La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XIX

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Capitolo XIX.

Anche della battaglia, e delle grandi cavallerie che vi fece Monsignore lo Re.


Ed in quella io vidi apparire il Re e tutta sua gente, i quali sorvenivano a una terribile tempesta di trombe, di chiarine e di corni. Ed il Re s’arrestò sull’alto del cammino con tutte sue genti d’arme per qualche cosa ch’egli aveva a dire: ed io vi prometto ch’unqua sì bell’uomo armato non vidi mai: perch’egli pareva di sopra tutti dalle spalle in a monte. Aveva sulla testa un elmo tutto inorato e bellissimo, ed una spada di Lamagna in sua mano. E tantosto ch’elli si fu arrestato, molti de’ suoi Cavalieri scorsero entro la battaglia dei Turchi gran quantità d’altri Cavalieri e di genti del Re, ed essi senza rattento si vanno tosto lanciare per tra la battaglia cogli altri. E dovete sapere che a questa fiata furono fatti là i più bei fatti d’arme che anche fussono fatti nel viaggio d’oltremare tanto d’una parte che d’altra; perchè nullo non tirava d’arco, di ballestra, nè d’altra artiglieria, ma erano li colpi che l’un si donava sull’altro a belle mazze e spade e fusti di lance tutto mescolatamente l’uno per mezzo l’altro. E di ciò ch’io vedeva, molto tardava ai miei Cavalieri ed a me, tutto guasti come noi eravamo, che non fussimo di dentro la battaglia cogli altri. Ed ecco [p. 91 modifica]qui tantosto venire a me un mio Scudiere, che se n’era fuggito a un tratto con tutta la mia bandiera, e mi ammena uno de’ miei destrieri fiammenghi; perchè fui prestamente montato, e toccato degli sproni mi tirai a costa a costa del Re. Là fu il buon produomo Messer Giovanni di Valerì, il quale vedeva bene come il Re si volea andare a gittare nel forte della battaglia; e gli consigliò che si tirasse a man destra di verso il fiume, affinchè, se dannaggio ci avesse, potesse egli aver soccorso dal Duca di Borgogna e dagli armati che guardavano l’oste che noi avevamo lassata, ed altresì a ciò che le sue genti potessono rinfrescarsi ed aver a bere, poiché il caldo s’era già molto elevato. Il Re mandò allora inchiedere e far ritirare i suoi Baroni e Cavalieri ed altri di suo Consiglio ch’erano nella battaglia de’ Turchi, ed a pena furo arrivati domandò loro consiglio di ciò ch’elli era a fare. E i più risposono che il buon Cavaliere Messer Giovanni di Valerì ch’elli avea con lui, molto bene il consiglierebbe. Allora, secondo il primo consiglio di quel Valerì, che i più accordaro esser buono, il Re piegò a man destra verso il fiume: ed eccovi qui venire Messer Umberto di Belgioco Connestabile di Francia, che disse al Re come suo fratello il Conte d’Artese era a gran pressura in una magione presso la Massora e si difendea a meraviglia, ma ciò non ostante ch’egli avea buon bisogno d’esser soccorso, e pregò ’l Re d’andarlo aitare. Ed il Re disse: Connestabile, piccate davanti, ed io vi seguirò da presso: ed a somigliante io di Gionville [p. 92 modifica]dissi al Connestabile ch’io sarei uno de’ suoi Cavalieri e ’l seguirei a tale affare, donde egli me ne rese mercè di buon cuore. E tantosto ciascuno di noi cominciò a ferir degli sproni dritto a quella Massora per mezzo la battaglia dei Turchi; di che prestamente molti di nostra compagnia furo discevrati e dipartiti de la presenza l’uno de l’altro entro la forza dei Turchi e dei Saracini.

Ed un poco appresso ecco qui venire un Mazziere al Connestabile, con chi io era, e gli dice che il Re era circondato di Turchi ed in gran periglio di sua persona. Chi ne fu isbaìto fummo noi, e ne avemmo grande spavento, perchè tra lo luogo ove era il Re coi Turchi e noi, ci avea bene mille o mille dugento Saracini, e noi non eravamo che sei di nostra parte. Allora io dissi al Connestabile: poi che noi non abbiamo podere di traforare per quella pressa di nimici, ch’egli ci valea meglio di andare a passare per a monte al disopra d’essi. E così tutto subitamente lo femmo ancorchè ci fusse un gran fossalone pel cammino che prendemmo tra noi e li Saracini. E sappiate per vero che s’essi si fussono preso guardia di noi, e’ ci avrebbono di tratto tutti soverchiati ed uccisi; ma essi intendevano al Re ed all’altre grosse battaglie, e forse ch’elli istimavano che noi fussimo di loro genti. Ed in quella che noi arrivavamo di verso il fiume tirando in basso entro il rio suddetto e la riviera, noi vedemmo ch’ ’l Re s’era invece ritirato all’alto d’esso fiume, e che li Turchi ne ammenavano le altre schiere. Perchè s’assembraro tutte loro [p. 93 modifica]battaglie colle battaglie del Re sulla grande riviera, e là ci ebbe una molto pietosa disconvenenza. Perchè la più parte di nostre genti, le quali anche erano delle più fievoli, credevano poter passare a salvamento di verso l’oste ove era a guardia il Duca di Borgogna: ma egli non era possibile, perchè i loro cavalli erano cosi lassi e travagliati, ed il calore era sì estremo, che non ne potevano la fatica: ed in discendendo a valle il fiume, noi vedevamo l’acqua tutta covrirsi di picche, lance, scudi, e d’ uomini e cavalli che miseramente vi perivano ed annegavano. Quando noi vedemmo la fortuna e il pietoso stato che correva sulle nostre genti io cominciai a dire al Connestabile, che dimorassimo di qua dal fiume per guardare uno ponticello che era colà presso sul rio; perchè se noi lo lasciamo, io diceva, essi verranno caricare sovra ’l Re per di qua, e se le nostre genti sono assalite per due luoghi, noi potremmo troppo averne del peggio. Ed in così dimorammo noi; e siate certani che ’l buon Re fece quella giornata de’ più gran fatti d’arme che giammai io abbia veduto fare in tutte le battaglie ove io fui anche. E si diceva che se non fusse stata la sua persona, noi saremmo stati tutti perduti e distrutti. Ma ben io credo che la virtù e la possanza ch’egli aveva gli si addoppiò allora di vantaggio per la onnipotenza di Dio, perchè elli si buttava nel mezzo là ove vedeva sue genti in distretta, e donava di mazza e di spada colpi sì grandi ch’elli era meraviglia a vedere. E mi contarono un giorno il Sire di Corcenè, e [p. 94 modifica]Messer Giovanni di Salenay che sei Turchi vennero al Re quel giorno, e lo presono al freno del suo cavallo e lo ammenavano a forza, ma il valente Principe fu così vertudioso di suo podere, e di sì gran coraggio donò e colpì sovra questi sei Turchi, che a lui solo si diliberò e li confuse: così che molti inveggendo ch’elli faceva sì grandi cavallerie, e si difendea così valentemente, presono ardire in cuore ed abbandonarono i passi ch’e’ guardavano, ed andarono di randone al soccorso del Re.