Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1912 – BEIC 1807957.djvu/421

Da Wikisource.

xx - la nuova letteratura 415


di Carlo Botta, uscita a Parigi quando appunto uscirono gl’Inni; e fu tal cosa, che gli stessi accademici della Crusca si sentirono oltrepassati e domandavano che lingua era quella. Furono i romantici che, insorgendo contro la scuola, la rinsanguarono, e in aria di nemici furono i suoi veri eredi. Essi le apersero nuovo contenuto e nuovo ideale, le spogliarono la sua vernice classica e mitologica, raccostarono a forme semplici, naturali, popolari, sincere, libere da ogni involucro artificiale e convenzionale, dalle esagerazioni rettoriche e accademiche, dalle vecchie abitudini letterarie non ancor dome, di cui vedi le orme anche tra gli sdegni di Alfieri e di Foscolo. Come, sotto forma di reazione, essi erano la stessa Rivoluzione, che, moderandosi e disciplinandosi, ripigliava le sue forze, tirando anche Dio al progresso e alla democrazia; cosi sotto forma di opposizione, essi erano la nuova letteratura di Goldoni e di Parini, che si spogliava gli ultimi avanzi del vecchio, acquistava una coscienza piú chiara delle sue tendenze e, lasciando gl’ideali rigidi e assoluti, prendeva terra, si accostava al reale.

Questo sentimento piú vivo del reale era anche penetrato nel popolo italiano. Non era piú il popolo accademico, che batteva le mani in teatro alla Virginia e all’Aristodemo e applaudiva all’Italia ne’ sonetti e nelle canzoni. Vide la libertá sotto tutte le sue forme, nelle sue illusioni, nelle sue promesse, ne’ suoi disinganni, nelle sue esagerazioni. Il regno d’Italia, la spedizione di Murat, le promesse degli alleati, la lotta d’indipendenza della Spagna e della Germania, l’insorgere della Grecia e del Belgio aguzzavano il sentimento nazionale: l’unitá d’Italia non era piú un tema rettorico, era uno scopo serio, a cui si drizzavano le menti e le volontá. I piú arditi e impazienti cospiravano nelle societá secrete, contro le quali si ordinavano anche secretamente i sanfedisti. Fatto vecchio era questo. Ma il fatto nuovo era che nella grande maggioranza della gente istrutta si andava formando una coscienza politica, il senso del limite e del possibile: la rettorica e la declamazione non avea piú presa sugli animi. La grandezza degli ostacoli rendea modesti i desidèri, e tirava gli spiriti dalle astrazioni alla misura dello scopo e alla