Novelle d'ambo i sessi/La martingala

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La martingala

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Sotto zero Antonio e Cleopatra

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LA MARTINGALA.

Nel tempo in cui mi trovavo a X..., facevo i miei pasti all’osteria detta del Togo.

Ci si stava bene.

Vino buono, cucina in vista, prezzi da ridere per la mia borsa: la quale con venti centesimi extra otteneva che su la pardàlide della tovaglia venisse disteso un tovagliolo senza pardàlidi. Forse un po’ di tanfo di molta gente e di fumanti vivande. V’era poi l’inconveniente disgustoso del dito pollice del cameriere, che simpatizzava per lasciare impronta di sè sull’orlo del piatto, quando portava le vivande. E non so perchè quel dito pollice sceglieva sempre la parte dell’orlo meno libera.

Il mio stomaco, nato delicato, ne soffriva un po’: d’altra parte avevo in quella osteria il vantaggio della sensazione del popolo.

Sua Maestà il popolo frequentava molto quel[p. 112 modifica]l’osterìa, e dopo avere mangiato bene, ruttava, poi parlava — di solito — di alta politica o di teologìa. Dio e sua madre, la Madonna, erano cucinati in tutta la varietà delle salse italiane, così che io avevo la sensazione di S. M. il popolo mediante l’odorato e l’udito, e qualche volta, oimè, anche mediante il contatto.

Ma io nacqui, oltre che delicato di stomaco, anche molto aristocratico; e nelle osterie di prima classe, dette hôtels o grands hôtels, dove S. M. non rutta e non bestemmia, si provano nausee anche peggiori.

*

In quell’osteria mi sorprese, dopo l’ora del pranzo, quando i più degli avventori erano sfollati, un uomo a capo tavola, dalla gran barba mosaica; bianca in su le gote, quasi nera in mezzo. Costui parlava ieraticamente per dogmi e sentenze, a gran voce, ma con occhi assenti. Insolentiva e riceveva insolenze metodiche: ma queste interruzioni rimbalzavano su lo scudo della sua imperturbabilità.

— Chi è colui? — chiesi al cameriere.

— È uno, un po’ sordo, ed anche un po’ cieco, ed anche un po’ matto. [p. 113 modifica]

Finché colui fulminava contro re, papi, imperatori e loro contorno, andava bene; ma quando fulminava contro S. M. il popolo e sue delegazioni, andava male.

S. M. il popolo insorgeva ruttando insolenze: — Transfuga! vile borghese! bieco reazionario!... Ma l’uomo pazzo riceveva le insolenze, anzi pareva che le assaporasse per filosofia.

E come le ingiurie cessavano, diceva:

— Pretendi che io, o popolo, parli come i tuoi maestri, soltanto il linguaggio della tua passione? Ciò non sarà mai detto!

— Ma sa lei, — gli dissi una sera, facendomi da presso, dopo che tutto l’uditorio se ne era andato, — sa lei, mio signore, che lei dice certe cose che non si leggono nemmeno nei giornali?

— Mo’ senti bene che bella novità mi viene a raccontare questo individuo. Mi scaraventano addosso quintali di insolenze appunto perchè dico delle verità.

— Anch’io, signore, — dissi io, — sono piuttosto maldicente, ma vedo con piacere che lei mi supera. Lei deve aver fatto anche buoni studi.

Sorrise con disprezzo:

— Il mio nome è noto!

— Scusi, il suo nome sarebbe? [p. 114 modifica]

— Io? Io sono Prometeo...

— Prometeo? — esclamai al colmo dello stupore, — il fratello di Epimeteo? il figlio di Giapeto? Il Titano? Il gran nemico di Giove? Colui che rubò il fuoco, cioè la saggezza a Giove? e donò poi la saggezza agli uomini? e poi fu da Giove condannato sul Caucaso ad aver divorato il fegato dall’avvoltoio?

— Quel desso, — rispose, — ma parla forte.

Io ripetei forte:

— Prometeo, l’illustre Prometeo, il grande ribelle, il grande filantropo, colui che ha costretto Giove ad abdicare, che ha fatto l’uomo uguale a Dio....

— Andiamo adagio, — disse Prometeo, — quanto tu dici è poetico, ma non è esattissimo. Gli uomini, ai miei tempi, camminavano su quattro zampe e io ho detto semplicemente: “Cos’è questa vergogna? Mettiamoci la martingala come ai cavalli di lusso perchè tengano diritta la testa„. Io ho rapito realmente la martingala a Giove.

— E Giove allora, — dissi io, — ha fatto prendere lei e incatenare dal suo carabiniere di nome Briareo.

— Vedo che conosci la storia, — mi disse Prometeo.

— E lei allora, o saggio Prometeo, prima di [p. 115 modifica]partire per la sua relegazione del Caucaso, disse al fratello Epimeteo: “Sta attento, fratel mio, se Giove ti manderà qualche dono, e tu respìngilo. Non accettare nulla da Giove„ *.

*

Io avevo parlato forte così che il sordo Prometeo mi intese: il suo volto si colorò di profonda emozione e ripetè:

— Finalmente trovo un uomo che ne sa qualche cosa della storia del mondo. Ma naturale! Quando io portai via la martingala a Giove mi accorsi che il formicone rideva nella barba azzurra e diceva: “Ah, tu vuoi la martingala della dignità? Aspetta, caro, che in cambio ti manderò un bel regalo„.

— E lo preparò in un pacco speciale, confezionato a meraviglia, — dissi io.

— Sei un uomo di ingegno, — mi disse Prometeo. — Già! Fece costruire dal suo capo tecnico Vulcano la bella donna chiamata Pandora e mandolla in dono a Epimeteo. Pandora non aveva un càntaro, o un’olla, — come si vocifera — ma appena una fialetta tra le dita graziose. Era un tubetto quasi invisibile, ma con dentro le colture di tutte le malattie e di tutte le passioni: fa conto come i tubetti di [p. 116 modifica]microbi che adesso fabbricano i Tedeschi....

— Epimeteo non seppe resistere ed accolse la ridente Pandora, — dissi io.

— Avrebbe resistito benissimo, — rispose Prometeo, — ma è che Giove adoperò una furbizia di incalcolabile sottigliezza: quasi sottile come i microbi. Invece di mandare Pandora pudicamente nuda, come usava allora, la mandò vestita e con le calze di seta. Forse neppur io, che sono Prometeo, avrei resistito!

— La sua sincerità le fa onore, — dissi io.

— E da quel giorno, — disse l’illustre Prometeo, — cominciò il disastro della morale a causa delle donne vestite, perchè prima della morale non si conosceva neppure il nome.

— Perfettamente!

*

Dopo che ci fummo congratulati della reciproca nostra intelligenza, Prometeo ordinò un quinto di vino.

Questo non sarà mai detto che io faccia pagare all’illustre Prometeo un quinto di vino.

Bevemmo insieme e poi dissi:

— Illustre Prometeo, mi permetta una domanda.

— Anche due. [p. 117 modifica]

— Ecco: io non mi spiego come lei dopo essere stato tanto filantropo verso gli uomini, adesso li copra di vituperi. Capisco vituperare Giove, ma gli uomini....

— Questa volta, vedi, — mi disse con mansuetudine, — sei un po’ imbecille.

Gli domandai, con altrettanta mansuetudine:

— Perchè?

— Anzitutto, — rispose, — perchè oggi sono tornato in buoni rapporti con Giove.

Stupii.

— Oh, che sento mai! Dopo che Giove le ha inflitto parecchi secoli di galera sul Caucaso, inaspriti dall’avvoltoio, lei è tornato in buoni rapporti con Giove?

Rispose:

— Non che Giove sia intelligente, sai? Basterebbe il fatto della creazione per dimostrarlo. Ma non è nemmeno un idiota, e dato l’errore iniziale della creazione, egli aveva provveduto bene col fare camminare gli uomini su quattro gambe. L’errore fu mio ed io fui ben punito. Ma cosa vuoi?, allora io ero giovane, rivoluzionario sul serio come sono tutti i giovani, e dicevo: “Perchè il privilegio della ragione soltanto a Giove„. Facciamo ragionevole anche l’uomo, e ho rapito il fuoco, come dici tu, o la martingala come dico io. [p. 118 modifica]

— Questa e la sua gloria immortale, signor Prometeo.

— Questo è il mio rimorso, citrullo mio dolce! Gli ho castrati a metà con la ragione. Io volevo che con la martingala guardassero in su le cose sublimi, ma l’istinto li porta perpetuamente a guardarsi l’ombelico e oltre! Certo è innegabile che qualche cosa hanno fatto: ronzano coi loro motori a qualche metro dalla cima di Olimpo; scrivono libri; tengono registri; illuminano coi fari le tenebre. Ma non vedi che non sanno spingere un raggio nei loro cuori? La colpa è mia. Sostanzialmente Giove aveva creato gli uomini come gli altri placidi ruminanti. Sono stato io a voler fare delle iniezioni di intelligenza; la intelligenza si è combinata con la bestialità del buon ruminante, e ne è venuta fuori una sostanza esplosiva: per prima cosa Caino ha ammazzato Abele, e sèguitano! Sono capaci adesso questi montoni di Panùrgio di negare persino l’esistenza di Giove. L’uomo è un animale fornito del colletto. [p. 119 modifica]

*

Guardai Prometeo. Egli veramente non aveva colletto.

Io non sapevo che cosa rispondere.

— Vedi, — esclamò Prometeo, — Giove è un vecchio rimbambito oramai ed è incapace di sentire rimorso; ma io, io, Prometeo, ti assicuro che se non avessi il conforto di bere qualche quinto di vino, mi andrei a buttare sotto il primo treno che passa.

Così dicendo, Prometeo lagrimava veramente.