La sposa sagace/Lettera di dedica

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Lettera di dedica

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La sposa sagace L'autore a chi legge
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ALLA NOBILISSIMA VIRTUOSA DAMA

La signora

VERONICA TONJ

NATA MARCHESA LETI1

O
Dio! Nobilissima Dama, che dirà Ella di me nell'aprir questo foglio? Ella lo aprirà e leggerà certamente, poichè so che le opere mie da Lei vengono cortesemente lette, e della sua compiacenza onorate. Che dirà Ella adunque veggendo ch’io arditamente ho impresso il di Lei venerabile illustre nome fra questi fogli, senza ch’io abbia l’onore di conoscerla personalmente, senz’essere da Lei conosciuto, e senza avermi prima acquistato il prezioso dono della di Lei protezione? Condannerà Ella il mio ardire, o approverà il mio coraggio? Mi lusingo della più favorevole decisione, e non è mal fondata la mia lusinga. Vero è ch’io non ebbi finora la felicità di esserle da vicino; ma so che Ella conosce me, ed io credo di perfettamente conoscerla. Di me hanno a Lei favellato le opere mie; so che non Le sono discare, e spero in grazia loro di non essere mal veduto. Di Lei a me n'ha parlato la Fama, e mi è noto benissimo il di Lei nome, il di Lei merito e le adorabili di Lei qualità. Ci conosciamo adunque, Nobilissima Dama, ci conosciamo. Io so esser Ella nata d’illustre sangue, collocata in un’illustre Famiglia, di cui conserva ed aumenta la felicità e lo splendore, preferendo lo stato suo vedovile a qualunque grandiosa, allettatrice lusinga. Io so esser Ella sì amabile e sì [p. 464 modifica]gentile, che tutti aspirano all’onor di conoscerla, e di seco trovarsi in virtuosa conversazione, somministrando ad un tempo stesso il di Lei spirito elevato e brillante motivo d’ammirazione, di giubbilo e di consiglio. So qual talento peregrino e felice ha Ella dalla natura sortito, e con qual arte e con quali applicazioni lo ha coltivato, facendo Ella smentire la falsa prevenzione degli uomini, ingiuriosa al bel sesso, e chiaramente col vivo esempio mostrando che le Donne sono suscettibili de’ migliori acquisiti, non men degli uomini stessi, quand’abbiano il genio, l’educazione e il sistema che in Lei si ammira e si loda. Spoleto città antichissima, capitale dell’Umbria, sede per lunghi secoli di possenti e valorosi Sovrani, rispettabile ancora a’ dì nostri sotto il felicissimo governo della Santa Sede Apostolica, e feconda di bei talenti, coltivatori di Scienze e di belle Arti; Spoleto vanta fra i più bei pregj che l’adornano la di Lei ammirabile e singolare Persona. Può questa avventurosa Città estendere per lungo tratto di mondo la gloria di possedere una Dama piena di virtù e di merito, modello della più esemplare condotta, e specchio del più nobile e del più applaudito sistema. La Virtù, per innamorare gli animi ad imitarla ed a possederla, non deve essere austera. Pochi si trovano capaci di que’ severi precetti che vogliono ridar gli uomini a odiare la società, per timor della corruttela del secolo. Il mondo ha le sue bellezze reali, create per servigio e per piacere dell’uomo, ed il privarsene è dura cosa, siccome l’abusarne è peggior consiglio. Un saggio discernimento sa separare il tristo dal buono, e trova fra gli estremi il diritto sentiero che conduce all’umana felicità. Dietro a sì ragionevole scorta s’avviano i più timidi, i meno esperti, e ritrovansi al fin del viaggio contenti. Ecco la di Lei moderazione, la di Lei saggezza, Nobilissima Dama, verace guida, util consiglio, ragionevole ammaestramento. Ella è innamorata della Virtù, ma non abborre l'onorevole società. Ella tratta più volentieri colle persone di spirito, ma sa vivere ancora con chi di spirito non abbonda. Fa buon uso del suo sapere nelle occasioni, e non ostenta importunemente le cognizioni acquistate. Sa essere dotta coi dotti, ed affabile cogl'ignoranti; e in cotal guisa operando, tutti trovano [p. 465 modifica]in Lei qualche cosa da apprendere e da imitare, innamorandosi taluno del di Lei sapere, altri della soavità del suo tratto, ed altri della sua virtuosa moderazione. Dicami Ella, per carità. La conosco, o non La conosco? Ah, non vorrei che la Sua modestia mi rispondesse. Dubito ch’Ella mi dica che no. Ma poi considero che anche la modestia è virtù, e le virtù non mentiscono, e può bene un virtuoso contegno cercar di nascondere i pregj Suoi, ma non può negar di manifestarsi, laddove trattasi di confessare la verità.

Sì, Ornatissima Dama, La conosco, benché i’ non l’abbia veduta, e la venero, benché lontana, e mi valgo di un certo ardire poetico, che può passar per coraggio, per onorare i miei fogli col di Lei nome, ed offerirle in una delle mie opere la mia servitù, il mio rispetto, la mia ammirazione.

Dissi a principio che Ella pur mi conosce, ma non so quanto possa di ciò gloriarmi. Ella mi conosce per la lettura delle opere mie, e il di Lei finissimo discernimento avrà rilevato ch’io sono un uomo che ha principiato a scrivere per inclinazione, e ha proseguito per abito. Avrà Ella scoperto che tutte le opere della mia mano non sono state dettate dallo stesso spirito dominatore, ma qualche volta hanno servito alla necessità e alla violenza. So con chi parlo, ne occorre che su di ciò mi diffonda; per questa parte Ella mi conosce benissimo. Vorrei che Ella in me ravvisasse ora da quest’ardita mia lettera, ch’io sono innamorato del merito sì fieramente, che ho la temerità di attaccarlo, dov’io lo trovi, non per deprimerlo com’altri fanno, ma per vagheggiarlo, per onorarlo, per imitarlo, se fia possibile. Benedetti sien quelli che mi hanno del di Lei merito sì lungamente parlato. Mi hanno acceso di desiderio di conoscerla da vicino, ma se la sorte, anziché accostarmi alla di Lei patria, mi vuol portare di là dai monti e differirmi un sì bel piacere, ho presa in mano arditamente la penna, ed ho arrischiata una lettera con cui non intendo di dedicarle un’opera troppo imperfetta, ma un cuore umile, rispettoso, ammiratore, sincero.

Che avverrà mai di questa mia ossequiosa, tenuissima offerta? Mi ricordo che tra le infinite doti del di Lei animo, decantata [p. 466 modifica] mi fu moltissimo la di Lei inarrivabile benignità. A questa dunque mi raccomando; facciami questa ottenere il perdono, e m’interceda la grazia di poter essere, quale con profondissimo ossequio ho l’onore di protestarmi

Di Lei Nobiliss. Virtuosa Dama



Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servitore

Carlo Goldoni.


  1. Questa lettera di dedica fu stampata in testa alla commedia l’anno 1761, nel t. VIII del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G., ed. Pilteri di Venezia.