Monete e medaglie degli Spinola/Capo VI

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Ricchezza e Feudi degli Spinola

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Capo V Capo VII

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CAPO VI.

RICCHEZZA E FEUDI DEGLI SPINOLA




Mostrai nel primo capitolo che gli Spinola discendono dai Visconti, che nei tempi anteriori al Comune genovese, rappresentavano nella città e nel contado i Marchesi, che n’erano signori; or di mano in mano, che l’autorità e la possanza sfuggivano dalle mani di questi, l’assumevano quelli, ed i territori e le rendite d’ogni natura che prima amministravano, quali vicari dei Marchesi, divenivano loro proprietà. Molti l’acquistarono per compra o per cessione, ma i più per usurpazione, che gli antichi feudatarii non avendo più armi a difendere i loro aviti diritti erano costretti a tollerar l’invasione dei dominii. Sicché al cadere del secolo XI le famiglie viscontili erano le più potenti della Liguria; loro spettavano le terre più pingui, i redditi più ubertosi; con essi collegavasi il Vescovo, e ingraziavaseli, lor concedendo in feudo molte terre della Diocesi: ed eglino profittavano della forza, e della posizione per costituire il comune, alla testa del quale rimanevano [p. 57 modifica]senza contraddizione per più di cento anni, e con contrasti e vicende favorevoli o avverse sino alla meta del secolo XIV.

Fu tale il principio e la genesi della potenza e delle ricchezze degli Spinola, e di tutte le antiche famiglie discese dai primi Visconti; ma coll’industria, coi traffici, colle imprese marittime e guerresche, coi meriti verso la Repubblica, ed i potentati stranieri, siffattamente di secolo in secolo l’accrebbero, che nel XVII, pochissime famiglie avea la Liguria, poche l’Italia, che per larghezza di feudi, e splendore di ricchezze vincessero gli Spinola. E prova di ciò è la Taxa anni 1636 totius Nobilitatis unius pro centenario super bonis Nobilium (Codice della Biblioteca della R. Università di Genova), ove la Famiglia Spinola nei suoi diversi rami, si mostra che avesse per più di sedici milioni di lire genovesi del tempo (V. Doc. VI). Che se riflettasi, come in valutazioni siffatte assai di raro raggiungasi la cifra del reale possesso, e come la miglior parte dei dominii e redditi avesse la famiglia fuori del territorio della Repubblica, si potrà comprendere quanto immense fossero le sue ricchezze. Nè dobbiamo dimenticar già l’età, a cui quella nota appartiene. Allora non essendovi tutta quella quantità prodigiosa di metalli preziosi che or c’invia coll’America, l’Oceania, la roba avea valore assai inferiore del presente, ma di molto maggiore la moneta. Sicchè i sedici milioni, che indicai, valevano almeno il doppio d’oggi.

Che se queste private ricchezze degli Spinola confrontinsi coi pubblici e modesti redditi dello stato di Genova in quel tempo, chiaro apparirà quale influenza eglino vi avessero e qual potere vi dovessero esercitare. La Relazione [p. 58 modifica]dello Stato fatta nel 1597 sotto il dogato di Matteo Senarega ha, che nell’anno precedente 1596, la Repubblica non ritrasse dai tributi, e dai prodotti, che sotto ogni aspetto le competevano, che lire 435,315, e quarant’anni dopo il ricavo non poteva essere di molto maggiore. Nel 1683 il Saint’Olon spedito dal Cristianissimo a spiare la vera condizione di Genova, che voleva invadere, scriveva al suo Signore, che la Repubblica non poteva rendere più di due milioni circa di lire non di Genova, ma di Francia, delle genovesi minori. Sicchè non vi ha dubbio che sedici milioni fossero del 1638 ricchezza assai maggiore che oggidì, e che gli Spinola che li possedevano erano oltre ogni dire potentissimi.

E testimoni di tanta opulenza esistono tuttavia i sontuosi palazzi ch´essi fecero architettar, da sommi maestri, a proprio commodo ed a decoro della patria, ed ornarono con ogni fatta d´opere classiche di pittura e scultura.

Carlo Giuseppe Ratti nell’Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura stampata nel 1750, enumera ben dodici palazzi appartenenti agli Spinola, undici dentro la città, e solo uno nel sobborgo di S. Pier d’Arena, tutti degni di ammirazione sotto ogni aspetto. E per quanto a’ dì nostri alcuni sieno passati in estranee mani per variar di fortuna, e per estinzione di diversi rami della famiglia, pur essa tanti e sì magnifici ne conta ancora da eccitar l´invidia di qualunque sovrano, come il lettore può rilevare dalle opere dei signori Alizeri e Banchero, che li descrissero1. [p. 59 modifica] Che se dalle ricchezze possedute dagli Spinola dentro il territorio della Repubblica volgiamo gli sguardi ai molti feudi, ch’eglino avevano al di fuori, e specialmente nelle Langhe, sempre più avremo a convincerci della loro potenza. Il Deza, che scrisse la storia della Famiglia fa ascendere a novantasei i feudi che loro spettavano, ma molti luoghi, aggiunge, che mai ebbero a tal titolo, e sino Genova è da lui riguardata, come lor feudo, perchè alcuni Spinola la governarono quali capitani.

Enrico VII imperatore di Germania desiderando nel 1313 di mostrare la sua speciale benevolenza ad Opizzino Spinola di Luccoli gli concedeva in feudo i luoghi seguenti: Castrum et Burgum Serravallis, Castrum et Burgum Arquatae, Castrum et Burgum Stazzani, Castrum et Burgum Pastoranae, Castrum et Burgum Castelleti, Castrum et Burgum S. Cristophori, Castrum Calremontis, Castrum et Terrae Vallis Scriviae cum villis, curiis territoriis pertinentiis ipsorum castrorum etc. (V. Doc. VII).

Queste terre erano state avanti acquistate da Opizzino o dai suoi maggiori, ed altre ne conseguivano i loro discendenti, e di mano in mano ottenevano speciali investiture dai successori di Enrico. E feudi o dall´impero, o da altri Sovrani otteneva in diverse epoche l´altro ramo degli Spinola soprannominato di S. Luca, dall´abitar prossimo a quella Chiesa, mentre il primo dalla vicinanza d’altro luogo denominavasi dei Luccoli. [p. 60 modifica]

Io parlerò a lungo nei capi seguenti di quei feudi, ove gli Spinola usarono il privilegio della zecca, e per ora mi basti ricordare i principali, che appartennero ai due rami.

Cominciando da quello di S. Luca: Girolamo di Filippo Maria fu Principe di Gran Monte in Sicilia; Zaccaria di Erminio ebbe la Signoria di Casareggio; Francesco di Carlotto quella di Campofreddo; il Marchesato di Massone appartenne a Giacomo di Antonio; la Signoria di Cassano a Riccardo di Gianotto; Gian Battista di Gian Maria fu Duca di S. Pietro; Cipriano di Cipriano fu Conte di Brouay in Fiandra2. Il Deza nella Storia della Famiglia aggiunse a questi feudi del ramo di S. Luca, la Contea di Pezuela in Ispagna spettante a Giacomo di Gian Maria, e fratello del Cardinale di Santa Cecilia; la Signoria di Villanuova in Sicilia, che fu di Gastone figlio di Alberto; il Marchesato di Sesto e Venafro nel Napoletano ch’ebbe Filippo; le Signorie di Bagnasco, Monte Basilio e di una parte del Marchesato di Ceva propria di Giorgio; i feudi di Calice, Vepri e Belforte già posseduti da Giannettino; ed il Marchesato di Assigliano che appartenne ad Ambrogio capitano dei Corazzieri di Clemente X.

Più numerosi ancora sono i feudi del ramo di Luccoli, e quasi tutti nelle Langhe. Luchino di Ambrogio fu Signore di Cantalupo; Busalla appartenne a Gregorio di Riccardo, di Tommaso, e finalmente nello scorso secolo [p. 61 modifica]passò alla Repubblica; Riccardino di Filippone ebbe la Signoria di S. Cristoforo e di Serravalle; Carrozio di Napoleone fu Signore di Tassarolo ed i discendenti di lui ne divennero Conti, come proverò. II Marchesato di Roccaforte, la Contea di Ronco e la Rocchetta fur di Paolo di Napoleone. La Signoria di Mongiardino toccò a Corrado di Odoardo. Gherardo come dicemmo ebbe la Signoria di Lucca e Tortona, e tra i suoi nipoti Napoleone ebbe Arquata, e Benedetto tenne Francavilla; ed a Gian Battista di Nicolo di Daniele appartenne Vergagni.

Il Deza nell’opera citata ricorda il feudo dell’isola del Cantone presso Ronco, che fu d’Imperiale di Nicolò, dal quale vennero molti illustri personaggi, e ne discende il signor Franco Spinola di Giacomo, che tiene vivo questo ramo e mi fu cortese di copia di nummi ad arricchire questo mio lavoro. Troilo ebbe il Borgo dei Fornari, che dopo varie vicende passò tutto intero nei Conti di Ronco, ora estinti; Voltaggio fu ancor esso per breve tempo degli Spinola, ma per più lungo Dernice, Pietra Bissarra, Piano e Lerma.

Note

  1. Citerò ad esempio quello ch’è nella Strada nuova di proprietà dei signori Marchesi Antonio Maria, Vincenzo e Francesco del fu Ferdinando, ove gli affreschi del Tavarone, dei fratelli Calvi, di Andrea Semino, ed i quadri di Wandik, di Rubens, di Guido Reni, del Bassano, del Tiziano fan risaltare mirabilmente la bella architetlura di quello stupendo edifizio, uno dei più magnifici della città.
  2. V. Battilana, Famiglie Nobili di Genova, Genova 1825, vol. II, lavoro in gran parte dei signori Marchesi Adorno, e Massimiliano Spinola, e di quest’ultimo la parte spettante alla sua famiglia, la cui genealogia aveva studiata con ispeciale amore.