Monete del Piemonte inedite o rare - supplemento/Documento III

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Francesco Priuli

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III.


Dispacci di Francesco Priuli, ambasciatore della repubblica di Venezia presso il duca di Savoia, diretti al doge Marino Grimani, relativamente alla contraffazione dei sesini veneti fatta nella zecca di Frinco.

(Biblioteca di S. Marco in Venezia).

1603 — 1604


Serenissimo Prencipe

Hoggi solamente mi sono capitate le lettere della Serenità Vostra di tredici del corrente, mandatemi dal sig. secretario Pauluzzi per pedone a posta, per il quale anco rispedisco le presenti, acciò quanto prima restino l’EE VV. informate delle qualità del feudo di Friuch, il quale è sotto Asti discosto da questa città vinticinque miglia in circa, che altre volte era imperiale, et da un anno in qua, o poco più, s’è dato conditionatamenle al sig. duca. Sono patroni di esso li signori Giulio Cesare, Antonio, et Hercole di casa Mazzetta, et a vicenda un anno per uno comandano. Stampano monete con il loro marco, et nome d intorno, fabricando particolarmente mezzi scudi, et quarti, la lega de’ quali essendo stata rappresentata a S. A. per poco buona, fu questi giorni adietro il signor presidente Osasco per riconoscerli, et riferì di averli trovati di mediocre conditione, affermando che non stampavano altra moneta, ma però in ciò non si può haver certezza alcuna, perchè l’andata del presidente fu assai palese, onde [p. 54 modifica]hebbero tempo di rimediare ad ogni inconveniente. Hora, in esecutione delli commandamenti della Serenità Vostra, procurerò d’informarmi secretamente delli nomi, et qualità delli ministri della loro cecca, con quel di più, che in questo proposito potrò scoprire, et con ogni maggior diligenza ne darò particolar ragguaglio all’EE. VV., alle quali serviranno bora le presenti per testimonio del devoto mio animo, conchè io ardentemente le obbedirò sempre. Gratie etc.

Di Turino li 19 novembre 1603
Di Vostra Serenità


Serenissimo Prencipe

Non bavendomi potuto informare in questa città per quanta diligenza habbi saputo usare delle particolarità, che erano necessario intorno alla cecca di Frinch, ho mandato huomo a posta, et fidato in quel loco perchè non solo mi porti mostra della moneta, ma li nomi ancora delli artefici, sopra di che non ho potuto fin hora haver risposta per li pessimi tempi che qui corrouo, ma avendo trattato con quello che accusò a S. A. il signor di Frinch in tal materia, egli se mi ha offerto spontaneamente di dar nelle mani della Serenità Vostra molti di costoro, con la captura dei quali dice che si verrà in cognitione di molti sudditi della Serenissima Repubblica interessati in questa cecca, promettendosi facilità in questo negotio, per la stretta cognitiono, che ha con quelli ministri. Tuttavia t bavendomi dimandato per parte di ricompensa cinquecento scudi anticipati, non ho voluto stringer negotio seco fino a tanto che da Frinch mi venghi relatione; ma subito giunta che sia, procurerò di avanzarmi quanto più potrò in questo negotio, et di tutto darò particolar et diligente raguaglio alla Serenità Vostra per dovermi in esecutione dei prudentissimi suoi commandamenti adoperare conformo al debito dell’osservanza mia. Gratie etc.

Di Turino li 22 novembre 1603
Di Vostra Serenità

Francesco Priuli Amb.


Serenissimo Prencipe

È ritornato quello, che questi giorni a dietro mandai a Frinch, il quale dopo essersi fermato tre giorni in quel loco a gran fatica mi ha portata la qui alligata nota dei nomi dei ministri di quella cecca senza alcuna mostra di moneta per haveria trovata tutta confusa, perchè essendo restato da S. Martin in qua il comando di quel loco nel sìg. Giulio Cesare Mazzetta, egli per la mala intelligenza, che esercita con il signor Hercole, vuole mutare tutti li officiali, et ministri locanti a quel governo et in particolare quei della zecca, che per tal causa resta hora serata lasciandosi però intendere di voler tener il maestro di zecca, per poter godere il frutto di quelle intelligenze, che per quanto dicono hanno reso commodo al sig. Bsrtolo di vinti mille scudi, in modo che, di povero gentirhuomo, sta hora assai bene havendo comprato possessioni et altro. Vengo però assicurato che trattando io con il suddetto maestro di zecca non solo haverò il nome delli nuovi artefici, ma delli primi tutti, e detti interessati ancora, che dicono essere gran parte bressani et bergamaschi, i quali egli userà arte per farli [p. 55 modifica]capitare nelle mani della Serenità Vostra, con questo però che a lui sia concessa l’impunità insieme con doi suoi congiunti, et data quella ricompensa che si resterà d’accordo; ma io, che solamente desidero d’obbedire all’EE. VV. non passerò più avanti senza il loro commandamcnto. Maggiori particolari di questi per hora non ho potuto cavare, essendosi sparsa voce che la Serenità Vostra habbi messa grossa taglia sopra la testa di esso sig. Hercole, et anco d’alcuni altri ministri, che causa in ognuno di quel loco gran timore, et medesimamente gran risse rva nel parlare di questo fatto, però io non posso dir d’avvautaggio per non ricever questa settimana lettere da Venetia, che per conseguenza mi leva l’ baver notitia di quanto passa. Gralie etc.

Lista dei nomi:

Signori Giulio Cesare, et Hercole Mazzetta signori di Frinch. maestro di zecca:

Alessandro Spada di Galiano stato di Monferaro di età di quaranta cinque in cinquantanni in circa.

Offitiali della zecca del sig Hercolc:
Ferdinando Coconato
Gioachino Coconato
Antonio Coconato
delli signori di Primecho, sudditi del signor duca di Savoia.
Operarii della zecca:
da Passerano, sudditi del sig. duca di Savoia.
Di Turino li 19 novembre 1603
Di Vostra Serenità


Serenissimo Prencipe

Oltre a quanto io scrissi alla Serenità Vostra la settimana passata intorno al negotio di Frinch, ho inteso dopo, che dubitando il sig. Giulio Cesare di correr gran pericolo nel continuare per l’avvenire la fabrica dei sesini falsi s’è risoluto di mutar sito nel lavorare, et lasciar dì valersi di tutti li ministri che servivano sotto il sig. Hercole eccetto però un tal Giacomino da Moncalvo, al quale ha data la carica di maestro di cecca in loco di Alessandro Spada da Galiano, fidando più nei sudditi del sig. duca che in quei di Monferato, come era il primo, et questo perchè non solo S. A. protese il feudo, come vicario imperiale in questi stati, ma per essersi particolarmente racomandato a lei forse con fine che per qualche ricognitione gli sia tolerato il mai uso di quella cecca, dando di ciò assai chiaro inditio il vedere come facilmente sia svanita la querella data al signor Hercole sopra il stampar moneto false. A che non havendo mai voluto assentire il signor Antonio terzo consorte di quel fendo, s’è retirato, et per quanto intendo ha venduta la sua parte a gli altri doi, ma di ciò non ho tanta fermezza, quanto di che egli non habbi mai esercitata la cecca. Quel tale, che so mi è offerto di far capitare nelle mani della Serenità Vostra gli suoi sudditi, che hanno comertio in questa pessima opera, persiste nel medesimo promettendomi d’obligarc in scrittura la vita, et tutti quei pochi beni che ha, se comette fraude nell’administrarc li cinquecento scudi, che dimanda anticipatamente per poter cambiare, et con questo mezzo accompagnarsi [p. 56 modifica]con quei, che veniranno a pigliar di questa moneta, de quali dice di non saper i veri nomi, perchè sopra i libri del signor di Frinch tolti sono falsificati, corendo per principale un tal Bartolameo della Vedoa veronese, ma asserisce che hoggi sono accordati con il signor Giulio Cesare qaattro mercanti veronesi, et bergamaschi, gii hanno esborsati sedeci mille scudi d’oro, ma però fin hora non hanno incominciato a lavorar per il bisogno di diverse cose, de quali havendo da far le provisioni nelle città grosse, si offerisce medesimamente di procurare, che quei ministri restino prigioni o nelle città del signor doca o in quelle di Monferato, poiché dal castello di Frinch difficilmente potrebbono esser levati per esser assai grande et molto forte per fabricato all’antica, non pretendendo altro dalla Serenità Vostra in ricompensa, se non che gli sia data tanta buona valuta quaota sarà la somma de i sesini che egli farà capitar nelle mani dei suoi rapresentanti, con la captura de i sudctti, et la libcrationo di tre banditi delle rondilioni, che mi farà poi sapere quando sia abracciato il negotio; et perchè doverà egli restar preso insieme con gli altri interessati dimanda l’impunità sua, et di alcuni altri che lo accompagneranno. Che è quanto per hora posso dire all’ F.E. vv. Grafie etc.

Di Turino li 6 decembre tG03
Di Vostra Serenità
Francesco Priuli Amb.

Serenissino Prencipe

. . . . . Non hanno bastato li severi ordini della Serenità Vostra contro li signori di Frinch, che pochi giorni sono il signor Giulio Cesare ha dato principio a lavorare nella sua zecca, et per quanto intendo ha pensiero di far batter oltre i quatrini anco delle gazete da vinti et da quaranta con il medesimo impronto di quelle che si fabricano nella zecca di Venetia; et per potere con maggior sicurtà attendere a cosi mal opera s’è assai fortificato nel suo castello, nè si lascia veder fuori se non ben accompagnato; tuttavia se bene qui questa voce è assai palese, non si vede però provisione alcuna, che mi fa sospettare, che li ministri del signor Duca non siano senza qualche interesse in questo fatto. Gratie etc.

Di Torino li 90 decembre 1603
Di Vostra Serenità
Francesco Priuli Amb.

Serenissino Prencipe

. . . . . Hora le dico, che le lettere per Francia non si sono fermate doe hore in mia mano, havendole il medesimo giorno incaminate al maestro di Lione, perchè le faci quanto prima tenere all’illustrissimo Badoaro, et alle altre con le quali mi da conto dell’espcditione degli interessati nella cecca di Frinch; obbedirò pontualmente li commandamenti dell’EE. VV., non potendo per hora dirle altro particolare in questo proposito, se non che dalla publicatione del bando si sono tutti intimoriti; et spetialmente il signor Giulio Cesare ha fatto fare gagliardissimi offitii con S. A. perchè procuri dalla Serenità Vostra d’essere riaudito, dando per sua discolpa l’inimicitia ch’esercita con il signor Hercole, che non è suo fratello, e dicendo di non haversi mai servito della cecca, ma io però ho fatto penetrare al signor Duca, che non è vero, et che dal [p. 57 modifica]suo proprio cechiero poteva sapere la robba che Giacomino haveva già alcuni giorni comprato da lui per dar principio all’opra. Onde credo che S. A. si rissolverà di non molestarla, se bene io non me ne posso assicurare per la facilità con che concede lettere a chi gliele dimanda, stimando poco le negative nelle raccomandationi de sogetti particolari. Gratie etc.

Di Turino li 2 gennaio 1603 more veneto
4 more communi
Di Vostra Serenità


Sermissimo Prencipe


Havendo il signor Duca mandato uno de suoi gentil’huomim di camera a rallegrarsi con me per la benigna ellettione, che la Serenità Vostra s’è compiaciuta di fare della persona mia all’arabasseria di Spagna, m’ha parso necessario di andare a rendergliene gralie, e così fra diversi ragionamenti mi disse, che egli era spronato da i signori di Frinch di dar loro modo di giustificarsi, acciò che dopo potessero havere sicurtà tale in questi stati, che chi venisse per offenderli fosse sottoposto al rigore della giustitia, ma che l’A. S. non haveva voluto condescendere a questo, perchè la colpa era tanto enorme, e l’offesa fatta verso principe che ella riveriva tanto, che mai sarebbe caduta in rissolutione, che potesse disgustare la Serenità Vostra, che le pareva ben strano di negar giustitia a nissuno, ma che non essendone informato, se non per quanto ne ragionano le gazete, desiderava di haverne sinciera notitia per sapere quello che le convenisse di fare, c poi soggionse: se dalla Serenissima Repubblica mi fosse stata fatta instanza io li haverei ritenti qui per far di loro quello, che da Venetia mi fosse stato comandato; all’hora io risposi, che publicando questi tali d’esser feudarii dell’imperio, la Serenità Vostra non volse molestare l’A. S, ma trattando come con persone libere li ha chiamati a comparire a sgravarsi del delitto appresso quel principe che havevano offeso, non persuadendosi mai, che se fossero stati vassalli di S. A. havesserò potuto si può dire sotto ti suoi occhi esercitare così publicamente un’iniquità sì grande, riuscendo hora ridiculoso il trattare di giustificarsi poiché la quantità delle moneto infalibilmente li colpa, le persone interessate confessano, et il proprio cechiero di Turino poteva testificare d’haver venduto la stella, et altri materiali per servitio della loro cecca; al che rispose il signor Duca: certo che me la pagheranno, anzi per poter meglio stringerli haverei a caro che l’EE.mo Senato mi facesse vedere alcuna particolarità del processo, et insieme ancora qualcheduna dello monete stampate da loro, perchè essi dicono d’haver posto sopra li sesini la propria sua arma, che si rassimiglia assai all’impronto di Venetia, e che havevano stampato altra sorte di moneta; il che quando fosse verebbe a sminuire il delitto, et spererei di poter interceder per loro appresso la benignità della Serenissima Signoria, lo risposi che le cause che havevano indotte l’EE. VV. a si rigorosa sentenza erano chiarissime, e che il non esser comparsi essi nei quindici giorni del proclama, nè meno in altri tanti, che passarono prima che si publicasse il bando, li rende convinti; tanto più ch’io sapevo che dopo il proclama si facevano le preparationi, e si lavorava nella cecca, in modo che fin che non hanno sentito il pericolo in che si trovano hora, hanno sprezzato il potente braccio della giustitia di Venetia, che però poteva S. A. indubitatamente giudicarti rei perchè non ci era angolo di giustificatione per loro; e che la gratia et la reauditione non haveva più loco, havendosi la Serenità Vostra legate le mani nella sentenza; ma mostrando il sig. Duca di non saperlo gli ho mandato poi il bando, et egli m’ha fatto dire ch’io [p. 58 modifica]gli faci venir mostra di tutte le monete, che essi hanno stampato, o che supplichi la Serenità Vostra, a nome suo o di lasciargli vedere il processo, o d’illuminarlo come si ha havuto notitia di cosi detestanda operatione, perchè certo vuole che habbino il meritato castigo, trattandosi anco del suo interesse che cosi mala gente vivi sotto la sua protetione; intendendo io d’altra parte che pensa sicuramente di privarli del feudo il quale sebbene è imperiale tuttavia si sono già quattr’anni dati a lui, come retrofeudo, giurandoli fedeltà, che da S. A. vieno poi giurata per loro in corte cesarea della maniera che fecero li signori di Coconà, et di Desana, a’ quali pur per occasionedi falsificar monete da due anni in qua se n’è impatronito affatto, restando in questi contorni solamente il Principe di Masserano, che esercita la cecca come feudo ecclesiastico, il quale particolarmente fa li quatrini cosi simili a quelli di Savoja, che corrono liberamente per questi stati onde il signor Duca gli ha fatto sapere che desisti dall’opera, altrimenti procurerà che Sua Santità gliela prohibisca, come atione indebita et indrizzata al preiuditio del prossimo; di che ha voluto che la Serenità Vostra resti informata, et per ciò mi ha mandato l’alligate mostre una delle quali è di S. A., et l’altra di Masserano. Gratie etc.

Di Turino li 12 gennaio 1603
  4
Di Vostra Serenità
Francesco Priuli Amb.


. . . . . . . Quanto poi alli particolari della zecca di Frinch, io posso assicurare l’EE. VV. che da qualche giorno in qua non battono niuna sorte di monete, è ben vero che li partiti concertati con diversi mercanti sudditi della Serenissima Repubblica et di altri Principi ancora restano in piedi, sperando il signor Giulio Cesare, che per quest’anno esercita il dominio di quel loco, di accomodare le cose sue con il signor Duca in modo tale che gli sia permesso l’esercitare questa mal opera; ma si come questo aviso ho havuto, posso quasi dire, dalla medesima bocca di S. A. così vengo assicurato, che non ne seguirà l’effetto, perchè si prepara non solo a levargli il feudo, ma a castigarli anco severamente, et tutto le intenzioni che gli dà di accomodamento sono per scoprire maggiormente il mal’animo di questi signori in modo che non potendo poi diffondersi necessariamente restino sottoposti al rigore della giustitia, e così venghi il signor Duca a ricever scrvitio dalla loro condanna, et il mondo tutto satisfattione dall’estirpatione di così mala gente. Non lascierò però nell’avennire di star quanto più potrò avertilo in questa materia.

Di Turino li 21 febbraro 1603
4


Di Vostra Serenità

Francesco Pruli Amb.

. . .. . .Il collateral Fauzzon si trova tuttavia in Astogiana per la formationc del processo contra li signori di Frinch, i quali si affatticano grandemente per far constare, che siano innocenti, ma li esami di Monferato, e del stato di Milano sono tanto contra di loro, che riuscirà impossibile il scolparsene; in questo mentre la cecca del sicuro non lavora, nè lavorerà per l’avvenire se qualche grossa somma de denari non aprisse lor la strada; il che mi viene però affermato di no dalli principali ministri del signor Duca, se bene confessano, che gli sono stati offerti più di vinti mille scudi, [p. 59 modifica]perché togli ad assicurarli ne i suoi stati; pure simulano così facilmente qui li pareri, che non saprei in questo fatto acerlar d’altro la Serenità Vostra, se non che io farò quanto potrò, perchè l’intentione datami sia eseguita col condenare severamente gente così pernitiosa al mondo. Gratie etc.

Di Turino li 13 marzo 1604
Di Vostra Serenità


. . . . . . . . Sono così grandi gl’interessi di qualcheduno delli principali ministri del signor Duca a favore delli signori di Frinch, che se bene il collateral Fauzzon ha trovate diverse cose contro di loro, nondimeno valendosi della natural tardità di S. A. et della poco cura che d’ordinario suol havere in simili materie, tengono lontana la relatione et per tal via vanno rimediando al castigo, che s’è lasciato intendere di volergli dare; pure non mancando altri che lo solecitano a far giustitia, potrebbe essere che ne seguisse qualche dimostrazione, ma di poterne certificare alla Serenità Vostra non ardisco per la forza che sogliono havere in questa Corte alcune vie profitevoli Grafie etc.

Di Turino li 3 aprile 1604
Di Vostra Serenità

Francesco Pruli Amb.


. . . . . . . . Il secretario di Parma ch’è stato qui questi giorni a dietro, è venuto per intendere dal signor Duca quello, che doveva fare il suo S.re d’alcuni prigioni, che egli si trovava nelle mani incolpati d’esser uniti con li signori di Frinch; ma essendo questo negotio retto qui con tante passioni è partito il sudetto secretario senza rissolutione alcuna, nè meno si procede avanti nel processo formato dal collateral Fauzzon, restando questo negotio talmente circondato da interesse di sangue, o d’utile, che alla verità viene falla sempre gagliarda oppostone, in modo che S. A. non sa in che cadere, et io credo che il tempo faci per loro, se bene da qualcheduno viene tenuto in contrario, stimando elio quando altro non dovesse mover il signor Duca a castigarli il solo desiderio di impatronirsi del feudo, gli farà perder ogn’altro rispetto perchè la giustitia habbi loco. Grafie etc.

Di Turino li 17 aprile 1604
Di Vostra. Serenità

Francesco Pruli Amb.