano circa le dieci, quando cominciarono a udirsi i fragori delle onde che annunciavano la vicinanza del mare. Cordoba fece arrestare la nave e fece mettere in acqua la baleniera, non osando cacciarsi innanzi senza far scandagliare il fondo.

L’oscurità era allora così profonda che le piccole scogliere non si potevano discernere e poi il bravo tenente non si era ancora spinto fino a quel punto per essere certo della direzione del canale e della profondità delle acque.

Colon e quattro marinai scesero nella baleniera e si misero a precedere l’Yucatan, segnando la via che doveva tenere.

I fragori prodotti dalle ondate nel rompersi contro le scogliere del labirinto, aumentavano d’intensità di minuto in minuto.

— Cordoba, — disse ad un tratto la marchesa. — Vedi nulla al largo?

— No, — rispose il tenente.

— Mi è sembrato d’aver scorto un punto luminoso.

Carrai! — borbottò il tenente. — Che l’incrociatore batta il mare al largo delle scogliere? Mandate un gabbiere sulle crocette, donna Dolores. —

Un marinaio salì lestamente sulle griselle e giunto sulle crocette dell’albero maestro guardò attentamente verso l’est, poi verso il sud-est.

Fra gli sprazzi spumeggianti delle onde che si vedevano stendersi come bianchi lenzuoli agitati dal vento gli parve di distinguere un punto luminoso che ora appariva e che ora spariva. Supponendo che fosse il fanale bianco dell’incrociatore il marinaio si arrampicò fino al pomo e distinse per un istante, al di sotto del fanale bianco, due altri punti luminosi, uno rosso ed uno verde.

— L’incrociatore è laggiù, — mormorò. — Deve esservi mare molto forte al largo. —

Ridiscese prontamente ed avvertì la Capitana e Cordoba di quanto aveva veduto.

— Si trova al sud-est, — disse la marchesa. — Allora non ci prenderà più.

— Se si accorgerà della nostra uscita gli mancherà il tempo per correrci addosso, — mormorò Cordoba. — Ohe!... Le onde cominciano!... Bisogna richiamare a bordo la baleniera o si frantumerà fra le rocce. Ehi, Colon!... [p. 255 modifica]

— Signor Cordoba!... — gridò il mastro.

— Beccheggia la baleniera?

— Si mantiene a galla per miracolo.

— A bordo, vecchio mio! —

La scialuppa, che faticava assai a tirare innanzi in causa dei marosi che irrompevano nel canale sfasciandosi con grande impeto contro le scogliere e provocando delle contro-ondate formidabili, tornò rapidamente indietro e venne prontamente issata sulla grue di babordo, poi l’Yucatan riprese la marcia innanzi, sempre con estrema prudenza.

La lotta contro i marosi cominciava. Enormi cavalloni s’avanzavano fra le due linee di scogli, come destrieri sbrigliati, muggendo paurosamente e mostrando le loro creste irte di candida spuma.

Giungevano gli uni dietro agli altri, accartocciandosi, rincorrendosi, accavallandosi, frangendosi con mille fragori. Trovando dei banchi, sbalzavano per sorpassarli, lanciando innanzi dei giganteschi sprazzi di spuma che si distendevano rapidamente, poi si ritraevano trascinando con loro, con un fracasso strano, le ghiaie ed i pezzi di rupe che si erano accumulati alla base delle scogliere.

L’Yucatan si avanzava impavido in mezzo a quella distesa di spuma quasi fosforescente, procurando di mantenersi in mezzo al canale. Colon e tre altri marinai sondavano incessantemente a prora, per accertarsi della profondità dell’acqua.

Doveva essere la mezzanotte quando la nave, dopo d’aver lottato vivamente contro le onde che l’assalivano a prora con estrema violenza, si trovò fuori da quelle pericolose scogliere. Il mare libero si estendeva finalmente dinanzi ad essa, ma era pure un mare tempestosissimo, forse non meno pericoloso delle scogliere e dei bassifondi.

Colà i marosi, non più imprigionati fra le rive del canale, si scagliavano innanzi all’impazzata, con cieco impeto, con mille paurosi muggiti, sferzati incessantemente dai furiosi colpi di vento di levante, i quali sollevavano delle vere cortine d’acqua.

In mezzo al cupo rimbombo dei tuoni, ai fischi delle raffiche ed al cozzar delle onde, si udì la voce della Capitana a gridare:

— Ingegnere, a tutto vapore!... —

Poi, dato quel comando, l’intrepida donna si appressò a Cordoba, dicendogli:

— Ora a me la ruota, amico!... Voglio guidare io il mio Yucatan!...

— Il mare è tremendo, donna Dolores, — rispose il lupo di mare.

— Sono tua allieva e come tale non lo temo.

— Balza a bordo, donna Dolores.

— Me ne rido delle onde, Cordoba. A me la ruota!... Bada all’americano tu!... [p. 256 modifica]

— È laggiù!...

— Dove?

— Guardate i suoi fanali verso l’est.

— C’insegua, se può!... Avanti!... —

L’Yucatan aveva ripreso lo slancio e correva rapido come un lampo, sforzando impetuosamente le onde che lo assalivano a prora, balzando perfino in coperta.

Fuggiva verso la vasta baia di Buena Esperanza, descrivendo un ampio semicerchio per evitare l’agglomeramento d’isole e di scogliere che penetra, come un cuneo, entro quella grande insenatura.

Il mare lo investiva da ogni parte, ma cosa importava? La piccola nave se ne rideva dei marosi e della furia del vento. Balzava intrepidamente innanzi con velocità vertiginosa, avendo ormai raggiunti i suoi ventisei nodi, tagliando le onde coll’acuto sperone le sormontava quando erano troppo grosse, per poi scendere audacemente negli avvallamenti.

Investita incessantemente a prora, beccheggiava disperatamente, imbarcando torrenti d’acqua i quali poi si precipitavano verso poppa, correndo come una fiumana impetuosa. Ora invece, sollevata per di sotto, tuffava il bompresso nelle creste spumeggianti e la poppa si trovava nel vuoto, lasciando scoperte, per alcuni istanti, le eliche.

In mezzo a quei trabbalzi disordinati ed a quell’uragano d’acqua, la marchesa conservava una calma ammirabile, degna del più intrepido lupo di mare. Aggrappata alla ruota del timone, riparata nella piccola torre che la metteva in parte al coperto dalle onde, guidava audacemente la sua valorosa nave, lottando con animo virile.

La sua voce, calma e squillante, risuonava di tratto in tratto per dare qualche comando a Cordoba il quale si affrettava a farlo eseguire.

Alle tre del mattino l’Yucatan, che aveva divorata la via senza posa, si trovava già al sud della vasta baia, nei pressi del canale di Balandras. Colà il mare era meno tempestoso, essendo riparato dalla costa cubana, che in quel luogo descrive una specie di angolo assai acuto, che per vertice ha il capo della Cruz.

— Cordoba, — disse la marchesa. — Dove ci arresteremo noi? Santiago non è lontano più di centocinquanta miglia. Fra sei o sette ore noi possiamo giungervi.

— Fuggiamo verso Manzanillo, donna Dolores, — rispose il tenente.

— E se colà si trovano delle navi americane?

— Andremo a trovare rifugio alla foce del Canto per attendere la notte. Questa sera, con una rapida marcia, noi saremo a Santiago. [p. 257 modifica]I Rough riders, bersagliati di fronte e caricati sul fianco, non resistono... [p. 259 modifica]

— Andiamo alla foce del Canto, — rispose la marchesa. — Domani noi andremo a sbarcare il nostro carico a Santiago e la nostra missione sarà finita.

— Sì, se Dio ci proteggerà, — concluse Cordoba.