Metodo per eseguire sulla carta il fotogenico disegno/Ateneo di Londra del 23 Febbrajo 1839

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Ateneo di Londra del 23 Febbrajo 1839

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Ateneo del 9 Febbrajo 1839
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Ateneo di Londra del 23 Febbrajo 1839.

Fotogenica impressione.


Il soggetto si divide (dice il sig. Talbot) in due capi — La preparazione della carta, ed i mezzi di fissare il disegno. Quanto riguarda, ciò che possiamo chiamare l’ordinaria fotogenica carta, l’Autore sceglie principalmente quella di buona e dura qualità, e di una superficie levigata, e crede che la [p. 25 modifica]migliore sia la sopraffina per iscrivere. La bagna in una debole soluzione di sale comune, e la fa asciugare in modo che il sale sia uniformemente distribuito fra la sua sostanza. Allora vi passa una soluzione di nitrato d’argento su di una sola superficie, e la fa asciugare al fuoco. La soluzione non sarebbe saturata se non viene sei od otto volte diluta con acqua. Quando la carta è secca è idonea all’uso. Egli trovò coll’esperimento che vi è una certa proporzione fra la quantità del sale e quello della soluzione d’argento che risponde meglio, e dà il massimo effetto. Se la forza del sale è aumentata al di là di questo punto, l’effetto diminuisce, ed in certi casi diviene eccessivamente tenue. Questa carta se è convenevolmente fatta, è molto utile per tutti gli ordinarj disegni fotogenici. Per esempio nulla può essere più perfetto delle immagini che essa dà delle foglie e dei fiori, specialmente nel sole estivo. La luce passando fra le foglie delinea tutte le ramificazioni dei loro nervi. Se un foglio di carta così preparato è preso, e bagnato colla soluzione saturata, e poi asciugata si troverà (specialmente se la carta sarà tenuta alcune settimane avanti farne l’esperimento) che la sua possibilità è grandemente diminuita, ed in alcuni casi sembra intieramente estinta. Ma se sarà di nuovo bagnata con una abbondante quantità della soluzione d’argento, diverrà ancora sensibile alla luce, ed ancor più di quello che lo era innanzi. In questo modo col bagnare alternativamente la carta col sale, e coll’argento, ed asciugarla di volta in volta, il sig. Talbot è riuscito ad accrescerle la sensibilità al segno richiesto per [p. 26 modifica]ricevere le immagini della camera oscura. Nell’eseguire questa operazione si scorgerà che i risultati sono qualche volta più, ed ora meno soddisfacenti in conseguenza di piccole, ed accidentali variazioni nelle impiegate proporzioni. Avviene qualche volta che il cloruro d’argento è disposto ad annerire da sè stesso senza alcuna esposizione alla luce. — Ciò dimostra che l’operazione di dargli la sensibilità era stata eccedente. L’oggetto è di approssimarsi a questa condizione il più possibilmente senza raggiungerla; talchè la sostanza debba essere in uno stato pronto a produrre l’effetto alla più leggiere estranea forza, e tale come per dargli una debole spinta col raggio paonazzo ancorchè molto attenuato. Avendo però disposto un numero di fogli di carta con una piccola differenza l’uno dall’altro nella composizione, ne tagliò un pezzo per ciascuno col marcarli esattamente, o numerarli, e li collocò da ogni parte ad una debole diffusa luce per circa un quarto d’ora. Allora se alcuno di loro, siccome frequentemente accade, offre un miglior vantaggio sopra gli altri, il sig. Talbot sceglie la carta che porta il corrispondente numero per disporlo nella camera oscura.

Quanto al secondo scopo — quella di fissare le immagini — il sig. Talbot osserva, che dopo aver fatta la prova coll’amoniaco, e con vari altri reagenti con alcuni imperfetti successi, il primo che gli diede un ottimo risultato fu l’iodio di potassa molto diluto con acqua. Se un fotogenico dipinto è bagnato con questo liquido un iodio d’argento è formato, che è assolutamente inalterabile alla luce [p. 27 modifica]del sole. Questo processo richiede della precauzione, poichè se la soluzione è troppo forte intacca le parti nere del dipinto. Si rende opportuno quindi di trovare colla esperienza le positive proporzioni. La stabilità dei dipinti in questo modo colla dovuta pratica è molto vaga, e durevole. Il saggio di un merletto, che il sig. Talbot ha offerto alla società, e che fu fatto sei anni prima, venne preservato in questo modo. Ma il suo metodo ordinario di fissare è differente da questo, e qualche cosa più semplice, od almeno che richiede minor delicatezza. Questo consiste nell’immergere il dipinto in una forte soluzione di sale comune, e di asciugare la superflua umidità, e seccarla. Egli è assai singolare che la stessa sostanza tanto utile per dare la sensibilità alla carta, sia anche atta sotto altre circostanze di distruggerla ma tale è il fatto. Se l’impressione che è stata così bagnata ed essicata si pone al sole, la bianca parte si colora di una pallida tinta lila dopo che divenne insensibile. Con moltissimi esperimenti l’autore ha dimostrato che l’intensità di questa tinta lila varia secondo il quantitativo del sale impiegato relativamente a quello dell’argento; ma per far risaltare meglio le immagini, se si vuole, si devono lasciare di una assoluta bianchezza. Egli osserva anche che quelle preservate dall’iodio sono sempre di un pallido fiore di primavera giallo che ha la straordinaria e rimarchevole proprietà di divenire un pieno sfoggiato giallo allorchè si espone al calore del fuoco, e ritorna al suo primiero colore quando è al freddo.

FINE.