Montenero/Cap. I.

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Cap. I. Montenero e le sue colline

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Cap. I. Montenero e le sue colline
Cap. II.
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Capitolo I.

Montenero e le sue colline — Cenni fisici — Scoperte archeologiche — Le acque minerali e termali del Monte Livornese.

Montenero, il Fidentissimo colle, meta della pietà e nello stesso tempo del diporto dei Livornesi e dei forestieri che visitano Livorno nei mesi più miti della buona stagione, fa parte di una piccola catena di monti che dalle vicinanze della Fonte di S. Stefano, ove incomincia, giunge per un tratto di quattordici miglia sin presso le foci della Fine, ed è limitata dalla parte di terra, con larghezza di quasi sette miglia, nei punti ove più si distende, dal mare, dal fiume Torà, e dalla Via Emilia di Scauro, verso cui con declive più blando discendono le colline dalla parte di terra.

La catena, che presenta un avvicendarsi notevole di valli e di corte ma pittoresche giogaie fino al poggio sul quale sorge il villaggio di Rosignano, celebre per la strage dei Goti avvenuta nella pianura sottostante, può in massima parte vedersi nella sua disposizione [p. 12 modifica] topografica dalla vetta del così detto piano dei Mulini, sopra la chiesa della Valle Benedetta, luogo che è il culmine dei Monti Livornesi e dal quale si discuopre una delle più estese vedute della Toscana. Fa parte della catena che i Geografi chiamano metallifera, ossia della serie di monti che si distende fra gli Appennini ed il mare, ed al pari di tutti i gruppi di quella, presenta una figura quasi triangolare. Il Monte Livornese notava Giovanni Targioni-Tozzetti, celebre naturalista ed archeologo del secolo XVIII, essere isolato e propriamente parlando non riunirsi dalla parte di terra con altre montagne1; ma veramente dalla parte di Orciano si trova una serie di ondulazioni che la ricongiungono colle


colline inferiori pisane; tanto che in quel punto le comunicazioni ferroviarie hanno richiesto la costruzione d’una [p. 13 modifica] galleria. Queste collinette di riunione del Monte Livornese, isolato in tutte le altre parti, colle colline inferiori pisane, dividono la Valle della Tora da quella della Fine.

I poggi sui quali s’aderge il villaggio di Montenero incominciano un poco a ponente di Colle Salvetti e procedono da occidente verso oriente, poi formano con alcuni aggruppamenti anteriori e divisioni di valli quasi un angolo molto aperto, e si torcono verso il mare, sul quale la catena finisce dopo essersi

slargata in varie pendici e propaggini. Il versante opposto al mare, che può osservarsi bene dalle più elevate vette di Montenero, quelle attorno al Castellaccio; o dai monti che sovrastano alla chiesa della Valle Benedetta, presenta un grande ammasso di colline che si avvicendano con valli più o meno estese e quasi tutte pittorescamente romite e direi quasi selvaggie. Veduto dalle colline inferiori pisane ad una certa distanza, per esempio dalla piazza della chiesa di Lo[p. 14 modifica]renzana, il Monte Livornese, nel versante opposto al mare, il solo che di là possa vedersi, apparisce, possiamo dire, in quasi tutta la sua lunghezza e vagamente

si mostra, nella varietà delle sue cime e nelle diramazioni di quella parte, coi villaggi biancheggianti dal cupo delle boscaglie che ne rivestono il declive.

La catena montenerese è dalla parte di Livorno alquanto arcuata, e in un tratto corrispondente presso [p. 15 modifica] a poco alle sorgenti del Savolano o Savalano, torrente tributario della Fine e che dà nome anche ad un gruppo di colline di Montenero, cambia direzione e se ne staccano due diramazioni: una littoranea, vero sprone che dalla parte di libeccio e di ponente scende col monte Burrone, col poggio detto del Telegrafo e quello ridentissimo di Bellavista colle colline circostanti quasi a picco sulla spiaggia del mare; l’altro di più esteso declive, e qua e là interrotto da fertili [p. 16 modifica]e coltivate valli, che va dolcemente digradando fin presso le foci del fiume Ardenza nel luogo detto la Madonnina, ov’è proprio la base di Montenero.

Questa piccola ma ridente catena, pittoresca specialmente nei tratti più selvaggi, a settentrione ed a levante della città di Livorno, è compresa fra 43°, 23’ e 43° 35’ di Lat. N; e 27° 59’ e 28° 7’ di longitudine orientale computata dal meridiano dell’Isola del Ferro.

Essa fu, al pari dei Monti Pisani e di quelli sui quali torreggia la vetusta Volterra, una grande isola nell’epoca pliocenica, secondo l’opinione del prof. Paolo Savi e del prof. Giuseppe Meneghini; ed il mare ne lambiva i fianchi. Dove adesso si distende la pianura che fa letto all’ultima parte dell’Arno e l’altra boscosa e palustre più presso a Livorno, fu già un ampio golfo, limitato dai Monti livornesi, dalle colline inferiori pisane e dall’alta giogaia del Monte pisano che maestoso vedesi oggidì chiuder dalla parte di tramontana questa zona conquistata sul mare.

Dalla criniera o spartiacque del Monte Livornese si distaccano diversi contrafforti. Ricorderemo per il primo quello che fra settentrione e maestro si avanza verso il padule di Coltano: è una propaggine di forma conoide iperbolica, chiamata, forse per la forma, Monte Corbulone. Tra esso, su cui recentemente è stata tracciata una via che permette di percorrerne i fianchi assai comodamente, e fra lo storico Montemassi o Montemassimo, altra notevole collina di questo gruppo livornese, s’asconde in valle solinga ed oltre ogni credere pittoresca il Romitorio della Sambuca, intorno al quale l’Archivio livornese conserva memorie antichissime.

Da uno di questi contrafforti della parte [p. 17 modifica]settentrionaie si stacca una collinetta sulla quale risiede Castel Anselmo. Nel luogo ove le acque di Val di Torà si separano da quelle di Val di Fine, muove, dalla parte d’oriente, uno sprone sul quale sta il villaggio di Colognole. Una propaggine occidentale contiene la terra di Castelnuovo detto della Misericordia, sorto sulle rovine dell’antichissimo castello di Camajano. La pendice orientale che si avanza sopra l’antica Via Emilia di Scauro è sormontata dal Gabbro; mentre verso settentrione si distacca quella collina elle chiamasi anche oggi Montemassi per apocope di Montemassimo, ove sorse un castello, notevole residenza baronale nel medio evo, già posseduta dai Gherardesca e poi dai Lante alla cui famiglia appartenne la celebre Camilla, l’eroica fanciulla, che difese la rivendicata libertà pisana2 ai tempi di Carlo Vili re di Francia.
———— [p. 18 modifica]Una diramazione verso maestrale forma due collinette in una delle quali si trova il villaggio di Nugola; verso ponente poi è il monte più basso di tutti, e ricoperto di pini, in posizione amenissima, chiamato per la sua forma Monterotondo, che da una parte è lavorato, dall’altro boschivo; ed in una vallata fra levante e mezzogiorno si vedono viti ed olivi. Ma l’aspetto del monte, mercè le cure del suo nuovo proprietario signor Delfino Dupuy che abbattuto il cadente mulino costruito sul culmine vi ha edificato una deliziosa villa, è stato grandemente modificato, e il poggio stesso fatto comodo, accessibile ed ancor più ridente. Il Monte Rotondo non è che un basso colle il quale se non può dirsi proprio che sorga dal piano di Livorno, come scrisse il Mariti3, è veramente separato da tutti gli altri.

Finalmente dal declive opposto a quello descritto (*) [p. 19 modifica]l’altra più verso scirocco che deve dirsi proprio l’ultima giogaia dei monti livornesi. Essa è circondata dalla Via Emilia di Scauro, dal corso inferiore della Fine e della Cecina e mostra pittorescamente adagiato il vetusto castello di Rosignano, il Razignano delle carte pisane del medio evo. L’ossatura esteriore dei monti livornesi, il sin qui, la catena stacca due pendici: una verso il mare fra mezzogiorno e libeccio, forma Y alpestre balza su cui si eleva la torre del Romito, oggi castello Sonnino: poi va sopra Castiglioncello torre e piccolo scalo, luogo dei più belli di Toscana che or si va ricuoprendo di ville e di abitazioni mentre era stato deserto fino a questi ultimi anni; [p. 20 modifica]cui terreno appartiene alla classe dei Pluto-nettuniani, consiste in gran parte, così scrive il Repetti, di macigno schistoso convertito in gabbro rosso e in galestro diasprino. «Cotesta metamorfosi pietrosa, riporto le parole del diligentissimo esploratore della Toscana, è più potente e meglio che altrove si manifesta a levante e ponente delle limpide e ricche sorgenti del torrente Morra lungo la strada che da Valle Benedetta guida al Gabbro, il quale ultimo paese porta appunto il nome della roccia sulla quale fu fabbricato. E parimente a levante del torrente Morra, dove corre un filone di manganese ossidato cui serve di matrice una roccia quarzosa»4.

Da Valle Benedetta al Gabbro la catena è costituita da terreno eocenico serpentinoso che va a perdersi sotto il terreno miocenico e pliocenico della Valle del Savolano. Può dirsi, al postutto, che i terreni costituenti il Monte Livornese sieno del primo periodo di quell’età che i geologi chiamano terziaria5, mentre il piano sul quale essa catena risiede, fra il mare e Pisa, è terreno recente.

E i geologi e paleontologi, e principalmente Y insigne prof. C. Capellini Senatore del Regno e professore dell’Università di Bologna, hanno trovato degnissimi di studio e di ricerca i Monti Livornesi.

Nella Valle della Fine furono rinvenuti notevoli avanzi di quei cetacei fossili che gli scienziati chia[p. 21 modifica]logo Capellini dettero certezza che nei Monti di Livorno il calcare di Leitha con tutte le sue varietà riposa talvolta direttamente sul calcare alberese o sulle roccie ofiolitiche, ma più spesso passa inferiormente a molasse e conglomerati ofiolitici o calcareo-ofiolitici6 Nei conglomerati di Paltratico furono ritrovati tronchi di legna silicizzati ossia fossili, e nelle arenarie calcareoofìolitiche, colle quali terminano superiormente i conglomerati, si incontrano i fossili che divengono abbondanti e talvolta si presentano perfettamente conservati nella molassa di Paltratico e del Gabbro e nel calcare di Castel Nuovo e Rosignano ed altri luoghi7. Presso Castelnuovo poi ed a Paltratico il Capellini raccolse alcuni esemplari di coralli veramente eccezionali per lo sviluppo e la perfetta conservazione. I molluschi fossili quivi raccolti erano così conservati da poterne riconoscere agevolmente le specie. Resti di cetacei nella Valle del Savolano, denti di forma triangolare impiantati nella mascella di un cetaceo fossile unitamente a denti di delfino e ad altre ossa frantumate, al ponte della Ficarola nella via maremmana presso il Gabbro, richiamarono l'attenzione di parecchi insigni geologi e paleontologi.

Gli studi poi che il dotto professore dell’Ateneo di Bologna intraprese sulle piante fossili raccolte al Gabbro ed a Paltratico ed a Castelnuovo, gli dettero modo di accertarsi dei rapporti intimi fra la flora fossile del [p. 22 modifica]Gabbro e quelle del celebre tripoli di Bilin in Boemia e segnatamente di Kuschling.

Sul versante orientale dei Monti stessi, a destra del Savolano e della Fine, e sotto Castelnuovo e nei dintorni della Puzzolente e di Limone il prof. Capellini ritrovò i gessi in masse amigdaloidi assai distinte le une dalle altre e sempre accompagnate dalle marne con lebias crassicandus8, e larve di libellula9. Negli stessi siti di Limone e della Puzzolente fu rinvenuto uno strato con fossili di acqua dolce benissimo conservati: piante, pesci, insetti fossili nelle marne intercalate coi gessi in grossi strati furono constatati a Limone. Presso il Crocino e sotto Colognole, venner poi fatte scoperte, scrive il Capellini, d’importanza eccezionale non solo per il geologo ma anche per il paleoetnologo: scoperte che il lettore potrà vedere descritte nella copiosa memoria di quell'insigne scienziato, citata a piè di pagina10, e illustrate nelle tavole che vi sono apposte. Il Monte Livornese appartiene alla regione mediterranea ed a quella specialmente che nella classificazione della flora e fauna dell’Europa dicesi dai geografi dell’estate asciutta. In questa regione alle foreste vere e proprie, grandi ed estese, si sostituiscono le macchie di arbusti sempre verdi, com’è appunto anche nelle colline che circondan Livorno. I corbezzoli, gli
—— [p. 23 modifica]allori, i mirti, gli oleandri, i bossi, i lentischi, le eriche, gli acanti, i giunchi ed altre piante, qualche volta in forma d’albero, più spesso in quella d’arbusto e cespuglio, rivestono i fianchi e le sommità dei colli di Montenero, dove per altro in non pochi tratti, e alcuni di questi da tempo assai antico, i terreni sono stati dissodati dalla mano dell’uomo e ridotti a cultura; e forse altri terreni vestiti di folta macchia verranno in seguito dissodati e fatti lieti di bella coltivazione.

Montenero di Livorno, scrive il Targioni Tozzetti, è abbondantissimo di piante rare ed è stato uno dei principali luoghi dove due restauratori della Botanica, Luca Ghini e Luigi Anguillara, abbiano fatto le le loro ricerche. Il Micheli altresì lo ha visitato tutto a palmo a palmo in diverse stagioni; ed a questi naturalisti dobbiamo aggiungere il più rinomato fra i botanici Carlo Linneo, il Cocchi, il Vallisnieri; Tiberio Scali e Giacinto Cestoni, entrambi livornesi, e molti altri. Quali piante crescano abbondantissime nelle pendici dei nostri monti potrà il lettore, se si diletta di questi studi, veder esposto nel citato volume del dottissimo viaggiatore sopra ricordato.

Questi monti, ora abbandonati e deserti, salvo che nella parte che è più prossima al Santuario della Madonna, furono già ricchi di ville e villaggi. Dopo la battaglia d’Azio (31 av. C.) Ottaviano Cesare popolò di soldati e divise tra essi tutti i campi e tutte le selve situate fra la vecchia Via Aurelia e la Via Emilia di Scauro. Quei territori, nonché molti altri che erano attinenze di Pisa, città potente e importantissima nel periodo imperiale di Roma, vennero così in possesso di insigni famiglie romane. Ond’è qui opportunissimo [p. 24 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/24 [p. 25 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/25 [p. 26 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/26 [p. 27 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/27 [p. 28 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/28 [p. 29 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/29 [p. 30 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/30 [p. 31 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/31 [p. 32 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/32 [p. 33 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/33 [p. 34 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/34 [p. 35 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/35 [p. 36 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/36 [p. 37 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/37 [p. 38 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/38 [p. 39 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/39 [p. 40 modifica]Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/40

  1. Relazione di alcuni viaggi, fatti in diverse parti della Toscana ecc. dal dott. Giovanni Targioni Tozzetti. In Firenze MDCCII, nella Stamperia Imperiale, Tomo II, pag. 158.
  2. Cfr. Felice Tribolati, Crepuscoli Pisani, Pisa 1874, e vedi anche A. B. P. Cenni sopra Livorno e i suoi contorni, Livorno, Tip. Giulio Sardi, 1856, pagg. 120-134.
  3. V. Gita a Monterò tondo dall’Odeporicon di Giov. Mariti, pubbl. in Pera, Curiosità Livornesi, Livorno, Giusti 1888, pag. 394.
  4. Repetti Em. — Dizionario Storico-fisico-geografico della Toscana — Firenze 1841, articolo «Monti Livornesi».
  5. V. Carta geologica dell’Italia in Atlante geografico dell’Italia del Dott. Garollo. Milano, Hoepli, 1890.
  6. Capellini, Calcare a amphistegina, strati a congerie e calcare di Leitha dei Monti Livornesi. Bologna 1875.
  7. Op. cit. pag. 4.
  8. Op. cit. pag 5.
  9. Gli strati a congerie e la formazione e gassosa-solfifera nella provincia di Pisa e nei dintorni di Livorno. Roma, coi tipi del Salviucci 1880.
  10. Viaggi — Voi. II, pag. 161 dell’edile, fiorente del 1751.