La meteorologia applicata all'agricoltura/Parte prima/2/10

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2 - Dei fulmini, e dell'altre meteore ignee

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§. X. Dei fulmini, e dell’altre meteore ignee.

56. Avanti la scoperta dell’elettricismo dell’atmosfera, non s’intendeva in fondo niente della natura e degli effetti del fulmine, e poco più dell’altre meteore. Ora è quasi fuor di dubbio, che il fuoco elettrico è il grande istromento della natura, il principio dell’evaporazione, dei venti e delle procelle, dei terremoti, dell’aurore boreali, e sopra tutto dei fulmini, che non sono altro se non che grosse esplosioni di fuoco elettrico, in tanto che concentrato nell’aria, o nella terra, squarcia i corpi refistenti, per portarli nei deferenti, e mettersi in equilibrio fra due luoghi.

57. Consta, che il fuoco del fulmine, come il fuoco elettrico, segue, a preferenza degli altri corpi, i metalli e i fluidi acquosi; se questi sono interrotti, o limitati, quivi è dove scocca, e fa stragi a proporzione della sua quantità e furia. Gli edifizj, come è già noto, che contengono metalli interrotti, e gli animali, non meno che gli alberi, pieni di fluido rinchiuso in vasi, e membrane resistenti, vanno soggetti all’ingiurie del folgore. Si è trovato mezzo di difendere gli edifizj per via de’ conduttori metallici continuati fino in terra. Quanto agli alberi, quelli che contengono della resina possono in parte difendersi da questo pericolo, come l’alloro, l’olivo, il pino, e simili. È questo forse il fondamento della pratica popolare di tenere nelle case, di porre sulle cime de’ campanili, negli angoli de’ campi, delle rame d’olivo benedetto, e di brugiarne nelle case nei temporali. Gli altri alberi abbondanti di succo acquoso, come i piopi, i mori, le noci, sono più frequentemente colpiti e squarciati dai fulmini.

58. E questi sono i fulmini propriamente detti. [p. 43 modifica]Ma non vi potrebbe essere ancora un’altra specie di fulmini meno rumorosi, delle effusioni meno impetuose di fuoco elettrico, e capaci per tanto di seccare or le foglie, ora i rami, or tutto un albero, or un tratto di erbe, e di biade? Ho sempre udito dire ai contadini, vedendo qualche ramo di vigna seccato, che questo era stato un baleno. Il Sig. Du Hamel parlando delle spiche brugiate in cima, rapporta che secondo l’avviso di molti, questa brugiatura dovea attribuirsi alla vivacità de’ lampi, opinione, aggiugn’egli, che ha acquistato della probabilità, dopo che si son riconosciuti i grandi effetti dell’elettricità sparsa in così grande abbondanza nell’aria in tempo di temporale. Non è necessario, che il fuoco elettrico si scagli sempre conglobato con violenza: può esser meno denso, più diffuso, men violento; come si vede nei fuochi solletti, e lambenti, nei fuochi di S. Ermo, nelle stelle cadenti, nelle aurore boreali. Noi non diciamo fulmine, se non quando vediamo delle squarciature; ma possono farsi dei folgori, che senza fragore si scarichino in rami d’alberi, in un tratto di prato, o di biada, ove si trovano spesso delle chieriche d’erbe disseccate, con del vivo verde intorno, senza vedersene altra ragione. Forse qualche specie di nebbia dipende da questo principio, come il Sig. Du Hamel lo sospettò.

59. Sono questi gli effetti rei de fulmini. Ma non ve ne sarebbe anche di buoni? Crederei di sì. Abbiamo veduto, che la vegetazione non è mai tanto vigorosa che nei tempi piovosi, ineguali, procellosi; e ciò principalmente a cagione dell’abbondanza del fuoco elettrico; abbiamo anche rimarcato l’effetto dell’elettrizzazione sulle piante. La materia del tuono è la stessa che il fuoco elettrico. Questo fluido animatore circola tra la terra ed il cielo, ma la sua principal sorgente è nella terra. La terra dunque ne [p. 44 modifica]resterebbe spoglia, se non lo ricuperasse per mezzo delle meteore, principalmente dei fulmini. I fulmini e i lampi elettrizzano le piante; in oltre portano seco loro altre sostanze, tanto del genere deferente che del resistente. I fulmini dunque, e le meteore ignee, mantengono questa circolazione d’elementi, tanto necessaria per la continuazione delle generazioni terrestri.

60. Che se si volesse ritenere l’antica opinione sulle meteore ignee, che non sieno se non accensioni di materie combustibili, di zolfo, di nitro, e d’altre mescolanze analoghe alla polvere di cannone, come potrebbe essere in varj casi, la loro efficacia per fertilizzare le terre sarebbe ancora più manifesta.

61. Una parola dei Terremoti. Anche questi, e provengano da infiammazioni sotterranee, o da concussioni elettriche, non possono esser indifferenti per le produzioni della terra. Possono almeno aprire nuove vene di esalazioni, o serrarne delle vecchie; ciò che non può farsi senza alterare la costituzione dell’atmosfera, e tutto ciò che ne dipende, sopra tutto la condizione degli animali e de’ vegetabili. Del terremoto succeduto alla Giamaica li 7. Giugno 1692. èdetto, che dopo quell’epoca, la natura vi è meno bella in quell’Isola, il cielo men puro, il suolo men fertile. Forse che al terremoto di Lisbona 1755, che tanto si è dilatato in estensione ed in tempo, dobbiamo noi la stravaganza delle stagioni, la frequenza e stranezza dei temporali, la sterilità della terra, che tutta l’Europa prova dopo quella catastrofe1. [p. 45 modifica]

Abbiamo precorso fin qui tutte le specie delle meteore, e rilevato i loro effetti in generale; passiamo a riconoscer più particolarmente la loro influenza, in quanto dipende dalla distribuzion loro nella successione delle stagioni dell’anno campestre.

Note

  1. Di questa sterilità, che proviamo, indicherò dopo un’altra ragione: ora, perchè, come un dotto Giornalista sembra aver sospettato, non si creda chimerica questa cagione del terremoto, addurrò un fatto, preso dal viaggio di D. Antonio d’Ulloa al Perù Lib. I. cap. VIII.. “Avanti il terremoto arrivato nel 1687. (dice questo dotto Uffiziale) che cagionò tanta rovina alla Città di Lima, le ricolte di formento, e di orzo, erano estremamente abbondanti, e gli abitanti non avevano che fare di farne venir d’altronde: ma dopo questo accidente, il terreno si trovò così alterato, che le semenze di formento marcivano avanti ‬di germogliare; ciò che si attribuisce alla quantità ‬di vapori zolforosi, che erano stati esalati, e alle particelle nitrose, spante sulla terra. Ciò indusse i proprietari de’ campi, divenuti savi a loro spese, d’impiegare le loro terre ad altri usi: si contentarono di seminarvi dell’erba medica, piantarvi delle ‬canne di zuccaro, ed altre specie che riuscivano ‬meglio. Questa sterilità durò 40. anni, e a capo di questo tempo, i lavoratori s’accorsero che la terra si migliorava, sopra di che ricominciarono a seminare come avanti, ma in minor quantità da principio, contentandosi di picciole raccolte; fino a ciò che vedendo la terra ristabilita nella sua prima forza, seminarono e raccolsero, come prima.”