La virtù indiana/Atto primo

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Atto primo

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Interlocutori Atto secondo
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ATTO PRIMO
Appartamenti Reali

Scena Prima
Muhamed, e Nizam.


Muhamed. Ah no, mio fido, del mio cuore oppresso
L’affanno mitigar tu cerchi invano,
Il mio regno cadrà, troppo di forze
Manca, e d’ardire il popolo smarrito:
5In quel funesto dì, che d’armi vide
Cinto, e d’armati Koulikam feroce
Trionfar vittorioso, e dure leggi
Imporre al popol mio sconfitto, e vinto,
Vacillò questo trono, in fronte mia
10Tremò, si scosse la regal corona,
E l’onta, e il danno ne risente ancora.
Tutto geme il Mogol; piange la Sposa
Il perduto consorte, Orfano cerca
Il fanciullo infelice il caro Padre;
15Manca aratore al suol, guerriero al campo;
E qual presidio, o Numi, e qual difesa

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De’ Maratti al valor, del cielo all’ira

Oppor possiam?
Nizam.  Pur non è sì funesta
Del tuo regno la sorte, armate schiere
20Fremer vedi in Delly, battaglie, e sangue
Sospirare anelar; picciolo è vero
È il numero de’ tuoi, ma troppo ad essi
Cede ne l’opre di ladroni imbelli
Lo stuol confuso, a lui ruina e morte
25L’esercito minaccia, al suo valore
Sol si ricerca un duce.

Muhamed.  Or vanne adunque
Di prode condottier gli ufficj adempi
Delle mie schiere a te consegno il freno
A te mio fido tu le reggi, e sappi
30Gli animi avvalorar, lo sdegno accendi,
Del gran Timur, di Tamerlan feroce
Lor rammenta il valor, l’opre ricorda
Del forte Aurang, che tanti regni, e tanti
Popoli unì del nostro scettro al vasto

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35Possente impero; del mio soglio infine

La difesa tu sii, te miri, e tremi
In mezzo a l’armi la nemica turba. [Parte]


Scena seconda
Nizam, e Ibraimo.


Nizam. Opportuno tu giungi, arride, amico,
La sorte a’ miei disegni, ignaro pone
40Il Monarca in mia man del regno intero
Il fato,1 ed il destin; duce son io
Dell’adunato stuol.
Ibraimo.   Che narri?
Nizam.   Ei stesso42
Pose pur or nelle mie mani il freno
Dell’esercito tutto, egli confida
45Veder per le mie cure a’ piedi suoi
Chieder pace, e perdon lo stuolo avverso,
Ma la sua speme, o fido amico, è vana.
A volger l’alme de’ guerrieri armati

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Al nostro intento, al sospirato fine

50Tutto impiegar saprò, promesse, inganni
Lusinghe, e frodi, e di mie cure il frutto
Vedrai ben presto; Osnam s’appressa, io parto
Di lui frattanto il cuor con arte, o amico
Tu guadagnar procura, a noi sommo
55Utile ei fia se dell’arcano a parte
Venga per opra tua. [Parte]


Scena Terza
Osnam, e Ibraimo


Osnam.  Dunque non erra
Il volgo intimorito, e il nostro regno
Dovrà dunque, Ibraim, cader di nuovo
Sotto l’armi nemiche? e ancor non resta
60Pago del nostro sangue il rio destino?
Ibraimo. Nò non temer da te dipende, amico
La tua difesa.
Osnam.  E qual difesa a l’ira

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Sottrar ci può delle nemiche schiere

Se d’armi manca, e di guerrieri il regno,
65Se trema il popol tutto, e ne la fuga
Solo è posta ogni speme?
Ibraimo.  A te non manca
Che voler la salvezza, e salvo sei.
Osnam. Ma qual via di salute offresi a fronte
D’armato stuol, di furibonde schiere
70A inerme regno, ed a’ guerrieri imbelli?
Ibraimo. Del Monarca il perire a noi sol puote
Sicurezza arrecar.
Osbam.  (Che ascolto?)
Ibraimo.  Invano
Salute altronde cercheremmo, il fato
Di Muhamed, e di sua prole al regno
75Sarà difesa, e scampo; odi, né l’alma
Da importuna pietà turbar ti lascia
Ciò, che giova a noi lice. Il fiero stuolo,
Che minaccioso in ver Delly s’innoltra
Sol preda cerca, e assoggettar sol brama

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80Al suo comando del Mogol il regno;

Ei strage non desia del rege il fine,
E del germe Regal solo è suo scopo.
A ciò chi oppor si puote? il ferro indarno
Contro le ostili furibonde schiere
85Lampeggierebbe in nostra man, di forze
Troppo il nemico, e di valor prevale
All’esercito imbelle, in cui riposta
È la speme del volgo; inutil frutto
Sarian di ciò funeste stragi, e sangue,
90E pianti, e grida, e luttuoso orrore.
Sol del Monarca il fato al nostro regno
Lo scampo arrecar può; per nostra mano
Egli adunque cadrà vittima, e preda
D’inevitabil morte: ai Duci avversi
95È palese l’arcano, e tutto a noi
Lice sperare, in nostra mano il freno
Sarà del regno tutto, e forse il giogo
Scuoter potremo un dì... ma qual sul volto
Turbamento appalesi? e quale...

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Osbam.  Indarno

100Cerca il mio cuore alla smarrita mente
Richiamare il dover, le sacre leggi
I diritti del giusto; indarno, io cedo,
In me vedrai, non dubitar de’ tuoi
Il più fido compagno avrai me duce
105Ne’ tuoi perigli ognor di questi a parte
Mi scorgerai tuo difensor, tua guida...
Ibraimo. Questi moti del cuor seconda, o amico,
Mostra la sorte a noi benigno il volto,
Dello stuol, che in Delly s’arma, e s’aduna
110Pendon dal voler nostro i moti, e l’opre:
De’ guerrieri, e di noi Nizam è duce
Nizam, che regge di Golconda il freno;
Tutto è propizio ai nostri voti: io parto
Tu co’ detti frattanto, e l’opre i nostri
Disegni secondar procura. [Parte]

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Scena Quarta.
Osnam solo.


 115Oh Numi
Qual mai funesto orrore il cuor m’ingombra!
Che ascolto, o ciel, che vedo? è questo il suolo
Che mi dié vita, in cui bambino appresi
Il giusto, il dritto, ed il dover qual sia?
120Di belve furibonde, e tigri ircane
Non è questo il ricetto? ove t’ascondi
Sconosciuta virtude? ah tu fuggisti
Da queste terre, ed in tua vece il trono
Tra noi fondar l’ambizione, il vizio
125L’empietade, il delitto... e tanto adunque
Tanto in odio a voi siam, Barbari Numi?
Che far degg’io? dunque svelar l’arcano
Dunque di certa morte io debbo espormi
Al periglio fatal?... dunque tradire
130La fede l’onestà... lungi da questo
Smarrito cuor, da quest’oppresso spirto
Immagini abborrite; Amet il tutto

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Or or saprà: Nizam s’appressa, intanto

Ricuopra un doppio velo i dubbj miei.


Scena Quinta.
Nizam, e detto.


Osnam. 135Amico, hai vinto d’Ibraim le voci
Noti mi fero i tuoi disegni, e in essi
Ben ravvisai del tuo gran cuor l’immago;
Del tuo fido il parlar trionfa in questa
Incerta mente, che riscossa alfine
140I suoi dubbj scacciò: fedel compagno
Sempre a lato mi avrai ne’ tuoi perigli
Questa mia destra, e questo ferro ognora
Pronti saranno al tuo volere.
Nizam.  Omai
Io più non bramo, o fido amico, indarno
145Il nostro arcano a te sarìa nascoso
M’è noto il tuo valor perduto avremmo
Tacendo ogni opra tua; vindice invitto
Sarai di libertà, che troppo, o amico,
È a nobil cuor la servitù penosa,

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150Omai quel tempo giunse, in cui cadranno

Infranti i lacci alfin di vil servaggio:
De’ Maratti lo stuol di già s’appressa
A queste mura, e di guerrieri, e d’armi
Al cenno mio cinto vedrai fra poco
Il palagio Regal.
Osnam.  155(Cieli, che ascolto!)
Nizam. Il Monarca ed Amet or or saranno
Ambi preda di morte.
Osnam.  E tanto adunque
Convien l’impresa accelerare?
Nizam.  Or fora
Perigliosa ogni tregua, è breve, il sai
160Il popolare ardor, potrìa fra poco
Spenta cader delle mie schiere in petto
La fiamma, che destar volli pur ora
Ad esse in sen; forse potrìa l’arcano
Trasparir de’ nemici a l’occhio attento;
165Fatal sarebbe ogni ritardo, il vedi,
A’ miei disegni, e tutto a noi promette

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Fausto destin se ne la pronta impresa

Senno, e valor s’impieghi.
Osnam.  I cenni tuoi
Si eseguiscano adunque; ognor vedrai
170Questa man, questo ferro a te soggetti.
Nizam. Taci, il Rege s’appressa, egli tra poco
Più Rege non sarà.


Scena Sesta.
Muhamed, e detti.


Nizam.   Pronto adempii
Signore, il tuo comando, arde, ed anela
L’armata turba, e minacciosa attende
175Le squadre ostili, in campo or or vedrai
Schierato il popol tuo, sconfitto, e vinto
L’avverso stuolo, e in nere spoglie avvolto
A te bagnar di mesti pianti il piede
S’arma, e freme la turba, a noi prepara
Fausto avvenire il ciel.
Muhamed.  180Quanto t’imposi
Eseguisti, o mio fido, or dimmi, e dove

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L’inimico s’asconde? è lungi ancora

Da queste mura il turbine di guerra,
O minaccioso inver Delly s’innoltra
Il furibondo stuol?
Nizam.  185Giace pur anche
In ozio molle il campo ostil, né mosse
Contro il Regal ricetto il passo ardito;
Nemiche insidie, impreveduti assalti
Ei non paventa, e a questo regno ei spera
190Impor fra poco vittorioso il giogo.
Vano pensier! di cheta notte oscura
Al tacito silenzio, all’ombra amica
N’andrem, se il brami al campo, ivi tra il cupo
Sopor tranquillo, e tra l’opaco orrore
195Ogni difesa inutil fia né alcuno
Pur rimarrà del campo ostil, che giunga
Nunzio fatale al patrio suol.
Muhamed.  Mio fido
La provida tua mente il tuo valore
Abbastanza m’è noto, in te ravviso

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200Degli avi tuoi la gloriosa immago

Quanto dicesti adempi, e questo intanto
Pegno ricevi del Regale affetto,
[Si toglie la spada dal fianco, e la a Nizam]
Questo in tua man degl’inimici a fronte
Acciar lampeggi di ruina, e morte
205All’esercito ostil nunzio egli sia:
Or vanne, amico, all’adunato stuolo
Sian cenni i tuoi consigli e ognun ravvisi
Il mio nel tuo voler. [Parte]


Scena Settima
Osnam, e Nizam.


Osnam.  (Misero! ignora
Di quest’empio i disegni.)
Nizam.  In quale ei giace
210Ingannevole error! vedrà ben presto
Balenar quest’acciaro agli occhi suoi;
Nelle mie cure egli confida, e d’esse

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Vedrà fra poco il non bramato frutto;

Tutto è compito omai l’amico stuolo
215Solo un mio cenno attende, e cinte or ora
Queste mura saran d’armi, e d’armati
Regnar vedrai su questo suolo alfine
La patria libertà nulla s’oppone
Mio fido ai voti miei.
Osnam.   Ma come, o amico,
220Giunger del rege a fronte? in sulle soglie
Del presidio regal come ingannare
L’armi potrem, la vigil cura?
Nizam.  Invano
Veglia il nemico stuolo, all’urto orrendo
Di mille flutti, e mille all’acque in mezzo
225Come resister può debil naviglio?
Nò non temer, mio fido, al cenno mio
L’armi disponi, e il generoso ardire:
Quel dì rammenta, in cui ti vide il fiero
Tamas superbo di valor, di sdegno
230Acceso in volto de’ suoi fidi a fronte

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Per la patria pugnar; quale in quel giorno

Ruotasti il ferro, e qual di mille turme
L’urto sprezzasti, e vincitor l’acciaro
Spingesti a ber degl’inimici il sangue.
235Il Perso il dica, e de lo stuol nemico
Il valoroso duce, ei, che degli avi
Emulator di sue guerriere imprese
D’ogn’intorno spandea la fama, il grido,
qui di sua gloria il fin, qui di sue gesta
240L’ultima meta, ed il confine estremo
Veduto avrìa, se degl’ingiusti Numi
La pietade, il valor placar potesse
L’inesorabil cuor. Mio fido all’uopo
L’ardir richiama, che in quel dì funesto
245Per la patria mostrasti, il ferro tuo
Vindice sia di libertade, e atterri
Quanto ad essa s’oppon, trafitto cada
Della patria il tiranno, e sorga alfine
Su questo suol la libertà bramata.
Osnam. 250Quanto m’imponi adempirò non have

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Uopo quest’alma all’operar di sprone,

Della promessa fede ognor, mio duce,
Esecutor fedele Osnam vedrai. [Parte]


Scena Ottava
Nizam solo.


Si parta omai, nell’adunato stuolo
255Scintilli alfin la conceputa fiamma,
Nulla s’oppone al mio desir, fra poco
Nizam regnar vedrà sul patrio soglio
Ministra al suo voler la turba istessa
Ch’a ricovrar la libertà s’accinge.
260Estinto il rege, e della regia stirpe
L’odiato germe dal molesto freno
Del supremo poter libera invano
Esser confida l’ingannata plebe.
Il mio disegno ognun frattanto ignori
265Sicura al fin bramato apre la via
L’arcan, che dell’autor s’asconde in petto.

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All’impresa io mi accingo, al rege istesso

Terrore alcun non desterà ne l’alma
Delle turbe il tumulto, ad arte io finsi
270Lungi da queste mura il campo ostile,
E d’invitto valor le schiere accese
Pronte al notturno assalto, incauto, ei giace
Di cieca notte in tenebrìo sepolto
S’affretti il suo destin; vittima ei cada
275Alla sognata libertà, che invano
Cerca commosso il volgo; io parto, e voi
Favorite i miei passi, amici Numi. [Parte]


Fine dell’Atto Primo.


  1. La sorte, nella prima stesura.