La poesia cavalleresca e scritti vari/Scritti vari/III. Pagine sparse/Il Circolo Filologico di Napoli

Da Wikisource.
III. Pagine sparse - Il Circolo Filologico di Napoli

../Discorsi per le Feste Ariostee a Ferrara ../L' Ideale IncludiIntestazione 26 gennaio 2023 75% Da definire

III. Pagine sparse - Discorsi per le Feste Ariostee a Ferrara III. Pagine sparse - L' Ideale
[p. 301 modifica]

IL CIRCOLO FILOLOGICO DI NAPOLI


Alcuni bravi giovani ed egregi uomini di lettere si proposero di fondare un circolo, a cui diedero il bel nome di «Salvator Rosa», a fine di promuovere e incoraggiare le lettere, com’è detto nello statuto. Il sottoscritto, che essi con consenso unanime si elessero a presidente, pigliando occasione da quell’articolo dello statuto, e volendo ridurre in forma concreta quelle troppo vaghe espressioni, propose ai soci che si facessero promotori di un Circolo filologico, parendogli questo il modo piú acconcio a raggiungere quello scopo. La proposta fu approvata da tutti; e tutti promisero la loro cooperazione.

Ed ora non resta al sottoscritto che dichiarare brevemente il suo concetto.

Il Circolo filologico non è cosa nuova, di cui non si sia fatta ancora esperienza. Fiorisce in Torino, in Milano, in Genova, in Firenze, in Roma, in Palermo, con sezioni in alcuni anche per le signore. La sua base è lo studio delle lingue moderne, istrumenti necessari per entrare in comunione intellettuale con l’Europa civile. Vi si studiano riviste scientifiche e letterarie nelle diverse lingue, e le pubblicazioni piú recenti e piú importanti. Vi si tengono letture e conferenze. E vi si possono aprire sezioni nei diversi rami della cultura, come per artisti e per letterati, e per i cultori della economia, della storia, dell’arte drammatica. Pare al sottoscritto che questa istituzione offra una base abbastanza larga, perché possano unirsi tutti gli uomini colti, qualunque sia la materia dei loro studi. [p. 302 modifica]

Or questo è il bisogno piú vivamente sentito in Napoli: avere una Societá dove sia rappresentata tutta la cultura e l’intelligenza napolitana, e in legame con Societá simili italiane, e in parentela intellettuale con l’Europa. Fra noi c’è troppa dispersione di forze, e perciò nessuna forza; siamo atomi che dobbiamo uscire dal nostro isolamento, e divenire una forza collettiva. Cosi solo vi sará una cultura e una intelligenza napolitana, e si potrá far valere.

A questa istituzione non mancherá di certo il concorso del Governo e delle Autoritá locali, come non è mancato negli altri centri della cultura nazionale.

Napoli può dare un numero grandissimo di soci, e può essa sola risolvere il problema di ottenere i maggiori effetti col miglior mercato. Gli studenti possono parteciparvi con una lira al mese, e agli altri bastano tre lire mensuali, da valere la sottoscrizione degli uni e degli altri per un intero anno. Alle spese d’impianto provvederanno i soci promotori e protettori.

Abbiamo giá parecchie centinaia di sottoscritti. Quando il numero sará tale che dia ragionevole speranza di buon successo, il sottoscritto mediante avviso su’ giornali convocherá un’adunanza generale, e sentirá il dovere di spiegare piú partitamente il suo disegno.

Certo, esso è tale che, quando pure non riesca, sará lode l’averlo tentato.

* * *

Io non mi ero ingannato: ho avuto fiducia in Napoli, ed ecco Napoli come risponde. Il solo vostro concorso m’ispira le piú belle speranze per l’istituzione del nostro Circolo.

11 Circolo filologico non è cosa nuova. Si può dire che noi siamo l’ultimo paese d’Italia il quale voglia istituirlo, perché esso giá funziona e prospera ne’ centri piú vivi della coltura italiana.

Dopo che i primi Circoli furono costituiti a questo modo, si trovò l’idea corrispondente a’ bisogni: quando un’istituzione è indovinata, si allarga e prospera in breve tempo. Allora se ne [p. 303 modifica]fondò uno ad Alessandria, uno a Genova, e poi lo ebbero Milano e Roma e Palermo e Ancona, ed anche Trieste, che volle fare atto d’italianitá. Non è dunque maraviglia che io, dopo lunghe e involontarie peregrinazioni ritornato all’insegnamento ed in Napoli, nel centro delle mie amicizie, nella mia patria naturale, abbia avuto fra i primi pensieri quello d’istituire qui un Circolo filologico. Andai a Firenze, dove feci pure una lettura, e m’informai, e dal Consiglio direttivo del Circolo ebbi tutti gli schiarimenti. Mi rivolsi a Torino, ed il presidente gentilissimo mi scrisse una lettera. Gli avevo annunziato che a Napoli alcuni volenterosi volevano costituire un Circolo filologico, ed egli mi scrisse: «Vogliate porger loro le mie congratulazioni e pregarli a nome mio e de’ miei colleghi a contare su noi per tutti gli schiarimenti occorrenti. Il Circolo filologico mantiene costanti e amichevoli rapporti con le Societá consorelle di Genova, di Alessandria, di Palermo, ecc., e sará lieto ed orgoglioso di aggiungere a sí eletta corona il nome del Circolo filologico di Napoli».

Dapprima incontrai, non dirò ostacoli, ma voci scoraggianti, perché in un paese grande, quando non si può avere un’opinione fermata, non mancano scettici, sopratutto a Napoli, che è un fuoco di paglia presto acceso e presto consumato, e dove la perseveranza è una virtú che si lascia molto desiderare. Quindi, ora un andare e ora un retrocedere.

Bisogna confessare che noi Italiani, e specialmente noi dell’Italia meridionale, siamo molto distanti dai centri della cultura europea. Finora non fummo ancora una voce, ma un’eco tarda e lontana. Si senti bisogno di studiare il francese, quando in Italia non avemmo piú l’iniziativa intellettuale; e al nostro greco e al nostro latino si aggiunse il francese per metterci a contatto della coltura di fuori. La Francia, nel secolo decimottavo, fu il grande intermediario, il magazzino generale della merce intellettuale. Ma oggi non basta; non ci è un popolo che possa dire: — La cultura sono io — . Nessuno oggi ha diritto a dirsi uomo colto se conosce solo il francese. In Italia ed in Napoli c’è un progresso, molti conoscono le lingue viventi; ma [p. 304 modifica]sono individui, e non bastano individui colti: dobbiamo avere un popolo colto, e le altre lingue devono essere studiate come il francese, e dal maggior numero.

Oggi cerchiamo provvedere alle lacune dell’educazione del popolo con scuole, dove esso impara l’alfabeto, che è lo strumento con cui acquisterá le cognizioni necessarie. Il Circolo filologico dev’essere la scuola degli adulti per la borghesia, la nostra scuola serale, poiché anche noi dobbiamo colmare delle lacune, acquistare lo strumento per metterci in comunicazione diretta ed immediata con l’Europa, e cercare di non essere piú esercito al séguito di altri.

E poi c’è un’altra veritá, che vi devo dire. In Napoli siamo divisi, non ci conosciamo, ciascun ramo di coltura è organizzato come un campo chiuso. È necessario, per un popolo cosí vivo, avere un luogo di convegno, avere una casa dove convengano gli uomini studiosi. Abbiamo Circoli economici, storici, archeologici, letterari, di tutti i rami speciali della coltura, che a poco a poco isteriliscono ed intisichiscono. Si hanno solo alcune forze, non tutte le forze di Napoli. E il nostro Circolo non è diretto a questo o quel ramo, ma a tutta la coltura, a tutta l’intelligenza napoletana; poiché non c’è ramo di coltura che non abbia bisogno di sapere quel che si pensi, intorno ad esso, in Europa. Niente impedisce, tuttavia, che in mezzo al Circolo si costituiscano sezioni autonome per questo o quello studio speciale.

Cosi avremo mezzo di ottenere quella unione di forze, che è mancata sempre a Napoli, dove abbiamo grandi individualitá, ma divise e disperse dal vento. Le forze, per essere rispettabili, devono essere collettive; e quando ci vedremo riuniti insieme, per amarci, conoscerci, stimarci, sostenerci, ci troveremo molto piú vigorosi di quel che siamo ora, e costituiremo una forza innanzi alla quale cede ogni altra, la forza della coltura e dell’intelligenza. (Applausi) Un po’ di Arcadia è rimasta ancora nelle nostre ossa. Per evitarla, il nostro Circolo non dev’essere di produzione obbligata, non deve riunire soci sonnolenti, condannati a sentire sonetti e canzoni, o letture su cose poco interessanti, a guardare con ansia le pagine che si svolgono [p. 305 modifica]lentamente, ed a svegliarsi per dare applausi di convenzione. (Applausi) Prime a fuggire sarebbero le signore, ed avrebbero ragione. Non dico che il Circolo non debba avere letture e conferenze: Napoli ha molti uomini illustri, che possono farne, ed interessanti: ce ne sono a Firenze, ce ne sono di piú a Napoli. Che male se al Circolo venisse Luigi Settembrini a leggere una pagina commovente de’ suoi Ricordi; o un poeta, il Persico, che scrive poesie magnifiche, come quella sul Pergolesi; o il Torelli a leggere qualche atto delle sue commedie e a giudicare cosí dell’effetto? Sarebbe bene, poiché, invece di complimenti, si avrebbe la discussione, e il giudizio uscirebbe dal pubblico piú autorevole. (Applausi).

Ricordate bene questo: sono aiuti che domandiamo, non debbono essere una limosina: essi debbono sentire il dovere di venire in nostro soccorso, e noi dobbiamo avere l’orgoglio di contare, sopra tutto, sulle nostre forze, e mostrare che, quando ci è un’impresa di cui Napoli si persuada debba riuscire, siamo abbastanza potenti per farla riuscire.

Sento una certa soddisfazione quando accolgo la speranza che il Circolo possa aver luogo. Noi siamo la vecchia generazione: ce ne andiamo a poco a poco. Tanti amici miei non li trovo piú; ciascuno di noi giá sente la voce dell’eternitá sonargli all’orecchio. E qual soddisfazione sarebbe per me, se si dicesse: — Quest’uomo ha serbato, a quell’etá, un po’ di giovinezza nel cuore, ed ha cercato di aiutare i giovani e dare una spinta alla coltura napoletana — . Non c’è soddisfazione piú bella per un nobile cuore; e voi, in piú tarda etá, giovani, troverete che non avrò indarno spesa la mia vita.

* * *

Il nostro progetto in meno di un mese è divenuto una realtá, grazie al concorso di tutte le classi di questa cittadinanza. Perché la nostra istituzione abbia piú larga base, si è lasciato aperto il comitato direttivo, che potrá accogliere un numero indefinito di nomi, non essendo un posto di ambizione ma di sacrificio. (Bene). [p. 306 modifica]Una lotta di abnegazione si è accesa fra i soci fondatori e gli insegnanti, avendo ricevuto offerta da professori di lingue, nazionali e stranieri, che offrono l’opera loro gratuitamente; e quindi fin da oggi vi saranno due corsi di lingua francese, tre d’inglese, tre di tedesco e uno di stenografia.

Gli studenti universitari non sono rimasti indietro nella gara, iscrivendosi per oltre a trecento, ora che hanno gli esami sulle spalle e la villeggiatura autunnale in prospettiva.

Non mancheranno al certo i giovani che si addicono specialmente all’industria e al commercio, poiché, se nelle scienze vi sono mille modi per appropriarsi le idee degli stranieri, apprendendole dalla cattedra, o leggendole tradotte, per l’industria e il commercio gli intermediari sono sempre nocivi ed ognuno deve avere in saccoccia la chiave del proprio negozio. Ricordo a questo proposito la premura della Camera di Commercio di Torino a sottoscrivere per lire duegento a quel Circolo filologico, di quella di Genova che largí lire tremila, esempio seguito dalle Camere di Commercio di Milano e Palermo, tutte intente ad aumentare lo studio delle lingue viventi. La nostra Camera di Commercio ha fatto qualche cosa, ma son certo che non sará seconda alle altre citta sorelle.

Un’altra classe di studiosi vedrá il Circolo, quella degli ufficiali del nostro esercito, ben persuasa che ora non si vince solo col valore, ma anche col sapere. La cognizione delle lingue fu di grande aiuto all’esercito germanico nelle sue ultime campagne.

La nostra istituzione non sarebbe compiuta se volessimo pensare soltanto ai maschi. Vi sará perciò un consiglio direttivo di gentili signore, che servirá di richiamo alle giovinette amanti della coltura. A Torino trecento giovinette frequentano le scuole speciali del Circolo, come pure a Genova ve ne ha buon numero. Coll’istruzione e col lavoro si emancipa la donna. La emancipazione come si intende da alcuni, se innalza l’intelligenza, abbassa il costume. (Applausi).

I nostri padri largirono somme enormi per fondare ospedali, monti, conservatorii, luoghi pii. Quando Napoli vuole, Napoli fa. (Applausi). [p. 307 modifica]

Ringrazio tutti coloro che mi hanno onorato di loro presenza, e specialmente le autoritá, che io non ho voluto cogliere di sorpresa per chieder loro dei soccorsi, ma alle quali ho voluto mostrare l’opera compiuta, tutta di privata iniziativa. Colgo tale occasione per presentare all’adunanza il nuovo prefetto comm. Mayr, mio amico, che ha retto con tanto onore le provincie di Caserta e di Genova, e che sará il piú napoletano dei napoletani. (Applausi prolungati).