Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/119

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giuseppe parini ii3

ci rendea cosí popolari il Tasso e il Marino, stagnato il movimento letterario, s’era trasformato nel sentimento musicale, e vi educava Metastasio, e vi apparecchiava quella scuola immortale di maestri, che furono i veri padri della musica, i Cimarosa, i Pergolesi, i Paisiello. Mentre l’attivitá speculativa e il sentimento musicale si andavano sviluppando nel Mezzogiorno d’Italia, in Venezia il movimento si disegnava in una forma puramente letteraria. C’era un centro toscaneggiante nell’Accademia de’ Granelleschi, della quale erano anima i fratelli Gozzi, che mirava alla ristaurazione della lingua e del buon gusto, e c’era Carlo Goldoni, con intenzioni piú alte, che mirava all’interno organismo dell’arte, alla ristaurazione del vero e del naturale. L’aristocratico Piemonte dava giá alcun segno di vita, e suoi precursori furono il Baretti prima e l’Alfieri poi, i due spiriti piú eccentrici e radicali in tutto quel moto italiano. Il centro piú attivo era Milano, dove il movimento era insieme filosofico, politico, economico e letterario, stimolato dalle riforme di Giuseppe II e dall’influenza degli scrittori francesi. Ivi si era formata prima la scuola del giansenismo, e poi la scuola de’ diritti dell’uomo, e la «Societá patriottica», divenuta poi societá popolare, lavorava alla diffusione delle idee nuove. Il movimento, diretto principalmente contro la curia romana personificata ne’ gesuiti e contro la nobiltá, avea per fine espresso non mutamenti politici, ma riforme civili per il miglioramento dell’uomo, e si credea ci si potesse riuscire con provvedimenti legislativi. Beccaria proponeva una riforma del codice penale. Pietro Verri suggeriva riforme economiche e amministrative. Piú tarde al moto erano Roma e Firenze, dove la resistenza era piú viva: a Roma dominava l’Arcadia, a Firenze la Crusca Viveva ancora celebratissimo Innocenzo Frugoni, tenuto primo de’ lirici italiani e il miglior fabbro di versi sciolti, quando Mascheroni non avea scritto ancora il suo Invito a Lesbia. Spiccatissimo era in lui il carattere della vecchia letteratura, solennitá e pompa di forme nella perfetta vacuitá ed indifferenza del contenuto. Intorno a lui era una schiera di prosatori e poeti, d’improvvisatori e improvvisatrici, tutti sullo stesso