Memorie dell'apparizione e della chiesa di S. Maria della Castagna nella parrocchia di Fontana/La chiesa di S. Maria della Castagna
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LA CHIESA di S. MARIA
DELLA CASTAGNA
Fra le varie apparizioni onde Maria SS. volle consolare i suoi devoti, e che diedero origine a’ suoi Santuari nella nostra Diocesi, una delle più antiche è quella a ricordanza della quale fu eretta la Chiesa che porta il nome di S. Maria della Castagna. Il fatto avvenne nel modo seguente.
Alle falde d’una collina, presso al confine che divide le due parrocchie di Fontana e di Breno, era un castagneto di proprietà del Sacerdote Giovannino Moroni. Starasi in quello nel giorno 28 Aprile 1310 inteso per avventura a’ suoi lavori un pio agricoltore, quando improvviso si vide innanzi una Donna di venerabile aspetto. La quale, volgendogli benignamente la parola, gli fe’ manifesto che ella era la beatissima Genitrice di Dio: si recasse dagli uomini de’ circonvicini villaggi ed, esposto il fatto, ordinasse loro, che dovessero in quel luogo ergerle un oratorio: anche segnò il sito, ov’era suo volere, che si innalzasse la fabbrica. Corsa la voce di tale apparimento, tutto il popolo bergamasco traeva a quella volta, mosso eziandio dal gran numero de’ miracoli, che ogni giorno vi si operavano. Non sì tosto riseppe queste cose il Sacerdote Giovannino, ebbe a sè gli abitanti delle ville vicine, vale a dire Breno, Ossanesga e Fontana, e donò loro quel suo podere, perchè v’innalzassero una chiesa in onore della gloriosa Madre di Dio, pregandoli a voler eleggere alcuni, che se ne pigliassero il carico. Onde senza metter tempo in mezzo furono sopra ciò ordinati cinque; i quali, ottenuta da Monsignor Vescovo la licenza, eressero un altare e posero mano alla fabbrica.
Tale, secondo i pubblici documenti, è l’origine della chiesa di S. Maria della Castagna. Ma la tradizione, conservatasi presso agli abitanti del luogo, aggiunge alcuni particolari de’ quali negli atti, ove il fatto è narrato con tutta brevità, non trovasi espressa menzione. La B. V. sarebbesi mostrata non ad un solo, ma a due contadini del luogo, forse, a quanto sembra, padre e figlio; e per segno della verità di sua apparizione, avrebbe e in quel tempo, cioè nel mese di Aprile, fatto sopra un vicino castagno crescere all’istante le foglie e maturare i frutti. A questa tradizione dà testimonianza autorevole un’antica rozza pittura a fresco in una cappelletta a poca distanza dalla chiesa, la quale pittura, essendo molto guasta dal tempo, fu, insieme colla cappelletta, ristaurata e rinnovata. Veggonsi in essa due contadini in atto di grande riverenza, l’uno ginocchione, l’altro in piedi colle mani giunte e col rastrello del quale servivasi a radunare le foglie secche; e la B. V. loro apparsa alzare il dito verso un alto castagno, su cui tra le verdi fronde si distinguono i ricci aperti che mostrano i frutti già maturi.
Questa chiesa a principio ebbe forma di cappella aperta, o almeno non fu in ogni lato chiusa di muro, comechè spesso vi si celebrasse la Messa: tale la trovò il Santo Arcivescovo Carlo Borromeo allorchè nel 1575 recossi a visitare la città e diocesi di Bergamo. In qual tempo sia stata ridotta com’è di presente, non può dirsi con certezza. Un romito, talvolta due, in abito secolare e viventi di limosina, abitando in una casa quivi contigua, custodivano la chiesa. La quale si mantenne sempre in venerazione grandissima, come si ha e per tradizione e per le testimonianze scritte de’ venerati nostri Pastori; dicendosi negli Atti della visita fatta dal Vescovo Milani (1595) che è chiesa di divotione, e in quelli dell’altra fatta dal Grimani (1634) che è in veneration a’ popoli circonvicini. Non è quindi meraviglia, che quel dottissimo e venerabile uomo, che fu il nostro Arciprete Luigi Mozzi, tornato nel 1799 a Bergamo dopo quasi due anni, che per le vicende fortunose de’ tempi era andato in esilio, eleggesse questa chiesa a luogo di ritiro e a darvi gli esercizi spirituali. Giova qui riferire il fatto colle parole del suo biografo Sac. Giacinto Bassi Parroco di Alzano Maggiore. «Erano, dic’egli, da un giorno terminati questi Esercizi, che un’altra muta ne incominciò in una chiesuola campestre detta della B. V. della Castagna, contrada del villaggio di Fontana, a’ pie’ dei monti di Val-Breno, due miglia lontana dalla città, e dove nel tempo de’ guai i Congregati fervorosi erano soliti di pernottare le vigilie delle grandi solennità. Il Mozzi, che era ritornato dal suo esilio con una nuova lena per le umiliazioni e per le penitenze, si portava quasi ogni giorno scalzo per quei boschi vicini ad orare ed a meditare. L’esempio suo, la felice situazione di quel luogo, che pare da sè invitare al ritiro ed alla preghiera, il fervore della gioventù delle Congregazioni vicine, che era tutta accorsa ai SS. Esercizj, tutto combinava perchè animati tutti da un medesimo spirito, concorressero a volerla rompere col mondo, calpestare ogni umano rispetto, e far vedere pubblicamente anche coll’esterno l’interna loro contrizione del cuore; quindi si fecero quattro processioni di penitenza. L’abito del Mozzi era sempre quello della corda al collo, corona di spine in capo e piedi scalzi. La processione al Santuario della B. V. sul monte di Breno, se fu forse la più lunga per la distanza, la più incomoda per la pioggia che sempre l’accompagnò, la più meritoria per le diverse foggie e dolorosissime di penitenza, che molti avevano prese, e la più edificante per il molto popolo accorso, è sperabile che sia stata ancora la più utile; perchè il Mozzi, colto il momento, salì su d’un palco, e fece sentire a tutti che, ad imitazione de’ Niniviti, aveva vestito quell’abito, che ben sapeva, che sarebbe stata cosa ridicola, quando non fosse stato accompagnato dai sentimenti del cuore; che gli assicurava essere intenzione sua, e di quanti lo avevano seguito in quell’abito di voler far penitenza de’ loro peccati; che essi pure si dessero ad una salutar penitenza, perchè a Dio non mancavano nuovi castighi da mandare. Poscia con un volto tutto fuoco e con una voce ben sonora, li invitò tutti a dimandare ad alta voce misericordia, ed a dichiarare che nei loro cuori non vi avrebbe in seguito regnato che G. C. Dal Santuario della Castagna passò un’altra volta al casino del Paradiso per una muta d’Esercizj agli Ecclesiastici.1
Questo Santuario, chiuso nel 1808 in forza del vicereale decreto di soppressione, portò gravissimo pericolo di essere tolto per sempre alla divozione de’ fedeli e destinato ad usi profani. Il che sarebbe certamente avvenuto se non era la pietà e lo zelo del Sacerdote D. Bartolomeo Morlani, il quale, avendolo comperato, lo rese di nuovo alla pubblica venerazione. Di poi, il Santuario venne tutto restaurato e notevolmente abbellito.
Tale in breve è la storia della Chiesa di S. Maria della Castagna; la cui origine ci viene descritta da autentici documenti, che si conservano nell’archivio dei Conti Morlani di Bergamo, attuali proprietari di quel Santuario2.
Note
- ↑ Vita del P. Luigi Mozzi D.C.D.G., Novara dalla Tipografia di Girolamo Miglio 1823, pag. 153 e seguenti.
- ↑ Que’ documenti si trovano pubblicati per la prima volta nel libro sopraccitato, onde vennero estratte le presenti memorie. Uno di essi, cioè il sunto d’un’antica scrittura fatto e rogato da Girolamo Ceresoli pubblico notajo, non fu sconosciuto al Cornaro, che ne riferì le prime linee, applicandole erroneamente mente all’Oratorio di M. V. Addolorata della Ripa sul monte S. Vigilio. Ma lo stesso titolo di quella scrittura, che dice: Casus devotionis S.... della Castanea, e le parole, che precedono il rogito, cioè: A tergo pro S. Maria della Castanea, anche senza por mente al contesto, bastano a chiarire, come quel documento riguardi la Chiesa di S. Maria della Castagna. Il che si è voluto notare, perchè l’errore del Cornaro fu ripetuto dal Veroneso Continuatore del Gumppenberg, e più tardi dall’anonimo autore della Memoria istorica della miracolosa cappelletta dedicata alla Madonna Addolorata della Ripa sul monte S. Vigilio in Bergamo. Treviglio, Messaggi 1858.