Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1156

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[p. 448 modifica] è succeduta. Desinenza conservatasi anche nella scrittura francese, nostra sorella, ma perduta nella pronunzia, conforme alla qual pronunzia gli spagnuoli (altri nostri fratelli) scrivono e dicono amè ec. Voce senza fallo derivata dall’antichissimo amai, mutato il dittongo ai nella lettera e, forse a cagione del commercio scambievole ch’ebbero i francesi e gli spagnuoli e le lingue e poesie loro ne’ principii di queste e di quelle; commercio notabilissimo, lungo, vivo e frequente e conosciuto dagli eruditi (Andrés, t. II, p. 281, fine, e segg.), e che in ordine alla forma di molte parole e frasi è la sola cagione per cui la lingua spagnuola somiglia alla latina meno della nostra, quantunque in genere somigli e la latina e la nostra assai piú della francese. Cosí nel futuro amarè ec. ec. somiglia alla lingua francese pronunziata.

Quanto alla cagione per cui si trasmise col tempo alle lettere a ed i il digamma eolico, e poi il v, affine d’evitare, come dicono, l’iato, secondo il costume eolico, osserverò alcune cose che gioveranno anche a tutta questa parte del nostro discorso e dalle quali potremo forse dedurre che il detto costume non venne veramente dal popolo, come ho detto p. 1128, il quale anzi pare che conservasse la pronunzia antica fino a tramandarla ai nostri idiomi,