Paolo e Virginia/Bernardino di Saint-Pierre

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Bernardino di Saint-Pierre

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Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre - Paolo e Virginia (1788)
Traduzione dal francese di Anonimo (1883)
Bernardino di Saint-Pierre
Testo

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Bernardino di Saint-Pierre




Qual tipo di amabile sognatore fu mai Bernardino di Saint-Pierre! Fin da fanciullo si piaceva della solitudine, stava lunghe ore a guardare lo svolgersi delle nubi, piangeva nel veder maltrattare gli animali, prodigava alle piante del giardino, che coltivava ad otto anni, una cura affettuosa come fossero persone intelligenti. Un giorno il maestro lo minacciò collo staffile: il dì seguente di buon mattino fuggì dalla città col suo asciolvere nel panierino, deciso a farsi eremita in qualche bosco vicino, e a vivere in compagnia degli alberi, dei fiori e degli uccelli, senza inquietarsi delle lagrime dei parenti. Si rivelava in tal modo nel fanciullo l’uomo egoista e sensibile, che doveva preferire la libertà della natura agli obblighi della vita sociale — l’imaginazione del quale era troppo viva per poter sopportare le ingiustizie o le prepotenze, ma il cui carattere era troppo personale per risentire vivamente i dolori o le gioje di coloro che lo toccavano più davvicino.

Bernardino nacque il 19 gennajo 1737 all’Havre. Un giorno gli capitò fra mano il libro di Robinson Crusoè: lo lesse e lo rilesse, ed ecco sognare viaggi, deserti ed avventure. Un suo zio Godebout, capitano di vascello, propose ai parenti di condurlo seco alla Martinica. Il permesso fu dato, e Bernardino salì sulla nave fra trasporti di gioja; ma la disillusione venne ben presto. Il fanciullo non aveva pensato nè alle fatiche della navigazione, nè ai doveri da compiere; e quando provò il mal di mare, quando si vide costretto di servire alle manovre e di piegarsi agli ordini dello zio Godebout, non pensò più che a ritornare all’Havre. Tale fu per tutto il tempo della sua vita: entusiasmato dall’ignoto, spaventato dai doveri e dalle difficoltà.

Quando tornò dal viaggio i genitori lo mandarono a [p. 4 modifica]scuola dai gesuiti di Caen: questi che cercavano negli scolari tanti proseliti per le loro missioni, trattenevano sovente il giovinetto sui popoli barbari da convertire alla fede; e l’imaginazione di Bernardino si esaltò di nuovo, sicchè voleva partire come missionario. Ma il padre non voleva saperne di questi progetti; lo tolse da quelle scuole, e lo inviò nel collegio di Rouen, dove studiò sopratutto matematiche. Poco dopo Bernardino chiese di essere ammesso nelle scuole dei giovani ingegneri che si stava formando a Versailles, sotto gli ordini del conte di San Germano. Accolto, fu inviato a Düsseldorf nell’esercito; ma per il suo carattere suscettibile si creò numerosi nemici e fu sospeso del suo grado. Torna a casa, e trova che il padre aveva fatto sedere al posto venerato della madre morta una matrigna. Sdegnoso esce di là, e con sei luigi in tasca parte per Parigi. Aveva anche un biglietto della lotteria di San Sulpizio: il caso lo favorisce; lo fa diventar vincitore e raddoppia in tal modo il suo capitale. Sente correr voce di una guerra contro i Turchi nell’isola di Malta. Accorre colà come ingegnere militare; ma la guerra non si fa ed egli torna a vagare alla ventura. Ode dell’accoglienza che l’imperatrice Caterina di Russia faceva agli stranieri e pensa: «Questa volta ho trovato la mia fortuna.» A Pietroburgo il generale Dubosquet lo prende sotto la sua protezione e lo fa sottotenente nel corpo del genio. Ma era l’imperatrice ch’egli voleva vedere. Nella sua mente aveva formato un grande progetto. Volgeva in animo di proporre a Caterina la fondazione di una Compagnia per la scoperta di un passaggio alle Indie per la Russia; ma entusiasta per la repubblica di Catone, per i sogni di Telemaco e per le idee generose delle filosofie contemporanee, aveva sperato di poter fondare, sotto questo titolo di Compagnia, presso le rive orientali del mar Caspio, una Repubblica nella quale tutti gli uomini buoni e sofferenti potessero trovare un asilo. Finalmente ottiene l’udienza: si [p. 5 modifica]propone di essere eloquente e di commovere l’imperatrice. Ma la vista dei cortigiani comincia a intimidirlo: l’imperatrice compare: egli si turba, piega il ginocchio e mormora qualche frase: e l’imperatrice passa con un sorriso. I suoi sogni erano tutti svaniti.

In quel tempo Radziwill faceva un tentativo per formare un regno di Polonia. Bernardino s’innamora del progetto e si dirige a Varsavia. A tre miglia da questa città è arrestato; ma nove giorni dopo lasciato libero, può finalmente battersi come desiderava, per l’indipendenza di un popolo. Ma qui vien trascinato via dall’amore. La principessa polacca Maria M... lo ammaliò, ed egli per parecchi mesi l’adorò gelosamente, furiosamente. Ma questa sorte di amore non piaceva alla principessa che un giorno gli scrisse:

«Le vostre passioni sono furori che io non posso sopportare: io parto, vado a raggiungere mia madre nel Palatinato di X... Non ritornerò a Varsavia se non quando non vi sarete più.»

Avvampò d’ira Bernardino: lasciò Varsavia e corse in Sassonia, col cattivo proposito di vendicarsi di Maria coll’arruolarsi nell’esercito che si preparava a combattere la Polonia. Il 15 giugno 1765 entrò in Dresda, dove lo aspettava l’avventura più romanzesca.

Aveva allora 28 anni: era bello, sebbene d’una grazia un po’ troppo femminile. Una sera era seduto sopra un banco erboso, quando un paggio gli rimise il biglietto d’una dama che lo invitava da lei. Una carrozza era pronta, vi salì fu condotto alla porta d’un palazzo. Dopo averlo guidato attraverso magnifici appartamenti, il paggio disparve a un tratto: si aperse una porta attraverso nuvole di profumi che ardevano nei bracieri dorati, vide adagiata sui fiori una donna di rara bellezza. Ella s’avvicinò à Bernardino stupefatto, lo coronò di rose e lo strinse fra le sue braccia... Poco dopo fu servito il pranzo da una schiera di donzelle seminude, e intanto le arpe facevano udire una musica dolce e soavissima... Bernardino passò otto [p. 6 modifica]giorni in quell’ebbrezza dei sensi; poi fu licenziato, senza che mai riescisse a sapere il nome di quell’Armida voluttuosa.

Intanto gli erano passate le idee di vendetta contro la Polonia. Torna a Parigi, ottiene un brevetto di ingegnere per l’Isola di Francia e s’imbarca per le Colonie. Ma giunto colà sente che la nave deve fare la tratta dei negri. Inorridito si ferma all’isola, acquista una capanna e si acconcia quale ingegnere nello studio del signor Benil. Si fermò tre anni a studiare storia naturale; poi eccolo di nuovo a Parigi.

Nel 1773 vendeva la sua opera Viaggio all’isola di Francia per mille lire; poi s’accinse a scrivere Paolo e Virginia. Frequentava allora la casa di madamigella di Lessinesse dove si radunavano i letterati di moda, che negavano tutto e quello che non potevano negare volgevano in riso. A costoro lesse una sera il suo Paolo e Virginia. I filosofi lo trovavano troppo ingenuo: Buffon guardava l’orologio: Thomas si addormentò: Necker sorrideva vedendo piangere le signore: e queste, vergognandosi delle loro lagrime, non osavano confessare che si erano commosse. Bernardino partì di là furibondo. Pubblica il libro, e il pubblico vero lo accoglie con entusiasmo, a tal punto che i librai in un anno solo ne fecero più di cinquanta edizioni... contraffatte. Povero autore! Lodatissimi furono anche gli Studi della natura.

A cinquantacinque anni prese in moglie la signorina Didot, della quale ebbe due figli, rimasto vedovo, a sessantatrè, si sposò un’altra volta con la signorina Pelleport.

Il 21 gennajo 1814 moriva nel villaggio d’Hagny dicendo con fede di credente: «Sento che abbandono la terra, ma non la vita.»