La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo L

Da Wikisource.
Capitolo L

../Capitolo XXXXIX ../Capitolo LI IncludiIntestazione 27 aprile 2020 75% Da definire

Parte seconda - Capitolo XXXXIX Parte seconda - Capitolo LI

[p. 201 modifica]

Capitolo L.

Delle tregue ed alleanze cogli Almiranti d’Egitto contro ’l Soldano di Damasco, le quali tuttavia non approdaro a compimento, e di ciò che avvenne sotto Giaffa.


Voi avete davanti udito come il Re avea mandato agli Almiranti d’Egitto che s’essi noi satisfacessero degli oltraggi e delle violenze che gli avean fatte, ch’elli non loro terrebbe alcuna tregua: ora sappiate che in quella vennero diverso lui li messaggeri d’Egitto, e gli apportaro per lettere che gli Almiranti gli volevano fare tutto ciò ch’egli avea loro mandato, siccome è detto davanti. Perchè il Re ed essi messaggeri presero giornata di trovarsi insieme a Giaffa; e là dovevano giurare gli Almiranti e promettere al Re ch’essi gli renderebbono il Reame di Gerusalemme: e cosi ’l Re e suoi più grandi personaggi dovevano giurare e [p. 202 modifica]promettere da lor parte ch’essi aiuterebbero agli Almiranti all’incontro del Soldano di Damasco. Ora avvenne che quando il Soldano di Damasco seppe che noi eravamo alleati con quelli d’Egitto, e seppe la giornata ch’era stata presa di trovarsi a Giaffa, inviò egli ben venti mila Turchi per guardare il passaggio. Ma non pertanto non lasciò punto il Re ch’e’ non si movesse per andare a Giaffa. E quando il Conte di Giaffa vide che ’l Re veniva, assortì egli e mise il suo castello in tal punto ch’e’ bene rassomigliava una buona città difendevole, perchè, tra ciascun merlo interposti, ci avea bene cinquecento uomini che su vi parevano con una targa ciascuno ed un pennoncello a sue armi, il che donava una fiera e bellissima vista: perchè le sue armi erano di fino oro a una croce di rosso appastato, e fatte molto riccamente. Noi ci alloggiammo ai campi tutto allo ’ntorno di quel castello di Giaffa, che sedeva lato lato il mare e in una penisola. E fece cominciare il Re a far asserragliare ed edificare un borgo allo ’ntorno del castello sì che il serraglio toccava il mare dai due lati; ed agli operai diceva ’l Re per aggiugnere cuore: Or sù, or sù, ch’ho pur io molte fiate portato la gerla per guadagnare il perdono. Gli Almiranti d’Egitto non osarono venire di paura delle genti che il Soldano di Damasco aveva messo alla guardia de’ lor passaggi, ma ciò non ostante inviarono al Re tutte le teste de’ Cristiani ch’essi avevano appese sulle mura del Cairo siccome il Re gli domandava, ed il Re fecele sepolturare in terra benedetta; e gl’inviarono tutti i fanciulli ch’essi [p. 203 modifica]avevano ritenuto, e che avean già fatto rinegare la santa legge di Dio, e, similmente inviarongli un Elefante che fu poscia in Francia frammesso.

Così come il Re a tutta sua oste soggiornava a Giaffa per fortifìcarvisi contro coloro che potessero assalirlo al castello, vennergli novelle che di già le genti del Soldano di Damasco erano sui campi in aguato, e che l’uno degli Almiranti del Soldano era venuto falciare e guastare le biada d’una rinchiostra colà presso, e distante solo intorno a tre leghe dall’oste sua. Perchè esso Re prestamente ci inviò vedere, ed andovvi in persona; ma sì tosto che quel Almirante ci sentì venire, egli cominciò a prender la fuga. Taluni di nostre genti corsero loro appresso a briglie abbattute, e ci fu un giovine Gentiluomo che li raggiunse, e mise per terra due Turchi a bella punta di lancia e senza ispezzarla. E quando lo Almirante vide che non ci avea ancora che quel Gentiluomo, egli si tornò verso lui, ed il Gentiluomo tuttavia in corsa gli diede un sì gran colpo di lancia che ferillo aspramente dentro suo corpo, e poi se ne ritornò a noi sano e balioso.

Quando gli Almiranti d’Egitto seppero che il Re e tutta sua oste erano a Giaffa, essi inviarono verso lui per aver di ricapo un’altra assegnazione del giorno in ch’essi potessero convenirlo senza fatta veruna. E il Re loro assegnò ancora una giornata nella quale essi promisero di venire di verso lui per conchiudere le cose che erano a farsi d’una e d’altra parte. Durante quel tempo che noi attendevamo a venire la suddetta giornata, il Conte d’Eu [p. 204 modifica]venne di verso il Re ed ammenò con lui il buon Cavaliere Arnoldo di Guynes e i suoi due fratelli con altri otto Cavalieri, che il Re ritenne al suo servigio; e là esso Re fece il Conte d’Eu Cavaliere, il quale era tuttavia un giovine damigello.

Similmente vennero diverso il Re il Principe d’Antiochia e sua Madre. Ai quali il Re fece grande onore e liete accoglienze, e fece Cavaliere il detto Principe, il quale non era che dell’età di sedici anni, ma con tutto ciò io non vidi unqua sì saggio in età parecchia: perchè quando fu Cavaliere, egli richiese al Re di parlargli intorno qualche cosa ch’ei voleva sporre in presenza di sua Madre: ciò che gli fu ottriato. E tale fu la sua dimanda: Sire, egli è ben vero che Madama mia Madre, la quale è qui presente, mi tiene in sua balìa, e mi vi terrà ancora sino a quattro anni a venire, dacchè ella gode di tutte le cose mie, ed io non ho possanza ancora di nulla fare. Tuttavolta m’è avviso ch’ella non debba mica lasciar perdere nè decadere la mia terra e città, perchè la mia città di Antiochia si perde entro sue mani: pertanto, Sire, io vi supplico umilmente che gliele vogliate rimostrare, e far tanto ch’ella mi dia denari e genti, affinchè io vada a soccorrere il mio popolo che è didentro la mia città, siccome ella lo doveva ben fare. Appresso che il Re ebbe inteso la domanda che il Principe gli moveva, fece egli e procacciò tanto a sua Madre ch’ella gli donò in effetto molti danari. Di che poi se n’andò il giovine Principe d’Antiochia alla sua città, là ove egli fece meraviglie. E da allora, per l’onore [p. 205 modifica]del Re inquartò egli le sue armi, che sono di vermiglio, colle armi di Francia.