La zitella
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LA ZITELLĀ.1
Séte2 zitella, sì: ccome ve3 pare:
Zitella, zitelluccia, zitellona:
Deggna inzomma de stà ssopr’a l’artare
Co’ ssanta Margherita da Cortona.
Peccato che la luna in mezz’ar mare
Quarche mmese nun essce, e vve cojjona;4
E cche spesso, a Ssaspirito,5 er compare
Curre a una rota, mette drento, e ssona.
Der rimanente ve se6 vede in faccia
Che vvoi sete zitella a bbocc’uperta1
A un di presso in zur gusto de Santaccia.7
E ffùssivo magara8 p...anella,
Nun avènno9 marito è ccosa sceèrta
Che v’hanno da chiamà ssempre zitella.
8 gennaio 1834.
Note
- ↑ 1,0 1,1 Volendo schernire una donzella non creduta vergine, le si dice in Roma zitella spalancando la bocca nel profferire l’a. Ciò abbiamo inteso di rappresentare qui sopra nel titolo del sonetto. [Ma bisogna aggiungere che nell’uso romanesco zitella significa realmente, non solo la nubile, ma anche la vergine.]
- ↑ Siete.
- ↑ Vi.
- ↑ Vi tradisce.
- ↑ Lo Spedale di S. Spirito in Sassia, ov’è la casa degli esposti.
- ↑ Vi si.
- ↑ Famosa meretrice di trivio, della quale vedi [in questo volume] il sonetto... [i sonetti: Santaccia ecc., 12 dic. 32].
- ↑ E foste magari.
- ↑ Non avendo.