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Pietrino di Montelupo

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Mina Siri 1860 Indice:Mina Siri Pietrino di Montelupo.djvu Letteratura per ragazzi Letteratura Pietrino di Montelupo Intestazione 4 febbraio 2019 100% Da definire

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ALLA SIGNORA

ADELAIDE PATE.


Nel dedicarle questo raccontino non ebbi altro pensiero che di darle quella maggior dimostrazione che per me si potesse di affetto e di gratitudine; e se l’intenzione le verrà accetta, e crederà che i suoi nipotini possano interessarsi un momento al mio Pietrino, io mi terrò ricompensata abbastanza della mia tenue fatica.

Mina Siri.

[p. 5 modifica]Pietrino era un ragazzo pieno di forza e di salute, ma tanto indocile e tanto selvatico che faceva la disperazione di sua madre, una povera vedova del villaggio di Monte Lupo chiamata Lisabetta, che a stento campava la vita facendo la treccia per i cappelli. Pietrino aveva quindici anni, e non era mai stato possibile indurlo a lavorare: invano la madre aveva tentato ogni via per farne qualche cosa, e non giovando le busse, disperata gli si raccomandava pure piangendo e scongiurandolo di pensare alla loro miseria e di mettersi al lavoro, se no le sarebbe stato forza di ricorrere a qualche estremo partito per toglierlo ai pericoli dell’ozio. A queste scene Pietro se n’andava senza rispondere, e la sera veniva a casa con un [p. 6 modifica] grosso fastello di legna, buttandolo in mezzo alla stanza sempre serbando il silenzio; ma il giorno dopo riprendeva la solita vita vagabonda, e alla madre, troppo tenera, non bastava l’animo di pigliare alcuna risoluzione. Lisabetta alla fine la credè una disgrazia senza rimedio; e a tutti diceva che il Signore avevale mandato la croce nel figliuolo a sconto de’ suoi peccati. Spesse volte il vecchio Parroco del villaggio fece venire a sè Pietrino per tentare di volgerlo al bene, ora cercando di commovergli il cuore con dolci parole, ora rimproverandogli severamente la sua condotta e i tanti dolori cagionati a sua madre; ma Pietro ascoltava lo ammonizioni del Parroco a faccia tosta; e su, diritto tutto di un pezzo, fissava con sguardo imperterrito la fronte veneranda del buon vecchio, e ne usciva il solito di prima. Tutti nel villaggio mostravano compassione della povera vedova e dicevano che Pietro aveva il diavolo addosso; ed invero egli menava una vita da spiritato. Ogni mattina levatosi all’alba, tolto il corbello in spalla con entro la roncola e un bel tocco di pane se ne usciva di casa, e batteva la campagna fino a sera. Le miglia che Pietro faceva non si potrebbero contare; ora su per la via di Malmantile, camminando senza posa come un forsennato; ora s’imboscava nelle belle pinete dei dintorni di Monte Lupo arrampicandosi sui pini per coglierne i frutti, e passava [p. 7 modifica] la giornata a trarne i pinoli. Qualche rara volta gli veniva l’estro di fare legna; e allora impugnando la roncola, internavasi nella folta macchia ed affrontava


con strana gioia tutti i pericoli che gli si affacciavano, inerpicandosi pei luoghi più scoscesi, ficcandosi fra i rovi per prendere qualche secco ramoscello trasportato dal vento in luogo inaccessibile; e s’ingolfava tanto nella selva, che spesso [p. 8 modifica] a sera riusciva in un borro, e da questo con l’acqua a mezza gamba, carico di legna, se ne tornava a casa cantando a piena gola. Da coteste scorrerie Pietro per il solito riportava buon numero di graffi e scorticature; ma egli non ci badava più che tanto. Una sera verso le ventiquattro lo vidi seduto su di un muricciuolo, dove con un rozzo coltello stava scalfiggendosi un calcagno. «Che cosa fate costì, Pietro?» gli domandai «Non lo vedete?» mi rispose: «cerco un pruno che mi s’è proprio confitto nella carne; e se non lo levo, i’ non duro a camminare.» Si poteva arguire dal sangue versato, che egli da valente chirurgo avesse preso a fare un’operazione sul serio. Qualunque fosse la stagione, gelasse o diluviasse, Pietro fuorché al tempo delle mute dei soldati non lasciava le sue scorrerie per la campagna. Appena coperto, e sempre a piedi nudi, egli, salvo il capo, esponeva il suo corpo a tutte le intemperie; e che del capo prendesse special cura, lo dimostrava la quantità di cappelli che aveva al suo comando: era proprio una raccolta e di foggie stranissime, e tutti di propria fattura ed invenzione. A Monte Lupo, paese dove si lavora molto la paglia da cappelli, tutti sanno fare la treccia, e Pietro per uso proprio soltanto poneva mano a questo lavoro; ed anche se li cuciva, ora colla tesa stretta, ora larghissima, voltata per l’insù o per l’ingiù, a punta [p. 9 modifica]sul davanti o dalle parti, oppure a grossi smerli all’intorno, non tralasciando il cocuzzolo a cui dava forma esagerata e bizzarra. Così a modo dei fanciulli che udendo ripetutamente parlare delle loro qualità buone o cattive, si fanno pregio d’ingrandirle, Pietro avendo in Monte Lupo fama di cervello balzano, ambiva confermare colle sue stramberie l’opinione dei paesani. Quando i soldati facevano quello stradale, Pietro che stava sulle intese del loro arrivo, si partiva ad incontrarli parecchie miglia lontano, e da ragazzo svelto ed intelligente ch’egli era, prestava loro un monte di servigi, contento di mettersi in fila e di marciare al passo allorché batteva il tamburo. Ma oltre a quest’onore, aveva dai soldati la minestra ed il pane, ed a volte gli veniva fatto di buscare da un uffiziale qualche piccola mancia che sempre portava intatta alla Maria, sua sorella, buona e brava ragazza tutta intenta al lavoro e ad alleviare la povera vedova dalle fatiche giornaliere. Difficilmente si accompagnava coi ragazzi del villaggio; solo qualche volta la Domenica giuocava alla ruzzola con essi; ma tutti si mettevano in gran pensiero quando Pietro era della partita, ed esclamavano: «tanto e inutile, lo stregone vince sempre!» Così lo avevano soprannominato i ragazzi di Monte Lupo, a cagione della sua vita stravagante, ed anche perchè aveva gli occhi sì neri e stralunali, che a volte metteva paura. [p. 10 modifica]Una sera di autunno, sul tramontar del sole, Pietro tornava dal bosco, ed era per escirne, quando sentì un gemito; fermatosi, tese l’orecchio per scoprire donde venisse. A pochi passi di distanza, sulla, proda della strada maestra, era una cappellina eretta alla Madonna; Pietro volgendosi a quella parte vide sulla soglia come un involto di roba bianca; e avvicinatosi, qual fu la sua sorpresa nello scorgere un bambino copererto di miseri stracci! S’inginocchia per guardarlo, ed il pargoletto fissando gli occhi su di lui comincia a piangere; egli allora lo prende in collo, voltandosi prima da ogni lato quasi temesse di esser veduto; quindi levatosi d’un subito, entrò nella boscaglia, e fatti pochi passi andò a sedere a piè d’un albero.

Il bambino piangeva sempre più, e Pietro impicciato per non aver mai tonutoFonte/commento: tenuto figliuoli, non trovava modo di acquetarlo. Cominciò a farlo saltare sulle ginocchia come aveva visto fare alle donne del villaggio; indi prese a cullarlo cantando una specie di ninna nanna; ma la creaturina urlava sempre più forte. Allora con atto di dispettosa impazienza provò perfino a dargli un bacio, e sforzandosi di addolcire la voce, andava ripetendo di quelle parole di nessuna lingua che le madri inventalo pei loro teneri bambini, e da essi solo intese; ma non veniva a capo di nulla. A un tratto, come ispirato, pose il fanciullino in terra, corse a [p. 11 modifica] prendere il corbello rimasto vicino alla cappella, ne tolse un pezzo di pane avanzatogli, e staccata la midolla, la mostrò al bambino che stese le manine

per afferrarla. Pietro glie ne mise un pezzetto in bocca, ma era dura, ed il fanciullo coi suoi deboli dentini non la poteva masticare. Per [p. 12 modifica] fortuna essendo li vicino una pozza d’acqua chiara, il ragazzo volò a tuffarvela, e contento e trionfante la portò al povero piccino che si diede a pasteggiarsela gustosamente; poi lo riprese in braccio guardandolo nel modo più tenero che sapesse. Il bambino avrà avuto circa quattordici mesi, ed era così bellino e delicato, che Pietro pensò tra sè di non aver mai veduto l’eguale nel villaggio, toltone il pargoletto Gesù dipinto in chiesa; e accarezzandolo tutto si rallegrava di quell’incontro inaspettato. Il fanciullino intanto gli si era addormentato sulle ginocchia, e lo stregone impietosito si chinò due o tre volte per baciarlo. La campana di Monte Lupo suonava l’Ave Ilaria; Pietro allora si alzò, e dando un calcio al corbello, col bambino in braccio a passo moderato per non destarlo, rientrò nella strada maestra. Cammin facendo alcuni ragazzi che tornavano al villaggio col fastello sulle spalle, scorgendolo da lontano lo raggiunsero, e maravigliati in vederlo con quel bambino, esclamavano ridendo:«o stregone, dov’hai tu trovo quel bel figliuolo? dentro una pina?» «Ve’ ve’,» dicevano gli uni, «lo stregone ha preso il baliatico!» E gli altri: «fa’ motto, Pietro; ci dici un po’ di chi è quella creatura?» E con simili motteggi quei contadinelli proseguivano ad aizzare il compagno. Pietro durò un pezzo in un burbero silenzio; ma venutagli meno la [p. 13 modifica] pazienza, «ragazzi,» rispose, «andate pei fatti vostri e lasciatemi stare; se no, mi conoscete, con due pugni vi sbrigo tutti.» E ciò dicendo seguitò la sua strada con la massima gravità.

Fortunatamente la casa di sua madre era una delle prime del villaggio; che se invece fosse stata ai lato opposto, e lo avesse dovuto traversare quella sera, si sarebbe tirato dietro tutta la ragazzaglia; [p. 14 modifica] poiché lo stregone era celebre, e ogni cosa nuova gli avvenisse, i ragazzi di Monte Lupo si mettevano in orgasmo. Era già notte quando Pietro arrivò a casa; l’uscio era aperto, e Lisabetta faceva la minestra, mentre Maria cuciva un cappello alla luce fioca di un lume a mano. Questa fu la prima a scorgere il fratello, «Vergin santa», esclamò, «che ci porti tu, un figliuolo?» «Che c’è egli?» chiese la vedova alzando il capo, «di chi è, Pietro, quella creatura?» «Mia», «rispose il ragazzo che stava ritto impalato in mezzo alla stanza; «mia, perchè l’ho trova io». La Maria intanto gli era presso, e cercava di levargli di braccio il povero piccino, che rapito dalla viva fiamma del focolare, stava ora guardandola, ora nascondendo il viso in seno a Pietro. «Lascialo stare, Maria; non ti conosce te!» E sì dicendo il ragazzo andò a sedere sotto al cammino col bimbo sulle ginocchia, «Ma che storia è ella questa, Pietro?» Esclamò la madre; «insomma ci vuo’ tu dire di chi è cotesto figliuolo?» «O non ve l’ho detto che l’ho trovo?» Rispose guardandola risolutamente, «Almeno dicci dove tu l’ha’ fatta codesta bella trova!» riprese la madre alzando la voce impazientita «Lì dalla cappella; gli era sullo scalino. Pare proprio un Gesù di cera, tanto gli è bello!» «Santa Vergine che mi conti tu? Allora non può esser che un figliuolo abbandonato!» «Ma [p. 15 modifica] che dite? vi par egli?» interruppe la Maria, «Pur troppo, si danno questi casi!» disse Lisabetta; «i’ mi ricordo, quando ero ragazza, che fu trovato un bambino in fasce nel solco d'un campo, e correva

voce fosse stato lasciato da certi saltatori che facevano i giuochi per le fiere. Il pretore fece un monte di ricerche, ma fu tempo perso; e alla fine dovettero mandarlo agl’Innocenti a Firenze»,» Mentre [p. 16 modifica] Lisabetta ricordava questo fatto, si era avvicinata al figliuolo, e chinandosi disse: «fammi vedere questa creatura; la mi pare divezzata!» «Oh, sarebbe meglio che gli daste un po’ di minestra; non vedete, poverino, e’ piagne. Via, spicciatevi.» «Lisabetta ne levò dalla pentola due cucchiaiate, e si mosse verso il bambino, «Lasciate fare a me», disse il ragazzo prendendole di mano la scodella, e con garbo quasi materno cominciò ad imboccarlo, «Per dire il vero gli è bellino come un amore,» diceva la vedova guardandolo mentre mangiava. «I’lo credo io, gli è bello sicuro! Dico che in Monte Lupo non vi sia l’uguale!» «E che begli occhi celesti, e che capelli riccioluti! Ha un bocchino poi, che paro un boccio di rosa!» esclamava Maria mirandolo incantata. Pietro pareva contento delle lodi prodigate al suo piccino, e un sorriso di compiacenza gli sfiorava le labbra. «Domani,» prese a dire Lisabetta, «anderemo ad avvertire il pretore; e se non si ritroveranno i genitori, pur troppo bisognerà mandare agl’Innocenti anche questo», «Vi avreste a provare», rispose Pietro sfidandola col suo vivo sguardo, «il bambino è mio, e chi lo toccherà avrà da far con me». «Non ci mancherebbe altro»! esclamò la vedova giungendo le mani; «D’avanzo siamo poveri! Tu, non v’è Cristi che faccia nulla, e a noi meschine, tocca mantenerti; non basta; per di più ci daresti il sopraccarico [p. 17 modifica] d’un figliuolo. Eh, t’ha' ragione di fare a tuo modo; si vede proprio che mi vuoi far morire!» «Io non so altro», disse egli alzandosi a un tratto, «che lo vo’ tener io; andate dal pretore, e poi vedrete!» — «Pietro, via Pietro, porta rispetto a tua madre», prese a dire la Maria, «questa cosa non può stare; lo vedi quanta miseria abbiamo addosso! Come si fa a mantenere una creatura!» Pietro intanto, cheto cheto, accese un lume, e tranquillamente uscì dalla stanza col bambino tra le braccia. La casa era di tre stanze; veniva prima la cucina, accanto era la camera delle donne, e l’ultima, un piccolo stambugino, ricoverava Pietro. Un letto ed una seggiola erano i soli mobili che vi fossero; la finestra tutta sconquassata, con l’impannate sfondate, da dove il vento passava liberamente. Pietro adagiò nel letto il bambino senza spogliarlo, lo copri con quanti panni aveva, ed appiccato il lume a un chiodo chiuse l’uscio, indi si pose ad acquetarlo brontolando fra i denti la solita ninna nanna. Pochi momenti dopo il bambinello si addormentava, e Pietro seduto al capezzale, mirava contento quel viso d’angioletto. Lisabetta e Maria frattanto cenavano favellando dell’accaduto; nissuna delle due si arrischiava a entrare nella stanza, del ragazzo, perchè sapevano che a stuzzicarlo in certi momenti, ne sarebbe avvenuta qualche scena. La Maria però volle provare a chiamarlo perchè mangiasse [p. 18 modifica] un boccone, ma questi andò all’uscio, e con voce sommessa, «lasciatemi stare», disso, «non vo’ cenare!» Le donne sì rimisero al lavoro, e passarono la serata in congetture sul trovato bambino, e sulla stranezza di Pietro tanto premuroso di quella creatura, mentre non dava mai


segno di curarsi di nessuno. Sul tardi nell’andare a letto, Lisabetta piano piano apri la stanza del figliuolo, e fece capolino; «vieni a vedere, Maria,» [p. 19 modifica] esclamò, «vieni a vedere come sono curiosi tutti e due!» Entrambi dormivano saporitamente; il lume sempre acceso batteva debolmente sui loro visi; il bambino aveva il capo appoggiato sul seno del ragazzo, mentre questi pareva lo vigilasse anche dormendo, e la testina bionda del fanciullo faceva un bel contrasto colla faccia bruna ed i lineamenti risentiti di Pietro. La Maria andò a prendere il lume, si soffermò a guardarli, e non potè trattenersi dall’accostare le labbra alla guancia rosea del povero angioletto. Di lì a poco gli abitanti della casipola erano profondamente addormentati. La mattina seguente il primo pensiero di Lisabetta fu di andare dal Parroco per dargli conto dell’accaduto. Era il parroco di Monte Lupo uomo di molto senno, e pieno di amore pe’ suoi popolani. Ascoltò con bontà la vedova, e quando ella venne alla descrizione del bambinello addormentato in braccio a Pietro, il buon vecchio sorrise. «Sentite, Lisabetta», disse, «l’affare non mi par poi tanto serio quanto credete; sicuro, il trovare i genitori è cosa difficile e direi quasi impossibile. Ma lasciate che ci rifletta: intanto penserò ad avvisare il pretore; e stasera verrò a parlarne con Pietro.» In questo frattempo la Maria cercava di persuadere il fratello, e gli diceva con buona maniera: «ma non so come tu faccia, Pietro, a ficcarti certe idee in capo. La mamma, povera [p. 20 modifica] donna, dice bene: che cosa vuo’ tu fare di codesto figliuolo?» «Tenerlo meco!» rispondeva, «non vedi come mi guarda? Credi tu che non mi riconosca? E’ ride! Oramai tu se’ mio; t’ho trovato io, e con me devi stare...» E accompagnava queste parole dirette al suo protetto con garbi fanciulleschi per farlo ridere. La Maria, vedendo che era fiato gettato, si tacque; e Pietro che tutto intento badava a guidare i passi del bambino, esclamava ad ogni tratto: «ma guardalo, Maria; va quasi da sè; e che gambe dritte ch’egli ha!» Così passò tutta la giornata a trastullare il fanciullo, e le donne lo lasciarono fare senza dirgli altro. Nella serata il buon priore capitò sull’uscio della vedova, la quale insieme con la figliuola diceva sommessamente il rosario; Pietro, seduto al focolare, teneva il fanciullo sulle ginocchia, «Buona sera, Lisabetta», disse il parroco dolcemente, «qui si fa del bene!» E rivolgendosi poi al ragazzo che si era alzato; «ah sei tu, Pietro!» soggiunse, «Non ti riconoscevo col figliuolo in collo!» Le donne sorrisero; Pietro si fece rosso, e capì subito che il priore era al fatto di tutto. «Senti, ragazzo mio», riprendeva mettendosi a sedere, «tua madre mi ha raccontato ogni cosa; ed io sono venuto per ragionare teco di quest’affare. Ma prima, dammi cotesto bambino, che lo veda bene!» Pietro glie lo porse, ed il parroco se lo [p. 21 modifica] mise sulle ginocchia, «Ma davvero che è una bella creatura! Povero piccino!...» e accarezzandolo continuava: «Ora però bisogna pensare seriamente a questa faccenda. Raccontami un po’ tu, Pietro, com’è andata!» Il ragazzo con malgarbo fece la narrazione in brevi parole. Quando ebbe finito, il parroco che lo aveva esaminato attentamente durante il racconto, disse volgendosi alla vedova: «oggi intanto ho pensato ad avvertire il pretore, come era nostro dovere; però,» disse [p. 22 modifica] guardando il ragazzo, «ti dico il vero; non bisogna figurarsi facile di trovare i genitori. Tu non vorresti che andasse agli Innocenti; ma dimmi un poco; chi gli darà da mangiare, chi lo vestirà?» Il priore aspettava la risposta, ma Pietro, zitto. «Tua madre e tua sorella, hanno abbastanza da fare per mantenere un bighellone, non lo vorrei dire, come te. In coscienza non si può; ed io, se anche tua madre se ne contentasse, mi ci opporrei. Voi, Lisabetta, siete di cuor buono, ma anche debole; che se foste stata una donna risoluta, non avreste tirato su un mangia a ufo.» Lisabetta, abbassato il capo, piangeva: Il Parroco riprese: «non faccio per rimproverarvi nè vi dovete affliggere di queste mie parole; abbastanza la scontate! Se ho toccato questo tasto, è stato per capacitarvi che il mantenimento della creatura dovrebbe escire da quel poco che ricavate dal lavoro voi e la figliuola; e lo sapete meglio di me quanto vi ci vuole a guadagnare un pezzo di pane!» «Madonna santa!» esclamò Maria, giungendo le mani e guardando pietosamente il bambino, «l’è pur dura esser tanto poveretti da non poter neanche assistere un innocente creaturina abbandonata!» Pietro, che immobile e silenzioso puntellati i gomiti sulla madia si reggeva la fronte colle mani, si scosse a un tratto, e disse risentito guardando la sorella: «che c’entri tu a metter [p. 23 modifica] bocca? O quanto volte l’ho io a dire che al bambino ci penso da me?» «Avresti anche a dire una volta se per mantenerlo tu vuo’ lavorare»! esclamò la madre, «I’ lavorerò sicuro», rispose stizzito il ragazzo, «Benissimo», interruppe il parroco, «quand’è così, vien qua che si discorra. Se lavorerai come dici, la cosa potrebbe accomodarsi, e basta mettersi di proposito, sarai capace col tuo guadagno a campare la creatura. Quanto al lavoro, non manca mai per chi ne ha voglia. Appunto l’altro giorno un contadino mi chiese di un ragazzo fidato per andare a opra, e mi pare che sarebbe affare per te. Ti garberebbe?» «O perchè non m’ha egli a garbare?» «Dunque ci siamo intesi. Non hai da far altro che venir da me domattina presto, e ti manderò al posto. Or via, dammi la mano; son certo che ti porterai da galantuomo», II ragazzo stese la mano; Lisabetta che gli era accanto, gli fe’ cenno di baciarla, ed egli rosso come il fuoco, obbedì. Il priore allora si alzò, e additando il bambino disse: «che la carità che tu vuoi fare ti torni in tanto bene! Domani intanto me lo porterete a battezzare,» aggiunse volgendosi alla madre; quindi con alcune parole di conforto e di benedizione il parroco uscì. Subito dopo, il ragazzo si mosse per andare a letto. «Dunque domattina vai dal sor Priore, eh Pietro?» prese a dire Lisabetta, «L’ho già detto! non ba[p. 24 modifica]sta?» «Dimmi, non sarebbe meglio che tu lo dassi a noi stanotte il figliuolo?» «No, lo tengo io»! «Hai sentito? Domani bisogna portarlo a battezzare; che nome gli s’ha da mettere?» «Pensateci voi, altrimenti glie lo metterà il Priore. Per me, i’ lo chiamerei Gostino. Buonanotte»! La mattina dopo, alle cinque, Pietro aveva già il cappello in capo; dette un bacio al fanciullo che ancora dormiva, passò nella stanza delle donne, e svegliata sua madre, «i’ me ne vo», disse, «ci pensate voi alla creatura? E badate, che non pianga!»» «Si, sì, va’ tranquillo!» rispose la donna. Egli fece le stesse raccomandazioni alla Maria, la quale fregandosi gli occhi tra il sonno diceva: «non ci pensare, non ci pensare!» «Dunque badate, ve lo raccomando a tutte due!» E ciò detto

se ne andò, «Che cosa ne pensi, Maria, di quel ragazzo, che ci vada dal priore?" «I'vo' sperar di sì; glie l’ha promesso ve’!» «Sarebbe un bel miracolo, Madonna Santa! Basta non mi vo’ lusingare; si faccia [p. 25 modifica] la volontà di Dio!» Nella mattinata venne il parroco, «È proprio lei? Dio lo benedica»! esclamarono quasi a un tempo le donne, «e Pietro l’ha veduto?» »Pietro lavora a quest’ora,» rispose lietamente il priore, «sì, fatevi cuore, credo che sia venuto il buon punto per quel ragazzo!» — «Dio lo voglia«! esclamò Lisabetta; e dopo un poco riprese: «ma questo figliuolo, che dice, s’ha egli proprio a tenere»? «Se Pietro manterrà la parola, dicerto che lo dovete tenere; per ora il suo guadagno servirebbe per se e per il bimbo, ed io poi in avvenire penserei ad aiutarlo.» Sì dicendo il buon vecchio accarezzava la testina bionda del bambino, che gli sorrideva come avesse inteso che si parlava di lui. «Sì, Lisabetta; chi sa che questa povera creatura non giovi a Pietro meglio di tutte le nostre prediche! Iddio è grande, e la sua misericordia si manifesta in tanti modi, che noi poveri uomini non possiamo penetrare. Se questo bambino dunque sarà cagione che Pietro si metta, al lavoro e diventi buono, ringraziatene il Signore, ed amate e proteggete la creatura venuta nelle vostre mani». Lisabetta e Maria ascoltavano il parroco con divota attenzione; poiché lo tenevano per un santo, ed ogni sua parola, era per esse il vero ed il giusto. Lo stesso giorno il bambino fu portato a battezzare e chiamato Agostino. Pietro tornò la sera con la faccia più serena; porse alla [p. 26 modifica] madre sei crazie guadagnate con le proprie fatiche, e contento di ritrovare il bambino sano ed allegro, si mise a trastullarlo. Fedele alla promessa seguitò a lavorare di buona voglia, e l’asprezza del suo carattere si andava modificando; sempre più si affezionava al suo Agostino, e le donne anch’ esse finirono per volere un sì gran bene al fanciullo,

che Lisabetta lo riguardava per suo. Agostino si faceva sempre più bello e festoso; aveva imparato a balbettare il nome di Pietro, e appena lo scorgeva da lontano balzava dalla gioia. Le donne del villaggio [p. 27 modifica] si facevano maraviglia che Lisabetta tanto povera potesse mantenere un trovatello; ma a tutte la vedova raccontava la storia del bambino e di Pietro, ed il cambiamento di quest’ultimo; e la cosa parve tanto incredibile che si sparse la voce in Monte Lupo avere la Madonna della Cappellina fatto il miracolo. Tre mesi erano scorsi, e tutto seguitava ad andar bene; Pietro si acquistava la stima dei paesani e dei contadini, i quali facevano a gara per averlo a opra tenendo in gran conto la sua vigoria e la sua fidatezza. Ma una sera che il nostro ragazzo tornava a casa dopo una buona giornata di lavoro, trovò la madre sull’uscio tutta turbata, «Pietro,» disse ella, «il bambino sta poco bene, ha avuto le convulsioni; appunto andavo pel dottore», Pietro si fermò cogli occhi spalancati, «Andate presto, allora»«, disse, e smarrito balzò in camera. Il fanciullo era sul letto pallido come un morticino, e pareva gli riprendessero le convulsioni; la Maria chinata su di esso gli bagnava la fronte con acqua diaccia, «Povero Pietro»! esclamò voltandosi al fratello, che senza batter palpebra guardava il bambino; «non ti sgomentare, vedrai che domani non è altro». Dopo poco tornò Lisabetta accompagnata dal priore da lei incontrato per via; il medico quella sera era ad un consulto molte miglia lontano. Il parroco che s’intendeva un poco di medicina pre[p. 28 modifica]scrisse un calmante, e mandò Pietro per esso. In un batter d’occhio il ragazzo fu di ritorno, ma il rimedio non valse a mitigare il male. Lisabetta e la figliuola disperate non sapevano che fare; alcune donne del vicinato a questa notizia erano subito accorse per dare ajuto; Pietro, con le labbra contratte guardava il fanciullo senza proferir parola. Passarono la notte tutti alzati; il ragazzo seduto al capezzale del bambino, ora provava a dargli una cucchiaiata di medicina, ora a mutarlo di positura. Verso la mattina, la povera creatura diventò bianca come un panno, e dibattevasi talmente sul letto che pareva si sentisse soffocare; Pietro lo prese in collo e lo portò verso l’impannata perchè l’aria viva potesse sollevarlo. Le donne vedendo la cosa senza rimedio lo lasciavano fare, e tutte commosse guardavano il ragazzo crudelmente travagliato fra il dolore e la speranza. Ma fu vana ogni cura; alle sei della mattina il bambino spirava in braccio al povero Pietro. Tutti piangevano, egli solo non faceva una lacrima. Lisabetta andò a chiamare il Parroco, il quale studiò di tutto per consolarlo; ma quegli pareva basito dal dolore.

Nella mattinata Pietro uscì, e non tornò fino a sera; la notte stette alzato, benché le donne facessero di tutto per dissuaderlo, e la passò a considerare l’estinta creaturina. Il giorno seguente sì [p. 29 modifica] ricondusse al solito lavoro, e quando fu di ritorno, il bambino era già al Camposanto.

Due sere dopo Lisabetta e i suoi due figlioli stavano seduti intorno al cammino; le donne lavoravano, traendo ad ogni istante un lungo sospiro; Pietro guardava fisso la fiamma del focolare. «Povero Agostino»! Esclamò Lisabetta volgendosi al ragazzo, con occhi pregni di lagrime. «E tu, povero il mi’ Pietro, non lo meritavi davvero questo dolore»! E sì dicendo la donna gli posò affettuosamente la mano sulla spalla. Pietro finalmente dette in un dirotto pianto, e singhiozzava talmente che pareva gli scoppiasse il cuore. La Maria pure piangeva, «Via, sta’ zitto, il me’ ragazzo, non [p. 30 modifica] ti posso veder piagner in questo modo! Senti, Pietro, il sor priore dice che il nostro bambino era proprio un angiolo venuto per farti del bene. E ora che sei diventato savio, il Signore l’ha ripreso con sè in Paradiso; e se ti porterai sempre così, lo rivedrai anche tu. Non è vero, il me’ Pietro,

che seguiterai a esser buono e a lavorare?»» «Si mamma», disse il ragazzo fra i singhiozzi, «e lo prometto, vi chiedo perdono di avervi fatto tanto disperare,»

Pietro ora fa la consolazione di sua madre, e non passa Domenica che Lisabetta non vada alla cappellina per ringraziare la Madonna.