La capitana del Yucatan/8. In mezzo alle navi americane

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
8. In mezzo alle navi americane

../7. L'insurrezione cubana ../9. Una spedizione a terra IncludiIntestazione 6 ottobre 2019 75% Da definire

7. L'insurrezione cubana 9. Una spedizione a terra

[p. 63 modifica]

CAPITOLO VIII.


In mezzo alle navi americane.


Al grido di mastro Colon, annunciante forse un nuovo pericolo, la Capitana e Cordoba si erano vivamente alzati, guardando sopra i margini della piccola torre che proteggeva la ruota del timone, mentre l’equipaggio, che si trovava coricato lungo le murate, balzava in piedi come un solo uomo, coi fucili in mano.

Una massa nera che appena si discerneva fra la fitta oscurità e di proporzioni enormi, correva rapidamente sul mare, seguendo da presso la piccola nave contrabbandiera.

Cosa fosse, era impossibile il saperlo in causa delle tenebre; dalle sue dimensioni però doveva trattarsi d’un grande incrociatore o di qualche grossa corazzata.

Nessun fanale brillava a bordo, né sull’albero di trinchetto, nondimeno dai fumaiuoli si vedevano ad intervalli, uscire, e volteggiare rapidamente in aria, delle scorie che brillavano come piccole stelle.

— Mille balene!.. — esclamò Cordoba. — Da dove è uscita quella nave?

— Che si fosse posta in agguato presso la costa?... — chiese la marchesa.

— È probabile, donna Dolores.

— Che ci abbia scorti?...

— Mi sembra che ci corra addosso.

— Se questa è la sua intenzione, noi la faremo correre.

— Ed arenare sui banchi, — rispose il lupo di mare. — A me la ruota, donna Dolores.

— Bada di non mandarci sulle sabbie.

— Non temete; conosco l’isola forse meglio delle coste del Yucatan. [p. 64 modifica]

— Appena puoi, cacciati nella baia.

— Fra tre ore ci saremo. Macchinista!... A tiraggio forzato!... Bisogna correre più che si può o qui cadrà del ferro!...

In quell’istante mastro Colon si fece innanzi, dicendo alla marchesa:

— La nave che ci dà la caccia è a buon tiro, Capitana ed il pezzo è carico. Devo far fuoco?...

— Non ancora, vecchio mio. Sii pronto e quando te lo dirò picchia sodo e ben diritto.

— Tirerò sul ponte, signora, così eviterò che la palla si frantumi contro la corazza.

L’yacht, che fino allora aveva tenuto una velocità di sedici a diciassette nodi, per tema di andare ad urtare contro le pericolose scogliere che circondano il capo Sant’Antonio, accelerava.

La piccola nave, guidata da Cordoba, scivolava in mezzo ai banchi e sopra i bassifondi con una sicurezza meravigliosa. Una leggera nube di fumo sfuggiva attraverso la ciminiera, mentre le macchine, scaldate a bianco sotto il calore infernale sprigionantesi dai forni, muggivano, facendo fischiare le valvole.

Il vascello segnalato vedendo quel piccolo legno a fuggire e aumentare la velocità, doveva aver riattivati anch’esso i suoi fuochi, poiché per qualche po’ la distanza si mantenne eguale.

— Ah!... — disse Cordoba, sogghignando. — Vuole venirci addosso o starci da vicino fino allo spuntare dell’alba?... Ebbene, mio caro, vedremo se colla tua pesante corazza sarai capace di darci la caccia.

— Bada ai banchi, Cordoba, — gli disse la marchesa. — Tu mi fai paura e temo, da un istante all’altro, di vedere il mio Yucatan sventrato dalle scogliere.

— Non abbiate timore, donna Dolores. Sarà la corazzata che noi manderemo ad arenarsi.

— Vedo il mare rompersi intorno a noi.

— Corriamo fra i banchi.

— Un colpo di barra mal dato può perderci.

— È vero, ma non lo darò, — rispose Cordoba, con una incrollabile fermezza.

Ad un tratto un lampo ruppe le tenebre seguìto da una fragorosa detonazione, che si ripercosse lungamente fra le scogliere.

Cordoba e la marchesa ascoltarono, credendo di udire il rauco fischio di qualche proiettile; nulla udirono.

— Colpo in bianco — disse Cordoba.

— Macchinista!... — gridò la marchesa. — Abbiamo raggiunta la massima velocità?...

— Sì, signora: venticinque nodi e otto decimi.

— Alimentate sempre i fuochi. —

La distanza che separava le due navi aumentava di minuto in minuto. Quella grande nave, resa pesante dalla sua corazza, dalle [p. 65 modifica].... sul margine opposto della foresta un uomo che stava immobile ad osservarlo. [p. 67 modifica]sue torri e dalle sue numerose artiglierie, non poteva assolutamente gareggiare con quel piccolo e leggero yacht, dotato di macchine così poderose.

Con tutto ciò l’Yucatan non era ancora fuori di tiro. Poteva ricevere in pieno ventre qualcuno di quegli enormi proiettili, che aprono delle falle assolutamente irreparabili per le navi e che poteva far scoppiare le casse delle cartucce le quali occupavano buona parte della stiva del yacht.

Cordoba sapendo che dopo il colpo in bianco, le navi da guerra lanciano senza misericordia masse di ferro e granate, con una mossa abile aveva lanciato l’Yucatan in uno stretto canale fiancheggiato da alte scogliere, e dove sapeva esservi così poca acqua, da non permettere l’accesso ad un vascello di forte tonnellaggio.

L’yacht aveva appena percorsi trecento metri, quando echeggiò una seconda detonazione.

In aria si udì il sibilo d’un proiettile, seguìto da uno scoppio fragoroso. La punta d’una scogliera che si trovava diritta verso l’asse della piccola nave, frantumata da una granata, diroccò lanciando in mare dei massi enormi.

— Era tempo!... — esclamò Cordoba. — Un istante di ritardo e quel ninnolo ci piombava sul ponte, ma... —

La sua voce, fu coperta da un gridìo assordante, che si udiva a echeggiare a bordo del vascello da guerra. Si urlava, si impartivano dei comandi, si bestemmiava.

La marchesa e mastro Colon erano balzati sulla murata, aggrappandosi alle grue della scialuppa, per vedere ciò che succedeva al di là delle scogliere.

Un grido di gioia sfuggì ad entrambi.

La luna, che in quel momento era riapparsa fra uno strappo delle nuvole, aveva loro permesso di vedere il grosso vascello da guerra piegato sul babordo e perfettamente immobile. Nella sua cieca corsa si era cacciato nel canale, credendo di trovarvi pure acqua sufficiente ed era andato a cacciare lo sperone nel bel mezzo d’un banco di sabbia.

— Arenata?... — chiese Cordoba che aveva lasciata la ruota ad un mastro timoniere.

— E’ ferma — rispose la marchesa.

– Ero certo che sarebbe caduta nell’agguato. Ah!... Credevano di mandarci a picco?... Non è ancora giunto il momento di andare a tenere compagnia ai pesci. —

Numerose detonazioni rimbombarono in quell’istante a bordo del vascello. Erano i cannoni a tiro rapido e le mitragliatrici che facevano udire la loro voce, scagliando in direzione del yacht una grandine di proiettili. Ormai però era troppo tardi per arrestarlo.

L’Yucatan, che aveva raggiunta la massima velocità, filava come una freccia attraverso il canale, passando fra due alte file [p. 68 modifica]di scogliere che lo mettevano al coperto contro qualsiasi scarica.

Il vascello da guerra, immobilizzato sui banchi, lanciò in aria alcuni razzi per richiamare l’attenzione di qualche nave che si fosse trovata al largo e fors’anche per segnalare la presenza di quel piccolo legno sospetto. Non ottenne alcun risultato, poichè sull’orizzonte non si vide alcuna risposta.

— Sempre a tutto vapore!... — gridò Cordoba, che si stropicciava allegramente le mani. — Se il diavolo non ci mette la coda, fra un’ora e mezza noi saremo al sicuro nella baia di Corrientes.

— Purchè non accorra qualche altra nave a sbarrarci la via.

— Nessuna nave ha risposto ai segnali del vascello, quindi vuol dire che non ve ne sono al largo.

— E la Cushing?

— Chissà ove sarà andata. Forse si sarà recata a visitare la baia della Guadiana, al nord del capo Sant’Antonio. Ehi, timoniere! Lascia a me la ruota; conosco la costa meglio di te. —

Cordoba s’affrettò a ritornare a poppa e si mise alla direzione dell’yacht, mentre la marchesa si portava a prora con mastro Colon.

L’Yucatan intanto continuava a divorare la via, filando sopra i banchi di sabbia ed in mezzo alle scogliere, tenendosi a circa mezzo miglio dalla costa cubana.

La luna fortunatamente, essendo uscita del tutto dalle nubi, permetteva a Cordoba di distinguere perfettamente i pericoli e di scorgere a tempo le lingue di sabbia staccantesi dalla costa, contro le quali rompevasi il mare rumoreggiando.

Alle 6 del mattino, la Capitana e mastro Colon, che non avevano abbandonato il castello di prora, scorsero verso l’est, ad una distanza di tre o quattro miglia un punto luminoso che pareva brillasse a fior d’acqua.

— Una nave? — chiese la marchesa.

— No — rispose il mastro. — Quel lume, se non m’inganno, mi sembra immobile.

— Qualche fanale allora?...

— Dobbiamo già trovarci nelle acque della baia a quest’ora.

— Ehi, Cordoba, ove siamo?

— Nella baia, donna Dolores — rispose il lupo di mare.

— Abbiamo un fanale dinanzi a noi.

— L’ho veduto: indica la costa.

— E continuiamo questa corsa?

— No, donna Dolores. Macchinista! Basta! A sei nodi o andremo ad infrangerci. —

Pochi minuti dopo quell’ordine, l’yacht rallentava la sua velocità, avanzandosi con precauzione nelle acque della baia, la quale forma una vasta insenatura semi-circolare, fiancheggiata da paludi coperte da folti paletuvieri.

Il lume segnalato non era lontano che qualche miglio. Pareva [p. 69 modifica]un fuoco acceso sulla spiaggia o su qualche isolotto per attirare forse l’attenzione di qualche nave.

La marchesa si era affrettata a raggiungere Cordoba, il quale non aveva abbandonata la ruota del timone, premendogli di condurre l’yacht in un ancoraggio che egli conosceva.

— Che quel fuoco sia stato acceso dagli uomini mandati dal maresciallo Blanco? — chiese la marchesa.

— È probabile, donna Dolores.

— Come dobbiamo segnalare la nostra presenza?

— Con un razzo azzurro, mi ha detto il segretario del console.

— E devono rispondere?...

— Accendendo sulla spiaggia tre fuochi.

— Facciamo il segnale, Cordoba ed arrestiamo l’Yucatan.

Un marinaio andò a prendere un razzo, poi ad un comando della marchesa lo accese, lanciandolo orizzontalmente, onde scoppiasse vicino alla spiaggia.

La linea di fuoco fendette rapidamente le tenebre con un leggero sibilo, poi scoppiò rumorosamente, lanciando all’intorno miriadi di scintille d’un azzurro scintillante.

La marchesa, Cordoba e mastro Colon, raccolti sul castello di prora, fissarono ansiosamente gli sguardi sul lumicino che continuava a brillare a fior d’acqua, là dove si vedeva estendersi una linea oscura, formata probabilmente dal margine estremo di qualche foresta.

Passarono alcuni istanti di trepidante curiosità. Anche l’intero equipaggio si era affollato a prora e non staccava gli sguardi dalla costa.

Ad un tratto si vide il punto luminoso a muoversi come se corresse lungo la spiaggia, poi si vide scintillare una fiamma che si alzava rapidamente, prendendo delle proporzioni gigantesche, quindi una seconda più lontana e dopo pochi minuti una terza.

— Il segnale! — gridò la marchesa, con accento di trionfo. — Amici miei, fra poche ore noi avremo sbarcato il carico a dispetto delle navi del commodoro Sampson.

— Mercè la vostra audacia ed abilità, signora — disse mastro Colon. — Viva la nostra Capitana!...

Un grido solo irruppe dai robusti petti dei marinai.

— Viva la Capitana!...

— Grazie, miei bravi — rispose la marchesa, mentre le sue gote s’imporporavano. — Cordoba, conduci l’Yucatan alla costa.

— A piccolo vapore, macchinista! — gridò il lupo di mare. — Sii pronto a fermare al primo segnale!...

L’yacht si era rimesso in marcia, molto lentamente, poichè Cordoba sapeva che quell’ampia baia era cosparsa di banchi pericolosi ed anche di non poche scogliere a fior d’acqua, contro le quali poteva urtare la chiglia.

La costa cominciava allora a delinearsi, essendo già vicina [p. 70 modifica]l’alba. Era una terra bassa, ingombra di piante dal ricco fogliame e descriveva un immenso semicerchio dal sud al nord, con un gran numero di insenature che pareva s’inoltrassero assai entro terra.

Cordoba che teneva gli occhi sempre fissi sulla bussola, guidò l’yacht verso una di quelle aperture, volendo certamente trovare un asilo sicuro che mettesse la piccola nave al coperto da qualsiasi sguardo, poi comandò di gettare lo scandaglio.

— Sette piedi!... — gridò un marinaio, ritirando la sonda.

— Benissimo — rispose il lupo di mare. — Ora sono sicuro del fatto mio. —

Il valente pilota accostò la terra lentamente, passando a cinquecento metri dai tre falò che stavano per ispegnersi, poi guidò l’Yucatan entro una specie di canale che pareva fosse formato dalla foce d’un piccolo fiume, lo risalì per circa duecento metri passando fra due rive coperte di folte piante, quindi comandò di gettare l’àncora e di spegnere i fuochi.

— Ci siamo? — chiese la marchesa.

— Sì, donna Dolores — rispose egli. — Sfido le navi americane a venirci a scovare in mezzo a queste paludi e questi paletuvieri.

In quel momento sulla sponda sinistra si udì una voce robusta gridare:

— Chi vive?...

— Yucatan e Spagna!... — rispose la marchesa.

— Siate i benvenuti — rispose l’istessa voce, che parve avesse un leggero accento ironico.

— Chi siete voi?...

— Un inviato del maresciallo Blanco.

— Fra dieci minuti saremo a terra. —

In quell’istante il sole cominciava a spuntare sull’orizzonte.