Lettera pastorale in occasione della Quaresima per l'anno 1830 (Morozzo della Rocca)/Pastorale 10 febbraio 1830 (Morozzo della Rocca) - Seconda parte

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Lettera pastorale - Seconda parte

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Enciclica "Traditi humilitati nostrae" (Pio VIII)

[p. 20 modifica]Dopo così fatte esortazioni comprese nella Lettera ora enunciata del S. Padre, che vi tocchi praticare, o F. D., non istenterete a comprenderlo. Le cattive massime, i libri pestilenziali, le aggregazioni alle segrete società condannate da amendue le Podestà e spirituale, e temporale, che parevano una volta delitti parziali, e proprj soltanto delle Metropoli e delle Città, ora si sono pure sparsi nelle borgate e nelle campagne, e sino sugli ahi monti; ond’è che ripetiamo col massimo fervore ai Rettori delle anime quello che il Papa intimò a Noi: Vegliate, vegliate sul gregge che vi fu affidato. Dai paesi di montagna, e più poveri, abbiamo spesso ricevuti dei libri proibiti, e di là pure seppimo con nostro dolore, che taluni di quegli alpigiani stavano ascritti a segrete società, i quali dovendo per loro bisogno traslocarsi e viaggiare anche nei paesi eterodossi, lasciaronsi sedurre pello stare lontani dalle instruzioni, dalle pratiche della Religione, e dei Sagramenti, dalle velenose dottrine, portando poi seco nel ritornare a quando a quando alle patrie loro in un colla infame merce di empi scritti l’esiziale sistema di corrotti principj.

Al cominciare del nuovo anno corrente abbiamo alzata la voce nella nostra Cattedrale contro i propagatori, e lettori de’ libri interdetti dalla Chiesa, ed abbiamo dimostrato, [p. 21 modifica]che se taluni di questi possono per avventura a motivo di un’ignoranza non affettata scusarsi, la sola curiosità, conoscendo il pericolo, e l’ecclesiastico divieto, non iscusa dalla colpa, e dallo incorrere le statuite pene; ma che quelli soprattutto sono rei dei più gravi delitti che mai si conoscano nell’umano commercio, i quali si fanno a diffondere questo pascolo micidiale nelle popolazioni, e nelle famiglie. Zelanti cooperatori nel pastoral ministero, deh! replicate al vostro gregge questa cosa stessa, persuadendogliene con efficaci ragioni la verità; e voi, padri e madri, cui per debito di natura, e di Religione tocca di vegliare sulle anime della vostra prole tanto che non arrivino a corromperne il candore della fede i nemici che assai d’appresso vi circondano, se strappereste dalle mani dei vostri figlj il ferro, o una mortifera bevanda che ne minacciasse i giorni, quanto più avete da toglier loro que’ libri per consegnarli alla Chiesa, dalla lettura de’ quali ogni pestilenza ridonda a danno non solo della propria loro eterna salute, ma anche a pregiudizio vostro, e delle famiglie, di cui sagrificando ogni onestà di sentimento, saranno il tormento, e la rovina.

La santità del Matrimonio è pure un punto che preme assai al Padre universale della Cattolica Chiesa di rammentare. Il vincolo indissolubile, la fedeltà del talamo, l’educazione della prole, e la grazia che pel sacro rito si conseguisce, denno servire di materia ai Pastori per ben instruire intorno ad un Sagramento, che è grande nella Chiesa di Dio, i Fedeli su cui presiedono. E sebbene sia [p. 22 modifica]vero che da probi genitori nascono talvolta malaugurati figlj, per l’ordinario però deriva il gastigo di una perversa generazione dalla profonda ignoranza pratica sopra i doveri di questo stato. Per effetto della medesima inoltre o diviene il Matrimonio un giogo insoffribile perchè abbracciato colle viste della cupidigia e della passione, non già con quelle che addita la Religione; o una sorgente di guai, di lamenti, e di affanni, perchè nessuna premura si ha di consultare, e di seguire gli ammaestramenti dettati dalle divine Carte nell’elezione de’ conjugi; o un oggetto di scandali infiniti, perchè si calpesta quel giuramento espresso in faccia ai sacri Altari, e si fa servire a’ misteri d’iniquità un Sagramento santo così che costituisce la sua essenza una rappresentanza continua di quell’immenso amore che palesò Gesù Cristo alla sua Chiesa, e di quella unione con cui è agli eletti suoi veramente congiunto. Combattete, o Ministri del Dio vivente, che siete con Noi le sentinelle, e le vive lucerne del Santuario, combattete quella falsa mondana filosofia, che sottentrò ai nostri giorni alle regole del Vangelo, e quello spirito di orgoglio fatevi ad espugnare, che tenta innalzarsi sopra la fede, e la stessa Divinità: motivo per cui il gran Sagramento una semplice cerimonia oggidì da una gran parte de’ professori dei Cristianesimo si estima, al Matrimonio correndo irriflessivi, indisposti, ed ebbri solo di una fallace giocondità. Torni per opera di voi, torni al Sagramento del Matrimonio l’antico lustro di quella vicendevole unione e pace fra i conjugati, che ne forma la pura felicità; di quella santità nei [p. 23 modifica]mutui doveri, che lo rende onorato, allontanandone ogni contaminazione; di quella fedeltà, che è nemica di ogni altra fiamma, per cui apresi la via alla licenza ed al delitto; di quella concordia insomma di sentimento, in forza della quale il Matrimonio sia un commercio di virtù, un impegno a procurare ai consorti la vicendevole santificazione congiuntamente a quella de’ figlj portati alla virtù ed al bene più colla edificazione de’ buoni esempj dei genitori, che coi ragionamenti, e colle teoríe.

Non vogliamo estenderci di più, D. F., per non allontanarci dallo scopo primiero, che si è quello di dichiararvi la mente del S. Padre espressa nell’Apostolico Indulto per l’uso delle carni nel corso della prossima Quaresima. Vi diciamo pertanto, che avendo Egli per tratto di sua clemenza al nostro arbitrio, ed alla coscienza nostra rimesso una tal grazia, autorizziamo tutti a nome di Lui a goderne nella nostra Diocesi, compresi i Regolari dell’uno, e dell’altro sesso, quando non siano da voto speciale astretti ad usare dei cibi di magro. Vuole però Sua Santità, ed espressamente comanda: 1° che l’uso delle carni serva per una sola commestione; 2° che sia sbandita la promiscuità di carne e di pesce nella stessa mensa; 3° che si osservi esattamente il digiuno, tranne il caso della dispensa a motivo d’impotenza, o d’infermità, e della cui necessità abbiasi il giudizio del Medico; 4° che debbansi eccettuare dalla grazia suddetta, oltre il Venerdì e Sabato di ciascuna settimana, i Mercoledì delle Ceneri, e dei Quattro Tempi, le Vigilie delle Feste di S. Giuseppe, e dell’Annunziazione [p. 24 modifica]di M. V., e gli ultimi quattro giorni della settimana santa: in questi giorni perciò non si potrà godere del privilegio delle carni, e dovranno essere di magro i cibi, usando cioè le ova, ed i latticinj.

Ingiungendoci poi il Sommo Pontefice che vi esortiamo, o F. D., a compensare la sua condiscendenza con altre opere pie, massimamente con l’esercizio dell’orazione, e con prestare ajuti caritatevoli a favore dei poveri secondo lo stato, e la condizione di ciascheduno, lo facciamo con quel maggior ardore che per Noi si possa, essendo grande e il bisogno che sentiamo del divino soccorso, e le calamità conoscendo che affliggono i miserabili. Pesate bene quelle espressioni del Capo della Chiesa, e sia vostra premura di compensare con frequenti preghiere la remissione dell’astinenza che vi concede, e coll’assiduità ad ascoltare la divina parola, ed assistendo devotamente al sacrosanto Sagrifizio della Messa, e portandovi all’adorazione di Gesù Sagramentato. Compensate parimenti, o carissimi Figlj, tale sottrazione al rigore della quaresimale penitenza, voi specialmente o ricchi e facoltosi, col venire in soccorso di tanti infelici, che in un anno qual si è il presente, mal difesi dal rigore della stagione, languiscono per la fame senza nè anco trovare col lavoro a guadagnarsi il pane per sostentarsi. Deh! non si verifichi di voi quello che da prima abbiamo detto, vale a dire, che piace, e collaudasi la Pontificia clemenza sinchè comparte i suoi favori, che vanno a genio delle inclinazioni; ma che disgusta la sua autorità quando suggerisce cose che incomodano, siccome [p. 25 modifica]appunto si è la limosina, che trovasi difficile perchè non si confà col disordinato affetto di arricchire, e colla cieca ingordigia di accomunare sostanze.

Sia pertanto la limosina in circostanze, come sono le attuali, che si sentono calamitose e gravi, secondo lo stato e la condizione di ciascheduno, e non così scarsa che non si possa riconoscere il desiderato compenso. Il compartire una qualche moneta d’infimo valore ad un poverello sarà certamente per taluni un’elemosina non solo compensativa, ma fors’anche eccedente le forze della condizione di chi la conferisce, ma sarà poi tale per chi è onusto di danaro e di dovizie, ovvero abbonda di ogni genere di biade.......?

Lasciamo ai nostri Ven. Fratelli Pastori delle anime nel leggere questa Lettera al loro popolo per due continue Feste, siccome loro commettiamo, di perorare la causa dei poveri; ed alle loro esortazioni aggiungeranno quella di aver presenti nelle orazioni, che nel tempo della Quaresima farannosi più fervide e prolungate dai Fedeli, primamente la Santità di N. S. PIO VIII, l’Augusta STIRPE SABAUDA che ci governa, ed anche la persona di Noi, che con tutta l’effusione del cuore compartiamo a tutti la pastorale benedizione.

Novara; dal nostro Palazzo Vescovile li 10Febbrajo 1830.

GIUSEPPE Card.le Arc.o-Vescovo

P. Basso Segret.o