Osservazioni di Giovanni Lovrich/De' Costumi de' Morlacchi/§. 11. Inimicizia

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§. 11. Inimicizia

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§. XI.

Inimicizia.

L
A gratitudine à piantate così profonde radici negli animi de’ Morlacchi, che non v’è cosa, che maggiormente gli obblighi ad una giusta corrispondenza fra essi loro. Da questa sorgente il più delle volte nascono le loro amicizie; dalla ingratitudine poi le inimicizie, e gli odj, che con grandissima difficoltà si rendano estinguibili. A’ Mortacchi sembra giusto il render pan per focaccia, come pensava il Moralista Cicerone. Questa idea naturale, congiunta ad un entusiasmo di gloria fa, che nelle inimicizie, che provengono dalla ingratitudine, si rendano presso che inesorabili per la riconciliazione. Le inimicizie, nate per gli omicidj diverrebbono più facilmente nulle, se la superstizione non entrasse a dar di naso anche in questo, per eccitar i Morlacchi alla vendetta1. Taluno li scusa con quell’antico detto, [p. 108 modifica]„ odierai il tuo nemico “ 2. Io non so, se da quì poi sia nato quel proverbio: Koss ne osveti, onse ne posveti. „ Chi non si vendica, non si santifica. “ Il Fortis facendo secondo il suo solito il Maestro di Lingua Illirica dice, che osveta significa egualmente vendetta, e santificazione. E’ sarebbe ben degno di essere molto compatito, se avesse citato l’autore, da cui copiò una così bella erudizione.3 Ma probabilmente errarono tutti, e due senza accorgersene. Osveta in Illirico significa vendetta, e Posveta santificazione. Nella parola, che dinota santificazione vi è l’aggiunta di una lettera, che alle volte mette delle differenze notabili in qualunque lingua.

A Monte-nero, ed in tutta l’Albania, per quanto sentesi, sogliono essere le inimicizie più fiere, che fra’ nostri Morlacchi. Esse passano colà da Padre in figlio, e le Madri non mancano di mostrar sovente ai proprj pargoletti le camicie insanguinate de’ Ge[p. 109 modifica]nitori, perchè facciano a tempo opportuno le loro giuste vendette sopra gli uccisori. Questo costume è affatto sbandito, che che ne dica il Fortis, da’ petti de’ Morlacchi della Dalmazia, i quali generalmente non ànno la centesima parte dello spirito vendicativo degli Albanesi, ed anche questi lo conservano più co’ Turchi, che co’ loro compatriotti. Ma non dobbiamo maravigliarsi di ciò. Le più illuminate Nazioni ci ànno fornito di simili esempj; ed è noto abbastanza, che i più dotti una volta ispiravano massime, così strane agl’ignoranti.

Era uso antico, che l’uccisore di un qualche Morlacco si dovesse quietare col parentado nemico ne’ modi seguenti. La prima cosa era di stabilire una somma di dennaro, che dovea sborsare l’omicida per lo prezzo del sangue sparso, che si diceva platiti-Karvarinu. Arrivava questa somma ordinariamente a cinquanta, o sessanta Zecchini, e più, o meno, secondo la possibilità de’ rei, succedendo non di rado, che i poveri si acquietassero con qualche presentuccio di lieve rimarco. Conveniva decretar il giorno, in cui i parentadi nemici dovessero riunirsi. Compariva allora l’omicida, accompagnato da suoi nel luogo dell’assemblea colle mani giunte, e fra esse una scimitarra, rivolta colla punta in giù. Giunto alla presenza del fratello, o del più propinquo al Morlacco ucciso l’omicida s’inginocchiava, e gli venia tolta la scimitara dalle mani. Il fratello dello ucciso, od il più propinquo, che riprendeva la scimitara stessa, si rivolgeva al proprio parentado dicendo „ fratelli ecco il sanguinario del nostro parente. Volete voi, che lo ammazziamo, o che gli perdoniamo? „ Rispondevano tutti unanimi „ Perdonagli per amor di Dio. „ Pronunciata la sentenza, il reo baciava prima i pie[p. 110 modifica]di al fratello dello ucciso, ed in mancanza al più propinquo, poi, le ginocchia, in terzo luogo le mani, e per fine si baciavano scambievolmente, e dopo una tale formalità la pace era fatta. Ma nel punto stesso il reo veniva spogliato dal parente dello ucciso di tutti i suoi vestiti, che doveano essere del valore, secondo i patti, già per lo avanti stipulati, e si vestiva con altri, che portava seco. Si passava, dopo ciò, ad una continua gozzoviglia per tutto un giorno a spese del reo, e quinci succedeva, che il furore del vino, non l’immaginario elogio del morto, come dice il Fortis, faceva che nascessero de’ nuovi omicidj. Al presente questi usi ridicoli nelle paci, e riconciliazioni sono quasi aboliti, e se lasciamo da parte il Contado di Zara4 ove non di rado succedono, ed alcune altre picciole Ville della Morlacchia, in molti luoghi non solamente non si fanno, ma s’ignorano questi modi di pacificarsi. Non è peraltro, che anche a giorni nostri non costino le paci fra i Morlacchi, ma elleno si combinano con pochissima spesa a quel, ch’erano una volta, e di ordinario con la sola, e solenne ubbriacchezza de’ congiunti, ed amici a spese dell’omicida, ed in o[p. 111 modifica]nor del defonto. Il Fortis descrisse le formalità delle conclusioni di pace in modo assai diverso da questo, ma convien dire, che i suoi relatori abbiano molto alterate le informazioni, ed egli perciò scusabile diventa. Io volli sempre prendere le adequate informazioni da’Fonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 Morlacchi stessi, e scriverle sul fatto. L’unico mezzo mi sembrò questo per ridir le cole nella loro purità. Alcune circostanze in certi luoghi sogliono essere diverse da quelle, che io descrissi, ma la differenza è picciola.

Ma quando il Morlacco omicida si à quietato col parentado nemico, quì non finisce la sua pace intiera. Convien accomodarsi con la Giustizia. Alcuni de’ Ministri che vogliono mercantizzar troppo sopra i processi spesse volte danno il bando a qualche omicida per la impotenza del pagamento. Quindi è, che si forma una moltitudine di Aiduzci, o per meglio dire, disperati, i quali riescono di somma molestia al pubblico, ed al privato interesse. Disordine poi maggiore, si è, che appena seguito l’omicidio soglion taluni mandar in traccia del reo, cui se riesce di fuggire, cade lo sfogo sopra la sua famiglia, che vedendosi priva di que’ suoi miserabili beni determina di unirsi al reo, e formar una famiglia di vagabondi, e ladri. I Maomettani, nostri vicini, (fra quali in vero cede la Giustizia alla forza) restano sorpresi di questo procedere, ma la ragion è, che i suddetti Aiduzci, o ladri, che vogliam dirli, servono di sommo inciampo al loro commercio, e specialmente al passaggio pe’ Monti, ove i Turchi vengono sovente sacrificati da’ ladri stessi per l’avidità del bottino. Giusto ancora mi sembra il confessare, che i Turchi si sfogano doppiamente sopra gl’innocenti nostri Morlacchi, se mai vanno nello Stato Ottomano. [p. 112 modifica]

Un altro disordine, non men grave, che riflessibile nasce dalle risse de’ Morlacchi a pregiudizio degli stessi. Fu sapientissimamente provveduto dalla Pubblica munificenza per evitare i danni, che si potrebbono fare ai prodotti della Natura, e dell’ arte col lasciar liberamente vagar gli animali pe’ campi, che qualunque animale si trovasse a danneggiare i beni di qualcheduno, dovesse soggiacereFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 ad una determinata pena5. Queste saggie ordinazioni sarebbono molto salutari, se la malizia di alcuni Ministri non vi mescolasse il proprio veleno. Imperciocchè basta l’asserzione di uno, che accusi un altro avergli fatto del danno cogli animali ne’ proprj campi perchè la ragione stia dalla parte dell’accusatore. I Morlacchi, cui è noto questo procedereFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 per ogni piccola differenza, che nasce tra di loro, s’imputano scambievolmente de’ danni avuti dagli animali ne’ campi, e si rovinano col soggiacer alla dovuta pena pecuniaria. Da quì, oltre la loro mezza rovina, proviene un mal peggiore. Un innocente, che si vede strapar dalle mani il dennaro per le imputazioni false del nemico diventa tosto, o tardi suo omicida. Abbiamo osservato quì sopra quanti mali nascono dopo gli omicidj.

  1. Credono alcuni Morlacchi, che le anime degli uccisi gridino vendetta contro gli uccisori, ed il modo di mostrar gratitudine a’ morti è quello di vendicarli. Ove più, ed ove meno si estende questa diabolica credenza. Si conservano delle storielle, che se i Fratelli, o Parenti degli uccisi avessero perdonato il delitto agli uccisori, di notte loro apparivano de’ spiriti, lagnandosi della poca cura, ch’eglino ebbero nel vendicar la loro morte. Basta la divulgazione di queste apparizioni de’ morti, perchè le diventin vere presso i Morlacchi, laonde chi disse, ch’essi ànno fatto un punto di Religione nel vendicarsi, avrebbe meglio detto, ch’essi ànno fatto un punto di superstizione. Io mi persuado, che basterebbe un uomo ragionevole per far veder loro, quanto è vano, che un morto pretenda di essere vendicato, e per questa parte sarebbono superflui tutti i missionarj del mondo, che il Fortis non crede bastanti ad isradicare lo spirito vendicativo, imedesimato nell’animo de’ Morlacchi. Essi sono vendicativi a maggior segno, ma sono anche atti a divenir ragionevoli, quando però la vendetta non fosse maggiore di tutte le ragioni, che potessero opporsigli, voglio dire, quando non fossero talmente acciecati dalla vendetta, che di essa non trovassero piacer maggiore.
  2. Odio habebis inimicum tuum. Matth. cap. 5. v. 43
  3. Vedi la Dissertazione dell’Abate Clemente Grubissich in Originem, & Historiam Alphabetti Slavonici ec. pag. 64 presso Gio: Battista Pasquali l’anno 1766.
  4. Questa usanza antica conservata ancora tra Morlacchi del Kotar, ed alcuni altri del rito Greco, che oltre il cognome particolare, ritengono quello di chiamarsi Zcernogorzci, cioè Montenegrini, ci dà a divedere, che molti Morlacchi del Kotar, e diversi degli altri distretti sono provenuti da Monte nero, e niente s’ingannò il Geografo Magini, tacciato di errore dal Fortis, perchè disse che i Morlacchi della Dalmazia sono derivati dall’Epiro. Io non vi trovo altro difetto nel Magini, che di aver universalizzata la proposizione. D’onde poi si sieno trasportati in Epiro, questa è un’altra questione.
  5. La pena, che si deve pagar per ogni animal minuto consiste in dieci soldi Veneti, e per ogni Cavallo, o Bue, soldi cinquanta. Spesse volte accade, che uno accuserà cento animali minuti di un altro, che non ne à cinquanta. Ma la ragione non à luogo. L’accusato è sempre dalla parte del torto.