Lettere (Sarpi)/Vol. I/110
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CX. — Al signor De l’Isle Groslot.1
Col corriere passato io ricevei insieme due di V.S., una delli 15, l’altra delli 28 d’ottobre; ma non in tempo di poterle rispondere. La prima mi ha portato molto dispiacere, intendendo l’infirmità ch’ella ha patito, e che per ancora non era interamente risanata: io non posso sentir disgusto maggiore, che la indisposizione degli amici. In quel medesimo tempo che mi vennero le sue, successe anco la morte del clarissimo2 Alessandro Malipiero, la cui perdita è molto dannosa a questa città, per la bontà e libertà grande che regnavano in lui.
La buona intelligenza tra questa Repubblica e il pontefice è così perfetta in questi tempi, che si può dire restino ricompensati li disgusti passati.
Del negozio di Giuliers qui noi abbiamo tali nuove, che ci fanno pronosticare fine non troppo conforme al desiderio di quei principi. Si vede che hanno pochi denari, e quei pochi sono più inchinati a spendere in nozze, che in guerra; e Dio voglia che vi sii tanta buona intelligenza interiore, quanto l’esteriore mostra. Se l’imperatore attendesse o curasse questo negozio, si potrebbe tenere che al sicuro si concludesse al suo voto.
Il libro del re d’Inghilterra non fa più parlar di sè, quantunque sii uscito un altro di Bellarmino. Io l’ho letto tutto, e non so dire altro, se non che quel cardinale, sì come diviene debole di corpo, riesce anco meno forte d’animo. Il soggetto e la forma sono assai dozzinali. In quello egli ha dichiarato che il libro di Torto3 era suo, al quale non avendo voluto inscrivere il suo nome per degni rispetti, per osservanza delle regole ecclesiastiche, glie n’ha messo un altro: con mia molta maraviglia quali siano quelle regole ecclesiastiche che permettino, non che constringano, scriver sotto nomi suppositi.
Tengo gran obbligo a V.S. della fatica usata per aver il libro De modo agendi, e facilmente entro nel parere suo, che possi esser un fantasma di Gressero: però la prego non faticarsene più. Quanto ad altri libri, è necessario aspettare qualche poco di tempo, in quale si disfacciano alcune poche nube; e acciocchè V.S. non prendesse pena di mandar cosa che si potesse aver qui, io crederei che fosse bene mandarne prima un indice.
Dalli padri Gesuiti, avemmo già pochi giorni nuova che in Boemia li hanno condennati a contribuire delle loro intrate la porzione per le fazioni pubbliche, e proibito l’acquistar maggiormente, e comandato che volendo insegnare, si mettino sotto il presidente dell’Università: ma essi sono stati così buoni maestri, che hanno saputo voltar ogni cosa in bene; e mostrato che, contribuendo alli carichi pubblici, non vi è ragione di proibirli li acquisti, e che sotto il presidente dell’Accademia non possono essere per le loro constituzioni; per il che saranno necessitati restare d’insegnare: laonde hanno ottenuto d’insegnar liberamente, e di acquistare quel che potranno, con condizione di pagare al pubblico. Io aspetto bene che superino ancora questa difficoltà.
Dopo scritto sino a questo segno, ho ricevuto quella di V.S. delli 11 novembre; dalla quale veggo come ella prudentissimamente ha giudicato, che la corte romana non averebbe detto cosa alcuna nel caso dell’abate Cornaro; sì come anco nelle altre cose la passa con grandissima facilità, nè mai si ebbe meno da fare che al presente di costà. Senza dubbio è venuto il vento della tranquillità; quale avendo tentato per duoi anni nè essendoli riuscita la parte di qua, ha tentato quella di là.
Il cambio degli aiuti in consigli di Cleves era preveduto, e già si vede che a voi basta essere arbitri del negozio. Le cose di Boemia senza dubbio sono state fatiche vane, avendo medicato il male4 e lasciato il cancelliere, causa del male. Di Stiria e di Carinzia par che non si parli più; se non che, la fama che va a torno, che il re di Spagna prometta assistenza a quell’arciduca, fa credere che ancora vi sii qualche moto non apparente.
La via di mandar li libri non credo che per ora sii molto sicura, e credo che sia bene che V.S. aspetti nuovo avviso. La difesa de’ Gesuiti scritta dall’abbate di San Vittore, ha fatto ridere assai il Muranese e altri, e sarà sprone per fare qualche cosa di bene. Veramente il signor Badoero è stato conosciuto da me per gentiluomo d’ingegno e di spirito; delle quali cose ne potrei ancora render buona testimonianza, sì come anco potrei dire il mio parere intorno alli negozi, quando in cosa sì fatta li avesse maneggiati: ma dovendolo giudicar in questa secondo la regola dell’amicizia, mi bisogna presupporre che vagli in questi ancora. Io credo che appoggiarsi sopra il mio testimonio, sii il fermarsi sopra una canna rotta, e ch’egli lo faccia più per dar a me onore, che per riceverne.
Io ho fatto l’ufficio col signore Molino, al quale è dispiaciuto l’intendere la causa per che V.S. sii stata impedita da scriverli, cioè la sua infirmità; perchè, sì come desidera la sua grazia e amicizia, così non vorrebbe ch’ella gli scrivesse con incomodo. Io non ho mandato sino al presente la cifra, perchè dopo ch’io le scrissi sono nati diversi accidenti che mi fanno differire.
Credo che a V.S. sarà giunto avviso come l’ambasciatore delli Stati d’Olanda è stato ricevuto, trattato e accomiatato, come si costuma qui fare verso li ambasciatori regi. È stato destinato, per corrispondere all’ufficio fatto da lui, il signor Tommaso Contarini; uno di quelli che nelle occasioni occorse, quando V.S. era qui, sostenne con molto decoro la libertà pubblica. Doverà partire all’aperta dell’anno, cioè alla primavera.
Adesso tutti i pensieri sono volti alla Germania; dove anco pare che il negozio di Cleves non sii principale, poichè le due leghe, una di Magonza5 e l’altra d’Halla, opposite, se non averanno contenzione per quella cosa, l’averanno per un’altra.
Qua corre voce che li Spagnuoli siino per fare levata di Svizzeri e di Tedeschi: alcuni vogliono per causa delli Moreschi di Valenza, altri per le cose di Germania, e alcuno sospetta anco qualche cosa d’Italia. È bene cosa certa che la lega di Magonza ha ricercato che si unisca con lei il papa, il re di Spagna e l’imperatore. Questo ha risposto parole generali; quelli hanno promessa assistenza, senza voler descender a particolare confederazione. Dio sarà quello che disponerà le cose tutto altrimente di quel che gli uomini disegnano: il quale prego che doni a V.S. intiera sanità e tutte le sue grazie; e le bacio la mano per parte del signor Molino e padre Fulgenzio, e per mia affettuosamente.
- Di Venezia, li 9 dicembre 1609.
Note
- ↑ Dalla raccolta di Ginevra ec., pag. 203.
- ↑ Nella prima stampa, assurdamente: figliuolo.
- ↑ In detta, erroneamente: di tutto. Vedi la nota 4 a pag. 345, ed altre.
- ↑ Invece di questa parola è nella prima stampa un asterisco. Il supplimento fattosi sembra a noi troppo naturale.
- ↑ Era questa una lega formata dai principi cattolici, in opposizione a quella dei protestanti.