Le poesie religiose (1895)/Ebe
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EBE
Te fuggitiva da l’Olimpo, allora
Che un’egra ciurma spiritale avvolse
Di fantasme atre la febea dimora,
4La terra accolse.
Ma non tepor di ciechi dòmi, al novo
Rito canori d’incompresi pianti,
Non silenzio d’impervj èremi, covo
8D’esili santi,
Il tuo florido aspetto ebbe e il venusto
Lume che nei beati occhi ti ride,
Onde ascritto dei Numi al ceto augusta
12Fu l’Almeníde.
Chè non di fiacche membra e luttuose
Menti in ferali sottiglianze assorte
Tu dea ti piaci e non d’anime irose
16Prone alla morte.
Ben fra l’ombre uno stuol di giovanetti
Impazienti di servil costume
Spirar sentì nei liberati petti
20Il tuo bel nume;
Tal ch’erti i colli vigorosi e aperte
L’anime a un’aura di remoti aprili,
Dispettando le sacre ire e l’inerte
24Stupor dei vili,
Te, Bassareo, di cure acri ristoro,
Diceano, te dicean, rosea Ciprigna,
Che delle grazie e degli scherzi il coro,
28Guidi benigna.
Ode il canto augurale Ausonia madre,
Odon l’itale muse, ed un’aurora
Primaverile d’anime leggiadre
32Le terre infiora.
Indi a qual con pensier provvido, e schietto
Costume e pure labbra al vero intende,
A qual di carità semplice in petto
36Fiamma s’accende.
O che dell’arti vereconde al mite
Raggio l’innamorato animo inceli,
O al patrio bene in sagge opere ardite
40Fervido aneli,
(Sol che in torbide brame oltre il segnato
Fine il poter natio troppo non forzi,
Ma signor di sè stesso ogni malnato
44Impeto ammorzi).
Una fede operosa, una gentile
Esuberanza il tuo sorriso induce,
Sì che placido e forte il giovanile
48Tempo ei produce.
Ma tu, celere dea, più che fugaci
Petti al dolore ed alla morte sacri,
Del miglior de’ tuoi fieri e de’ tuoi baci
52L’opre consacri:
L’opre ingegnose, onde il sapere e l’arte
Han perpetuo fra noi culto giocondo,
Ed ha del tuo rapido volo in parte
56Compenso il mondo.
Tu le terre del ciel con repentino
Spirito accendi e le stanche ombre avvivi:
Trescan albe ed aprili al tuo divino
60Passo giulivi;
Ed amor canta, ahi breve anch’esso, il forte
Nodo che il serra alla beltà: rapita
Dall’armonia flessànime la morte
64Sogna la vita.
O graziosa dea, m’odi: se ancora
Serbi il fato il tuo viso al gener nostro,
E da te vivo pregio acquisti ognora
68Opra d’inchiostro,
Del fragrante licore, onde immortale
Giovinezza alle pure arti consenti,
Or che nel lume di tue candide ale
72Trepido i lenti
Occhi da lungi ripensando affiso,
Aspergi il verso mio, tanto che, dòme
L’invide serpi, nelle menti inciso
76Viva il mio nome!
Non indegno di lui viva che tanta
Vena di melodia trasse dai cori,
Sì che al patrio Simeto un’altra pianta
80Porga altri fiori.
Felice! A lui le radiose cime
Tutte schiuse dell’arte un genio alato;
E amore e gloria, compagnia sublime,
84Gli erano a lato,
Quand’ei, vergin d’affanni e di vecchiezza,
Posato il capo sul tuo sen fiorito,
S’addormentò nella divina ebbrezza
88Dell’infinito.