Lettere (Campanella)/CXI. Ad Urbano VIII

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CXI. Ad Urbano VIII

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CX. Al nunzio apostolico Giorgio Bolognetti CXII. Al cardinale duca di Richelieu
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CXI

Ad Urbano VIII

Non lui ma l’Alvarez è un falso tomista. Quindi si trae in inganno il pontefice; e non solo in questo. L’esule non riceve dal principio del febbraio 1636 un quattrino dal nunzio, quando è meglio morir martire che di fame.

Santissimo Padre,

Vostra Beatitudine è ingannata in materia della solit’elemosina; perch’io dal principio di febraro fin al giorno presente non ho avuto un quattrino, come può veder dalla ultima poliza sodisfattoria che donai a monsignor Mazarini. E monsignor Bolognetti mi dice sempre che non ha ordine di darmi cosa etc.; e mi si deveno duecento scudi di dieci mesi. Vostra Beatitudine anche è ingannata in quel che le dicono ech’il Centon cavato dalle viscere di san Tomaso sia contra san Tomaso e contra la religione, ed inclina a Pelagio. Perché son parole [p. 370 modifica]tutte di san Tomaso, il qual risponde a quei che dicon inclinar al pelagiano; ed io rispondo a ciò pur con le stesse sue parole in detto libro. Ed è solo contra la fede moresca fundata falsamente in san Tomaso dall’Alvarez: perch’il Lemos s’è poi ritrattato in materia de reprobazione, come pur sant’Agostino s’è ritrattato in libro Responsio ad articulos sibi impositos ab episcopis Galliarum, e san Prospero nella difesa di sant’Agostino. Di piú con me è il Caietano e ’l Iavello e ’l Capreolo, princeps thomistarum. E li gesuini in parte quando contradicono alla predestinazion antecedente; e la misero consequente alla explorata da Dio voluntá nostra. E meglio l’averian a mio parere posposta all’esplorata final conscienza quanto a noi: ché quanto a Dio tutto è noto nella coesistenza delle cose all’eternitá; e nulla è previso, né postviso, ma tutto conviso, secundo san Tomaso.

Talché questo libro guasta tutta la machina delle conscienze macchiavellistiche, però fa rumor appo costoro della setta. E san Tomaso dice nell’opuscolo 72, che dove lui è vario nei suoi libri, «eligat unusquisque eam sententiam quam consonantiorem veritati iudicaverit»; ma non dice quel che piacerá all’Alvarez contrario agli antichi tomisti etc. Padre Santissimo, questo libro concerá le conscienze di catolici che piú non han bisogno di riforme, le quali son vane mentre si crede che nascimur iudicati et non iudicandi; e con questo libro ognun riforma se stesso ed obedirá a Vostra Beatitudine in conscienza. Invan si commanda al zoppo che camini bene, se pria non ci sanate le gambe; e solo solo questo può convincer li eretici. E qui si prova ogni dí in Francia ed Anglia, dove andarò se la regina mi chiama, come si dice. Meglio morir martire che di fame. Vostra Santitá lo saprá dall’inglesi convertiti chi mandai in Roma al Santo Officio ed all’eminentissimo Barberino chi a torto m’è averso.

Di piú supplico mi dia licenza di tener benefici simplici e pensioni, mentre fatico per la fede due volte la simana, e farò ogni mese conclusioni contra ugunotti chi treman né san rispondere. Veda le relazioni: l’ha Favilla il qual deveria [p. 371 modifica]esser a Vostra Beatitudine raccomandato etc. Qua non si paga. Io sto mendicando. Al re non parlo per non dispiacer a’ ministri; i ministri dicon e non fanno; ed alcun m’invidian la grazia del re e del Cardinal duca. Il quale non sta mai otto giorni in un luoco; e quando averò buscato carozza per trovarlo, o è partito o tratta con ambasciatori o etc.; e mi fa carezze assai e comanda a’ ministri che sia pagato, ma poi non si fa: e pur si serve di me in cose a lui gloriose ed al regno non inutile. Ho detto a Vostra Beatitudine; intende.

Il Rodolfi sempre scrive contra me per mettermi in disgrazia a seculari, non che a frati, perché mi persequitassero con secolari ed in convento. Se mi dá licenza, scriverò quel che da Nostradamus si cava, che Vostra Beatitudine ha da viver diece altri anni; le cui dicerie esaminate con gli eventi passati son di stupore insolito, perché ci mette i nomi. E quel che fo con li sorbonici, e vittoriosamente per l’autoritá del santo pontefice, e con li padroni per li benefici di Lotaringia, il signor abbate di Barlam[ont] lo vede, e chi vol saperlo senza invidiarmi la grazia di Vostra Beatitudine, alla quale senza fine mi raccomando e prego da Domenedio vita lieta e lunga a ben del popolo di Dio. Amen.

 Parigi, i decembre 1636.

Di V. B. baciando i santi piedi
servo fedele e cordiale, il
Frate Campanella delle glorie sue.


Li mando l’eresie dell’Alvarez contra san Tomaso e contra me, difese da Rodolfi suo discepolo.