Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XXXII - Ripristinazione della Collegiata.

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Capo XXXII - Ripristinazione della Collegiata.

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Capo XXXI - Canonicato Dalmazzone e Fabbriceria. Capo XXXIII - Seconda soppressione della Collegiata.
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CAPO XXXII.


Ripristinazione della Collegiata.


Ritornato il Re di Sardegna al possesso dei suoi Stati di terraferma fu sollecita la civica amministrazione di Ceva, nel far ricorso al Regio Trono, per ottenere la ripristinazione della Collegiata, che fu mai sempre considerata di gran vantaggio, e di particolar ornamento per la città.

Infatti addì 4 dicembre 1815, fece pervenire per mezzo del ministero degl’interni alle mani del Re Sabaudo Vittorio Emmanuele I, il seguente raccorso.

S.     R.     M.

La civica amministrazione di Ceva umilmente rappresenta essere stato dall’or cessato governo francese soppressa la Collegiata che da anni 500 e più è stabilita nella Chiesa parrocchiale della medesima.

Questa al tempo della detta soppressione contava dodici canonicati compresa l’arcipretura e penitenzieria.

I canonici attualmente esistenti non sono più che in numero di sette stante la morte degli altri cinque; ma de’ benefizi canonicali, di cui questi erano provvisti non è seguita l’applicazione, che di due di reddito tra ambi di ll. 600 circa all’arcipretura per supplemento di congrua.

Non vi è nel recinto della città di Ceva, che una sola parrocchia e venendo a mancare li predetti attuali canonici, che [p. 185 modifica]sono altrettanti coadiutori dell’Arciprete, prevede la ricorrente che verranno a mancare alla popolazione i mezzi della necessaria assistenza riguardo alla religione.

Di tre conventi che esistevano nella detta città, due d’essi specialmente, cioè li minori conventuali, ed i cappuccini somministravano predicatori e confessori a benefizio non solo della detta popolazione, ma anche delle terre circonvicine, ivi occorrenti specialmente pel sacramento della penitenza.

Ora essendo stati soppressi li suddetti conventi, e venendo sempre più a diminuirsi (stante massime l’affrancamento dei benefizi ecclesiastici) il numero dei sacerdoti anche nelle dette terre, diverse delle quali sono ridotte a non aver altro sacerdote che il solo parroco, ed alcune un maestro di scuola, verrà sempre più ad accrescersi il bisogno dei sacerdoti, non solo per la popolazione della detta città, ma anche delle popolazioni circostanti.

Non è perciò il solo decoro di cui verrebbe ad essere priva la detta città capo dell’antico marchesato di Ceva, e nel secolo decimosesto capo di ragguardevoli provincie, ma specialmente lo stato compassionevole in cui ragionevolmente teme di ridursi per rapporto alla religione, che spinge la ricorrente a prostrarsi, come si prostra al R. Trono della M. V. animata dal singolare zelo che Ella, ad esempio dei suoi augusti Predecessori, nodrisce per la santa religione, il più vero bene dei suoi amati sudditi, ed umilmente la supplica a volersi degnare per tratto di Sua Sovrana grazia e R. Munificenza, preso in benigna considerazione l’esposto, di ordinare a beneficio della detta città, e delle circonvicine terre la sussistenza della predetta Collegiata.

Che della grazia ecc.

Nè il presente raccorso, nè le replicate instanze del superiore ecclesiastico e degli stessi canonici sortirono il loro effetto se non li 7 settembre 1822, giorno in cui S. M. Carlo Felice emanò il R. decreto con cui si autorizzava la rierezione della Collegiata, essendo Vicario capitolare della [p. 186 modifica]diocesi di Mondovì vacante per la morte di monsignor Vitale avvenuta li 11 maggio 1821, il canonico arcidiacono Gio. Batt. Accusani Acquese, eletto poi vescovo di Vigevano, dove morì.

Questo ristabilimento fu festeggiato dai canonici e dai cittadini come un fausto avvenimento per Ceva, si cantò tosto un solenne Tedeum nella collegiata, sulla di cui porta maggiore si leggeva la seguente iscrizione dettata dal nobile patrizio Luigi Bassi di Ceva, cultore esimio delle belle lettere e della patria storia.

Adeste o adeste Cives, hymnum canamus Domino. Insigne Canonicorum Collegium pluribus abhinc saeculis in Deiparae gloriam, majorum pietate excitatum (nuper heu temporum jactura jam jam prope sublatum) Karolus Felix numen praesens, votis indulgens in patrium decus restitutum jussit; salve o Regum optime salve, Ecquas tibi pro munere grates?