Le Selve/Manto

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Manto

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Angelo Poliziano - Le Selve (XV secolo)
Traduzione dal latino di Luigi Grilli (1902)
Manto
Dedica Manto (lat.)
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I.


MANTO1



Letta come prolusione al corso
sopra le Bucoliche di Virgilio, nello
Studio Fiorentino, l’anno scolasti-
co 1482-83.


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PREFAZIONE.


Nel lido Pagasèo stavasi ancora2
La nave, che i sentieri dell’Oceano
Prima tentò con inesperta prora.

Mentre in cima alle antenne tuttavia
Son le vele raccolte, e non un alito5
Amico l’aura ai naviganti invia,

L’argonautica schiera, ecco, s’accoglie
Di Chiron nella grotta, ov’onda garrula
Il piè ratto e volubile discioglie,3

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E dove eccelso platano dispensa410
Ombre cortesi e vigili: qui semplici
Vivande appresta villereccia mensa.

Ergonsi i letti in mezzo a’ ramoscelli,
Di fiori i crini s’ornano; ma d’Ercole
Verdeggia il bianco pioppo intra i capelli.515

Con nivea mano Achille giovinetto
Porge le tazze; ma d’Alcide i calici
Empie l’adolescente Ila diletto.

Si toglievan le mense; allor che scosse
Il divo Orfeo la lira, e ad un armonico20
Suono le dita sapïenti mosse.

Tacquersi i forti; non sospir di venti
Errava intorno; ed anche voi d’un subito
Il corso raffrenaste, acque correnti:

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Nell’aria tosto su le stanche penne25
Si libraron gli augelli; e nelle fauci
Ogni fiera crudel l’urlo contenne.

GiúFonte/commento: norm. le querce vocali a quelle note6
Dalle balze discendono, ed il Pelio
Il disfrondato suo vertice scote.30

E col materno suon tutte le cose
Già commosso egli aveva, allor che stettesi,
E la sua lira flebile depose.

Achille audace vi si getta sopra,
E, le dita ferendosi, con ruvida35
Arte, un suo canto a modular s’adopra.

L’argomento ne chiedi? Ai carmi lode
Ei tributava dell’amabil ospite
E all’alta di sí gran cetra melode.

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Gli Argonauti ne risero: ma, in vero,40
Narrano, Orfeo, che a te molto gradevole
Quel pio tornasse giovenil pensiero.

Ed or Virgilio, crederlo ne giovi,
Allietar si dovrà, però che all’inclita
Sua fronte un serto io d’intrecciar mi provi.45

Alta si libra negli spazi immensi
Diva, che chiude in una nube il fianco;
Ma la sua veste è candida qual neve,
Radïosa è la sua chioma, ed un rombo
Leva con le sonanti ali d’intorno.5
Ella raffrena le smodate voglie,
Terribile ai superbi ella sovrasta,

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A lei commesso è delle umane genti
I trionfi deprimere e l’orgoglio,
Ed i felici esagitar. Concetta10
Al divino Oceàn dalla silente
Notte, la disser Nèmesi gli antichi.7
Coronata di stelle, in mano regge
Patera e briglie; e a un suo tremendo riso
Schiudendo il labbro, a folli imprese ostile15
S’oppone, e desidèri empi rintuzza;
Ed esaltando gli umili, sconvolge
L’opre nostre e le modera a vicenda:
Mentre qua e là sul procelloso dorso
Tratta è de’ venti.20
Inorgoglir te, o Grecia,
Le Perse torme ributtate, avea
Scòrto la Diva, e fino all’orïente
Addur le tue vittorïose insegne;
E, superba, t’avea dell’eloquenza
Vista e de carmi attingere i fastigi,25

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E millantarti, e insinüar l’eretta
Fronte ne’ cieli, non minor de’ Numi
Te reputando. Ed ecco, la nemica
D’ogni alterezza perigliosa, al giogo
Forzarti il collo, e assoggettarti, vinta30
Dalle Romane schiere. E in te la gloria
Non permase del dir; che tu dal labbro
Vigoroso tonando all’improvviso,
Col saettar della parola ardente
Ogni cosa sovverti, o Cicerone;35
Cui, di proprio voler, le sue cedendo
Verdi palme la Grecia, oppor non osa
Per la dolcezza dell’eloquio il veglio8
Di Pilo, né per l’irrompente foga
Il signor di Dulichio. Tuttavia,40
Nel primato de’ carmi avea conforto
Ella, però che de’ poeti ancora
Mancava il prence al Lazio; sebben aspre

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Ennio battaglie ed epiche vittorie
Con arte rude celebrato avesse.45
E Virgilio, ecco, sorse; il piú felice
D’ogni altro, sia che le foreste e i campi,9
Sia che l’armi ed il pio Troiano canti:
Inver la Musa del Siracusano
Vinta egli appena, Esiodo soggioga,50
E con Omero altissimo contrasta.
OrsúFonte/commento: norm. chi dunque cento lingue in questo
Momento mi darà, perch’io di carmi
Sí splendidi favelli, alto, con voce
Resa immortal? Chi mi darà ch’io vinca55
Con latine armonie, novello Orfeo,
Le sicule sirene, in quella ch’osa
Con verso ardito il mio povero culto
Le tue bellezze disvelare, o sommo
Infra tutti i poeti, e, come Atlante,60
Sovra le spalle sostenere il mondo?

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Donde l’inizio alla gran lode? Dove
Il termine? Sospeso la gran copia
Mi fa restar della materia. Tale
Sui gioghi del selvoso Ida rimansi65
In dubbio il legnaiuol qual tronco in pria
Debba colpir della foresta immane.
Qui di nobile ceppo ei sorger vede
L’ombroso faggio; qui l’antica quercia
Allargare le braccia, e là i composti70
Cipressi ergere il capo; e di Cibele
Col guardo le boscaglie ampie misura.

Al tuo primo vagir, presta, o Marone,
Dalla sublime vetta di Parnaso
Tra le muse Calliope discese,75
E te raccolto nelle dolci braccia
Resse, e, cullando, carezzò; tre volte
Le sue labbra alle tue giunse, tre volte

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I destini ti lesse, e tre le tempia
Ti ricinse di lauro. Alla tua cuna80
Tosto piccoli doni ogni altra adduce:
Fanno esse a gara in offerirti il plettro,
E la lira, e le pelli ed il vincastro;
Ed anche la multifora zampogna,10
Per disposare la canzone al suono,85
T’adducon esse; e, insiem con gli usignuoli,
Il digradante calamo cerato.
Indi tre volte con sommessi accenti
L’invid’occhio scongiurano, e altrettante
Ti toccan della baccara la fronte.90
E giunger ecco dall’Eliso Manto,
Conscia dell’avvenir; Manto, la quale
Generava col Tebro il giovin Ocno:
Ocno, che il nome della madre impose
A te, Mantova. Giunge, e, i crin scomposti95
Agitando e le bende, e una sanguigna

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Sua scure roteando, a questi detti,
Inspirata dal Nume, il labbro scioglie,
E fuor del seno i vaticinî esprime:

Mi sovvien, mi sovvien, d’augei propizi100
E di propizia folgore all’augurio,
Un giorno io ti dicea: Mantova, sorgi!
Sorgi, e una mole ad elevare attendi,
Una mole che attinga, alta, le stelle,
E in valor le piramidi sorpassi.105
Quanta gloria t’aspetta! Ed oh, per quanti
Tardi secoli andrai tu celebrata!
Vate divino nascerà, lo veggo,
Dalle superne sfere a te mandato;
A cui dell’immortal Giove l’ambrosia110
La Mente porgerà, figlia del cielo;
Che mirabili imprese celebrando,
Non sol l’argivo Lino e il tracio Orfeo,
O quei, che, per virtú della sita cetra,11

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La mia città costrusse, ma voi, Muse,115
Ma tu, Apollo, n’avrai, tu, maraviglia.
E sotto agli occhi del quïeto giorno
Ecco il pargol da gran tempo promesso,
Che, fin d’ora la vita salutando,
Con tenero vagir l’aura commove.120
Oh, gloria a te, fanciullo avventurato,
Progenie mia! Tremi la Grecia intera
Pel tuo natale, ed Ascra, a cui seconda
Palma fia per toccare, e Siracusa,
E Smirne pe’ lor serti abbiano téma.125

E da quest’ora a intesser carmi imprendi,
O divino fanciul, su lieve trama:
Né arrossir di cantare i sacrifizi12
Empi alle Furie, o il debito compianto
D’offerire a benefica zanzara,130
O di narrar di Làmpsaco le feste

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Al Dio Priapo, o liberi epigrammi
Di colorire su lascive carte;
Canta i Ciclopi e Bronte, e di Vulcano
Gli antri e i culmini ignivomi de’ monti,135
E la Trinacria, che vacilla al sordo
Rombo, ogni volta che di tra le nubi
Erutta fiamme, e provasi Tifeo
Di mutar lato; narra della trista
Scilla, ch’ali vestía rapide, Scilla,140
Che, d’eccessiva fiamma per Minosse
Ardendo, ahimé! con ferro inesorato,
Potea, crudele, il genitor dormente
Assalire e spogliar del crin suo bianco;
Crudel! Ma chi resistere a un amore145
Prepotente può mai? Crudel! Ma tua
È la colpa, o Cupido, è tua la colpa.
Questi io so che saranno i tentativi
Primi del vate, questi della Musa

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Sua giovanile e timida i preludi.150
Ma tu già il vate, o Roma, ecco a te chiami;
Già migrò lungi la molesta inopia,
Ed alle pie Camene ozi graditi
Mecenate dispensa. Io lo ravviso
Il molle giovin di regal prosapia;155
E te, massimo principe, discerno13
Tra i purpurei magnati e i venerandi
Senatori tener l’alma sospesa
Ai carmi, ed ascoltar tacito, immoto.
Tu nondimeno, o Mantova diletta,160
Troppo accosto alla misera Cremona,
A che ti duoli de’ perduti campi,
Lungo l’erboso fiume nutrïenti
I nivei cigni? O sconoscente, dunque,
Non vedi tu su le sciagure tue165
Quali doni raccolgano i Celesti,

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E quante gioie a compensarle? Roma,
Roma stessa, del tuo figlio si gloria.

Ecco, ed in riva al Falanteo Galeso,14
Titiro, a te, che modulando vai170
Teneri carmi d’uno speco in grembo,
Le pinete rispondono, e la selva
Pronta ridice d’Amarilli il nome.
E dall’ali agitate, allor che l’atra
Cicala un rauco suon vibra d’intorno,175
E d’umor rugiadoso ebra, frinisce,
Sui monti solitari Coridone
Cantore esalta il suo leggiadro Alessi,
E Alessi la fedele eco ripete.
Poscia, mentre l’impubere pastore180
Dalle sue canne disuguali fuori
Cava le note e fortunati amori
Va celebrando, lui d’aurato pomo
Fa bersaglio una Ninfa, e via lasciva,

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Ridendone in secreto, ai salci corre.185
Ma ne invitano omai cose piúFonte/commento: norm. gravi:
Lungi or di qua l’incredulo; e in divoto
Raccoglimento adorino gli eletti!
Dalle stellate regïoni Dio,
Dio stesso scende, dell’eterno Padre190
Pura essenza; e Colui, che tutto regge
Col suo volere, umana carne veste
Nel puro sen d’una fanciulla ebrea,
Onde sorrida al rinnovato mondo
Èra di pace. Oh! sovra tutti gli altri195
Avventurato figliuol mio verace,
Cui giacendo tra mezzo agli avellani,
Alla foresta, d’indagar fia dato
Quel che maturino i destini, e gli astri
Favorevoli annunzino; e che, fatto200
Del mio divinator spirito erede
Ricingerai delle cumane bende

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Le fatidiche tempia. Ora, su via,
Procedi, e l’ombra di conserte rame
Veli gelidi fonti, abbondi il suolo205
D’erbe, olezzino i fior legati in serti,
E affettuosa epigrafe scolpita
Sul tumulo solingo il vago Dafni
Ricordi, e Dafni con dolenti note
Esalti la zampogna. Ebbro frattanto,210
Del nostro Iacco precettor, Sileno,
Sen dorme in un quïeto antro supino,
Ebbro, e le vene turgide pel troppo
Vino bevuto: ed ecco, di nascosto,
Fanciulli audaci, ed una scaltra Ninfa,215
S’avventano su lui senza sospetto,
E prontissimamente gli fan laccio
Alla persona degli stessi serti,
Che caddero pur mo dal disadorno
Capo del veglio, ed i promessi carmi220

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C’han virtúFonte/commento: norm. di commuovere le selve
E le montagne a chieder gli si fanno.
E tra’ glauchi canneti, alle tue sponde,
Or ecco, o Mincio, Coridone, a prova,
Vince Tirsi nel canto; or di Damone225
Un desolato suon manda la tibia,
E il mesto carme di Damon susurrano
I pini della balza. Oh, ma qual tanto
Soave cosa, o Galatea, t’avvince
Al mar, che al lido Polifemo indarno230
Te con lusinghe invita? Oh sventurato!
Ma, inver, di lui piú sventurato Gallo
Ama, e Lícori sua lungi sospira;
Gallo, che gli orni rigidi del monte
Commiseràr: di cui la passïone235
Niun’arte valse a mitigare: Gallo,
Cui tentò invan di consolare Apollo.

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Ma basterà che questo il mandrïano
Tra la sua greggia abbia cantato. Cingi,
Mantova, tu vittorïosa il lauro.240

Ora in che suolo allignino le biade,15
A qual segno di stella si convenga
Romper la terra, e quando la stagione
Sia propizia alla falce ed all’aratro,
Ecco del forte agricoltor la prole245
Inesperta a te chiede. I boschi lascia,
O mio garzone, e via sovresso il carro
Di Trittolèmo sollevato, rendi
Lieti di biade i lazïali campi.
Né sen rimanga piú sola la vite,250
Ma innamorata all’olmo s’attorcigli,
E, nuova sposa, al suo diletto avvinta,
In porpora si tinga; alto, nel mezzo,
Di verdi frondi redimito il capo,
Dator di pomi Autunno padre sorga,255
E nella destra man colmo, o Acheloo,

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Regga il tuo corno; e l’albero di Palla,
Ampio, d’olive bicolori denso,
Stia, fiere lotte consigliando, e il lungo
Anno partisca con riverse foglie.260
Or tra fertili pascoli, tra balze
Selvagge, ombrose, quinci il giovin toro,
Cui tumefece l’età prima il fronte,
Con tenero muggir la madre sua
Chiamerà; quindi con lascivo salto16265
Scorrazzerà l’ingenua vaccherella.
Ma gli armenti, a cui già s’ergon sul capo
Con pieno giro le lunate corna,
Stimolati all’amor cozzin tra loro;
Nel mentre che il puledro, saltellando,270
Pe’ campi in fiore mareggianti scherza,
E nella fuga d’emular gli augelli
E i venti, o i fiumi di guadare, o in corsa
L’erte agogna di vincere, futuro

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Conquistator d’olimpiche corone.275
E i greggi, come la prim’alba rompa,
Cacci il pastore dalle stalle, mentre
L’erba ne’ prati rorida scintilla,
Mentre lievi e rotonde in cima ai curvi
Rami scherzan le gocce; e le cinifie280
Capre, malferme in su l’aerea balza
Vadan brucando gl’ispidi pruneti.
Poi dalla cava roccia, ove raccolti
Gli sciami stan, prorompano, e l’aulente
Rosa e il polline tenero de’ fiori285
Suggan le generate api dal marcio
Cruor del tauro, e, cariche le zampe,
Tornino all’arnie; ed or le fondamenta
De’ favi saldi glutine tenace,
Or le porte muniscansi, la ròcca290
E le bertesche, e le nettaree celle
Eriga in foggia esagonal la cera.

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Queste la prole e quelle il puro miele
A custodire intendano ed i fuchi,
Turpe gregge, discaccino; talora295
In civili discordie ardendo, a pugna
Si lancin ebre con lacerti e rostri,
E, nella notte, pieno di susurri
L’irrequïeto accampamento suoni.
Ma tu che i geli, e tu, che il caldo soffri,300
O suolo d’Ascra, a cui la sacra vetta
D’Elicona contende i rinascenti
Soli nel verno, il conseguito alloro
Non indugiare a sottoporre al mio.

Né già la culla del supremo vate305
Si contendano Smirne e Colofone,
Chio, Rodi, Salamina, Argo ed Atene;
Ha Mantova l’allòr della vittoria.
Ché il mio poeta, ch’esaltò finora

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Col suo timido verso e greggi e campi,310
Punto di viva bramosía, spogliando
Ogni timore, e spiriti gagliardi
Adunando nell’alma, aspre battaglie
Celebrerà con ammirabil carme.
Quale augellin, che d’affidarsi appena315
Alle brevi sue penne or or tentava,
Alla madre d’intorno in pria s’aggira
Ed al garrulo nido, e tratto tratto
Intra il folto degli alberi ristà;
E a poco a poco maggior lena piglia,320
E le vicine esplora acque stagnanti,
Posa, rivola e fugge imbizzarrendo,
Travarca alfin le nuvole sublimi,
S’affida ai venti ardimentoso, e tratta
Gli spazi via con remigar securo.325
E primamente il gran Troiano Enea17
Dilungherà dalle sicane prode,

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E rapirà col furïar dell’onde
Terribili, e coi nembi agli Afri lidi:
A lui Didone, del futuro ignara,330
(Questo il volere de’ Superni) stanza
Entro il cor suo darà, nella sua reggia.
E dell’empio Sinon gl’infingimenti,
E dei Greci gl’inganni, e i falsi giuri
Dell’incostante gente, e Pergamo arsa335
Dalle ree fiamme, e se stesso, dal mare
E dalla terra travagliato, l’ospite
Alla regina narrerà. La fiamma
Amorosa per gli occhi avidamente
Ella berrà frattanto, e, notte e giorno,340
La furibonda passïon nell’alma
Nutrirà l’infelice. Alfin nel meglio
Della caccia, la pronuba Giunone
Súbita pioggia effonderà dal cielo;
E Imen sarà nella deserta grotta,345
Né alcuna teda avrà, triste presagio!

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E, delle Ninfe in mezzo agli ululati,
Folgori pioverà l’etera giú.
Col favore dell’aure a solcar l’onda
Fia novamente per voler di Giove350
Sospinto Enea, novellamente in traccia
Degl’italici lidi, onde sul trono
D’Ausonia sieda il giovinetto Ascanio.
Ma per l’acerbo duol resa furente,
Deliberata di morir, Didone355
Il rogo ascenderà, le truci Erinni
Invocando tra’ voti; e ahimé! d’un tratto,
Nel niveo seno la dardania spada,
Tristo don!, volgerà la miseranda.
E la settemplice Iride frattanto360
Berrà l’onde a gran sorsi, e le tempeste
Dagli schiusi antri suoi lancerà ancòra
Il figliolo d’Ippote, e l’oceàno
Sovvertirà coll’impeto degli euri.

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Alle sicane sponde risospinti365
Stanchi i Troiani saran poscia, e accolti
Ospitalmente dal fedele Aceste:
Ivi con pompa di solenni esequie
Onorerà del genitor la tomba
L’eroico duce, e degni sulla spiaggia370
Celebrerà spettacolosi ludi.
E, perduto il pilota, anche una volta
L’onde solcando, alfin l’euboiche rive
Toccherà lagrimando. E poi che gli alti
Destini che l’attendono raccolti375
Dell’antica Sibilla abbia dal labbro,
Scenderà pure nell’Averno, e, o santa
Filïale pietà!, ne’ regni bui
Ricercherà del genitore i mani.
E su l’onda letèa della romana380
Futura prole avrà contezza, lieto
Di conoscer la stirpe alta di Iulo

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E della pace apportatore Augusto;
Per cui felici i secoli dell’oro
Volgeranno, e dal cui valido piede385
Fien le guerre calpeste. Indi ai compagni,
Felice il condottier, figlio d’Anchise,
Farà ritorno per l’eburnea porta,
E al tosco fiume drizzerà la prora.
Né quïete avrà ancor: lui fiere pugne390
Ahimé! aspettano, e gonfio dilagando,
Gran lutto il Tebro spargerà d’intorno.
Ma vigor novo da’ castali rivi
A te in cor scenderà, dolce rampollo;
Tempo è oramai, tempo è oramai, che vasto395
Prorompa il carme. Tèma arduo ne incalza:
PoichéFonte/commento: norm. sperar di vincere col verso
Altisonante e de’ guerrieri l’urlo
E l’annitrir de’ fervidi cavalli
Chi potrebbe? Pur tu lo vincerai:400

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L’armi, gli armati, l’impeto guerresco
E Marte stesso d’eguagliar col canto
Ti sarà dato, o principe de’ vati.
E già, volando impunemente Aletto
Sovra la terra, alla discordia infiamma,405
E con l’idre fischianti i pigri aizza;
E, duce ella medesima di guerra,
Con fiero stuolo le Saturnie mura
Crolla, e con ira ne disfà le porte.
Già de’ Latini s’adunàr le schiere;410
All’inflessibil morso, ecco, assoggetta
Il destriero la bocca reluttante,
E i cavalier volteggiano nel campo
Celeremente; dalle alpine vette
Gli stessi boschi giúFonte/commento: norm. scendon precipiti,415
Avidi, in frecce tramutati, il Frigio
Sangue di bere; già desío di pugna
Muta in rigido ferro il grave sarchio,

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Le capovolte marre in giavellotti,
Ed in celata il vomero stridente.420
Già le trombe guerresche con orrendo
Clangor le orecchie assordano, e dell’armi
Il minace fulgor la vista abbaglia.
E mentre il figlio di Citera eroico,
Seco l’agili mena arcadi schiere,425
E l’inviato a lui con fausto augurio
Pallante, audace giovane, e i Tirreni
Accompagnati dai piú lieti auspíci,
E a tante ardite imprese s’apparecchia,
Ecco il furente Rutulo, sospinto430
Da passïon malvagia, il fuoco avventa
Inutilmente alle troiane navi,
E maraviglia che altrettante ninfe
Sorgan d’un tratto a popolare i flutti:
Avido nondimeno egli di sangue,435
Irrompe negli accampamenti, e strage
Orribil mena, e pago alfin rinviene

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Nell’amica del fiume onda lo scampo.
Enea, vindice, arriva, e, su la spiaggia
Sicura, le alleate armi schierando,440
Di guerra annunzio, folgora nell’armi
Che gli vestí la genitrice Dea,
Mentre alla pugna tutte l’ire infiamma.
Come i destrieri gronderan sudore!
Di che nobile polvere bruttati445
Appariranno i príncipi! di quanto
Sangue bagnata sorgerà la terra!
Né l’asta che tu adori, unico Nume,
Né la tua destra, né feroce ardire,
Te, o Mezenzio, a scampar da glorïosa450
Fine varran; ch’anzi comune avrai
Col tuo figliuolo e morte e sepoltura.
Ma da soverchia bramosía di preda
Spinta e di gloria, temerariamente
Tu dove corri? O vergine guerriera,455

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PoichéFonte/commento: norm. pria gli empi agguati e le fischianti
Saette non avverti? E tu da l’alma,
Turno infelice, la tua gioia insana
Per l’involato cingolo deponi,
E per le spoglie del garzone ucciso.460
Dall’ira degli Dei guàrdati, o Turno,
Sconterai, sciagurato, oh! sconterai
Il fio della tua colpa, e cotest’alma
Ad Evandro e alle ultrici ombre è già sacra.
Cosí alla fine degli Achivi i danni,465
Pronta accorrendo a riparare, ai Teucri
La Vittoria con stanche ali rivola.
Grande conforto a voi pur tuttavia
Arrecherà per l’onorevol morte,
O magnanimi eroi, figli del cielo,470
Il giovine cantore, alla cui Musa
De’ valorosi le sovrane imprese
E la gloria pur anche, in ogni lingua,
Dirà la fama che non tace, a cui
Scorrerà sempre dal soave labbro475

[p. 33 modifica]

Una melliflua, rorida dolcezza,
I cui versi divini ardentemente
Brameranno emular nel canto innocuo
Le figlie d’Acheloo, su la cui bocca
Lusinghevoli avran sede le Grazie,480
Cui fia che intera i secoli vetusti
Cedan la gloria lor, maravigliando.
Ed anche tu, che avara te ne mostri
Verso i tuoi duci, a lui tributerai
Liberamente onori, alto, sorgendo485
Ad acclamarlo ne’ teatri, o Roma.

Come ciò dal fatidico suo petto
Manto ebbe espresso, il volto ricompose,
Ed al suo alunno tenera sorrise;
E, baciandolo in bocca, il divin estro490
Gl’infuse in core e gl’inspirò l’ardire,
E quindi nel leggiero äer disparve.

[p. 34 modifica]

Plaudír liete le Muse a tanto augurio,
Plaudirono le Ninfe, e ogni capripede
Fauno, ivi accorso dall’eccelse vette,495
Agitò le sue corna, e il vaticinio
Nell’adamante incisero le Parche.

OrsúFonte/commento: norm. voi dunque, a gara, o Fiorentini
Giovani infaticabili, ne’ sacri
Misteri delle Muse inizïati,500
Del poeta immortal meco accorrete
Ad ammirare i monumenti insigni,
Quali né tu giammai spiegasti, o Atene
Vetusta, all’aure, ne’ lustrali riti,
Sul peplo di Minerva immacolata,18505
Ogni volta che, in porpora fiammante
Ricamate, prendean vita le pugne;
Né furono le sette maraviglie,19
Che, per l’immenso antico mondo sparse,

[p. 35 modifica]

Con grande fama celebra la gloria;510
Perocché, né le sue mura battute
Da quadrighe belligere, né i pensili
Giardini suoi potrebbe Babilonia
A confronto recarne, o Delo il corneo
Altare di mirabile lavoro,515
O la splendida Rodi dell’immane
Febo la mole; non Caria il sepolcro
Tuo, Mausòlo; non Elide l’eburnea
Fidiaca statua; e non potría neppure
Lo stesso labbro del loquace egizio520
Esaltar le piramidi superbe;
Da poi che queste o ruinar percosse
Di Nettuno dal valido tridente,
Ovvero dalle tue frecce, o Plutone,
Od al feroce imperversar soggette525
Delle tempeste o all’impeto de’ venti,
Perirono consunte, o a poco a poco
Venner corrose dall’edace tempo.

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Ma del poeta l’opera permane
Eterna, e volge ai secoli piú tardi:530
E fino a che sul mondo addormentato
Risplenderan le stelle, e fin che il sole
Dall’arse terre nascerà dell’Indo,
E del giorno sarà nunzia l’Aurora;
Finché la primavera al tristo inverno,535
Ed all’estate seguirà l’autunno;
Finché il mare, fluendo e rifluendo,
Il suo grande respir trarrà dal seno;
Finché i misti elementi assumeranno
Mutevoli sembianze; di Virgilio540
Immortale starà sempre la gloria;
Sgorgheran sempre di perenne vena
I fiumi del suo canto; a tali fonti
I saggi ognora estingueran la sete;
E sempre produrran codesti prati545

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Fiori olezzanti, a cui voi liberete,
Benigne api, e di cui splendidi serti
Intrecceran le giovanili Grazie
Alle lor chiome. E chi di codest’arte
I miracoli, o giovani, scorrendo550
Non crederà di rimirare immense
Distese di marine e di paesi?
Lussureggiano qui ricche le messi;
Qui la greggia di molli erbe si pasce;
E qui di viti flessüose gli olmi555
Si rivestono; là s’ergon le roveri
Dallo stelo muscoso; in quella parte20
Le immensità dilatansi del mare,
Nel mentre in questa d’infeconde arene
Attristansi le spiagge; da quei monti560
Fredde l’acque precipitano giúFonte/commento: norm.;
Qua grandi massi ed imminenti, bocche

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D’antri là nelle rupi spalancate;
Dormïenti laggiú valli segrete;
Sí che l’aspetto delle cose vario565
Piú grata rende la mirabil scena.
Cosí lo stil fecondo atteggiamenti
Diversi prende: e or va con furïosa
Rapidità di fiume a somiglianza,
Or l’asciutto alveo scava, ora s’allarga,570
Or si raccoglie, or volvesi dimessa;
Or pieno ride di smaglianti fiori,
Ogni cosa or insiem mesce con gusto.
O dolci ozi de’ vati! o solo ai degni
Dolcezze note; o cari estri, o piaceri575
Eletti, o degli Dei mense immortali!
Chi, ciò vedendo, avrà de’ regi invidia?
Morbide vesti, a buon diritto, ed oro,

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E gemme, il volgo ignobile possieda,
Ma di qua vada lungi! Il santo rito580
Alcun profano vïolar non osi.

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Note

  1. [p. 242 modifica]* Prende titolo e soggetto dalla indovina tebana figlia di Tiresia, la quale dié il proprio nome alla città di Mantova, fondata da Ocno suo figlio e patria di Virgilio.
  2. [p. 242 modifica]La nave degli Argonauti tu costruita presso Pagasa, città della Tessaglia.
  3. [p. 275 modifica]


    Con volubile giro il piè discioglie.

  4. [p. 275 modifica]


    E dove eccelso platano con densa
    Piacevol ombra vigila:, ecc.

  5. [p. 275 modifica]


    Il gattice verdeggia, ecc.

  6. [p. 275 modifica]
  7. [p. 242 modifica]Nemesi, o Ramnusia da Ramno, borgo dell’Attica dove aveva un antico santuario, è la Dea della giustizia vendicatrice; distribuisce a ciascuno ciò che gli è dovuto, e porta fortuna o sfortuna, secondo ragione e dovere. Il Poliziano, come osserva giustamente il Del Lungo, compone liberamente questa figurazione, che è bellissima.
  8. [p. 242 modifica]Nestore (il vecchio da Pilo), e Ulisse (signore di Dulichio).
  9. [p. 242 modifica]Opere di Virgilio: la Bucolica, la Georgica, l’Eneide.
  10. [p. 275 modifica]


    E t’offron la multifora zampogna
    Per disposare la canzone al suono,
    T’offron di Pandïon gli augelli, insieme
    Col digradante, ecc.

  11. [p. 243 modifica]Anfione, figliolo di Giove e di Antiope, il quale fabbricò le mura di Tebe, patria di Manto, sonando la sua cetra.
  12. [p. 243 modifica]Allude a poemetti e versi giovanili erroneamente attribuiti dagli antichi grammatici a Virgilio: Dirae, Culex, Priapeia, Epigrammata, Aetna, Ciris.
  13. [p. 243 modifica]Cesare Ottaviano, il quale fu per qualche tempo condiscepolo di Virgilio quando frequentava le lezioni del retore Epidio.
  14. [p. 243 modifica]* Dà per ordine i titoli e i soggetti delle dieci Egloghe, che compongono la Bucolica virgiliana: Tityrus, Alexis, Paloemon, Pollio (Veste di nobilissima poesia la interpretazione data alla misteriosa egloga da sant’Agostino e altri scrittori ecclesiastici, che il fanciullo prenunciato in essa rinnovatore del mondo fosse il Messia. Cosí ella sarebbe un’eco de’ vaticini della Sibilla Cumana, i quali pure vengono citati da quelli scrittori. La interpretazione citata anche da Dante (Purg., XXII, 70) fu forse la principal causa della popolarità ch’ebbe nel medioevo il nome di Virgilio, la quale traspira pur da questi bei versi del nostro), Daphnis, Silenus, Meliboeus, Pharmaceutria, Moeris, Gallus.
  15. [p. 243 modifica]Georgica: la coltivazione de’ campi (lib. I) e degli alberi (lib. II); la cura del bestiame (lib. III) e delle api (lib. IV).
  16. [p. 275 modifica]


    Chiamerà; quindi con allegri salti

  17. [p. 243 modifica]* L’Eneide: Enea battuto dalla tempesta approda alle sponde affricane, ed è ospitato da Didone, lib. I; Racconta alla regina la caduta di Troia, la sua fuga e le sue [p. 244 modifica]vicende, lib. II e III; Amori e nozze di Didone; abbandonata da lui si uccide; IV. La tempesta caccia Enea in Sicilia ov’è raccolto da Aceste e onora di esequie la tomba di Anchise: si rimette in mare e perde nel viaggio il pilota Palinuro; V. Approda in Italia presso Cuma; consulta la Sibilla, dalla quale è scortato all’Averno, dove Anchise gli mostra le future glorie romane e la famiglia Giulia e Cesare Augusto; VI. Tornato, approda alle bocche del Tevere ed è accolto dal re Latino. Turno, re de’ Rutuli, gli si leva contro per opera di Giunone, e arma contro lui da ogni parte d’Italia; VII. Enea si prepara alla guerra: riceve da Evandro aiuto d’armi sotto il comando del suo figlio Pallante, e da Venere l’armatura; VIII. Intanto Turno lancia il fuoco alle navi dei Troiani, le quali Cibele trasforma in Ninfe; poi assale gli accampamenti, di dove è ributtato e costretto a gettarsi a nuoto nel Tevere; IX. Torna Enea co’ soccorsi ai suoi; attacca i Rutuli; muore per mano di Turno, Pallante; di Enea, Mezenzio e Lauso; X. L’esercito d’Enea sovrasta a Laurento, mentre i Latini tengon consiglio. Turno gli esce nuovamente incontro, occupando i monti, e affidando la cavalleria a Cammillo e a Messapo: morte di Cammilla; XI. Combattimento fra i due eroi, prima per due volte impedito da Giunone. Finalmente, venuti alle mani, e sopraffatto Turno da Enea e già quasi ottenuta a preghiere la vita, scuopre in mal punto la cintura che fu già di Pallante, ed Enea lo uccide. Nella morte di Turno si chiude il poema.
  18. [p. 244 modifica]Nelle grandi feste panatenee che si celebravano in Atene ogni quattro anni in onore di Minerva, dal 25 al 28 del mese Ecatombeone (luglio-agosto) con le corse, i giuochi ginnastici, le prove musicali e poetiche, le donne attiche offrivano alla Dea il croceo manto (πέπλος) su cui erano dipinte o ricamate in porpora od oro le gesta della divinità o dei piú illustri cittadini. Era sospeso a guisa di vela su di una nave munita di ruote, e con solenne processione recato al Partenone.
  19. [p. 245 modifica]Accenna alle sette maraviglie del mondo: le mura di Babilonia di tale larghezza da consentire l’incontro di due quadrighe; i giardini di Semiramide; l’ara cornea nel tempio di Delo; la statua colossale di Apollo in Rodi; il monumento a Mausòlo, re di Caria, fattogli erigere in Alicarnasso dalla moglie Artemisia II; il Giove di Fidia; le piramidi d’Egitto.
  20. [p. 275 modifica]


    Sovra il tronco muscoso; ecc.