Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte prima/Il mandorlo
Questo testo è completo. |
◄ | Parte prima - A te sola | Parte prima - A Maria | ► |
IL MANDORLO
Ah, tu rimetti i fiori,
O mandorlo precoce,
E tutta intorno la campagna odori!
Qual giovinetto che ascolti la voce
Di fanciulla che l’ami,
Così, fido a’ richiami
Dell’amica stagion che s’avvicina,
Tu di candidi fior vesti i tuoi rami.
Sotto la densa brina
Gemono i monti ancora, geme la valle,
Nè sorride, per quanto occhio si stende,
All’invito del Sol fronda nè fiore;
Tu sol, tu primo il calle
Che scende alla petrosa Ognina allieti:
Come in core dolente,
A cui sorrida breve tratto amore,
Così per lo squallore
Dei nereggianti campi,
Al profumo innocente,
Che tu commetti a l’aura desiosa,
Una dolcezza ascosa
Del passeggier nell’anima discende.
Quando pensoso io movo
Sotto il peso dei miei lunghi dolori
A ricercar ne’ fiori
Questa mia giovinezza che mi fugge,
E l’anima si strugge
A ripensar le oscure e senza fine
Agonie della mia vana giornata,
E la mente affannata
Nel cerulo seren cerca riposo
E nel sorriso di natura Iddio,
Se la mite fragranza ed il festivo
Biancheggiar di tue cime a te mi volge,
O mandorlo innocente,
Solitario e piangente
Al tuo piede m’assido,
E a quella solitudine fedele,
Ov’è Dio che m’ascolta, il pianto affido.
Ah, tu i fiori rimetti,
O mandorlo precoce,
E primavera affretti!
Io come te solea,
Impaziente della tarda bruma
Accender l’amoroso estro veloce,
E i canti precorrea
Degli augelli felici, e di speranza
Vestivo il core giovinetto e il fronte,
Pria che di fiori si vestisse il monte.
Or mi ritorna invano
Primavera, e su me vano s’accende
Questo sole d’amore e questo cielo;
Chè derelitto a stento
Porto di quest’ingombro egro il fardello,
Che niuno in terra a sostener m’ajuta,
E desolato il lento
Fianco trascino, e di soffrir son stanco.
Deh, chi l’ardor mi rende
De’ miei vent’anni e la speranza e i sogni?
Dio mio, Dio mio, più mai
Dunque per me non tornerà l’aprile?
Dunque di questa giovinezza al fiore
Più rugiade dal ciel non manderai,
Nè più bella e gioconda
Verrà salute a rifiorirmi il core?
Dio mio, tu che ridoni
La fronda ai campi ed agli uccelli il canto,
A questo inverno mio
Altro conforto non darai che il pianto?
Ahi, se così pur sempre
Contar dovrò nell’amarezza i giorni,
Donami almen, mio Dio,
Virtù, che su quest’onda
Tempestosa ch’io corro,
Mai la tua luce al guardo mio s’asconda!