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Le monete di Venezia/Sebastiano Ziani

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Sebastiano Ziani

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Vitale Michiel II Orio Malipiero

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SEBASTIANO ZIANI

DOGE DI VENEZIA

1172-1178.


Sebastiano Ziani, che successe al Michiel nel principato, resse saviamente la repubblica e rialzò le sorti di Venezia, ove ebbe luogo il memorabile incontro fra Alessandro III e Federico Barbarossa e fu segnata la tregua che condusse alla pace di Costanza.

Di questo doge abbiamo solamente il denaro o piccolo, bella monetina scodellata d’argento colla croce da entrambi i lati, che sul diritto ha il nome di battesimo del principe accompagnato dal titolo di Dux e sul rovescio quello di S. Marco. Niun documento o memoria ci dice in che epoca siasi cominciato a coniare tale moneta, che è la base del sistema monetario veneziano, ma sappiamo che essa era perfettamente uguale al denaro di Verona e che nelle provincie vicine, come a Venezia, si trattava indifferentemente in denari veneziani o veronesi, come se fossero la stessa cosa. Sino dal secolo scorso Brunacci aveva mostrato, coll’appoggio di documenti, che i denari veronesi ed i veneziani avevano contemporaneamente corso in Padova ed erano considerati dello stesso valore1; i più valenti eruditi di allora accettarono le sue conclusioni che sono confermate, oltreché dai documenti, anche dal fatto che i denari di Verona e di Venezia colla croce d’ambo i lati si trovano facilmente commisti quando viene alla luce qualche tesoretto di quell’epoca. La meta o calmiere dello stesso doge Sebastiano Ziani pubblicato nel 1862 dal fu [p. 70 modifica]commendatore Cecchetti2 determina i prezzi delle derrate in denari veronesi, ed è una nuova prova della parità del valore delle due monete e del fatto che a somiglianza dei veronesi erano stati battuti i denari veneziani; tutt’al più si potrebbe inferirne che i veneziani erano in corso da poco tempo e che i veronesi avevano guadagnato quella reputazione che viene da un lungo ed onorato servizio. È bene anche osservare che in quella antichissima tariffa di commestibili, quando si parla di veronesi senz’altro, si intendono, i denari, mentre che le lire ed i soldi vengono chiamati libras veronenses, solidos veronenses.3

La lira veronese, e conseguentemente anche la veneziana, derivano dalla lira di Carlo Magno, che è la sorgente ed il punto di partenza di tutte le monetazioni dell’Europa occidentale. Essa si divide in venti soldi, ognuno dei quali è composto di dodici denari e fu istituita dal grande imperatore riformando i precedenti sistemi dei Franchi, come ci viene narrato dalle cronache contemporanee. Carlo Magno ed i suoi successori non coniarono nè la lira nè il soldo, ma soltanto il denaro ossia 1/140 della lira, moneta che si trova facilmente nelle raccolte coi nomi delle principali città del vasto impero.

Sulla libbra, o lira di Carlo Magno dottamente scrissero illustri uomini che si dedicarono agli studi monetari ed economici in Italia ed in Francia, ma siccome il decreto o capitolare che la istituisce non è giunto fino a noi, e ci manca un campione, un modello fedele ed esatto di ciò ch’essa doveva essere, così le sapienti disquisizioni non sono riuscite a dimostrare con sicurezza l’origine storica ed il valore esatto di tale moneta. L’unico documento contemporaneo e sicuro sebbene non esattissimo, dal quale non si può allontanarsi, è il peso dei denari stessi, che essendosi conservato costante sotto i primi successori di Carlo Magno, è un freno sicuro contro i voli della fantasia.

Discussero gli autori del secolo scorso, se Carlo Magno [p. 71 modifica]avesse repristinata la libbra romana4 o sostituita la gallica5. Chi volle che tale nuovo peso corrispondesse alla libbra di 16 oncie adoperata in Francia ed in Germania e formata dal doppio peso del marco6, chi invece la cercò in un peso corrispondente a 12 oncie del marco7, opinione alla quale sarei tentato di accostarmi, ritenendo probabile un legame fra il peso della moneta e dei metalli colle altre misure, considerando le molte libbre ed i molti marchi esistenti in Francia, in Germania ed in Italia, come degenerazioni di uno stesso sistema, di cui resta traccia nell’analoga divisione.

Fra i moderni che si occuparono di questo interessante argomento merita una speciale menzione la memoria presentata nel 1837 all’Accademia reale di Francia dall’eruditissimo signor Guérard8, nella quale egli sostiene, dopo ricerche coscienziose, che la nuova libbra introdotta da Carlo Magno non fosse se non l’antica romana aumentata d’un quarto, fissando la prima in grammi 326 337/1000 e la seconda in grammi 407 97/100.

Il Fossati invece in altra dotta memoria9 presentata all’Accademia delle scienze di Torino, attribuisce un maggior peso alla lira di Carlo Magno, e la crede equivalente a grammi 434 416/1000, ed il cav. C. Desimoni10 in un recente lavoro sulla decrescenza graduale del denaro dalla fine dell’XI, sino al principio del XIII secolo, lo porta fino a grammi 467 124/1000. In Italia due grandi autorità si sono pronunciate in favore del peso proposto dal Guérard e cioè Domenico Promis11 e [p. 72 modifica]Camillo Brambilla12, ed io piegandomi a sì illustri maestri ho seguito il loro esempio in un saggio sul valore della moneta veneziana che ho letto all’Istituto Veneto. 13

L’indole e lo scopo del presente lavoro non mi permettono di dilungarmi su questo importante argomento; osserverò solo che il Guérard ha preso per base del suo sistema il peso medio dei denari di Lodovico il Pio, da lui valutato a 32 grani del marco di Troyes. Ora a me sembra che il peso medio degli esemplari di una moneta, dopo tanti secoli, non possa dare un idea esatta di quello fissato dalle leggi. Anche oggi noi vediamo che le monete appena uscite dalle officine raggiungono assai raramente il peso normale, perchè la zecca cerca di aumentare i suoi utili colla tolleranza, e se per caso qualche esemplare eccedesse il peso legale, esso sarebbe subito tolto dalla circolazione e fuso dagli speculatori.

Lo stesso diligentissimo signor Guérard ci dà il peso di 69 denari di Lodovico dei quali 16 oltrepassano i 32 grani ed alcuni raggiungono i 35 e 36, e saviamente egli fece a scegliere quell’imperatore che mostrò volere esattamente mantenuto il peso della moneta, ma tenendo conto del consumo per la circolazione e della ineguaglianza del peso naturale in tutti i tempi e più comune in quell’epoca, io ritengo che il peso normale del denaro dovesse essere tra i 34 ed i 35 grani di Troyes, e quindi più vicina al vero la lira di grammi 434,416 proposta dal Fossati.

Il denaro, sola moneta coniata nei primi secoli, conservò il suo peso quasi completamente durante il regno dei sovrani carolingi; ma decrebbe sensibilmente durante quello degli imperatori germanici, per cui i denari coniati a Venezia nel secolo XI coi nomi di Corrado e di Enrico, pesano circa la metà di quelli di Carlo Magno e sono di titolo inferiore. Nelle più antiche carte che parlano di moneta veneziana, essa viene calcolata la metà 14 di quella milanese, pavese od imperiale, che è quindi quella che più si accosta alla originaria.

[p. 73 modifica]Assai più rapido fu il deterioramento della moneta nel secolo XII, ed infatti i denari Veneziani coi nomi di Sebastiano (Ziani) Aurio (Malipiero) ed Enrico (Dandolo) pesano meno del quarto dei denari di Carlo Magno, sebbene contengano tre quarte parti di lega ed una sola di fino. Gli assaggi che ho fatto fare su tali monetine danno il titolo di 0,250 a 0,270 ossia, relativamente al peso di oltre sei grani veneti, essi contengono qualche cosa di più di un grano veneto e mezzo di buon argento, peso ed intrinseco che stanno in armonia con quelli del grosso istituito da Enrico Dandolo e di cui parleremo più tardi.

Siamo già abbastanza lontani dal valore e dal peso del primo denaro, ma la scala discendente non è ancora finita e si può anzi dire che non finisce mai, perchè il deterioramento della moneta è legge generale e costante. I tempi antichi e quelli del medio evo, ce lo provano cogli esempi di tutti i paesi, ed attualmente solo i freni artificiali ed i legami internazionali possono trattenere la moneta da questa china fatale. Il confronto col vecchio denaro imperiale e la esiguità del volume fecero dare il nome di piccolo al denaro veneziano, e poco a poco l’aggettivo sostituì il nome originario in modo da farlo dimenticare. Col tempo il nome di piccolo od il suo equivalente latino di parvus divenne ufficiale e rimase nelle scritture anche quando l’uso popolare diede al denaro altri appellativi.


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MONETE DI SEBASTIANO ZIANI.


1. — Denaro, o Piccolo (1/12 del soldo, 1/240 della lira). Argento, titolo 0,270 circa: peso grani veneti 7 (grammi 0.362): scodellato.

         D/ Croce patente in un cerchio + · EB · DVX ·
         R/ Croce patente in un cerchio + · · MARCV

2. — Varietà nel          R/ + · MARCV

Tav. V, N° 2.

OPERE CHE TRATTANO DELLE MONETE DI SEBASTIANO ZIANL

Zanetti Girolamo. — Dell’origine e della antichità etc. opera citata, pag. 47, n.° VIII della tavola, ed Argelati, Parte III, App. pag. 11 e 14, n.° VIII.

Carli Rubbi G. B. — Delle monete etc. opera citata, Tomo I, pag. 401, tav. VI, n.° L

Gradenigo G. A. — Indice citato, in Zanetti G. A. Tomo II, pag. 167, n.° X.

(Menizzi A.) — Opera citata, pag. 715.

Appel J. — Opera citata, Vol. III, pag. 1117, n.° 3905.

Lelewel J. — Opera citata, Parte III, pag. 33, tav. XV, n.° 1.

S. Quintino G. (di) — Opera citata, pag. 53 e 55 tav. II, n.° 9.

Zon A. — Opera citata, pag. 17 tav. I, n.° 7.

Schweitzer F. - Opera citata, Vol. I, pag. 71, (92) (93) e tavola.

Orlandini G.Catalogo di una serie di monete dei Dogi Veneti, etc. Portogruaro, 1855, pag. 1.

Biografia dei Dogi — Opera citata Doge XXXIX15
Numismatica Veneta

Padovan e Ceochetti. — Opera citata, pag. 9.

Wachter C. (von) — Opera citata. — Numismatische Zeitschrift, 1871 Vol. III, pag. 228 e 572.

Padovan V. — Opera citata, edizione 1879, pag. 9 — Archivio Veneto Tomo XII, pag 92, — terza edizione, pag. 8.


Note

  1. Brunacci J. De re nummaria patavinorum. Venetiis 1744, pag. 31-42 — Brunacci J. Della beata Beatrice d’Este, Padova, 1767, pag. 51.
  2. Cecchetti B. Programma dell’i. r. Scuola di Paleografia in Venezia, 1862. pag. 48 e seguenti.
  3. Documento N. III.
  4. Carli Rubbi G. B. Delle monete etc. opera citata. Tomo I, pag. 248.
  5. Le Blanc F. Opera citata, Paris, 1690, pag. 83.
  6. Carli Rubbi G. B. Opera citata. Tono I, pag. 249-251.
  7. Le Blanc F. Opera citata, pag. 83.
  8. Guérard B. Du système monétaire des Francs sous les deux premières races, Revue Numismatique française, Blois 1837, pag. 406.
  9. Fossati. De ratione nummorun ponderum et mensurarum in Gallis sub primæ et secundæ stirpis regibus. Atti della R Accademia delle Scienze. Torino, 1842.
  10. Mélanges de Numismatique. Paris 1882, pag. 52.
  11. Promis D. Monete dei romani Pontefici avanti il mille. Torino 1858, pag. 47.
  12. Brambilla C. Opera citata, pag. 56.
  13. Atti del R. Istituto Veneto. Tomo III, serie VI, 1885.
  14. Papadopoli N. Sulla origine etc., opera citata, pag. 29.
  15. 15,0 15,1 La moneta col busto del Santo disegnata da Menissi e riprodotta nella Numismatica Veneta, non fu veduta da alcuno, e probabilmente non ha mai esistito.